Oggi riporto l'esempio di un prete che ha dato la sua vita per aver tentato di combattere il fascismo quando questo era da pochi anni al potere,ed oggi si ricorda l'anniversario della nascita di Don Giovanni Minzoni,sacerdote ucciso a bastonate da alcuni squadristi ad Argenta in provincia di Ferrara nel 1923.
L'articolo preso dal sito dell'Ampi di Lissone e rimando anche al sito Wikipedia(http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Minzoni )parla della vita di questo prete e questo articolo vuole essere da contraltare alla vicenda di un prete schifoso e viscido cui avevo parlato l'altro giorno(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2014/06/la-vergognosa-sentenza-della-chiesa-su.html )nella speranza che comunque gli uomini di chiesa siano per la maggior parte simili a Don Minzoni che a Don Inzoli.
Una delle prime vittime illustri della violenza fascista:Don Giovanni Minzoni.
Don Giovanni Minzoni nacque a Ravenna il 29 Giugno del 1885 da famiglia della media borghesia.
Il piccolo Giovanni crebbe tra l'affetto dei genitori, e di due fratelli e due sorelle, dimostrando viva intelligenza, carattere aperto, franco, espansivo, e soprattutto una bontà non comune.
Dopo gli studi in seminario fu ordinato sacerdote, e celebrò la sua prima messa il 10 settembre del 1909.
Nel 1910, si recò in Argenta (antico e storico paese, in provincia di Ferrara e diocesi di Ravenna), per essere cappellano, alle dipendenze dell'allora arciprete Gioacchino Bezzi. Lasciò Argenta nel 1912 per studiare alla Scuola sociale di Bergamo, dove si diplomò.
Argenta era stata ed era teatro di agitazioni e di conflitti operai. Don Giovanni Minzoni fu ammirato per il suo coraggio e per la sua volontà di collaborazione e di dialogo con il proletariato contadino.
Venuto a morte l'arciprete Bezzi, il 29 gennaio 1916, la popolazione volle suo successore D. Minzoni, che venne eletto con votazione plebiscitaria dai capi famiglia aventi diritto all'elezione dell'arciprete, fra l'esultanza degli Argentani. Ma egli non poté prendere possesso della parrocchia: era già scoppiata prima guerra mondiale
Nell'agosto del 1916, chiamata alle armi la classe 1885, lasciò la parrocchia per andare soldato nella settima compagnia di sanità in Ancona. Malgrado le preghiere insistenti dei parenti e degli amici, chiese di poter svolgere il suo servizio come cappellano tra i giovani militari al fronte e, in un momento molto critico della battaglia del Piave, dimostrò tale coraggio da meritare la medaglia d'argento. Al termine della guerra Don Minzoni ritornò ad Argenta.
Attivo promotore di opere caritatevoli, diede vita a circoli sociali per l'acculturamento delle classi umili e ai primi nuclei del sindacalismo cattolico nella Bassa ferrarese.
Alle numerose iniziative in campo sociale egli aggiunse un'adesione entusiasta al cooperativismo, mettendosi contro il regime fascista che invece sosteneva il corporativismo.
Si oppose alle violenze delle squadre fasciste sostenute dai proprietari terrieri retrivi, capeggiate da Italo Balbo, ostili alle più elementari rivendicazioni salariali dei lavoratori agricoli. Nel 1923 i fascisti di Balbo uccisero ad Argenta il sindacalista socialista Natale Galba; don Minzoni condannò la violenza squadristica attirandosi ripetute minacce ma rifiutando ogni collaborazione col fascismo dilagante.
Il 22 agosto 1923, in un incidente di caccia, venne ucciso un suo parrocchiano, Sante Guerrini padre di tre bambini. Don Minzoni venne informato in sagrestia e, subito dopo la messa, corse dalla giovane vedova che già si trovava in condizioni di bisogno ed ora, senza il capofamiglia, unica fonte di sostentamento, avrebbe visto peggiorare la situazione famigliare. Assicurò alla vedova l'assistenza materiale che le avrebbe consentito di allevare i tre orfani, assumendosi lui la responsabilità del loro mantenimento. La sera del giorno seguente, il 23 agosto 1923, don Minzoni venne aggredito e ucciso nei pressi della canonica a manganellate da alcuni squadristi facenti capo a Balbo. Tutta Argenta vibrò di sdegno contro i fascisti.
I fascisti deplorarono l'accaduto e cercarono di riversarne la responsabilità su elementi dell'estrema sinistra, associandosi al dolore dei cattolici e della famiglia; ma sui muri di Argenta comparve un manifesto che invitava i fascisti a non presentarsi al funerale. Cosa che fecero restando in disparte.
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