martedì 24 agosto 2010

IDENTIFICAZIONE E TEST ANTIDROGA OBBLIGATORI PER GLI SBIRRI

Bello lo scambio epistolare che ho seguito la scorsa settimana dalle pagine di Indymedia Liguria che riprendeva una storia tutta genovese ma anche tutta italiana ed internazionale,l'infinita saga del post G8 del 2001 apparsa stavolta sul sito"Città di Genova".
In pratica è una prima risposta da parte dei sindacati Silp-Sap degli sbirri ad un articolo in cui giustamente si diceva che i poliziotti del G8 hanno tradito e disonorato l'Italia e di una seconda risposta da parte di Carlo Gubitosa,un giornalista che ha indagato in prima persona sui folli fatti di quel maledetto luglio.
Sono proprio delle righe che consiglio vivamente di leggere e che da un lato vedono i rappresentanti sindacali che in un certo senso quasi si scusano per le loro classiche"mele marce"facendo intuire pure che ce l'hanno con chi su quegli episodi ci ha fatto carriera(in primis Spartaco Mortola,vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2010/08/morto-la.html) e che molti di loro in parecchie circostanze preferirebbero stare dall'altra parte della barricata ma che il senso del dovere impedisca loro di poterlo fare.
Sinceramente poi se la menano alla grande su quello che devono vedere in altre circostanze come incidenti stradali ma è un mestiere che nessuno ha obbligato a svolgere e vuoi il fascino della divisa o la disoccupazione ha fatto scegliere...ogni mestiere ha il suo!
La seconda parte che è la risposta di Gubitosa è un lucido ragionamento sul fatto che questi sindacati hanno sempre lottato contro l'identificazione tramite nomi o numeri posti sui caschi o sulle divise di polizia,carabinieri o finanza impegnate in controlli o manifestazioni,in modo da sapere con chi si ha a che fare e per evitare che tutta la sbirraglia si senta trattata allo stesso modo di merda per via delle solite quattro mele marce che sono molte di più!
Il primo dovere di uno sbirro volente o meno è quello di proteggere e servire il cittadino,altro che fermarlo e metterlo a disagio,minacciarlo,intimando possibili conseguenze negative e drastiche,offendere,picchiare e torturare fino ad uccidere...se questi non l'hanno ancora capita non devono tanto menarla con il senso civico verso lo Stato e cazzate della stessa solfa.
Verso la fine dell'intervento traccia un elogio alla figura di uno sbirro,Giancarlo Ambrosini,che fu tra i primi ad avere il coraggio di parlare apertamente del cameratismo sbirresco e sul come questo comportamento di parare sempre il culo agli sbirri criminali dia contro a quelli onesti.
Davvero un bell'intervento che sprona gli sbirri a denunciare chi abusa del proprio potere e vive nella criminalità e ad andare avanti col progetto dell'identificazione degli sbirri in modo da tutelare dapprima i cittadini e poi gli sbirri stessi.
Io aggiungerei pure di fare dei test antidroga a sorpresa per scremare tutti quelli che lavorano e sono stangati,sia durante cortei che durante la normale attività quotidiana siccome questi test li vogliono fare un pò dappertutto,e se davvero questi esami fossero eseguiti seriamente ci sarebbero molte sorprese!
Una lettera degli sbirri.

Quella che segue è una lettera aperta che 2 sindacati della polizia italiana hanno scritto ad alcune testate locali per difendere il loro operato durante il G8-2001, il loro mestiere al di sopra della legge, le loro bugie.

Lettera congiunta Silp-Sap sui fatti del G8 di Genova del 2001
Egregio Signor Direttore,in data 01.08.2010 è apparso sulla stampa locale un articolo riguardante il G8 il cui titolo riportava “I poliziotti del G8 hanno disonorato e tradito l’Italia”, lo abbiamo letto con disappunto (per usare un eufemismo): leggendolo una domanda è sorta spontanea, a chi giova tutto questo?
I poliziotti del G8 hanno disonorato e tradito l’Italia, i Poliziotti del G8 sono anche i primi che esigono chiarezza ed esigono che chi ha disonorato la propria divisa paghi.
Scriviamo alle testate cittadine perché è giusto che i cittadini conoscano il disagio della Polizia genovese e per questo Vi chiediamo di veicolarlo: Sig. Direttore, i Poliziotti del G8 erano anche quelli che hanno comprato le bottiglie d’acqua per i fermati, quelle che sono andate in farmacia per acquistare gli assorbenti per le fermate; quelli che durante il G8 sono rimasti sotto sassaiole e sono rientrati sanguinanti.
Quelli sulle Volanti che negli interventi del 113 si trovano davanti a realtà che solo il poliziotto può immaginare, realtà che spesso formano un groppo in gola e si vorrebbe piangere ma non si può, non si può perché chi ha chiamato ha bisogno di essere consolato e rassicurato e fa parte del proprio lavoro.
Quelli che in venti anni di servizio sulla strada hanno visto decine di cadaveri e di questi se ne ricordano l’espressione, gli occhi. Fotografie che sono tutte lì, nella testa; quelli che apprezzerebbero un sostegno della propria Amministrazione per far sì che quelle foto sbiadiscano.
Quelli che vedono i momenti di vita interrotti, a caldo, non su di una barella; quelli che mangiano un tramezzino in un contesto drammatico e questo, non perché sono cinici o vogliono emulare il “duro” poliziotto americano, ma piuttosto perché stanno esorcizzando una situazione che è davvero pesante per essere introiettata così com’è.
Quelli che vivono quotidianamente situazioni che se vissute da altre persone diverrebbero oggetto di racconti a familiari ed amici per un quinquennio; quelli che quando contengono i manifestanti che battagliano per un posto di lavoro poserebbero volentieri casco e sfollagente e si metterebbero dalla parte della barricata, con i manifestanti.
Quelli che conoscono come funziona un sistema democratico, sistema dove chi fa il poliziotto ed è parte di un esecutivo democraticamente eletto è cosciente che il proprio punto di vista, in certi momenti, debba contare poco (sennò addio democrazia..) perché in un paese democratico si fanno le elezioni e si decide chi debba legiferare e, se colui che legifera non ottempera al suo mandato, lo si cambia; spetta al cittadino e non al poliziotto decidere chi abbia torto o ragione.
Quelli che da dieci anni fanno introspezione su quanto accaduto al G8, analisi seria ed equilibrata senza alcuna propensione a difese corporative: gli errori ci sono stati, eccome. Le responsabilità ci sono state, eccome.
Quelli che hanno atteso le sentenze che hanno stabilito una verità processuale la quale ha individuato delle incontrovertibili verità; quelli che hanno vissuto questi dieci anni sperando che lentamente ed al di fuori delle logiche emotive emergesse la verità e finisse questa massificazione, questo gioco al massacro, questa delegittimazione costante da parte degli organi di stampa e finalmente venissero individuati e puniti i responsabili.
Quelli che sono davvero stanchi di essere tirati da una parte all’altra per motivi meramente politici perché la Polizia è di tutti, deve essere di tutti.
Quelli che notoriamente non sono fulmini di perspicacia ma balza all’occhio del meno attento il fatto che, ben più di una volta, si è colpita la nostra Istituzione per colpire qualcosaltro.
I poliziotti del G8 siamo anche noi Signor Direttore.
Abbiamo lavorato tanto affinché la Polizia di Stato acquisisse un vero contatto col cittadino ed entrasse a pieno titolo nel tessuto sociale, grazie alla sua sindacalizzazione ed all’apertura verso l’esterno, affinché i poliziotti divenissero prima cittadini e poi Operatori di Polizia: oggi invece, grazie anche ad articoli come quello che ci ha spinto a scriverLe, ci troviamo sempre più compressi ed all’angolo, sempre più distanti da quelle aperture verso il tessuto sociale e sempre più facenti parti di una struttura sotto attacco continuo.
Siamo quelli che, grazie a questa politica di denigrazione massificata da parte degli organi di stampa, cominciano a chiudersi a riccio.
Al G8 c’eravamo anche noi, noi che non abbiamo disonorato nessuno e non abbiamo perpetrato alcuna manovra di destabilizzazione o sotterranea perché gli ideali di giustizia e libertà sono nel nostro DNA.
Tanto si era parlato del cosiddetto “basso profilo” nell’informazione sul G8, un basso profilo che avrebbe dovuto informare i cittadini senza omettere alcunché e che avrebbe consentito alla Polizia di poter rendere un servizio alla cittadinanza senza sostenere il peso di una delegittimazione quotidiana.
Quelli che sono convinti che il basso profilo, nel G8 e nella cronaca quotidiana che coinvolge la Polizia, non significhi non informare il cittadino ma solo evitare l’enfatizzazione.
Signor Direttore, è vero che fa più rumore un albero che cade piuttosto di uno che cresce ed è altrettanto vero che la notizia che fa vendere è quella di un padrone che morsica il suo cane e non il contrario, tuttavia crediamo che il risultato di informazioni denigratorie ad un Istituzione, come quella di cui facciamo parte, debba essere ben valutato facendosi solo una domanda: “a chi giova?”.
Veda Signor Direttore, in dieci anni abbiamo visto le Procure agire ed indagare (perché così deve essere) all’interno di tante Istituzioni, anche al loro interno, mai pero abbiamo visto articoli evidenti o chiosati massificare una categoria come succede con la nostra.
Come crede si possa sentire un poliziotto Sig.Direttore? Come crede possa lavorare un poliziotto Sig.Direttore? Con quale autorevolezza può svolgere il suo compito un Poliziotto a fronte di tali campagne mediatiche?
Signor Direttore, le assicuriamo che la nostra forza istituzionale e persuasiva durante gli interventi non deriva quasi mai dall’avere una pistola al fianco, ma dall’essere credibili ed affidabili: l’autorevolezza si guadagna giorno per giorno posando un mattone sopra l’altro, cosa assai difficile da fare se un giorno sì e l’altro anche si è oggetto di delegittimazioni, chiare o chiosate che siano.
Sono emerse lampanti responsabilità nella vicenda del G8 ma la Polizia è fatta da oltre 100.000 persone, anche quelli del G8, non quelli buoni, aggettivo che il giornalista che ha firmato l’articolo ha racchiuso fra virgolette, quelli normali, i padri di famiglia, quelli che si scapicollano per arrivare velocemente sugli interventi nonostante i pochi mezzi a disposizione.
Signor Direttore, siamo anche quelli che aspettano che i propri vertici assumano delle posizioni a difesa dei Poliziotti che hanno sempre lavorato in maniera onesta e leale e guardano sgomenti le progressioni in carriera di coloro che ricoprivano i vertici della Polizia all’epoca del G8, ma questa è un’altra storia.
Silp per la Cgil - SAPLe Segreterie Provinciali
Fonte:http://www.cittadigenova.com/Lettere-a-CDG/Lettera-congiunta-Silp-Sap-sui-fatti-28184.aspx
Lettera ai sindacati di Polizia: "Pronti al codice identificativo su caschi e divise?".

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Carlo Gubitosa, giornalista e saggista, dal 2001al 2003 autore di un'inchiesta sui fatti del G8 genovese, durante la quale ha prodotto un libro/documento di 600 pagine. Questa lettera è una risposta a quella inviata agli organi di stampa dai rappresentanti dei sindacati di Polizia Silp e Sap.

Cari rappresentanti di Silp e Sap,ho letto con interesse la vostra lettera aperta rivolta ai media, in cui avete detto che "i Poliziotti del G8 sono anche i primi che esigono chiarezza ed esigono che chi ha disonorato la propria divisa paghi".E allora come mai entrambi i sindacati in questione sono sempre e da sempre avversi a ogni proposta di legge per l'introduzione di un codice identificativo su caschi e divise, come avviene in molti altri paesi europei? Questo aiuterebbe all'individuazione dei responsabili di abusi evitando che si faccia di tutte le erbe un fascio.Avete detto di voler scrivere "alle testate cittadine perché è giusto che i cittadini conoscano il disagio della Polizia genovese".Come mai il disagio di essere associati a gravi abusi, crimini e torture si vuole esprimere solo verso i cittadini, mentre non risulta che sia stato espresso nessun disagio verso le istituzioni per le promozioni di funzionari condannati in primo e secondo grado per quella che un vostro collega ha definito la "Macelleria Messicana" allestita dalle forze dell'Ordine alla Scuola Diaz? Il disagio nasce solo quando si intacca la vostra immagine pubblica o anche quando gli onesti restano al palo mentre fa carriera chi ha ordito pestaggi e costruito maldestramente false prove e teoremi accusatori? Perché non è volata una parola dai vostri sindacati contro le ingiuste promozioni "in automatico" che non tengono conto delle responsabilità penali accertate per chi ha fatto carriera? Voi dite che "i Poliziotti del G8 erano anche quelli che hanno comprato le bottiglie d'acqua per i fermati, quelle che sono andate in farmacia per acquistare gli assorbenti per le fermate".L'atteggiamento umano e rispettoso nei confronti dei fermati e degli arrestati è il vostro dovere istituzionale, e almeno in teoria dovrebbe essere la normalità del vostro lavoro, non un evento eccezionale da sbandierare pubblicamente quasi a volere premi e riconoscimenti per una doverosa umanità che comunque non può compensare le azioni di alcuni vostri colleghi, autori di violenze, abusi e torture sui manifestanti in stato di fermo chiaramente documentati in sede giudiziaria. Voi dite che i poliziotti di Genova sono "quelli che hanno atteso le sentenze che hanno stabilito una verità processuale".E allora come mai il Sap ha "atteso le sentenze" con una vasta produzione di comunicati dal sapore corporativo e di difesa "a prescindere" dei colleghi? Si legga ad esempio l'Ansa del 14 luglio 2008, dove il portavoce nazionale del Sap Massimo Montebove dichiarava che "Il SAP ha difeso e continuerà sempre a difendere la Polizia di Stato e le Forze dell'Ordine dall'infamante e non provata accusa di aver commesso, sistematicamente, abusi e violenze". Il problema è dell'avverbio "sistematicamente"? Vi stanno bene gli abusi e le violenze purché non siano "sistematici"?E ancora, come mai il SAP ha promosso sin dal 2001 una raccolta fondi per difendere i poliziotti accusati e successivamente condannati per abusi e violenze nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto? Vi farete dare indietro i soldi usati per le spese legali di chi avrà sentenze di condanna passate in giudicato, oppure la vostra raccolta fondi "in attesa delle sentenze" era anche a favore dei colpevoli per ridurre al minimo le conseguenze delle loro azioni?Voi dite di essere "quelli che notoriamente non sono fulmini di perspicacia ma balza all'occhio del meno attento il fatto che, ben più di una volta, si è colpita la nostra Istituzione per colpire qualcos'altro".Siccome sono ancora meno "fulmine" di voi, non capisco queste allusioni e questi riferimenti, se avete qualcosa da dire ditelo, altrimenti parlare in codice non serve a molto. Il coraggio e il carattere che voi vantate nella vostra lettera bisogna dimostrarlo nel dire le cose chiaramente, senza ammiccamenti o allusioni comprensibili solo agli addetti ai lavori, perché è fin troppo facile essere spavaldi e coraggiosi quando si tratta di fare irruzione a volto coperto e manganelli in mano in una scuola dove c'è gente indifesa che dorme. E quindi spiegatevi: in quale occasione pensate di essere stati colpiti ingiustamente per danneggiare qualcos'altro o qualcun altro?Voi dite che "abbiamo lavorato tanto affinché la Polizia di Stato acquisisse un vero contatto col cittadino ed entrasse a pieno titolo nel tessuto sociale"Anche la società civile ha lavorato tanto per ritrovare lo spirito della riforma dell'81, quando i poliziotti sfidavano le leggi dello stato per smilitarizzarsi. Personalmente ho organizzato un confronto su questi temi con un rappresentante del SILP durante il forum sociale di Firenze nel 2002, ma tutte le volte che si tratta di prendere posizioni giuste e coraggiose, ho visto i vostri sindacati tirarsi indietro.Ho visto i vostri rappresentanti più illuminati, istruiti e sinceramente democratici che dopo aver fatto in pubblico dei bei proclami come il vostro, in privato si tiravano indietro e dicevano a mezza bocca che loro sono favorevoli ai codici identificativi su caschi e divise, ma non potevano dirlo pubblicamente per paura di perdere iscritti. E' questo il coraggio delle vostre idee che vi hanno insegnato in Caserma? Abbiate il coraggio di dire come la pensate: i vostri sindacati sono favorevoli all'introduzione di codici identificativi su caschi e divise?Se siete contrari, come potete sostenere di lavorare per entrare nel tessuto sociale e stare a contatto con i cittadini, quando volete rendere più facile l'impunità a chi viene sorpreso mentre commette abusi con tanto di foto e filmati? Se invece siete favorevoli, perché non avete il coraggio di dirlo pubblicamente, cercando un alleanza con le forze sociali e politiche che hanno lo stesso obiettivo?Avete paura di diventare impopolari tra la base dei vostri iscritti, avete paura di perdere tesserati e quindi soldi e potere politico? E se state zitti per paura, che autorità morale avete per fare i risentiti di fronte alla sfiducia e al pregiudizio dei cittadini nei vostri confronti provocato proprio dai pavidi come voi che col loro silenzio favoriscono i violenti come i picchiatori della Diaz e di Bolzaneto?Voi dite che "ci troviamo sempre più compressi ed all'angolo, sempre più distanti da quelle aperture verso il tessuto sociale e sempre più facenti parti di una struttura sotto attacco continuo".Non prendetevela con la stampa, non prendetevela con i manifestanti, non prendetevela con chi si ribella alla violenza in divisa: il potere di restituire onore e dignità alla vostra professione già troppo infangata è tutto nelle vostre mani.Rileggete le parole coraggiose del vostro collega Giancarlo Ambrosini, e trovate il coraggio per una grande battaglia di civiltà, per introdurre codici identificativi su caschi e divise che rendano davvero personale le responsabilità di abusi senza infangare tutta una categoria. Studiate l'esperienza di Ambrosini, talmente coraggioso da denunciare gli abusi commessi dai colleghi fino ad essere emarginato dal sindacato Siulp che aveva contribuito a fondare, ricevendo minacce e intimidazioni che arrivarono fino all'incendio della porta di casa sua.Leggete che cosa diceva profeticamente il vostro collega Ambrosini molti anni prima dei fatti del G8: "Chi ha sbagliato lo ammetta apertamente e smetta di adottare la politica dello struzzo, quello che viviamo oggi non è il nostro ineluttabile destino, ma l'esito a cui ci ha portato una politica miope e codarda, di cui è urgente fare piazza pulita. [...] In passato non abbiamo temuto di dire la nostra anche su cose difficili e complesse, e abbiamo inciso profondamente, e non solo nel nostro ambiente. Ora dobbiamo tornare protagonisti, perché il paese ha bisogno che si avvii un'altra grande stagione politica ed ideale, che potrà essere molto più difficile, complessa e contrastata di quella che abbiamo vissuto negli anni Settanta, ma che forse sarà ancora più decisiva".E allora vi riformulo nuovamente la domanda chiave: siete favorevoli all'introduzione di codici identificativi su caschi e divise, innocui per chi non avrà nulla da nascondere, ma determinanti per individuare chi ha commesso abusi senza che si possa nascondere nella massa di poliziotti onesti?Se la risposta è sì, allora passate all'azione, e ritroverete tutto quel consenso e quella fiducia dei cittadini che avete perso in questi anni, e non certo per colpa degli organi di informazione.Se la vostra risposta è no, allora risparmiateci i piagnistei, le lacrime di coccodrillo, i racconti epici sul mestiere difficile del poliziotto e le immagini poetiche di poliziotti che passano bottiglie d'acqua ai fermati: niente di tutto questo potrà cancellare il vostro disonore, che a quel punto non sarà frutto del pregiudizio dei cittadini o di quello dei giornalisti, nè sarà più frutto delle violenze dei vostri colleghi: sarà solo la naturale conseguenza del vostro silenzio e della vostra vigliaccheria.Cordiali saluti.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

MERDA TU E TUTTI QUELLI CHE LA PENSANO COME TE.

Lillo ha detto...

Sei uno sbirro di merda,sparati e fa un favore all'umanità ma non ammazzare tua moglie e i tuoi figli(anche se dubito che tu possa avere rapporti interpersonali se non con i tuoi colleghi cameratti)com'è usanza tra le forze del disordine!