martedì 19 marzo 2013

SHALE GAS

Negli ultimi anni la corsa per gli approvigionamenti delle risorse naturali sta incrementando sia il proprio ritmo che la propria possibile pericolosità sia ambientale che sociale,e al posto di ricercare la soluzione al problema delle fonti di energia ricercandole in quelle naturali rinnovabili e non dannose per la terra e per l'uomo,si cerca maggiormente la via più facile che è anche la più dannosa per tutti.
Il gas ed il petrolio prodotti per la frantumazione idraulica delle rocce(fracking)ha preso piede negli Usa negli ultimi tempi in quanto permette la quasi dipendenza energetica ma con delle problematiche che ancor oggi non sono ben chiare:come detto nell'articolo sotto preso da Senza Soste da un lato ci sono previsioni forse troppo catastrofiche da parte degli ecologisti e dall'altra la superficialità degli studi delle conseguenze di questi nuovi sistemi da parte dei colossi dell'energia mondiale.
In poche parole per ricavare,o meglio spremere dalla terra gas e petrolio,si pompano in profondità acqua,sabbia e sostanze chimiche e con delle cariche esplosive si frammentano le rocce che liberano l'oro nero ed i gas che vengono riportati in superficie.
Certamente tutto questo potrebbe portare ad inquinamenti alle falde freatiche,provocare sconvolgimenti tettonici(possibili terremoti)ed inoltre le sostanze chimiche"iniettate"non fanno sicuramente bene al sottosuolo.
Il contributo inoltre analizza possibili ripercussioni geopolitiche in quanto stati come la Russia vedrebbe fortemente penalizzato il proprio monopolio del gas in Europa,e zone come la penisola arabica si farebbe sempre meno indispensabile per gli scenari mondiali:inoltre nei paesi dove queste tecniche sono utilizzate da anni e anche in quelli neofiti le proteste si fanno sempre più eclatanti.

Lo shale gas spaventa l'Europa.
Negli Usa è diventata in 10 anni l’arma segreta per arrivare all’indipendenza energetica. Sperimentata già negli Anni 40, la tecnica per l’estrazione di gas non convenzionale nota come fracking (hydraulic fracturing, ossia la fatturazione idraulica realizzata attraverso la pressione di un fluido per creare e propagare una frattura in uno strato roccioso) si è sviluppata Oltreoceano a partire dagli Anni 70 e, con Barack Obama alla Casa Bianca, ha segnato il suo apice: i prezzi del gas sono crollati. Anche se accompagnati da una robusta coda di polemiche.
Ora, però, la rivoluzione del fracking arriva in Europa e tocca anche al Vecchio Continente misurarsi con gli effetti taumaturgici dell’estrazione dell’oro azzurro e dei suoi danni collaterali.
PERICOLO CONTAMINAZIONE. Con il fracking vengono infatti pompati nel terreno acqua ed elementi chimici per recuperare gas o petrolio da scisti bituminosi. I pericoli, esagerati dagli ambientalisti o minimizzati dai colossi energetici, vanno dalla contaminazione di terreni e falde acquifere sino ai miniterremoti.
EQUILIBRI GEOPOLITICI A RISCHIO. La questione però non riguarda tanto e solo gli aspetti economici ed ecologici: alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, i primi di febbraio, il tema è stato infatti discusso in primis dal punto di vista geopolitico.
Perché le conseguenze della rivoluzione made in Usa potrebbero farsi sentire negli equilibri mondiali e mettere in crisi chi sul gas ha costruito la propria potenza. La Russia in primis.
 
I rischi, sempre più concreti, per Gazprom
È questa in soldoni la tesi di chi vede radicali cambiamenti alle porte: il gas estratto con il fracking negli Stati Uniti, i prezzi in ribasso pronti a contagiare gli altri mercati e la prospettiva di non dover dipendere dalle importazioni metterebbero in crisi il regno di Vladimir Putin, e se la nuova tecnica diffondesse in Europa potrebbe mandare in pensione il colosso energetico Gazprom.
I GUAI PER I PRODUTTORI DEL GOLFO. Ma nei guai finirebbero anche i produttori del Golfo che si ritroverebbero a ridefinire la loro posizione sulla scacchiera geoeconomica: un riposizionamento inevitabile non appena gli Usa dovessero potere fare a meno dell’energia in arrivo dal Medio Oriente.
Lo scenario, pieno di se e di ma, è sostenuto da un recente rapporto della Iea (International Energy agency), secondo cui – il condizionale è d’obbligo – Washington potrebbe diventare grazie al fracking il primo produttore di gas e petrolio nei prossimi cinque anni, fino a raggiungere l’indipendenza nell’arco di un quindicennio.
LA CAUTELA RESTA D'OBBLIGO. Le previsioni sono però tutte da verificare e i dubbi legati alla rivoluzionaria tecnica sono molti. Soprattutto in quell’Europa, dove a livello teorico si potrebbe approfittare della novità. Al di là della propaganda che veleggia gonfiata dalle lobby, gli analisti indipendenti sono molto cauti e i miracoli del fracking vengono relativizzati.

Un vantaggio relativo per l'Europa

Secondo un’indagine condotta dal tedesco Zew (Centro per la ricerca economica europea) e resa nota a fine gennaio, il fracking sarebbe vantaggioso in Europa dal punto di vista economico solo se i prezzi del gas fossero circa il doppio di quelli attuali: perché ai costi elevati di estrazione si aggiungono quelli ambientali, ancora non sufficientemente analizzati.
Alle attuali quotazioni, il miracolo Usa non sarebbe ripetibile a casa nostra. Anche perché in Europa l’attenzione all’ambiente impone cautela, che si traduce in leggi e divieti.
LO STUDIO DELLE CONSEGUENZE. La Germania è uno dei Paesi dell’Unione che con maggiore attenzione sta analizzando il problema: uno studio del ministero dell’Ambiente pubblicato alla fine del 2012 ha esaminato le conseguenze ecologiche del fracking, valutandone le insidie e imponendo una serie di obblighi nel caso di utilizzo.
All’inizio di febbraio il Bundesrat si è espresso per severi controlli e per l’imposizione di un divieto sino a che non siano chiarite le minacce per l’ambiente. Non sono solo gli integralisti verdi che si schierano contro le trivellazioni, ma anche la politica che vede la necessità di maggiori garanzie rispetto a quelle che sono richieste negli Stati Uniti.
I PALETTI DEI GOVERNI UE. Il compito difficile è appunto quello di mediare tra il dovere della tutela ambientale e la spinta dell’industria del settore. Così, come la Germania, hanno fin’ora alzato paletti un po’ tutti i governi dell’Ue, soprattutto quelli occidentali, mentre nell’Est Europa la tecnica è vista come una possibilità anche per attrarre velocemente capitali dall’estero: i giganti dell’energia, da Exxon Mobile a Shell passando anche per l’Eni, nell’ultimo biennio si sono gettati tra Polonia, Romania e anche Ucraina, dove i giacimenti di gas di scisto sono i maggiori del continente.
LE PROTESTE CONTRO LE TRIVELLAZIONI. Anche a Est, però, dopo le prime concessioni ottenute senza troppi problemi, sono iniziati i fastidi con le proteste della popolazione locale, preoccupata per le sorti del territorio. Sono dei primi di febbraio le manifestazioni a Strzeszewo, nei pressi di Danzica, contro Conoco-Philips e quelle già preannunciate in Ucraina contro le prime trivellazioni programmate da Chevron nella regione di Leopoli. La rivoluzione del fracking in Europa è appena iniziata, ma è ancora da vedere se e come proseguirà.
Stefano Grazioli
Mercoledì, 06 Febbraio 2013
tratto da http://www.lettera43.it

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