martedì 21 giugno 2011

IL PERU' E IL SUO AVVENIRE


Il parallelismo tra la storia recente peruviana e quella sudamericana in generale si nota in questo post che è un aggiornamento su quello che politicamente sta accadendo nella parte meridionale del nuovo continente,dove a piccoli passi"el pueblo"si sta riprendendo in mano il proprio destino e futuro.
La vittoria di Ollanta Humala nello stato andino dopo i ballottaggi di inizio giugno contro Keiko Fujimori,la figli dell'ex dittatore che ha padroneggiato per parecchi anni,è il segno di una discontinuità con amicizie statunitensi e capitaliste,un ritorno alle origini con una maggiore attenzione agli indigeni che potranno avere benefici e vantaggi e non espropri,botte ed assassinii come avvenuto fino a non molto tempo fà.
E fa parte dell'immediato passato(ancora attivo)pure il movimento comunista di Sendero Luminoso(più info su Wikipedia:http://it.wikipedia.org/wiki/Sendero_Luminoso )cui voglio riportare un omaggio e un tributo alle molte persone trucidate durante una rivolta carceraria avvenuta nell'arco di una notte di venticinque anni addietro massacrate dal regime fascista:maggiori dettagli si possono leggere approfittando dell'articolo di Senza Soste che è la fonte pure del secondo contributo.

19 giugno 1986: Sendero Luminoso e la "matanza de los penales".
La notte tra il 18 e il 19 giugno i militanti di Sendero Luminoso, partito comunista peruviano, rinchiusi nelle carceri di Lurigancho, EL Fronton e Santa Barbara si ribellano al durissimo regime carcerario a cui sono sottoposti, riuscendo a neutralizzare e prendere prigioniere alcune guardie.
Le richieste dei carcerati sono molteplici: il riconoscimento di status di prigionieri di guerra, il miglioramento del vitto,l'accelerazione dei processi e le visite familiari,ma soprattutto il rifiuto del trasferimento nella nuova struttura-lager denominata Castro Castro, in costruzione nei pressi di Lima, in cui temevano di essere uccisi.
La risposta del governo fascista peruviano è durissima, vengono fatte intervenire le forze speciali dell'esercito in tutte e tre le strutture carcerarie e praticamente tutti i detenuti fatti prigionieri verranno successivamente massacrati.
A Lurigancho i prigionieri, che sono riusciti ad impadronirsi del carcere, vengono avvisati dal direttore che hanno 10 secondi per arrendersi, in caso contrario ci sarà l'intervento della Guardia Repubblicana. Dieci secondi dopo la squadra fa saltare la porta metallica ed esplodere una parete ed entra nel carcere. I detenuti rispondono alle esplosioni delle granate e alle raffiche di mitragliatrice lanciando di molotov. Durante la strenua resistenza portata aventi dai prigionieri per molte ore muoiono una trentina di carcerati. Quando gli altri si arrendono ed escono dal carcere con le mani alla nuca, un membro dell'esercito spara ad un detenuto arreso: si susseguono spari alla bocca o alla nuca. Tutti i 126 carcerati che hanno preso parte alla rivolta, anche coloro che si sono arresi, vengono portati nel cortile del carcere e fucilati.
A El Fronton, invece, i senderisti riescono a prendere prigioniere sei guardie carceraire e ad impadronirsi delle loro armi: e la resistenza prosegue per tutto il giorno. Alle sei del pomeriggio prende il via l'operazione da parte delle forze della Marina, che bombarda i padiglioni del carcere. I prigionieri, sapendo che la rivolta a Lurigancho è stata sedata nel sangue e che tutti i detenuti sono stati uccisi, si rifiutano di arrendersi. Dopo numerosi tentativi di dialogo falliti, il giorno successivo si realizza un nuovo assalto, che costringe i sopravvissuti ad arrendersi. I detenuti escono dichiarando la resa, ma vengono suddivisi a gruppi di cinque, portati nel cortile del carcere e fucilati. A El Fronton muoiono 140 compagni.
Nel carcere femminile di Santa Barbara le rivendicazioni delle detenute sono le stesse: l'operazione viene portata avanti dalla polizia. Alle undici l'irruzione avviene da tre punti, la porta esterna, il terrazzo e il dormitorio delle guardia. Le compagne, barricare in una sezione del carcere, si difendono con lance e frecce costruite artigianalmente. Le truppe entrando sparando raffiche di mitragliatrice che uccidono due detenute che sono costrette, dopo ore di durissimi scontri, ad arrendersi definitivamente.
tratto da http://www.infoaut.org

Ollanta Humala: dal Perù un altro schiaffo al neoliberismo.

Domenica 4 giugno, il giorno del ballottaggio delle presidenziali peruviane, l’esponente conservatore Pedro Pablo Kuczynski, arrivato terzo al primo turno e relegato al ruolo di opinionista, si domandava in tutti gli studi televisivi come potesse accadere che un Paese con alti indici di crescita e senza inflazione potesse votare un candidato come Ollanta Humala.
Forse ha potuto accadere perché i discorsi sulla crescita e sull’inflazione ormai sono minestra riscaldata, e non incantano più nessuno neanche in Perù: su una popolazione di 28 milioni di abitanti, più di dieci milioni vivono in povertà, e sono aumentati del 60% nell’ultimo quinquennio, soprattutto nelle aree più svantaggiate, in particolare le comunità indigene che secondo la· Banca Mondiale comprendono tra il 25 e il 48% del totale della popolazione. Inoltre un terzo dei cittadini non dispone di acqua e fognature, Lima fa registrare uno degli indici di tubercolosi più alti al mondo, il dengue è molto diffuso e i bambini denutriti sono il 30%. E dall’altro lato della medaglia tra il 2006 e il 2010 più di 37 miliardi di dollari sono usciti dal Paese sotto forma di profitti delle multinazionali dell’industria estrattiva presenti in Perú.
Humala ha promesso di distribuire meglio le immense ricchezze del Paese, rappresentate dai giacimenti di argento, rame, zinco, stagno e oro. E ha anche promesso che impedirà di depredare e svendere queste risorse. La gente si aspetta che faccia qualcosa per alleviare la povertà e la miseria, l’analfabetismo e le malattie che affliggono la maggioranza dei peruviani.
L’avversaria di Humala era Keiko Fujimori, figlia del presidente dittatore degli anni ’90, candidata dell’ortodossia neoliberista. Gennaro Carotenuto la descrive così: “E’ una figura di nessuno spessore, una prestanome, non tanto del padre che pure libererebbe dal carcere dove sconta la sua pena a 25 anni per assassinio, violazioni dei diritti umani e corruzione, ma dei poteri forti facilissimi da identificare con un tuffo all’antico e con un elenco solo apparentemente stantio: multinazionali straniere, soprattutto del settore estrattivo e delle comunicazioni; élite peruviana che controlla il sistema mediatico più razzista del continente, ambasciata degli Stati Uniti.
Ollanta Humala ha vinto sostenuto dalla coalizione Gana Perù che ha ottenuto 47 seggi su 130 in parlamento e sarà dunque costretta a costruire un'ampia alleanza di partiti per poter governare. In occasione del ballottaggio Humala si era assicurato l’appoggio dell’ex presidente Toledo, un altro degli eliminati al primo turno, e perfino dello scrittore Mario Vargas Llosa, anticomunista viscerale, fanatico detrattore di tutti i governi di sinistra latinoamericani, la cui posizione forse si spiega soltanto con il fatto che anni fa Vargas Llosa avrebbe voluto diventare presidente lui stesso ma trovò a sbarrargli la strada proprio Fujimori.
La sinistra tradizionale, la nuova sinistra, intellettuali, organizzazioni civiche e un settore liberale antifujimorista sono confluiti nello schieramento di Ollanta Humala. Un ampio fronte sociale che ha di fronte a sé un compito difficilissimo: avviare un processo di cambiamento verso un modello che assicuri una migliore distribuzione della ricchezza. Gli economisti di Humala parlano di riforma fiscale, di lotta alla corruzione e contro l’evasione fiscale come principali strumenti per ottenere le risorse necessarie. In futuro forse si potrà parlare di una nuova Costituzione, dato che Perù e Cile sono gli unici Paesi latino americani che conservano quasi inalterate le costituzioni elaborate da una dittatura, ma attualmente è prematuro parlarne e l’ancora fresco ricordo del referendum venezuelano dovrebbe consigliare cautela. La sfida principale sarà quella di “eludere” il Trattato di Libero Commercio firmato con gli USA nel 2009 che costituirà una palla al piede di non poco conto.
Humala potrà contare sull’appoggio degli altri Paesi progressisti del continente, dai confinanti Ecuador e Bolivia, con cui si sta creando un’interessante dorsale andina post-neoliberista, al Venezuela e soprattutto al Brasile.
Il presidente venezuelano Chávez aveva sostenuto con molto vigore Humala alle elezioni di cinque anni fa, e secondo alcuni commentatori la radicalità dell’esperienza bolivariana aveva spaventato una parte dell’elettorato peruviano. In queste elezioni Humala si è appoggiato a consulenti del PT brasiliano e a parere di molti il vero vincitore è proprio il governo di Dilma Rousseff, che ha in ballo con il nuovo mandatario andino diversi affari di grande rilievo economico e politico (vedi la traduzione che abbiamo pubblicato sul nostro sito dopo il primo turno http://www.senzasoste.it/le-nostre-traduzioni/il-5-giugno-ballottaggio-in-per-svolta-a-sinistra-con-ollanta-humala).
Sempre in una logica internazionale i grandi sconfitti sono soprattutto gli Stati Uniti, la cui scacchiera continua a perdere pezzi e per i quali, a parte il Cile riconquistato di recente dalla destra, da quelle parti l’unico vero alleato rimasto è la solita “portaerei Colombia”.
L’uscita di un Paese così importante dall’orbita degli USA e dall’economia neoliberista è comunque il tratto fondamentale e più entusiasmante delle elezioni peruviane e ci pare decisamente ingeneroso Gennaro Carotenuto quando descrive Ollanta Humala come “l’ex-militare con qualche scheletro nell’armadio e un discorso pubblico con tratti autoritari e nazionalisti”, invitando a votare per lui turandosi il naso. Abbiamo visto di meglio, ma anche di peggio.
Per Senzasoste Nello Gradirà
7 giugno 2011
Nota: alcuni brani sono tratti da articoli del portale www.rebelion.org, che invitiamo a consultare per approfondimenti

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