venerdì 11 novembre 2011

IL DEBITO PUBBLICO

In poche righe Franco Lucenti ha sintetizzato su Senza Soste edizione cartacea del mese scorso i punti cardine del debito pubblico,dal suo significato,a chi lo detiene e come si potrebbe abbasarne la somma.
Quando uno Stato ha delle spese superiori alle entrate(ed in un paese democratico si conosce dal principio che alcune voci tipo istruzione e sanità saranno sempre motivo di deficit)il debito aumenta e si può risanare aumentanto le imposte,privatizzando proprietà e servizi come le due voci di prima oppure concedendo ad altre nazioni di acquistare obbligazioni e titoli di Stato pagando però degli interessi e agevolando situazioni economiche e commerciali con tali paesi creditori.
Obbligazioni che fino al 1995 erano nelle mani di investitori italiani per il 90% e questa cifra ora è crollata fino a circa il 50%:solo la Francia è nostra creditrice per 511 miliardi di Euro(sul totale di 1844)oltre a banche estere,investitori internazionali oltre che a gruppi assicurativi e fondi comuni europei.
Tale enorme cifra di debito negli ultimi anni ha favorito l'aumento della forbice nel divario tra i ricchi che sono sempre più agevolati nelle loro rendite ed i poveri che aumentano sempre più di numero e che in proporzione pagano tasse in una percentuale catastrofica rispetto a quelli che di soldi in tasca ne hanno a palate(e che le tasse non le pagano,almeno in gran quantità).

Ecco chi detiene il debito italiano.
Ecco chi detiene le obbligazioni che lo Stato emette per coprire la spesa pubblica: per circa metà in mano a soggetti stranieri. La Francia ne possiede 511 miliardi
Il “debito pubblico” è uno di quei concetti che investe la nostra quotidianità rimbalzando continuamente nei telegiornali, nei dibattiti politici, sul web e su tutti i media in generale. Sta alla base delle difficoltà economiche dei ceti più deboli, visto che i governi giustificano le loro pesanti manovre economiche sulla base proprio della necessità di sanare questo debito. Ma quanti e quali misteri nasconde questo mostro che ai più risulta poco comprensibile?
Cos’è il debito pubblico?
Per vederci dentro bisogna partire dalla nozione stessa, la quale ci dice molto semplicemente che il debito pubblico si forma perché le spese dello Stato sono maggiori delle sue entrate. Questa differenza, se non è finanziata con l’emissione di moneta, viene coperta con l’emissione di obbligazioni: praticamente lo Stato salda i suoi creditori con soldi che gli hanno dato altri soggetti (vedremo più avanti chi sono attualmente), e a questi soggetti i soldi vengono poi restituiti dallo Stato aumentati degli interessi (altrimenti ovviamente nessuno avrebbe vantaggio nell’acquistare obbligazioni statali). Fatta questa premessa, va subito rilevato il fatto che fino a poco tempo fa questi titoli di Stato erano la forma d’investimento in cui confluivano i risparmi delle famiglie, e infatti fino al 1995 il 90% del nostro debito pubblico era nelle mani di investitori italiani. Oggi non è più così, visto che il nostro debito pubblico è per circa metà in mano a soggetti stranieri.
Chi detiene il debito italiano
Attualmente il debito italiano ammonta a 1844 miliardi di euro, e questo dato ci porta ad essere l’ottavo paese più indebitato del mondo. Circa il 30% di questi 1844 miliardi sono in mano alla Francia, che detiene 511 miliardi del nostro debito. Ma cosa ci guadagna un paese a sottoscrivere il debito pubblico di un altro paese? Moltissimo. Lo Stato creditore può infatti esercitare un potere negoziale notevole, ottenendo in contropartita favori particolari nei trattati commerciali. La Cina ad esempio, sottoscrivendo il debito della Grecia, ha chiesto che le future navi in dotazione alla marina greca siano acquistate a Pechino. In pratica la sottoscrizione del debito ha l’effetto di incrementare le esportazioni dal paese creditore a quello debitore, favorendo la crescita economica del primo e orientando le scelte commerciali e strategiche del secondo a vantaggio del primo. E’ anche per questo che l’Italia ha tanta premura di tornare al nucleare, per poter acquistare le centrali dalla francese EDF. Ma tra i soggetti stranieri non è solo la Francia a detenere il debito pubblico italiano. Il 14,6% è in mano a gruppi assicurativi esteri e fondi comuni europei, il 12,3% a banche estere, il 6% a investitori asiatici e l’11,1% ad altri investitori internazionali. Tra i soggetti di casa nostra invece i maggiori detentori di debito pubblico sono le banche italiane (15%), gli investitori privati (14%) e le compagnie assicurative italiane (11,4%).
Il cortocircuito finanziario
Ma esisterebbe un modo per coprire la spesa pubblica senza aumentare il debito? Sì, e sarebbe quello di un migliore sistema di tassazione, il quale però sappiamo bene essere un tabù per i governi di qualsiasi colore. Ma le tasse con questo andazzo sono destinate ad aumentare comunque, visto che man mano che aumenta il debito aumentano anche gli interessi che lo Stato deve pagare, e che sono ovviamente a carico dei contribuenti (quelli che le tasse le pagano…). Questo sistema, come abbiamo descritto, ha consentito a banche, assicurazioni e ricconi in generale di avere rendite sicure (grazie a interessi alti e ad una tassazione ridicola del 12,5%). In pratica gli italiani più ricchi rispetto ai più poveri hanno pagato in proporzione meno tasse e allo stesso tempo hanno fatto raddoppiare il debito pubblico. Un cortocircuito finanziario che negli ultimi 15 anni ha fatto aumentare il divario tra ricchi e poveri del triplo rispetto alla media europea. La ricetta degli ultraliberisti però non è quella di migliorare il sistema di tassazione, bensì quella di tagliare la spesa pubblica tramite la privatizzazione di municipalizzate e aziende statali. Una soluzione che causa la scomparsa dei servizi per la popolazione (scuola, sanità, trasporti, et cetera), con relativa penalizzazione delle tasche di chi deve a quel punto rivolgersi al privato. La dimostrazione che alla fine si torna comunque lì: le ricette proposte dai governi vanno sempre a gravare sulle spalle dei cittadini delle fasce meno abbienti.
Franco Lucenti
tratto da Senza Soste n.64 (ottobre 2011)

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