sabato 11 giugno 2011

TUTTI A VOTARE!

Ricordando che migliaia di persone sono state torturate,segregate ed ammazzate in tutto il mondo per far sì che il voto potesse essere esteso a tutta la popolazione avente diritto,piccolo spot per il referendum di domani domenica 12 e lunedì 13 giugno sulle questioni che riguardano il nostro presente e futuro e che trattano dell'acqua,dell'energia nucleare e del legittimo impedimento.
Dopo il vergognoso boicottaggio del regime sui propri mezzi d'informazione(addirittura Rai 1 e Rai 2 avevano posticipato di un giorno le votazioni,roba da richiedere indietro la somma del canone)l'appello ai cittadini di votare si spera che sia arrivato.
Io confido in questo voto e che chiunque possa e debba votare,preferibilmente con quattro sì,ma essendo in democrazia uno può votare quello che si sente,ma poi non dovrebbe lamentarsi se le cose girino male in un prossimo futuro.
Articoletto primo di Senza soste seguito da uno di Italia Magazine che spiega le ragioni del sì e del no in merito ai due referendum sull'acqua,bene primario e che deve essere di tutti:per quelli sul nucleare e sul legittimo impedimento non credo occorra dare spiegazioni a meno d'essere proprio rincoglioniti dentro.

VERSO IL VOTO. Votare subito la domenica mattina. Le informazioni su come ritirare le tessere elettorali e gli sconti sui treni
Votare subito la domenica mattina
Andare a votare subito domenica mattina per portare da avanti il quorum e dare spinta agli indecisi o a quelli che non aspettano altro che la scusa del quorum lontano per restare a casa. Le rilevazioni sul voto sono alle 12 alle 18 e alle 22. Quelle delle 12 e delle 18 sono le più importanti perchè danno la dimensione sull'utilità del voto di chi non è ancora andato a votare.
Sconto sui treni
In occasione delle consultazioni referendarie è possibile viaggiare con le Ferrovie dello Stato con lo sconto del 70% su tutti i treni. Sarà necessario: acquistare un biglietto di andata e ritorno per e dalla residenza e portare con sé nel viaggio di ritorno il certificato elettorale comprovante il voto.
Non sovrapporre le schede elettorali
Le schede elettorali funzionano come carta copiativa quindi in caso di sovrapposizione si rischia l'annullamento delle stesse. Al momento di fare la X con il lapis, accertarsi che siano posizionate una a lato delle altre.

Referendum sull’acqua pubblica. Le ragioni del si e del no a confronto

Di Antonio Renzi

La Corte ha dato il via libera ai referendum contro la privatizzazione dell’acqua, voto che punta ad abrogare la legge sull’affidamento dei servizi idrici a società private. Ci siamo rivolti a Stefano Ciafani, Responsabile scientifico di Legambiente per riuscire a comprendere meglio i motivi e le perplessità che hanno spinto il movimento ambientalista ad ostacolare la privatizzazione dell’acqua.
Qual è la posizione di Legambiente su questo tema?
Legambiente è contraria a una norma come il Decreto Ronchi che nei fatti accelera il percorso di privatizzazione del servizio idrico in Italia. La nostra adesione al percorso referendario non ha come obiettivo la ri-publicizzazione tout court della gestione dell’acqua, visto che i problemi attuali del servizio idrico italiano sono un’eredità delle gestioni totalmente pubbliche, ma punta ad una radicale modifica della legge vigente, perché fondata su presupposti assolutamente sbagliati. Infatti la gestione privata viene considerata erroneamente la soluzione a tutti i mali, come testimoniato da alcune esperienze fallimentari di privatizzazione del servizio idrico integrato sul territorio italiano, mentre non esiste nessuna normativa comunitaria che obbliga gli Stati membri a liberalizzare la gestione dell’acqua.
Quali sono i motivi per cui votare SI o NO al referendum?
Legambiente è nel comitato promotore dei referendum e inviterà gli italiani a votare sì, perché cambiare pesantemente il decreto Ronchi. Questa legge si basa in modo per certi versi ideologico sul primato delle aziende private rispetto alle gestioni pubbliche e questo è inaccettabile. La gestione privata è considerata erroneamente come la migliore e inoltre con il decreto Ronchi rischiano di essere compromesse quelle gestioni pubbliche che hanno garantito un servizio idrico efficace, efficiente ed economico.
Cosa comporterebbe una privatizzazione del servizio idrico nazionale e per quali motivi non si può lasciare agli enti locali la facoltà di gestire autonomamente i servizi idrici?
Se come sta avvenendo in quasi tutti i casi di privatizzazione del servizio, i privati che gestiscono l’acqua sono le grandi imprese multinazionali – mille volte più strutturate e influenti degli enti pubblici “custodi” delle reti, della loro efficienza e della loro equa gestione – risulterebbe molto più complicato per i controllori far valere l’interesse pubblico. Inoltre, con la privatizzazione si rischia di dare la possibilità ai gestori privati di incassare i profitti della vendita dell’acqua, mentre ai controllori resterebbe l’onere della modernizzazione e manutenzione delle reti idriche, che non è un aspetto di poco conto nel nostro Paese. Per questo ci sono casi in Europa, come quello di Parigi, in cui si sta facendo dietrofront dalla gestione privata a quella pubblica dell’acqua.
Cosa si aspetta Legambiente da una modifica della legge?
Per Legambiente la modifica della legge vigente deve essere finalizzata alla risoluzione dei problemi del servizio idrico, ormai noti da anni: il 33% dell’acqua si perde nelle reti colabrodo di trasporto e distribuzione; il 30% degli italiani non è ancora servito da un depuratore (18 milioni di cittadini in Italia ancora oggi scaricano i loro reflui non trattati direttamente nei fiumi, nei laghi e nei mari) e il 15% da una rete fognaria; il costo mediamente basso della risorsa che non ha sfavorito i grandi consumatori (noi siamo ovviamente favorevoli a garantire il diritto a tutti, ma serve un sistema tariffario che scoraggi gli sprechi); un accesso universale all’acqua che in alcune parti del Paese è ancora oggi razionato; la mancanza di politiche di efficienza e risparmio che permettano di passare dalla gestione della domanda alla pianificazione dell’offerta della risorsa idrica; l’assenza di una authority pubblica forte, autorevole e indipendente per controllare che le gestioni rispondano ai criteri di un uso socialmente equo e ambientalmente sostenibile dell’acqua.
Abbiamo rivolto delle domande anche a Vincenzo Pepe, Presidente di FareAmbiente, che invece si è fatto promotore delle ragioni di dire no al referendum per la statalizzazione dell’acqua, a tal fine il 09 febbraio a Roma presso la Sala del Cristallo, Hotel Nazionale, Piazza Montecitorio sarà possibile discutere sulle ragioni di tale posizione.
Prof Pepe, il problema della gestione idrica nel nostro Paese sta diventando sempre più una questione politica nazionale. Lo scorso 19 luglio sono state depositate all’Ufficio Centrale dei Referendum le richieste dei referendum abrogativi in materia di servizio idrico integrato. Perché si perché no ai referendum?
I referendum sulla statalizzazione dell’acqua chiedono l’abrogazione dell’art, 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 , sulla normativa che disciplina gli affidamenti del servizio idrico attualmente in vigore, l’articolo 150del DL n. 152 sulla scelta di forme di gestione e affidamento del servizio idrico e l’abrogazione del 1 comma, dell’art 154 del DL 152 (norme in materia ambientale); dire si a questi quesiti significa arrecare un grave danno al nostro sistema idrico riportandolo a come era 20 anni fa. Dire no significa, che tutti gli utenti restano proprietari dell’acqua in quanto diritto vitale e fondamentale. L’acqua non può essere una proprietà e come tale non può avere proprietari, tuttavia non viene esclusa la possibilità che le società private possano occuparsi della gestione. Ricordiamo che il 50% dell’acqua attualmente gestita dal servizio pubblico si perde nelle tubature colabrodo, e per di più si tratta di tubature di amianto. I cittadini oltre a pagare delle tariffe elevate per avere un servizio scadente in cambio, preferiscono addirittura comprare l’acqua imbottigliata perché secondo le utltime statistiche non si fidano della purezze dell’acqua che arriva nelle loro case. Ciò sta a significare che i carrozzoni pubblici non garantiscono più economicità, efficienza e qualità. Noi di FareAmbiente chiediamo che anche nel nostro Paese come accade già all’estero venga liberalizzato il mercato dell’acqua attraverso le Public Company, in cui ogni consumatore diventa allo stesso tempo anche socio della Società privata che gestisce il sistema idrico. Dire che tutto deve essere gestito dal pubblico significa fare demagogia. Crediamo che un minimo essenziale vada garantito soprattutto per chi non ha reddito, ma il resto deve essere gestito dalle società private che sicuramente, rispetto allo stato attuale delle cose, posseggono i mezzi necessari per garantire una maggiore economicità qualità ed efficienza. Le stesse dovranno ovviamente essere controllate dalle Autority, al fine di garantire trasparenza e corretta gestione.
Secondo lei in base a quali criteri e/o attraverso quali procedure scegliere e affidare la gestione del servizio idrico a società private?
Una procedura a evidenza pubblica che consente alla pubblica amministrazione di scegliere tra i vari contraenti quello più economico o efficiente, garantendo la partecipazione volontaria del massimo numero di possibili fornitori con un’adeguata pubblicizzazione della gara, al fine di garantire sempre e comunque trasparenza.
In che maniera FareAmbiente condurrà questa ulteriore battaglia?
Una sana e corretta campagna di informazione anche in questo caso viene prima di tutto. I referendum proposti sono demagogici e non consentono al cittadino di capire e di scegliere la soluzione migliore. FareAmbiente si propone quindi di fare una diffusa campagna di sensibilizzazione contro i no a priori della gestione privata dell’acqua. Informare correttamente i cittadini contro gli slogan suggestivi lanciati in questi mesi contro la privatizzazione dell’acqua. L’acqua rimane un bene pubblico e libero, ma portala nelle nostre case ha un costo e deve seguire dei criteri. La gestione privata non potrebbe che beneficiare i cittadini e garantire un servizio migliore che lo stato oggi non fornisce più.

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