lunedì 28 novembre 2011

LE STRAGI DEI NEONAZISTI IN GERMANIA

L'articolo tratto da Senza Soste proposto oggi parla di un dossier in cui si evince che il terrorismo di destra di chiara matrice neonazista in Germania ha provocato in venti anni ben 147 morti,ben più di tutti gli altri attacchi terroristici messi assieme dal dopoguerra e di tutte le altre fazioni,ma che sia dal punto di vista mediatico che giuridico ha avuto molta meno eco e condanne.
Se ne parla oggi poiché il fatto ha avuto una clamorosa risonanza in quanto si è scoperto solo ora e per il suicidio di due componenti di un trio che nella regione della Turingia per tredici anni ha giustiziato presonaggi legati alla sinistra antirazzista,vagabondi,immigrati e poliziotti e per tutto questo lasso di tempo non era nemmeno stata imbastita un'indagine da parte della stessa polizia segreta tedesca,la Bfv(servizio per la protezione della Costituzione,che si occupa di controspionaggio nazionale)che da sempre vede di buon occhio il movimento neonazista germanico privilegiandolo durante le proprie manifestazioni attaccando i"sovversivi"contromanifestanti di sinistra.
La cancelliera Merkel ha minacciato di cancellare il referente politico di tutto il movimento dei ratti di fogna tedeschi,l'Npd di Voigt,affermando che questa vicenda è la pagina più tragica della Germania dal dopoguerra ad oggi.
Ecco altri interessanti articoli sulla vicenda:http://www.ecn.org/antifa/article/3216/i-nazisti-che-uccidevano-gli-immigrati e http://www.ecn.org/antifa/article/3217/germania-il-pugno-della-merkel-fuorilegge-il-partito-neonazista .

In Germania il terrorismo neonazista ha ucciso 147 persone dal 1990 ad oggi.
Il caso del gruppo nazi della Turingia, i cui attentati sono andati avanti per 13 anni, desta un grande clamore contro una polizia endemicamente "cieca dall’occhio destro"
La Vanguardia
Negli ultimi vent’anni i neonazisti hanno ucciso 147 persone in Germania. Famiglie immigrate carbonizzate nell’incendio delle loro case, africani, asiatici e turchi colpiti da spari a bruciapelo o barbaramente picchiati a morte in stazioni della metropolitana, strade e sottopassaggi. Vagabondi, adolescenti, donne, anziani, militanti di sinistra, poliziotti... la violenza d’estrema destra è, di gran lunga, il principale fattore di terrorismo nel Paese.
I nazi hanno ucciso molto più del radicalismo islamico, che in Germania non ha realizzato nessun grande attentato. Molto più della "Frazione dell’Armata Rossa" di Andreas Baader e Ulrike Meinhof, che provocò 34 morti tra la sua fondazione nel 1970 e la sua dissoluzione nel 1998, senza contare i 27 attivisti che la banda lasciò sul terreno in sparatorie con la polizia e scioperi della fame. Queste violenze, che hanno ispirato tonnellate di opere e titoli di giornali, sono piccole cose di fronte alla violenza neonazi. Però non lo si vuole riconoscere.
Cucciolata nera
Il Paese vive in questi giorni come una sorpresa il caso del gruppo Nationalsozialistischer Untergrund ("Clandestinità nazionalsocialista") un terzetto della Turingia, due uomini e una donna, che per tredici anni ha commesso, presumibilmente, almeno dieci omicidi in serie, quattordici rapine in banca e tre attentati con bombe con decine di feriti, in contatto -e forse protetto- dal Verfassungsschutz (BfV), la polizia politica tedesca inguaribilmente "cieca dall’occhio destro", come si dice in questi giorni, cioè concentrata su ogni tipo di “nemici interni”, reali o immaginari, molti dei quali di sinistra, e indulgente e protettrice verso la scena neonazi.
Gli infiltrati o confidenti della polizia in questo ambiente, i cosiddetti V-Leute, fanno da tempo immemorabile un ambiguo doppio gioco nel quale spesso si cancella la differenza tra l’agente segreto o confidente della polizia e l’attivista nazi. Ex attivisti nazi che sono stati accolti in programmi di reinserimento fanno riferimento alle "simpatie" e alle complicità che gli ultras trovano nella polizia. Indicano anche che essere un “collaboratore" non esclude il fatto di essere, allo stesso tempo, un convinto attivista nazi, mediante una specie di divisione dei compiti frequentemente molto vantaggiosa per l’informatore.
I tentativi di mettere fuorilegge il NPD, il principale partito neonazi, non sono condivisi dai tribunali con il kafkiano argomento per cui un’illegalizzazione porterebbe alla luce l’identità dei confidenti e metterebbe in pericolo la loro identità.
Il governo gioca ad abbassare le cifre
Il governo tedesco non riconosce neanche la lista delle 147 vittime uccise dai neonazisti compilata dal 1990 in poi, pubblicata dalla stampa, con nomi, cognomi e circostanze, e la riduce a 47 nomi. Il ministro dell’interno Hans-Peter Friedrich negava due mesi fa, in occasione della strage dell’ultrà Anders Breivik in Norvegia, "qualsiasi indizio di attività terroriste nazi in Germania". La cancelliera Angela Merkel ha fatto riferimento lunedi scorso al citato gruppo della Turingia, né catturato né ricercato dalla polizia per tredici anni, come una "vergogna per la Germania", ma come spiegare questa endemica "cecità dall’occhio destro" che è sulla bocca di tutti?
In parte ha a che vedere con la storia del Paese, con la notevole continuità dei suoi apparati di Stato, polizia e magistratura, negli anni quaranta e cinquanta, uno dei grandi tabù della Germania di oggi.
La restaurazione del dopoguerra
Nel 1949, il 56% degli alti funzionari della polizia della Renania del Nord-Westfalia, provenivano dal partito nazi (NSDAP) e dalle SS. Negli anni cinquanta in Baviera l’81% dei giudici avevano un passato nazi, mentre nel Württemberg-Baden il 50%. Il giudice ex nazi Eduard Dreher, fu l’incaricato della riforma del codice penale al Ministero della Giustizia a partire dal 1954 e impose la prescrizione per i crimini di "complicità in omicidio" che liberò da ogni responsabilità i nazisti, una specie di amnistia generale. Questa assenza di denazificazione, che la guerra fredda e gli alleati hanno potenziato in nome della lotta al comunismo, contribuì a una continuità burocratica che anche oggi emana un odore ambiguo.
Una scena molto frequente nelle manifestazioni neonazi autorizzate in Germania, sempre contestate con contromanifestazioni di protesta quasi sempre più numerose, è quella di una polizia che protegge il diritto dei neonazi mentre reprime e criminalizza i loro avversari, entrambi considerati "estremisti" in un’inquietante equidistanza. Questa equazione è stata ideologia di Stato nella Germania di Adenauer, dove gli ex nazisti si giustificavano, e riabilitavano, di fronte a se stessi e agli alleati, invocando il comune nemico comunista, un "totalitarismo" che consideravano peggiore di quello hitleriano. Questa ideologia si sintetizza nella Germania di oggi con il discorso delle "due dittature tedesche", quella di Hitler e quella della Germania comunista.
Pochissimi sanno che il più grande attentato terrorista della storia della Germania del dopoguerra, quello della Oktoberfest di Monaco nel 1980, con 13 morti e 211 feriti, è stato opera di un neonazi che, secondo l’indagine poliziesca, agì da solo, senza copertura, senza infrastrutture e senza un’organizzazione che lo sostenesse. Un mistero.
Un agente nei dintorni
Questo odore, in tutte le sue sfumature, è presente nel caso che ora sorprende l’opinione pubblica tedesca. Tino Brandt, l’uomo che ha reclutato i tre terroristi del Nationalsozialistischer Untergrund (NU) della Turingia, non solo era vicepresidente regionale del partito neonazi, NPD, ma anche collaboratore della polizia politica (BfV). Il presidente della BfV della Turingia fino all’anoo 2000 era Helmuth Roewer, che finanziò con 200.000 euro del contribuente Brandt, e che quando si ritirò collaborò con una casa editrice di estrema destra.
In ambienti dell’attivismo antifascista si sospetta che l’ascesa di gruppi violenti di ultradestra nell’Est della Germania dopo la riunificazione del 1990 sia stato finanziato, incentivato o guidato dalla BfV. Dopo la riunificazione, la Germania dell’Est fu deindustrializzata quasi completamente, con le sue imprese smantellate, incluse quelle che potevano competere con le loro omologhe dell’Ovest, o asfissiate dall’Unione monetaria, cosa che fece schizzare in alto gli indici di disoccupazione e fornì un eccellente brodo di coltura alla depressione e all’estremismo politico.
Nello scorso febbraio la polizia della Sassonia protesse con grande zelo "il diritto alla libera espressione" dei neonazi durante gli eventi commemorativi del mortifero bombardamento anglo-americano della città di Dresda. La polizia si concentrò sui 20.000 attivisti antifascisti che parteciparono alla contromanifestazione di protesta, controllando i dati di centinaia di migliaia di utenti di cellulari. Il deputato di sinistra Andre Hahn si è visto togliere l’immunità parlamentare essendo considerato un "caporione" dell’illegale protesta antifascista. Nel suo rapporto del 2003, la BfV ha descritto in modo benevolo il partito neonazi NPD, che ha otto deputati in Sassonia, come una forza politica "carente di distanza rispetto allo Stato" (fehlende Staatsferne).
Nel frattempo, chi non ha mantenuto la distanza con i neonazi è stato un agente della stessa BfV nel caso che ora causa sorpresa e scandalo: l’agente era vicino alla scena di sei dei nove omicidi di gestori turchi di chioschi attribuiti al Nationalsozialistischer Untergrund (NU) negli ultimi anni. In uno di questi omicidi, quello di Halit Yozgat, il proprietario turco di un internet café di Kassel nel 2006, l’agente abbandonò il luogo un minuto prima che si verificasse il delitto, il che avvalora i sospetti.
Una quarta persona, chiamata Holger, è stata arrestata come basista (passaporti e affitti) del gruppo NU, due dei cui membri "si sono suicidati" prima di essere catturati in una camionetta che "si è incendiata" con loro all’interno, cancellando prove importanti. Si ignorano le circostanze di questo incendio, così come dell’esplosione, lo stesso 4 novembre, dell’ultima residenza della banda nella località di Zwickau. Ci si chiede se la BfV abbia aiutato i tre membri del gruppo a fuggire all’estero nel 1998, quando furono ricercati per la prima e ultima volta fino al loro suicidio, chi abbia trovato loro la pistola ceca con silenziatore con la quale hanno ucciso le loro vittime turche in cinque città tedesche, e soprattutto come abbiano potuto vivere 13 anni nell’illegalità senza che la polizia se ne accorgesse né relazionasse sulla sua lunga lista di crimini, che include l’assassinio di una giovane poliziotta di 22 anni d’età.
Le reazioni dei politici
Gesine Lötzsch, copresidente di Die Linke, dice che il Paese è "di fronte al più grande scandalo della giustizia nella storia tedesca dopo la guerra". Il deputato verde Hans-Christian Ströbele esige "una relazione minuziosa sul lavoro e l’attività della BfV nell’ambito del razzismo e dell’estremismo di destra". Nella SPD si rimprovera alla CDU di aver "sottovalutato sistematicamente" l’estremismo di destra. Il capo del gruppo parlamentare socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier afferma che gli infiltrati della polizia nella scena neonazi "non contribuiscono alla sicurezza, ma è il contrario". "Anche se non si può generalizzare, questa confusione ha a che fare con l’assenza di volontà politica", dice il giornalista Jürgen Roth, specialista in ambito poliziesco e dei servizi segreti. Nel congresso che ieri si è concluso a Lipsia, la CDU si è mostrata aperta a riprendere in considerazione la messa fuorilegge del NPD.
Traduzione per Senzasoste Andrea Grillo, 16 novembre 2011

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