L'articolo preso da(http://luciogiordano.wordpress.com/2013/10/26/quando-cera-lui-caro-lei-quello-che-non-si-dice-del-duce/ )Lucio Giordano wordpress a firma di Marco Cucchi analizza i più diffusi luoghi comuni che riguardano il periodo decisamente più oscuro e vergognoso della storia d'Italia dalla sua unione,quando i fascisti sedussero e tradirono gli italiani,aneddoti e richiami ad argomenti quali il lavoro e la disoccuopazione,pensioni,malattie retribuite e grandi opere.
Tutte analizzate una per una e facilmente smontate da un'analisi non di parte ma storica con qualche punto di ironia che non guasta mai,e mentre i fans del duce appeso come un salame vengono indottrinati e male dai nuovi fascisti del terzo millennio,Lui,detto proprio da"loro"sottovoce quasi in maniera rispettosa,nella mia e nelle menti di tantissimi altri è ancora lì che dondola morto dopo essere stato catturato ed ucciso mentre tentava di scappare,mascherato da nazista,come il codardo che era.
QUANDO C’ERA LUI, CARO LEI… QUELLO CHE NON SI DICE DEL DUCE.
DI MARCO CUCCHI
Giungono i migranti a Lampedusa. Il problema del lavoro esplode in Italia. E tante altre brutte cose.
Il substrato ideale per poter far attecchire ideologie di destra di stampo revisionista.
Oltre al rinascere di movimenti di estrema destra più o meno allo scoperto di cui Casa Pound è forse il più famoso di tutti, sui social network è tutto un fiorire di pagine di estrema destra quali “Dux mea lux”, “Tu piangi io rido” e tante altre che non vale nemmeno la pena di citare, che inneggiano alla più bieca xenofobia e al fascismo “degli anni d’oro”.
Quando c’era il Duce…. Intanto basta leggere le sgrammaticature dei post pubblicati per dedurre che, forse, la lingua italiana viene rispettata di più dai figli degli extracomunitari che le scuole le hanno frequentate piuttosto che da questi novelli nazionalisti in erba che, per la spietatezza dimostrata oltre che nei confronti degli stranieri anche nei confronti della lingua della loro Patria, probabilmente si sono fermati alla licenza elementare.
E, a dimostrare una bassa scolarizzazione anche una totale ignoranza della storia. Basta lanciare lodi nei confronti di Benito Mussolini, senza alcun riguardo né verifica storica delle proprie affermazioni.
Una maniera divertente per passare le proprie serate è l’attaccare briga con gli amministratori di queste pagine, trascinandoli in un confronto dialettico civile ed intelligente suffragato da fatti storici documentati.
Un disco di musica ambient (ottimo Brian Eno), se capita un buon sigaro e si inizia a parlare smontando varie affermazioni ridicole, pretestuose e false; ci si scambiano post, io propongo fatti storici e documenti e mi rispondono a male parole e, dopo un’ora, un’ora e mezza, vengo regolarmente bannato e cacciato dalla pagina, sintomo di difficoltà della controparte nel sostenere un confronto dialettico civile ed intelligente.
Poco male, il sigaro è finito ormai e si è fatta un’ora buona per andare a letto.
Vi voglio raccontare una serata amabile a discutere (per modo di dire) con un paginone Facebook organizzato e tenuto da un gruppo di giovani che si millantano neofascisti, forse senza sapere nemmeno cosa voglia dire.
Quando c’era il Duce…..
“Se non c’era il Duce col …. che prendevi la pensione, visto che l’INPS la inventò lui”: il primo sistema pensionistico in Italia a tutela dello stato di sopraggiunta invalidità sul lavoro o nel caso di impossibilità al lavoro per vecchiaia venne costituito nel 1898 quando venne introdotta la CNP, Cassa Nazionale di Previdenza nella quale venivano iscritti i lavoratori di alcune categorie e definitivamente dal 1919 quando l’ente divenne CNAS (Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali) prevedendo l’iscrizione obbligatoria per tutti i lavoratori.
“Se non c’era il Duce e ti ammalavi, peggio per te, non prendevi lo stipendio”: con la legge 11 gennaio 1943 n. 138 venne istituita la prima Cassa Mutua di Assistenza di Malattia che offriva tutele minime ai soli lavoratori dipendenti del pubblico impiego e nulla per gli altri.
L’indennità di malattia è un dono della repubblica democratica visto che venne istituita con decreto legislativo del Capo provvisorio dello stato nr. 435 del 13 maggio 1947 l’INAM, Istituto Nazionale per l’assicurazione contro le malattie, riformato nel 1968 che assisteva tutti i lavoratori, anche coloro che dipendevano da imprese private.
E nel 1978, con Legge 23 dicembre 1978, nr. 883, veniva estesa, oltre che l’indennità retributiva in caso di malattia, anche il diritto all’assistenza medica con la costituzione del Servizio Sanitario Nazionale.
“Il Duce ha inventato la Cassa Integrazione Guadagni per aiutare i lavoratori di aziende senza lavoro”: nel 1939, tramite circolari interne, veniva prevista la possibilità, prevista senza un reale quadro normativo per poterla applicare, visto che allora era totalmente inutile.
L’Italia, già coinvolta nelle guerre nelle colonie (Libia, Abissinia) si stava preparando all’entrata in guerra al fianco della Germania e l’industria (soprattutto quella bellica) era in gran fermento, motivo per cui non solo si lavorava a turni pesantissimi ma si assistette addirittura al primo esodo indotto di lavoratori dall’agricoltura all’industria.
La Cassa Integrazione Guadagni, nella sua struttura è stata costituita solo il 12 agosto 1947 con DLPSC numero 869, misura finalizzata al sostegno dei lavoratori dipendenti da aziende che durante la guerra erano state colpite e non erano in grado di riprendere normalmente l’attività.
“Quando c’era il Duce non vi era disoccupazione in Italia”: vero, anche se in maniera discutibile.
Unica precisazione da fare è che tale evento non era giustificato da reale stato di benessere dell’economia ma da due eventi ben precisi: l’Italia stava preparando l’entrata in guerra e tutte le industrie (e l’artigianato) che direttamente o indirettamente fornivano l’esercito lavoravano a pieno regime.
Per contro, l’accesso al lavoro era precluso a tutti coloro che non sottoscrivevano la tessera del Partito Nazionale Fascista, sanzione che era estesa anche ai datori di lavoro che eventualmente li impiegassero.
Motivo per cui durante il fascismo assistemmo ai primi flussi migratori, di tutti coloro che per motivi politici non intesero allinearsi al regime ma avevano una famiglia da mantenere.
Francia (prima dell’invasione nazista), USA, Argentina, Brasile e Africa le direttive principali dell’emigrazione Italiana: anche mio bisnonno da parte di padre fu costretto ad emigrare in Etiopia visto che nella Romagna nessuno intendeva rischiare dando lavoro a uno privo della tessera del partito.
Gli extracomunitari attuali non esistevano visto che venivano direttamente sfruttati in loco nelle colonie, mentre i migranti erano i nostri poveri che non volevano tesserarsi al partito, motivo per cui in Italia, chi non lavorava per la guerra era indotto ad emigrare.
“Se non c’era il Duce le grandi strade in Italia non venivano costruite”: anche questo non è vero, visto che la necessità di realizzare infrastrutture in Italia fu un’idea di Giovanni Giolitti durante il suo quinto governo (15 giugno 1920/7 aprile 1921), avendo constatato l’impossibilità di uno sviluppo industriale in mancanza di solide strutture, sviluppo industriale dimostratosi necessario dal confronto con le altre grandi potenze che avevano partecipato al primo conflitto mondiale.
Tale “rivoluzione” non potè essere attuata da Giovanni Giolitti, prima, e dal governo Bonomi che ne seguì solo per i sette mesi che resse a causa del boicottaggio e dell’ostruzionismo politico da parte del nascente fascismo, prima generico movimento popolare (1919) e poi soggetto in forma di partito dal 1921, con la costituzione del Partito Nazionale Fascista.
“Quando c’era il Duce il popolo stava meglio”: anche questa è un’affermazione discutibile.
Infatti, a seguito delle sanzioni internazionali irrogate nel 1936 all’Italia a seguito dell’invasione dell’Etiopia, il 18 novembre di quell’anno venne indetto il “Giorno della fede” in cui gli italiani furono invitati, in teoria, a donare tutto il proprio oro alla Patria ricevendo, in cambio delle fedi nuziali (gli sposati) anelli in ferro con la scritta “ORO ALLA PATRIA – 18 NOV.XIV” che ancora qualche anziano possiede ancora.
Teoricamente perché, malgrado fosse fatto su invito volontario, chiunque venisse colto a possedere oro proprio anche in casa, veniva perseguito come traditore e nemico della patria dalle squadre del Fascio Littorio, ripassati (come si diceva allora) a manganello ed olio di ricino.
E sempre per sostenere la guerra in Abissinia ed Eritrea prima, quella al fianco dei tedeschi poi, venne imposta l’autarchia: tutti i prodotti di importazione vennero soppressi come la maggior parte del grano utilizzato per la pasta e sostituito dall’”italico” riso, come ad esempio il caffè, sostituito dal “surrogato” fatto con cicoria tostata e il the, sostituito dal “coloniale” karkadè, misura che complessivamente peggiorò di molto la qualità della vita del popolo.
E il sequestro ai contadini della produzione agricola: agli agricoltori, come i miei parenti nell’alto forlivese, veniva imposta una elevata produzione agricola di cui solo una piccola parte veniva lasciata al contadino per il consumo personale e la vendita al mercato mentre una quantità esosa veniva “prelevata” dai fascisti locali “per il bene della patria”. E anche gli animali da carne.
Furono anni in cui calò l’allevamento dei maiali, animale ingombrante, oneroso da mantenere, visibile e quindi facilmente “prelevabile” in favore dell’allevamento del coniglio, più piccolo, più discreto e quindi più facilmente nascondibile; nel paese di Santa Sofia di Romagna (FC), tutta la collina della frazione di Camposonaldo, zona impervia da esplorare, divenne prima che territorio e base dei partigiani luogo di allevamento abusivo dei conigli, quelli che le famiglie contadine mangiavano la domenica e nei giorni di festa malgrado le disposizioni del regime.
“Il Duce amava l’Italia”; «Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo delle trattative.» enunciò il Duce il 26 maggio 1940 (ndr. L’Italia nella seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1946, p. 37): e così fu, visto che nella disastrosa “campagna di Russia”, solo per compiacere Adolf Hitler con una presenza italiana del tutto male equipaggiata e fornita nelle sue operazioni di guerra di guerra, persero la vita ufficialmente 114’520 militari sui 230’000 inviati al fronte, a cui aggiungere i dispersi, ovvero le persone che non risultavano morte in combattimento ma nemmeno rientrate in patria, che fonti UNIRR stimano in circa 60’000 gli italiani morti durante la prigionia in Russia.
Il Duce amava talmente l’Italia da aver introdotto leggi razziali antisemite nel 1938 solo per compiacere l’alleato nazista, inutili perché in Italia gli ebrei, a differenza che in Germania, non avevano un’importanza rilevante in un sistema economico di cui la dittatura volesse provvedere all’esproprio.
E i fascisti, soprattutto durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana (o di Salò) collaborarono attivamente ai massacri di rappresaglia a seguito delle operazioni partigiane e alla deportazione nei lager di cittadini italiani.
E l’Italia, unico nei paesi “satellite” della Germania nazista, il fascismo fu istitutore e gestore di “lager” in Italia con l’impiego prevalente di proprio personale: la bibliografia ufficiale stima in 259 i campi di prigionia in Italia e gestiti con presenza prevalente di personale italiano, alcuni normali campi di detenzione, altri campi di smistamento in attesa della deportazione in Germania come quello di Bolzano (in cui imperversò, partecipando ad alcuni massacri futili ma brutali anche l’alpino Albino Cologna) e Fossoli, in provincia di Modena; ma alcuni erano autentici campi di sterminio come la Risiera di San Sabba a Trieste, dove il tenore dei massacri era inferiore solo ai campi in Germania e Polonia, molto più grandi e appositamente attrezzati.
Solitamente bastava il 25% delle asserzioni sopra esposte per venire “cacciati” dalla pagina, subendo il rancore di chi non riesce più a sostenere un confronto dialettico. E, voglio proprio vedere, chi con un minimo di intelligenza e di conoscenza della storia possa ammettere che Benito Mussolini e il fascismo abbiano fatto il bene dell’Italia.
Giungono i migranti a Lampedusa. Il problema del lavoro esplode in Italia. E tante altre brutte cose.
Il substrato ideale per poter far attecchire ideologie di destra di stampo revisionista.
Oltre al rinascere di movimenti di estrema destra più o meno allo scoperto di cui Casa Pound è forse il più famoso di tutti, sui social network è tutto un fiorire di pagine di estrema destra quali “Dux mea lux”, “Tu piangi io rido” e tante altre che non vale nemmeno la pena di citare, che inneggiano alla più bieca xenofobia e al fascismo “degli anni d’oro”.
Quando c’era il Duce…. Intanto basta leggere le sgrammaticature dei post pubblicati per dedurre che, forse, la lingua italiana viene rispettata di più dai figli degli extracomunitari che le scuole le hanno frequentate piuttosto che da questi novelli nazionalisti in erba che, per la spietatezza dimostrata oltre che nei confronti degli stranieri anche nei confronti della lingua della loro Patria, probabilmente si sono fermati alla licenza elementare.
E, a dimostrare una bassa scolarizzazione anche una totale ignoranza della storia. Basta lanciare lodi nei confronti di Benito Mussolini, senza alcun riguardo né verifica storica delle proprie affermazioni.
Una maniera divertente per passare le proprie serate è l’attaccare briga con gli amministratori di queste pagine, trascinandoli in un confronto dialettico civile ed intelligente suffragato da fatti storici documentati.
Un disco di musica ambient (ottimo Brian Eno), se capita un buon sigaro e si inizia a parlare smontando varie affermazioni ridicole, pretestuose e false; ci si scambiano post, io propongo fatti storici e documenti e mi rispondono a male parole e, dopo un’ora, un’ora e mezza, vengo regolarmente bannato e cacciato dalla pagina, sintomo di difficoltà della controparte nel sostenere un confronto dialettico civile ed intelligente.
Poco male, il sigaro è finito ormai e si è fatta un’ora buona per andare a letto.
Vi voglio raccontare una serata amabile a discutere (per modo di dire) con un paginone Facebook organizzato e tenuto da un gruppo di giovani che si millantano neofascisti, forse senza sapere nemmeno cosa voglia dire.
Quando c’era il Duce…..
“Se non c’era il Duce col …. che prendevi la pensione, visto che l’INPS la inventò lui”: il primo sistema pensionistico in Italia a tutela dello stato di sopraggiunta invalidità sul lavoro o nel caso di impossibilità al lavoro per vecchiaia venne costituito nel 1898 quando venne introdotta la CNP, Cassa Nazionale di Previdenza nella quale venivano iscritti i lavoratori di alcune categorie e definitivamente dal 1919 quando l’ente divenne CNAS (Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali) prevedendo l’iscrizione obbligatoria per tutti i lavoratori.
“Se non c’era il Duce e ti ammalavi, peggio per te, non prendevi lo stipendio”: con la legge 11 gennaio 1943 n. 138 venne istituita la prima Cassa Mutua di Assistenza di Malattia che offriva tutele minime ai soli lavoratori dipendenti del pubblico impiego e nulla per gli altri.
L’indennità di malattia è un dono della repubblica democratica visto che venne istituita con decreto legislativo del Capo provvisorio dello stato nr. 435 del 13 maggio 1947 l’INAM, Istituto Nazionale per l’assicurazione contro le malattie, riformato nel 1968 che assisteva tutti i lavoratori, anche coloro che dipendevano da imprese private.
E nel 1978, con Legge 23 dicembre 1978, nr. 883, veniva estesa, oltre che l’indennità retributiva in caso di malattia, anche il diritto all’assistenza medica con la costituzione del Servizio Sanitario Nazionale.
“Il Duce ha inventato la Cassa Integrazione Guadagni per aiutare i lavoratori di aziende senza lavoro”: nel 1939, tramite circolari interne, veniva prevista la possibilità, prevista senza un reale quadro normativo per poterla applicare, visto che allora era totalmente inutile.
L’Italia, già coinvolta nelle guerre nelle colonie (Libia, Abissinia) si stava preparando all’entrata in guerra al fianco della Germania e l’industria (soprattutto quella bellica) era in gran fermento, motivo per cui non solo si lavorava a turni pesantissimi ma si assistette addirittura al primo esodo indotto di lavoratori dall’agricoltura all’industria.
La Cassa Integrazione Guadagni, nella sua struttura è stata costituita solo il 12 agosto 1947 con DLPSC numero 869, misura finalizzata al sostegno dei lavoratori dipendenti da aziende che durante la guerra erano state colpite e non erano in grado di riprendere normalmente l’attività.
“Quando c’era il Duce non vi era disoccupazione in Italia”: vero, anche se in maniera discutibile.
Unica precisazione da fare è che tale evento non era giustificato da reale stato di benessere dell’economia ma da due eventi ben precisi: l’Italia stava preparando l’entrata in guerra e tutte le industrie (e l’artigianato) che direttamente o indirettamente fornivano l’esercito lavoravano a pieno regime.
Per contro, l’accesso al lavoro era precluso a tutti coloro che non sottoscrivevano la tessera del Partito Nazionale Fascista, sanzione che era estesa anche ai datori di lavoro che eventualmente li impiegassero.
Motivo per cui durante il fascismo assistemmo ai primi flussi migratori, di tutti coloro che per motivi politici non intesero allinearsi al regime ma avevano una famiglia da mantenere.
Francia (prima dell’invasione nazista), USA, Argentina, Brasile e Africa le direttive principali dell’emigrazione Italiana: anche mio bisnonno da parte di padre fu costretto ad emigrare in Etiopia visto che nella Romagna nessuno intendeva rischiare dando lavoro a uno privo della tessera del partito.
Gli extracomunitari attuali non esistevano visto che venivano direttamente sfruttati in loco nelle colonie, mentre i migranti erano i nostri poveri che non volevano tesserarsi al partito, motivo per cui in Italia, chi non lavorava per la guerra era indotto ad emigrare.
“Se non c’era il Duce le grandi strade in Italia non venivano costruite”: anche questo non è vero, visto che la necessità di realizzare infrastrutture in Italia fu un’idea di Giovanni Giolitti durante il suo quinto governo (15 giugno 1920/7 aprile 1921), avendo constatato l’impossibilità di uno sviluppo industriale in mancanza di solide strutture, sviluppo industriale dimostratosi necessario dal confronto con le altre grandi potenze che avevano partecipato al primo conflitto mondiale.
Tale “rivoluzione” non potè essere attuata da Giovanni Giolitti, prima, e dal governo Bonomi che ne seguì solo per i sette mesi che resse a causa del boicottaggio e dell’ostruzionismo politico da parte del nascente fascismo, prima generico movimento popolare (1919) e poi soggetto in forma di partito dal 1921, con la costituzione del Partito Nazionale Fascista.
“Quando c’era il Duce il popolo stava meglio”: anche questa è un’affermazione discutibile.
Infatti, a seguito delle sanzioni internazionali irrogate nel 1936 all’Italia a seguito dell’invasione dell’Etiopia, il 18 novembre di quell’anno venne indetto il “Giorno della fede” in cui gli italiani furono invitati, in teoria, a donare tutto il proprio oro alla Patria ricevendo, in cambio delle fedi nuziali (gli sposati) anelli in ferro con la scritta “ORO ALLA PATRIA – 18 NOV.XIV” che ancora qualche anziano possiede ancora.
Teoricamente perché, malgrado fosse fatto su invito volontario, chiunque venisse colto a possedere oro proprio anche in casa, veniva perseguito come traditore e nemico della patria dalle squadre del Fascio Littorio, ripassati (come si diceva allora) a manganello ed olio di ricino.
E sempre per sostenere la guerra in Abissinia ed Eritrea prima, quella al fianco dei tedeschi poi, venne imposta l’autarchia: tutti i prodotti di importazione vennero soppressi come la maggior parte del grano utilizzato per la pasta e sostituito dall’”italico” riso, come ad esempio il caffè, sostituito dal “surrogato” fatto con cicoria tostata e il the, sostituito dal “coloniale” karkadè, misura che complessivamente peggiorò di molto la qualità della vita del popolo.
E il sequestro ai contadini della produzione agricola: agli agricoltori, come i miei parenti nell’alto forlivese, veniva imposta una elevata produzione agricola di cui solo una piccola parte veniva lasciata al contadino per il consumo personale e la vendita al mercato mentre una quantità esosa veniva “prelevata” dai fascisti locali “per il bene della patria”. E anche gli animali da carne.
Furono anni in cui calò l’allevamento dei maiali, animale ingombrante, oneroso da mantenere, visibile e quindi facilmente “prelevabile” in favore dell’allevamento del coniglio, più piccolo, più discreto e quindi più facilmente nascondibile; nel paese di Santa Sofia di Romagna (FC), tutta la collina della frazione di Camposonaldo, zona impervia da esplorare, divenne prima che territorio e base dei partigiani luogo di allevamento abusivo dei conigli, quelli che le famiglie contadine mangiavano la domenica e nei giorni di festa malgrado le disposizioni del regime.
“Il Duce amava l’Italia”; «Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo delle trattative.» enunciò il Duce il 26 maggio 1940 (ndr. L’Italia nella seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1946, p. 37): e così fu, visto che nella disastrosa “campagna di Russia”, solo per compiacere Adolf Hitler con una presenza italiana del tutto male equipaggiata e fornita nelle sue operazioni di guerra di guerra, persero la vita ufficialmente 114’520 militari sui 230’000 inviati al fronte, a cui aggiungere i dispersi, ovvero le persone che non risultavano morte in combattimento ma nemmeno rientrate in patria, che fonti UNIRR stimano in circa 60’000 gli italiani morti durante la prigionia in Russia.
Il Duce amava talmente l’Italia da aver introdotto leggi razziali antisemite nel 1938 solo per compiacere l’alleato nazista, inutili perché in Italia gli ebrei, a differenza che in Germania, non avevano un’importanza rilevante in un sistema economico di cui la dittatura volesse provvedere all’esproprio.
E i fascisti, soprattutto durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana (o di Salò) collaborarono attivamente ai massacri di rappresaglia a seguito delle operazioni partigiane e alla deportazione nei lager di cittadini italiani.
E l’Italia, unico nei paesi “satellite” della Germania nazista, il fascismo fu istitutore e gestore di “lager” in Italia con l’impiego prevalente di proprio personale: la bibliografia ufficiale stima in 259 i campi di prigionia in Italia e gestiti con presenza prevalente di personale italiano, alcuni normali campi di detenzione, altri campi di smistamento in attesa della deportazione in Germania come quello di Bolzano (in cui imperversò, partecipando ad alcuni massacri futili ma brutali anche l’alpino Albino Cologna) e Fossoli, in provincia di Modena; ma alcuni erano autentici campi di sterminio come la Risiera di San Sabba a Trieste, dove il tenore dei massacri era inferiore solo ai campi in Germania e Polonia, molto più grandi e appositamente attrezzati.
Solitamente bastava il 25% delle asserzioni sopra esposte per venire “cacciati” dalla pagina, subendo il rancore di chi non riesce più a sostenere un confronto dialettico. E, voglio proprio vedere, chi con un minimo di intelligenza e di conoscenza della storia possa ammettere che Benito Mussolini e il fascismo abbiano fatto il bene dell’Italia.
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