sabato 5 luglio 2014

IL PREMIO STREGA E L'INDUSTRIA DEL LIBRO

E' Francesco Piccolo lo scrittore che è uscito vincitore dall'ultima edizione dal Premio Strega,il concorso letterario più famoso in Italia col romanzo"Il desiderio di essere come tutti"ed il sito di Contropiano(http://contropiano.org/cultura/item/25060-premio-strega-vince-un-autore-piccolo-piccolo )fa un'analisi critica non tanto per l'opera in sé ma per l'industria del libro che gira attorno a questo evento ed in generale a quasi tutti quelli del settore.
Non è nemmeno un attacco alla kermesse nata dalla voglia di cambiare aria allo scenario culturale italiano dopo il ventennio fascista,anche perché nel palmarès delle vittorie risultano nomi pesanti per quanto riguarda il panorama letterario italiano e pure con libri indispensabili.
I più maligni,e spesso a pensare male ci si azzecca,dicono che già la scelta dei cinque finalisti è pilotata dalle case editrici che si contendono il vincitore,e poi da buona competizione italiana non si sa bene che cosa possa accadere nelle ultime votazioni ufficiali e non che designano lo scritto del trionfo finale.
E detto questo l'autore vincente ha la moglie che fino all'anno scorso lavorava per la fondazione Bellonci,guarda caso quella che organizza dal 1986 il tutto e che fin dal 1944 ha comunque lavorato assieme al produttore del liquore che dà il nome al premio,il cerchio si stringe.
Mio appunto personale è la selva di concorsi letterali(per inciso il Premio Strega è legato a libri già editi e abbastanza famosi,che hanno già discrete vendite nell'anno precedente)che imperversano in tutto lo stivale,che siano di poesia o di racconti e romanzi non fa differenza,che dietro ad un contributo danno la promessa di poter vincere un premio in denaro ed in alcuni casi la pubblicazione del lavoro.
Secondo me sono il ricettacolo di opere belle e meno che siano di autori più o meno emergenti cui molti attingono idee e spunti,insomma un immenso calderone cui agenti,scrittori e addetti ai lavori riescono a spulciare e prendere il meglio.
Pensiero personale dove oltre all'accaparramento abbastanza facile di denaro si tenta di mungere centinaia di persone che scrivono in Italia,e nel belpaese ci sono più scrittori che lettori,ed è per questo che da aspirante autore sono restìo a partecipare a questa miriade di concorsi sparsi in tutta la nazione e organizzate in tutti i periodi dell'anno.

Premio Strega.Vince un autore piccolo,piccolo.

Talvolta credo sia possibile criticare un libro anche senza averlo letto. Per parlare di una cosa che non si conosce si può entrare in quella dottrina che si definisce idealismo. Molte sono le inquietudini che esso provoca, poiché alcuni esponenti di questo pensiero negarono persino la materia. Il processo contrario però si deve fare grazie all'osservazione accurata di alcuni elementi, dai quali possiamo trarre delle conclusioni che si avvicinano alla verità.
Questa affermazione va necessariamente confutata però all'interno di una critica ad un sistema e non all'opera che idealmente sostengo sia il suo frutto: questo sistema è l'industria culturale, nel caso specifico di quello che viene considerato universalmente il più importante premio letterario italiano: il Premio Strega.
Francesco Piccolo (il vincitore del premio di quest'anno) è un bisogno, una necessità spinta da tutti i poteri che lo sostengono, sperando che egli sia in grado di risollevare le tasche di qualche editore, e non il nostro povero mondo pieno di ipocrisie e applausi a buon mercato.
Il reale problema è sempre uno: il profitto.
Questo entra in un conflitto mistico, ancestrale, vertiginoso, in cui l'arte apparentemente viene stimolata, ma dove ne esce malata, priva d'identità, perché schiava delle tirature, delle collusioni ad un sistema marcio, appestato, velato nel sudario del successo.
In apparenza un idealista direbbe che questo non c'è: ciò che non tocco, il libro che non ho letto, le strutture, le feste, i premi che nessuno di noi vincerà, non esistono. Voltato l'angolo, dietro la spessa tenda, l'illusione di questa percezione mi porta in un vuoto, dove le mie intenzioni si mischiano con i fatti che non posso percepire.
Eppure, proprio in mezzo a questi rumori, che sentiamo come echi lontani, potremmo avvertire la loro vera voce, banalizzando il tutto in questione di causa ed effetto: posso negare che Piccolo abbia vinto un premio letterario? Che sua moglie fino lo scorso anno lavorasse nella Fondazione Bellonci (che organizza il Premio Strega)? Che sia stato l'unico a vendere un po' di copie in più dei suoi concorrenti? I miei occhi vedono dei colori, non posso negarlo, ma non posso negare che non ce ne siano degli altri, questo direbbe Berkeley.
Voglio essere onesto, la semplificazione nasce spontanea, facile, possiamo vedere il sole e pensare di essere osservati da un occhio non più grande di una moneta, eppure il mondo dei concetti e delle astrazioni formano in noi un progresso che si basa sui precedenti enunciati.
Il film tanto premiato di Paolo Virzì – Il capitale umano – scritto dallo stesso Piccolo, è un vero paradosso: la critica che si tenta di fare è ad una borghesia che assiste ed applaude allo stesso spettacolo, fatto per loro, per fustigarsi di una morale paternalista, tanto che, non c'è un vero colpevole in tutto il machiavellico intreccio: non esistono colpevoli, ma solo approfittatori.
Per questo mi permetto di non leggere il libro di Piccolo e criticarlo, perché è un libro di un sistema dove l'arte è peggio che volgarizzata, studiata a tavolino nell'Olimpo delle industrie, dove in maniera piuttosto grossolana si spinge il pubblico sull'altare del sacrificio, consumatori consunti, voraci di critiche da salotti qualunquisti sui tappeti di sabbia estivi.
Si tenta ancora di creare ad hoc qualche artista politicamente scorretto, fingendo che esso sia una pedina incontrollabile, e in questo gioco delle parti, dove questi attori recitano ormai da troppo tempo, il lettore cade in una trappola miracolosa: se non ho letto il libro non posso criticarlo.
In questo senso è meglio uscirne fuori: tanti, troppi autori (maggiori o minori che siano) della storia ci aspettano, tanti scrittori che non possono permettersi di partecipare alle premiazioni, con alle spalle qualche barzelletta raccontata nel salotto di Fazio (il salotto della cultura fascista, perché del buon gusto esteso e impartito a tutti i suoi spettatori morti), e che non sono collusi col potere di queste stampe in cui sono impresse solo economiche parole.
Perciò credo che si possa anche criticare un libro senza averlo letto: un libro che rappresenta solo l'industria culturale in sé. 

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