lunedì 21 aprile 2014

HURRICANE

L'articolo odierno vuole ricordare il pugile statunitense Rubin Carter,conosciuto da tutti come Hurricane,attivo negli anni sessanta e passato alla storia come uno degli esempi più eclatanti di ingiustizia negli Usa.
Erroneamente condannato per via del colore della sua pelle in un processo farsa in un caso di triplice omicidio,ha passato da innocente diciannove anni in carcere,e quando finalmente fu liberato divenne un baluardo per tutti i detenuti condannati ingiustamente come lui, presiedendo l'associazione per la difesa dei condannati per errore.
A lui Bob Dylan dedicò una splendida canzone ed il regista Norman Jewison un film che ripercorre la sua vicenda,per un uomo che è diventato e che resterà un'icona per la lotta al razzismo:articolo preso da Repubblica(http://www.repubblica.it/sport/vari/2014/04/20/news/rubin-hurricane_carter_morte-84087628/ ).


Morto Rubin "Hurricane" Carter, il pugile ribelle che ispirò Bob Dylan.


Il boxer si è spento dopo una lunga battaglia con il cancro. Era diventato il simbolo dell'ingiustizia, condannato per un triplice omicidio mai commesso, passò vent'anni in prigione. La sua vita ha ispirato un'epoca di lotte contro il razzismo.

Toronto.L'uragano si è fermato. Rubin Carter, l'ex peso medio noto come 'Hurricane', è morto a 76 anni mentre dormiva, nella sua casa di Toronto. A dare la notizia è stato John Artis, assistente, amico e compagno di cella, perché ritenuto il complice degli omicidi. Il soprannome lo accompagnava da sempre. Era stato il pubblico che lo andava a vedere combattere negli anni Sessanta a sceglierlo. Per la forza e la velocità con cui colpiva gli avversari. Per l'imprevedibilità, per il timore che incuteva con la sua testa rasata, gli occhi di fuoco. Carter se n'è andato a causa di un peggioramento delle sue condizioni di salute, precarie dalla comparsa di un cancro alla prostata tre anni fa.
"Tutti coloro che sono stati ingiustamente incarcerati hanno perso un campione - ha detto Artis -. Ha dedicato la sua intera vita ad aiutare le persone che avevano bisogno della stessa assistenza, dello stesso appoggio o aiuto di cui abbiamo avuto bisogno anche noi, che siamo stati accusati, puniti e finiti in prigione senza ragione e senza giustizia".
Carter è stato il simbolo dell'ingiustizia, da quando fu accusato di un triplice omicidio avvenuto il 17 giugno 1966 a Paterson, New Jersey. Fu condannato a due ergastoli dopo la testimonianza decisiva di due criminali, Alfred Bello e Arthur Bradley, che in seguito ritrattarono le loro versioni. Fu sottoposto a un nuovo processo e tornò per un breve periodo in libertà nel 1976, ma dopo una seconda condanna tornò in cella per altri nove anni. Fu scarcerato solo nel 1985, quando l'accusa rinunciò a muovere in giudizio una terza volta contro l'illegittimità processuale sollevata dalla Corte Federale. Nel 1988 caddero ufficialmente tutte le accuse contro di lui. In tutto passò quasi diciannove anni in carcere per un assassinio che non aveva commesso. Non si arrese mai, né mai smise di professarsi innocente.
La sua lotta e la sua storia restano vive  in Hurricane, canzone che Bob Dylan scrisse nel 1975 dopo aver letto l'autobiografia 'The Sixteenth Round' (TESTO). Sulla vita del pugile si ispira anche un film del 1999, 'Hurricane - Il grido dell'innocenza (The Hurricane)', per il quale Denzel Washington ottenne la candidatura agli Oscar.
Il 17 giugno 1966, alle 2.30 del mattino due uomini di colore entrarono nel "Lafayette Bar and Grill" a Paterson, New Jersey, e cominciarono a sparare. Fred "Cedar Grove Bob" Nauyoks e il barista Jim Oliver morirono sul colpo. Una donna, Hazel Tanis, un mese dopo, aveva la gola, lo stomaco, l'intestino, la milza, il polmone sinistro e un braccio perforati dai proiettili. Una quarta persona, Willie Marins, sopravvisse all'attacco, ma perse la vista a un occhio.
Alfred Bello vide la scena e notò una macchina bianca sfrecciare verso ovest con due uomini di colore sui sedili anteriori. La macchina di Carter coincideva con quella vista dai testimoni, la polizia fermò lui e John Artis mezzora dopo la sparatoria. Nessuno dei testimoni li riconobbe ma nell'auto la polizia trovò una pistola calibro 32 e dei proiettili per fucile calibro 12, lo stesso calibro usato dagli assassini.
Dopo la condanna per il triplice omicidio l'opinione pubblica si schierò dalla parte dell'ex pugile, sostenendo che l'accusa era motivata esclusivamente da motivi razziali. La giuria al primo processo era interamente composta da bianchi. In breve il pugile divenne un simbolo della lotta alle discriminazioni razziali.
Icona di un'epoca, Carter restò un pugile sempre. Il suo ring divenne la cella e poi la vita, negli ultimi anni viveva facendo il 'motivatore'. Nato a Clifton, Stati Uniti, nel 1937, dal 1961 al 1966 vinse 27 incontri, per un totale di 12 sconfitte e un pareggio in 40 incontri, con 8 knockout e 11 knockout tecnici. Alto 1 metro e 73, Carter era più basso di un peso medio, ma combatté per tutta la sua carriera in questa categoria. La potenza dei suoi pugni lo fecero diventare beniamino del pubblico. Dopo aver battuto avversari come Florentino Fernandez, Holley Mims, Gomeo Brennan e George Benton, il mondo della boxe cominciò a notarlo. Ring Magazine lo inserì nella sua "Top 10" nel luglio del 1963. Il 20 dicembre sorprese il mondo della boxe mandando al tappeto il passato e futuro campione del mondo Emile Griffith due volte nel primo round, aggiudicandosi il KO tecnico. 'Hurricane' ha ricevuto la cintura di Campione del Mondo dal World Boxing Council nel 1993.

Nessun commento: