Nonostante questo periodo dovrebbe essere di solidarietà e di condivisione dei problemi legati alla pandemia e di quelli che ne derivano,ci sono gli Stati Uniti,gli autoproclamati padroni del mondo,che sotto l'egida di Trump attaccano a tutto spiano quasi tutte le nazioni con motivazioni che non trovano supporto in dati scientifici,economici e sociali.
Abituati a fare questo da decine di anni ora lo spostamento delle colpe verso la Cina,manco farlo apposta il principale antagonista commerciale globale,per la creazione e la diffusione del Covid-19,è il tormentone del suo presidente e della sua cerchia di pappagalli(il segretario di Stato Pompeo il primo)che individuano in un laboratorio di Wuhan la causa di tutto questo,errore umano o scelta deliberata è ancora da chiarire(vedi il primo articolo:contropiano gli-stati-uniti-cercano-lescalation-contro-la-cina ).
Perché Trump ha le prove di quel che afferma ma non può divulgarle,il deja vu verso le prove fasulle create da Blair e Bush delle armi chimiche contro Saddam che distrusse l'Iraq è limpido(madn blair-bliar )così come l'incapacità e l'imbarazzo del governante statunitense.
Le elezioni di novembre si avvicinano e Trump si gioca molto su questa gestione della pandemia,e se le sue bugie attecchiranno nella mente degli americani qualsiasi cifra dei morti e dei contagiati verrà alleggerita perché la colpa principale del tracollo sanitario ed economico non sarà direttamente sua.
Nonostante gli scienziati e l'esperto Fauci del team anti coronavirus,che potrebbe avere le ore contate con la creazione di una task force alternativa per via delle sue dichiarazioni che assieme a quelle del mondo scientifico parlano di un virus nato in modo naturale e non creato in laboratorio.
Per non parlare del grande problema degli infetti e delle vittime in Usa si è tornati a parlare a ruota ancora della Corea del Nord(vedi:madn a-proposito-di-fake-news ),della Russia,del virtuoso Venezuela(vedi secondo contributo:contropiano onu-il-venezuela-esempio-da-replicare )che con la sua sanità pubblica sta contenendo con ottimi risultati il contagio a scapito di altri paesi sudamericani(Brasile in testa)e di altri paesi che sono un peso per il controllo totale del mondo da parte statunitense.
Gli Stati Uniti cercano l’escalation contro la Cina.
di Sergio Cararo
La guerra commerciale tra Stati Uniti sta rapidamente diventando una guerra sul piano politico.
Lo confermano l’escalation di accuse da parte del Segretario di Stato statunitense, Pompeo, sul fatto che il Coronavirus sia nato in un laboratorio cinese, accuse che hanno visto la dura replica della Cina affidata alle pagine del Quotidiano del Popolo, che così ha commentato le dichiarazioni di Pompeo: “Non importa quante volte una bugia venga ripetuta o quanto accuratamente venga fabbricata. Resta ciò che è”.
Ma forse i cinesi sottovalutano i danni della dottrina comunicativa del nazista Goebbels, secondo cui una bugia ripetuta continuamente ha serie probabilità di essere scambiata con la verità.
Il dato sicuramente più inquietante è che quella che si va delineando tra Stati Uniti e Cina è ormai una guerra politica, uno stadio superiore di quella dei dazi iniziata prima della pandemia e della crisi globale in cui siamo immersi. Una guerra politica è uno stadio posto a metà tra quella economica e quella militare vera e propria.
A dare un’idea di questo salto di qualità è il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, il quale ha chiesto agli stati membri dell’alleanza atlantica di «proteggere i propri giganti economici dalle acquisizioni dei cinesi».
In secondo luogo va registrata l’attivazione di tutti gli apparati di sicurezza sia degli Stati Uniti che dei Five (Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda), i cinque paesi anglossassoni integrati tra loro da una alleanza storica e strategica che da sempre esula anche dalla Nato. Che però sembrano aver smentito di aver “prove” di manipolazione del virus…
Dal 27 marzo la US Defense intelligence agency, il servizio di spionaggio agli ordini del Pentagono, ha comunque cominciato a diffondere l’ipotesi di “incidente e grave negligenza” da parte della Cina. Eppure anche oggi il consulente capo della Casa Bianca per l’emergenza Covid, Anthony Fauci, in un’intervista a National Geographic è tornato a smentire le fantasiose – e pericolose – tesi dell’amministrazione presidenziale degli Stati Uniti. Rischiando, a quanto pare, l’ormai prossimo “licenziamento” insieme a tutta la task force anti-covid…
Ma nonostante smentite ripetute ed autorevoli, il 30 aprile scorso Trump aveva annunciato: «di avere le prove, ma di non poterle dire in pubblico».
Non v’è dubbio che all’innalzamento dei toni contribuisca la campagna elettorale americana; la rielezione o meno di Trump, a novembre, si gioca anche, o forse soprattutto, sull’efficacia della sua amministrazione sull’emergenza Covid-19, una crisi aggravata dal bilancio di morti che secondo alcune stime non sarà inferiore ai 100mila morti, dal boom della disoccupazione di massa negli Stati Uniti.
Alla Casa Bianca si stanno esaminando tutte le opzioni per far scattare vere e proprie rappresaglie economico-finanziarie contro la Cina, azioni che, se avranno seguito, potrebbero innescare una nuova crisi tra le due potenze, dalle conseguenze imprevedibili.
Trump e alcuni suoi collaboratori avrebbero discusso l’imposizione di sanzioni per un valore di mille miliardi di dollari sulle future importazioni cinesi per rifarsi delle devastazioni del coronavirus. Mentre il senatore repubblicano Marsha Blackburn ha ipotizzato addirittura di eliminare i pagamenti di interessi sui titoli del Tesoro statunitense in mano alla Cina.
Su questi scenari si ripropone un conflitto interno all’amministrazione Trump dove oggi pare prevalere la componente della “sicurezza nazionale”, dominata da falchi come il Segretario di Stato Pompeo e dagli esponenti del National Security Council, mentre appare in difficoltà la corrente dei consiglieri economici più disposta alla cautela.
E’ sempre utile rammentare che la Cina è il primo detentore estero di titoli del Tesoro statunitensi, ne possiede quasi 1.100 miliardi, pari al 17% del debito Usa in mano a soggetti stranieri. A marzo molti possessori di titoli Usa hanno cominciato a liberarsene ed è dovuta intervenire la Fed con acquisti massicci (quasi 700 miliardi) per evitare che i tassi schizzassero verso l’alto.
Insomma sia la guerra politica che quella economica degli Stati Uniti contro la Cina non sarebbero certo a costo zero. Non lo era prima della pandemia, figuriamoci adesso, ben dentro l’attuale crisi globale che sta cambiando il mondo in cui abbiamo vissuto.
E, per ora, non vogliamo azzardarci in previsioni sulle conseguenze di uno scivolamento verso una eventuale guerra militare.
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ONU: “il Venezuela esempio da replicare di contenimento della pandemia”.
di Thierry Deronne (Venezuela infos)
Il coordinamento del Sistema delle Nazioni Unite (ONU), presente in Venezuela, ha chiesto al governo di Nicolas Maduro l’autorizzazione per studiare la sua strategia di contenimento della pandemia di Covid-19.
“Gli esperti utilizzano l’espressione ‘strategia di soppressione’, come viene chiamata a livello epidemiologico, e chiedono l’autorizzazione per studiare questo modello per poterlo replicare in altri Paesi”, ha detto la vice-presidentessa della Repubblica Bolivariana, Delcy Rodriguez, al termine di una riunione del gruppo di lavoro permanente con gli esperti dell’ONU al Palazzo Presidenziale.
Delcy Rodriguez ha precisato che i funzionari dell’organizzazione internazionale hanno valutato il modello e il percorso epidemiologico che ha consentito al paese di registrare un appiattimento della curva di propagazione, dalle varie misure applicate sin dall’inizio fino all’appropriato allentamento della quarantena.
La vice-presidentessa ha spiegato che l’Organizzazione Panamericana della Salute ha accesso permanente ai risultati delle diagnosi e ha informato l’ONU della seconda fase di screening di massa che il Venezuela realizzerà nei prossimi giorni.
“L’estensione di massa dei test molecolari è destinata ad aumentare: ricordiamo che il metodo di sanità pubblica popolare istituito con l’aiuto di Cuba (“Barrio Adentro”) ci permette di andare casa per casa, di individuare e fermare la diffusione del virus alle sue radici”.
Un aneddoto significativo: alcuni medici di quartieri benestanti di Caracas (roccaforti dell’opposizione di destra) si sono rifiutati di effettuare i test per paura di essere infettati, chiedendo ai medici cubani di farlo, cioè a medici che hanno sempre stigmatizzato come “concorrenza sleale” alla loro medicina basata su una logica privatistica e di profitto.
Il presidente Maduro, dal canto suo, ha elogiato la capacità dei quartieri popolari, dove vive la maggioranza sociale, di dimostrare la disciplina, la pazienza e l’unità che hanno permesso di rafforzare il contenimento diffuso e lo screening di massa. “Abbiamo fatto grandi progressi, ma non abbiamo ancora completato la prima fase di test. Stiamo pianificando la seconda fase in dettaglio”.
Dall’inizio della pandemia fino al 1° maggio 2020, e nonostante il rafforzamento delle sanzioni statunitensi che impediscono al governo di acquistare tutte le attrezzature mediche necessarie, il Venezuela ha limitato il numero di morti a 10 (un tasso di 0,3 per milione di abitanti) e il numero di persone infette a 335 (con un tasso di guarigione del 43% tra questi pazienti, che vengono immediatamente trattati gratuitamente). Per consultare i dati di Covid-19 in Venezuela e nel mondo, l’OMS ha messo online una mappa in tempo reale.
Nicolás Maduro ha stimato che se non fossero state adottate per tempo misure di contenimento collettivo, il numero di casi di infezione sarebbe ora superiore a 213.000. Ha ricordato i tre possibili scenari secondo gli esperti: 1) mantenere il contenimento: un secondo focolaio potrebbe verificarsi, ma rimanere sotto controllo; 2) allentamento troppo rapido del confinamento: un secondo focolaio sarebbe peggiore del primo; 3) rimozione totale del contenimento: una seconda epidemia sarebbe peggiore di quella registrata finora in termini di numero di casi e di decessi e sarebbe incontrollabile fino all’anno prossimo.
Il presidente bolivariano ha detto che il Paese ha più di 27.000 letti d’ospedale e 4.500 letti in unità di terapia intensiva, con una capacità sufficiente per trattare i casi di Covid-19 una volta che sono stati rilevati attraverso lo screening massiccio e personalizzato da parte di squadre mediche durante le visite a domicilio (un modello, quello venezuelano, interamente oscurato dai media mainstream).
Mentre il virus esplode e la fame minaccia molti regimi neoliberisti in America Latina, un altro rapporto delle Nazioni Unite intitolato “Sicurezza alimentare durante la pandemia di Covid-19”, preparato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), loda anche la politica del governo bolivariano.
Nel capitolo “Perturbazioni nella distribuzione e nel commercio alimentare”, l’esempio del Venezuela viene elogiato perché: “la Soprintendenza alla gestione agroalimentare ha progettato un piano di emergenza per garantire il funzionamento dell’intero sistema agroalimentare durante il periodo di contenimento (…) sono state attuate una serie di azioni per mantenere gli indici di fornitura dei 12 alimenti prioritari che fanno parte del paniere di base, garantendo l’esistenza della catena di distribuzione e del commercio”.
Infine, Juan Pablo Bohoslavsky, esperto indipendente delle Nazioni Unite, ha chiesto l’urgente abolizione di tutte le misure coercitive unilaterali (adottate dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea) contro il Venezuela, ricordando che queste misure, che ostacolano la lotta contro il Covid-19, possono essere considerate come una violazione dei diritti umani, oltre alla necessaria lotta globale contro Covid-19.
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