Articolo odierno che parla di vecchio e sano comunismo in una maniera rivisitata poichè bisogna adattarsi ai tempi che cambiano,e anche se la dottrina e le ideologie base del movimento sono ben salde nelle intenzioni di tutti(ovviamente tutti quello che sostengono la rivoluzione della classe operaia)passati quasi centosettanta anni circa dal Manifesto è chiaro che qualcosa debba essere adeguato ai tempi moderni(e non rivisto sistematicamente come vogliono fare con la Costituzione italiana!).
L'articolo tratto da Senza Soste di Nello Gradirà punta sulla visione più globale di quello che dovrebbe essere oggi il comunismo guardando e prendendo in considerazione come esempio la situazione in Sud America dove una nuova concezione di politica di sinistra sta gradualmente prendendo piede con grande consenso popolare.
La fine fisiologica del capitalismo porterà pure alla fine delle risorse ambientali della natura,ecosistemi sempre più segnati e intere classi sociali al limite della sopravvivenza si contrappongono alle logiche del capitalismo.
Temi come lo statalismo e lo snellimento burocratico vengono trattati in maniera leggermente diversa da come erano visti cinquant'anni fà,così come si pone la questione della leadership di un movimento che ultimamente ha perso la passione vera e propria di chi faceva politica col cuore e con l'anima anteponendo i propri interessi a quelli della collettività.
Comunisti nel XXI secolo, un altro mondo è necessario.
Il “pensiero unico” neoliberista è ormai totalmente delegittimato: il capitalismo è un sistema ingiusto e insostenibile che sta portando alla distruzione del pianeta.
Nel 1992 Francis Fukuyama, scriveva “La fine della storia”, sostenendo che il mercato e la democrazia rappresentativa costituiscono l’ordine naturale delle cose e il punto di arrivo di tutta l’evoluzione umana.
Meno di vent’anni dopo, in mezzo a crisi che appaiono irrisolvibili (finanziaria, energetica, ambientale...), il titolo del libro di Fukuyama può essere interpretato in modo un po’ diverso da quello che intendeva l’autore: il capitalismo può portarci davvero alla “fine della storia”, ma distruggendo la vita sulla Terra.
Il vecchio slogan “Socialismo o barbarie” è più che mai attuale, e in tutto il mondo molti continuano a pensare che l’unica alternativa alla follia del liberismo selvaggio siano le idee di emancipazione, giustizia sociale e democrazia sostanziale che si ritrovano nelle pagine scritte dai grandi teorici del socialismo e nelle esperienze storiche del movimento operaio e popolare.
Non sono sufficienti però il ricordo e la celebrazione del passato, che pure hanno il merito di preservare una memoria storica, rafforzare un’identità collettiva e mostrare che non tutti si sono arresi al “pensiero unico” neoliberista. Bisogna guardare al futuro e impegnarsi nella costruzione di un’alternativa al passo con i tempi.
I grandi movimenti rivoluzionari hanno vinto quando, spesso a seguito di pesanti sconfitte, sono riusciti a interpretare la realtà e a creare i presupposti per trasformarla.
Qui possiamo solo suggerire alcuni spunti di riflessione, sperando di stimolare la voglia di approfondire certi temi, di discuterli collettivamente e di “sperimentarli” nell’impegno concreto.
La nostra è l’epoca dell’insicurezza, intesa come precarietà lavorativa ed esistenziale, assenza di prospettive, disorientamento di fronte ai rapidi cambiamenti della realtà sociale. È necessario ricostruire una “sfera pubblica” e reti di protezione sociale, dimostrando che l’unico strumento praticabile di autodifesa collettiva e di trasformazione della realtà è la politica, intesa come passione e solidarietà.
Tutto il contrario di una politica basata sul funzionariato e su burocrazie inamovibili che per autoriprodursi abbandonano sistematicamente ideali e legami con la propria base. Né servono leader “mediatici” che si propongono come salvatori della patria nella logica di un sistema politico al cui interno non può nascere nessuna alternativa.
Un’organizzazione politica ha senso solo se nasce dall’esigenza di soggetti sociali e movimenti diversi di mettere in rete tutte le proprie conoscenze ed esperienze per costruire un progetto di trasformazione radicale della società.
Che abbia radici nel locale e un respiro globale, perché oggi non è possibile pensare a un’alternativa se non in termini globali. Che sappia comunicare utilizzando in modo intelligente i nuovi media e scelga metodi di lotta che siano in grado di raggiungere obiettivi concreti e non solo di garantire una visibilità.
Tutto questo non può che nascere dall’incontro tra varie correnti di pensiero: marxista, ecologista, libertaria... Molti ecologisti si sono ormai resi conto che si può uscire dalle grandi crisi ambientali solo “consegnando il capitalismo alla storia”; il marxismo dal canto suo ha sempre privilegiato il tema dello sviluppo delle forze produttive, ma oggi il concetto di “sviluppo” deve fare i conti con la questione della sostenibilità.
Inoltre il socialismo è legato all’idea della pianificazione dell’economia e della gestione pubblica di settori strategici come i trasporti, l’educazione, la sanità, l’energia...
Ma la pianificazione, se viene intesa come controllo statale centralizzato, spesso porta con sé autoritarismo, burocrazia, inefficienza, corruzione.
È necessario quindi riprendere il concetto del controllo operaio sulla produzione e bilanciare la pianificazione centralizzata con forme di autogestione, strumenti di partecipazione popolare, di democrazia diretta e di decentramento.
Tutto questo dibattito qui in Italia è oggi particolarmente arretrato, e per questo sarebbe opportuno alzare lo sguardo oltre confine e guardare ad esperienze che oggi sono un po’ più avanzate. In particolare è molto interessante il dibattito sulla transizione al socialismo in corso nei Paesi progressisti dell’America Latina, un continente che pochi decenni fa era quasi totalmente schiacciato da dittature militari e dove oggi si è avviato un processo di liberazione che costituisce una grande speranza per il futuro.
Nello Gradirà
tratto da Senza Soste n.56
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