venerdì 1 aprile 2011

"SPUTARVI IN FACCIA E' RIMETTERCI"

Tratto dal quotidiano trentino"L'Adige"un breve articolo che descrive il clima che c'è stato lo scorso 14 marzo nella cittadina di Rovereto in provincia di Trento,da sempre una comunità molto attiva nel campo dell'antifascismo con molte personalità di compagni ed anarchici ben organizzati e compatti quando ci sono dimostrazioni come accaduto proprio un paio di settimane orsono.
Brevemente il PDL ha organizzato una fiaccolata contro l'impunità degli anarchici che vivono nella zona,e capitanati da loschi individui lo sparuto gruppetto se ne è sentite dietro di ogni non solo dagli antagonisti ma da un gran numero di roveretani che passavano per strada,facendo sciogliere di fatto la congrega-fiaccolata in un nulla di fatto,ognuno a casa propria con la coda tra le gambe.
Il titolo del post è riferito ad uno degli slogan dei contromanifestanti che per tutto il breve periodo della presenza per strada della feccia berlusconiana hanno scandito,proponendo pure alcuni striscioni molto espliciti.

Rovereto: il silenzio del PDL.

Il 14 marzo, a Rovereto, il PDL aveva indetto un corteo-fiaccolata con comizio finale in difesa della legalità e contro l’impunità degli anarchici cittadini, che da vent’anni affiggono abusivamente manifesti, scrivono sui muri, incendiano auto e tralicci, distruggono bancomat e sfasciano vetrine senza alcun incomodo. Dopo la loro silenziosa fiaccolata – in testa Cristiano de Eccher, ex Avanguardia Nazionale, amico di Freda e Ventura e attuale senatore della Repubblica – i pidiellini stavano arrivando nella piazza per il comizio (non prima di essere stati indecorosamente apostrofati da qualche “signora non organizzata”, secondo le parole di un cronista). Nella piazza, però, ad attenderli c’era un gruppo degli impuniti di cui sopra con due striscioni ben visibili: “Se è una barzelletta, non fa ridere…” e “Siete i servi di un pappone”. Nonostante il generoso tentativo della polizia di allontanare gli anarchici e di sottrarre loro il megafono, gli impuniti sono rimasti in piazza ad insultare e sbeffeggiare la quarantina di berlusconiani.

“Noi trasgrediamo la legalità per ciò che consideriamo giusto, voi siete servi di un piduista, tangentista, mafioso e pappone”, “La legalità sta a Berlusconi come la castità sta a John Holmes”, “Capelli d’angelo, impìccati coi tuoi orologi” (rivolto al consigliere provinciale nonché gioielliere Leonardi), “Qui non ci sono nipoti di Mubarak”, “Siete collaboratori di Gheddafi”, “Fatene più spesso cortei così”, “Sputarvi in faccia è rimetterci”, “Berlusconi pezzo di merda”: questi alcuni degli insulti di pessima moralità e di scontato umorismo sentiti in strada. I pochi passanti parteggiavano – colmo dell’ingiustizia – per gli impuniti (il popolo, si sa, sta sempre col più forte). Gli alfieri della legalità e della sicurezza, che in tutto questo frangente avevano saputo opporre un eroico e originale “Andate a lavorare” alla sequela di improperi, decidevano di abbandonare la piazza, mesti e silenziosi. “Per non raccogliere provocazioni”, come hanno nobilmente e sportivamente dichiarato. Ancora una volta hanno vinto i prepotenti, gli arroganti, gli impuniti. Che mondo.

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