sabato 31 marzo 2012

IL RITORNO DI LOTTA CONTINUA

Dopo trent'anni di lungo letargo"Lotta continua",giornale cartaceo informativo che fu punto di riferimento dell'omonimo movimento di sinistra italiano,torna ad esistere per divulgare idee,pensieri e commenti ai fatti di cronaca e non che segnano e caratterizzano la scena politica e sociale
E'prevista un'uscita mensile ed una sottoscrizione libera,mentre negli anni precedenti fin dalla sua nascita nel 1969 aveva cadenze settimanali,bisettimanali e anche quotidiane,una scommessa che vedremo se riuscirà ad essere vincente o meno:di sicuro solo il titolo è un gradito ricordo e uno stimolo a portare avanti la lotta della sinistra italiana,per ora buona fortuna!
L'articolo è preso da Indymedia Piemonte.

Il ritorno di Lotta Continua.

Arriva il mensile a sottoscrizione libera.

A 30 anni dall'ultima uscita (venne chiuso il 13 giugno del 1982), torna alle stampe Lotta Continua, la testata legata all'omonimo movimento politico che ha raccolto intorno a sé alcuni tra i più noti nomi dell'intellighenzia e del giornalismo nostrano, da Pier Paolo Pasolini a Gad Lerner, da Luigi Bobbio a Enrico Deaglio.
L'idea di rispolverare la storica pubblicazione è nata nel novembre del 2010 nella città simbolo, oggi come allora, della «grande fabbrica»: Torino.
A partorirla è stato il Collettivo d'inchiesta e Conricerca che ha dato vita a una redazione aperta con ramificazioni in tutta Italia, composta da operai, studenti e impiegati. Un progetto che intende dar voce ai movimenti e alle lotte di oggi. Per risvegliare la «coscienza di classe».

NESSUNA OPERAZIONE NOSTALGIA. «Non siamo nostalgici, questo è da chiarire subito», hanno spiegato a Lettera 43.it Angelo, cassintegrato di Agile, e Piero, insegnante, ex militanti di Lotta Continua, tra gli animatori dell'iniziativa. «Non vogliamo riproporre l'esperienza degli Anni 70 che è morta. Abbiamo ripreso il nome perché è un sogno, e il sogno va alimentato. Per i giovani è stato un modo per sentirsi vicini alle lotte dei propri genitori, mentre per gli operai Fiat è stata la storia delle loro lotte, per quello hanno voluto assolutamente riprendere quel nome».

DEBUTTO IL 31 MARZO. È in programma che la testata, registrata al tribunale di Torino, debutti ufficialmente in occasione della manifestazione del 31 marzo a Milano organizzata dal comitato 'No debito'. La distribuzione del giornale sarà infatti «militante», portata avanti dai sostenitori, tutti volontari, durante le manifestazioni e fuori dalle fabbriche. E volontari sono anche tutti i redattori.
Un mensile da 16 pagine senza un prezzo fisso
Il nuovo mensile di 16 pagine sarà stampato in 1.000 copie anche se già per il numero due, in occasione delle manifestazioni del 25 aprile e del primo maggio, l'intenzione è quella di aumentare la tiratura.

UNA COPIA 60 CENTESIMI. «Ogni copia ci costa 60 centesimi per la stampa, ci siamo autotassati per pagarla, mettendo ognuno una quota congrua alla proprie possibilità», racconta Angelo. «Il nostro giornale più di ogni altro e a buon diritto non può esistere e sopravvivere conquistandosi uno spazio di mercato. Per Lotta Continua questo non potrà mai avvenire: il quotidiano con la testata rossa è legato indissolubilmente allo spazio politico che viene creato dalle lotte... Questa è la linea che venne fuori in un congresso del 1978, e per noi è ancora valida».

STOCCATE A MONTI E MARCHIONNE. Sulla prima pagina del numero uno un editoriale dal titolo Fare un giornale ai tempi di Marchionne e Monti, un pezzo sul tema dell'attacco ai diritti dei lavoratori conquistati negli Anni 60 e 70, ma anche delle ambizioni della testata. «Iniziando a pubblicare questo giornale abbiamo voluto lanciare una provocazione che indicasse che dal passato dobbiamo trarre il metodo del conflitto che sappia partire dai bisogni dei moderni proletari e condurre 'una lotta continua'», sono le prime righe del testo.
Il fil rouge è la polemica contro i media generalisti, soprattutto in relazione al movimento No Tav, e le lotte per il lavoro, dal caso Fiat all'Irisbus di Avellino, alle cooperative della logistica di Pioltello.

LA BENEDIZIONE DI VIALE. E i rapporti con gli ex di Lotta Continua? «Con Sofri non abbiamo alcun rapporto, mentre Guido Viale ci ha dato la sua benedizione, e anche Franco Bolis ci guarda con interesse», ha chiosato Angelo, «ma lo ribadiamo: nessuna nostalgia o riproduzione del passato, per 'lotta' intendiamo il senso più ampio, per i diritti dei lavoratori, ma anche riguardo ai beni comuni».
Martedì, 27 Marzo 2012
http://www.lettera43.it/economia/media/45038/il-ritorno-di-lotta-continua.htm

giovedì 29 marzo 2012

LA MORTE DI MARIO SOCRATE

Breve articolo,ma fino adesso è uno dei pochi che ho trovato,che parla brevemente della morte del poeta e partigiano Mario Socrate scomparso ieri all'età di 92 anni.
Oltre alla breve descrizione di alcune sue opere che variano tra poesia,saggi,romanzi e il lavoro di traduttore(fu anche attore con Pasolini interpretando il ruolo di Giovanni Battista nel"Vangelo secondo Matteo"e sceneggiatore dei film di Lizzani"Achtung banditi"e"Il gobbo")Socrate fu anche il poeta delle battaglie sociali del proletariato oltre che autore di canzoni popolari come quella sotto riportata sulla guerra in Vietnam.
Il primo pezzo è preso dal sito"blitzquotidiano.it".
Morto Mario Socrate, poeta del Neorealismo.
ROMA – Si e' spento a 92 anni lo scrittore e ispanista Mario Socrate, poeta di ispirazione neorealista che ha raccontato in versi le battaglie sociali del proletariato. I funerali, rende noto la famiglia, si terranno domani alle ore 11.30, al Tempio Egizio all'interno del cimitero del Verano a Roma.
Nato a Roma nel 1920, attivo nella Resistenza e poi influente protagonista della vicenda politica e culturale del secondo dopoguerra, tra i fondatori del quindicinale 'Citta aperta' (1956), docente universitario, Socrate ha vissuto e lavorato nella capitale, accompagnando al lavoro sulla poesia un'intensa attivita' di saggista e traduttore in versi e prosa dal francese, il russo, lo spagnolo.
Tra gli altri, ha tradotto e presentato con uno studio critico 'I sonetti dell'amore oscuro e altre poesie inedite' di Federico Garcia Lorca (Garzanti 1985). Tante le sue raccolte di poesia, da 'Poesie illustrate' (Vettorini, 1950) a 'Favole paraboliche' (Feltrinelli, 1961) e 'Il punto di vista' (Garzanti, Premio Viareggio per la poesia 1985) fino a 'Rotulus pugillaris e altre poesie sparse' (Manni, 2004).
Noi lo chiamiamo Vietnam.
Mentre fai la tua scalata,
vecchio Sam che cosa vedi?
Cosa vedi? Cosa vedi?
Cosa vedi da lassù.

C'è una terra ormai bruciata
dove sei passato tu.
Ma ti trema sotto i piedi,
scricchiolando ogni piolo.
 E insorgendo, fischia il vento,
 a lasciarti ancor più solo.
 Questo tuo isolamento
 se non sai come si chiama:
 Noi lo chiamiamo Vietnam! 
 Vietnam! Vietnam!

 Dove vai su quella scala,
 dove vai vecchio Zio Sam.

E tra i Bi-cinquantadue
mentre chiedi comprensione,
cosa senti, cosa senti,
cosa senti un po' più in là.

Anche sulle terre tue
sta crescendo un'altra età.
Un'età della ragione
che oggi prende la parola.
 E con noi la grida il giorno
 con la bianca e negra gola!
 Questa età e questo giorno,
 se non sai come si chiama:
 Noi lo chiamiamo Vietnam!
 Vietnam! Vietnam!

 Dove vai su quella scala,
 dove vai vecchio Zio Sam.

Ma perchè tra il gas che asfissia
lanci giù la fosca offerta,
pace a vampe, pace a vampe,
pace a vampe di napalm.

Una pace crocifissa
questa volta non si fa.
E' una pace assai diversa
questa che una terra invasa
 chiede per la terra intera,
 giù le mani, torna a casa!
 Questa pace nuova e vera
 se non sai come si chiama: 
 Noi lo chiamiamo Vietnam! 
 Vietnam! Vietnam!

 Dove vai su quella scala,
 dove vai vecchio Zio Sam.

Questo grido che ora senti
cresce e sale più deciso,
più di come, più di come,
più di come sali tu.

Per la rosa, va, dei venti,
est e ovest, nord e sud.
Unirà quel che hai diviso
più di quanto puoi pensarlo
 porterà una stessa foce
 anche il Volga e il Fiume Giallo.
 Questa forza è questa foce
 se non sai come si chiama: 
 Noi lo chiamiamo Vietnam! 
 Vietnam! Vietnam!

 Scendi giù da quella scala,
 scendi giù vecchio Zio Sam! 

mercoledì 28 marzo 2012

PRENDERE LE DISTANZE

Il caustico sito di Don Zauker offre un'altra perla di saggezza con questo articolo che credo accomuni tanta gente esausta,incazzata e pronta a non subire e pagare errori altrui e con un passo già in strada per protestare e manifestare contro questo stallo sociale del potere esecutivo che indigna sempre più la gente con al governo un miscuglio di succhiasangue che ricevono approvazioni un pò da tutti gli schieramenti politici.
Sia infatti il governo Monti che i parlamentari,ivi compresi quelli che dovrebbero essere maggiormente  progressisti,ultimamente"prendono le distanze"da chi nel suo più o meno piccolo alza la testa per protestare e per mandarli tutti a casa.
Si prendono le distanze dai No Tav,dai sindacati,dalla classe operaia e dai lavoratori precari e i disoccupati perché si fanno sentire,e lorsignori temono che queste voci arrivino al di fuori dell'Italia,hanno paura che da noi si scatenti un'Atene o peggio,e allora accantonano queste categorie tacciandole come classi di violenti e terroristi.
Emblematica questa frase presa dal pezzo e che dovrebbe essere stimolo per tutti:"...a forza di prendere le distanze, ci sembra che certi personaggi, soprattutto delle cosiddetta sinistra, si siano allontanati un po’ troppo dalla realtà e dalla gente.
Per questo ci sembra sia giunto il momento di prendere le distanze da loro.
Noi prendiamo le distanze da chi non si schiera, da chi non s’incazza...".
Così è e cosi dovrebbe essere,chi è indifferente rimarrà sempre nella merda e poi deve stare zitto e non lamentarsi.

Mind the Gap

27 marzo 2012
Da qualche tempo va di moda prendere le distanze.
Specialmente in tv e sui giornali.
Prima ancora di ascoltare quello che hanno da dire, si invitano politici, opinionisti e semplici commentatori a prendere le distanze.

Dobbiamo prendere le distanze:
  • Dalla Cgil che sa solo scioperare;
  • dai No-Tav che sono contro il progresso;
  • da quelli che tirano i sassi, perché sono violenti;
  • da quelli che salgono sui tetti e sulle torri, perché sono estremisti;
  • dalla Fiom, che non capisce le ragioni degli imprenditori;
  • dalla signora con la maglietta contro la Fornero, perché istiga al terrorismo;
  • dai pastori sardi, che in fondo non son mica produttori di latte lombardi;
  • dai terremotati dell’Aquila che ancora protestano, perché il loro momento di gloria è ormai passato;
  • dai precari, perché sono tutti sfigati o bamboccioni;
  • dall’operaio sardo che mandò in culo Castelli, perché istiga alla maleducazione;
etc…

Ecco, a forza di prendere le distanze, ci sembra che certi personaggi, soprattutto delle cosiddetta sinistra, si siano allontanati un po’ troppo dalla realtà e dalla gente.
Per questo ci sembra sia giunto il momento di prendere le distanze da loro.
Noi prendiamo le distanze da chi non si schiera, da chi non s’incazza, da chi non lotta e non bestemmia il Cristo Re.
Perché ora più che mai è il momento di schierarsi, di incazzarsi, di lottare e di bestemmiare la Virgo Fidelis.
Non potete chiederci di restare indifferenti.

Noi odiamo gli indifferenti.

martedì 27 marzo 2012

CHE CONFUSIONE SUL PAPA A CUBA!

I due articoli a firma di Gennaro Carotenuto e ripresi entrambi da Senza Soste evidenziano la scarsa conoscenza e la poca professionalità di molti giornalisti che pur di dare contro Cuba e al comunismo inventano e gonfiano fatti e numeri,tutti sottomessi agli Usa che guardano storto questa visita del Papa Nazinger nell'isola caraibica.
Si comincia con Washington e soprattutto la parte politica repubblicana che vede nella Chiesa(e a dir loro a torto nella figura del pastore tedesco)un pericolo sociale,in quanto soprattutto in America latina da sempre ha cercato di difendere con singoli e coraggiosi sacerdoti la voglia di libertà del popolo contro l'oppressione e il potere statunitense che la storia ha visto troppe volte mettere gli Usa presidenti fantoccio in quegli Stati.
Il secondo articolo parla dei ripetuti strafalcioni giornalistici dell'inguardabile Stefano Paci di SkyTg 24 che continua ad affermare che i dissidenti cubani incarcerati arrivino a 3000 unità contro la decina o poco più rilevata da Amnesy International.
La confusione sempre imbarazzante di certi giornalai vuol far sì che si dipinga il Papa che da giovincello era seguace di Hitler come un difensore di Castro e compagnia bella:niente di più falso per il prete altamente gallonato che ha fatto dell'anticomunismo una vocazione forse superata solo dal suo predecessore Giovanni Paolo II.

Benedetto XVI: l'inciucio tra Vaticano e Cuba denunciato dagli Stati Uniti.
di Gennaro Carotenuto
http://www.gennarocarotenuto.it/
Non arriva ai media italiani la fitta polemica tra Stati Uniti e Vaticano rispetto all’imminente arrivo del Papa a Cuba, previsto per oggi e che ha portato ad almeno un incidente aperto con il Cardinale Ortega che ha chiesto aiuto alla Polizia per far sgomberare una chiesa dell’Avana. In particolare le organizzazioni cubano-statunitensi di Miami hanno stigmatizzato un viaggio che “solo conviene alla dittatura castrista”. Da Miami e da Washington non si perdona al Vaticano la presunta linea morbida nei confronti di Cuba Rivoluzionaria e in particolare il fatto che la Chiesa cattolica condanni l’embargo statunitense contro l’isola fin da prima dello storico viaggio di Giovanni Paolo II nel 1998.
La denuncia dell’embargo come illegittimo, peraltro condivisa dal Vaticano con tutti i paesi del mondo salvo Israele, è sicuramente il punto più algido del conflitto tra Vaticano e Stati Uniti su Cuba e ripetutamente il cardinale Jaime Ortega è stato di fatto accusato di collaborazionismo per impedire di usare il tema della presunta assenza di “libertà religiose” nell’isola per attaccare il governo. Vari esponenti politici statunitensi come Ileana Ros-Lehtinen, parlamentare repubblicana come il senatore Marco Rubio, denunciano apertamente “l’inciucio tra Chiesa cattolica e Cuba”.
Negli ultimi mesi anche l’opposizione interna ha alzato il tiro contro la chiesa e in almeno un caso si è aperto un conflitto al termine del quale esponenti anticastristi sarebbero stati allontanati da una chiesa cattolica dell’Avana. Lo scorso 14 marzo sarebbe stato lo stesso Cardinal Ortega a chiamare la Polizia per far sgomberare la chiesa di Nuestra Señora de la Caridad all’Avana da una dozzina di oppositori, prontamente stigmatizzato sulle pagine del Miami Herald da Andrés Oppenheimer, una delle penne più in voga contro tutti i governi di centro-sinistra latinoamericani.
Di fronte alle proteste dagli Stati Uniti, dove varie figure pubbliche hanno ricordato che la Chiesa cattolica ha spesso ospitato riunioni di dissidenti in Cile, in Salvador e in altri paesi dove esistevano dittature di destra, lo stesso Cardinal Jaime Ortega, in un comunicato stampa, è stato fermissimo nell’affermare che la chiesa accoglie tutti ma non è possibile strumentalizzarla per convertire un tempio in barricata e rompere lo spirito di armonia e di speranza per la visita di Benedetto XVI.
Secondo l’ex-incaricato d’affari statunitense a Cuba Wayne Smith, “le relazioni armoniose tra Vaticano e Cuba sono viste molto negativamente da Washington e ci sono stati passi ufficiali perché la Chiesa cattolica contribuisca ad alzare il livello dello scontro. Ma la Chiesa cattolica non si è mai prestata a tali piani”.
Lo stesso Smith, intervistato dal messicano La Jornada, ha ricordato come sia perfettamente pubblico che negli ultimi due anni almeno 35 milioni di dollari sono stati versati, in particolare da USAID, per finanziare oppositori del governo cubano con lo scopo di destabilizzare il governo.
Tali finanziamenti sono illegali a Cuba e sarebbero illegali nella maggior parte dei paesi del mondo e sono all’origine della maggior parte degli arresti di oppositori nell’isola dove, secondo Amnesty International, vi sarebbero almeno undici prigionieri politici. Lo stesso Dipartimento di Stato di Washington è accusato di avere investito fondi pubblici statunitensi nella creazione e nel costruire l’immagine internazionale di associazioni anti-cubane come le “Damas en Blanco”.
I 3000 detenuti politici a Cuba del vaticanista di sky Stefano Paci.
In occasione dell'imminente arrivo del signor Ratzinger a Cuba c'è da attendersi un'overdose di stupidaggini sulla situazione politica dell'isola e di intervistone a personaggi come la dissidente telecomandata Yoani Sánchez o qualche altro fenomeno stile Osvaldo Payá o Elisardo Sánchez. Su Sky hanno già iniziato con le panzane. Pubblichiamo qui sotto il commento di Gennaro Carotenuto (red.)
Sto cercando di capire da dove il vaticanista di SKY tiri fuori la notizia che ripete da giorni a ogni SkyTG24 per la quale, per opera della chiesa cattolica, in occasione della visita del Papa sarebbero stati liberati a Cuba la bellezza di tremila prigionieri politici.
Caspita, sto tutto il giorno qui a studiare di America latina ma questa mi era sfuggita! Per avere una versione neutra su questi temi chi scrive va sempre per prima cosa a vedere l’ultimo rapporto di Amnesty che per Cuba si trova a questo link. Non viene identificato un numero definitivo di prigionieri di coscienza ma quello che appare sicuro è il numero di undici (11).
A questi potrebbero aggiungersi alcune altre unità secondo la stessa Amnesty, arrivando intorno alla ventina. Venti di troppo probabilmente, ma sempre venti rispetto alle centinaia di prigionieri politici in Messico da dove Paci parla e dei quali chissà perché non fa parola. Per arrivare a tremila ne mancano duemilanovecentottanta!
Altre fonti, meno neutre di Amnesty, sul numero dei prigionieri politici a Cuba si spingono intorno all’ottantina. Mettiamo pure che tali fonti siano tutte comuniste come l’Economist e il Financial Times per Berlusconi. Vogliamo raddoppiare? Triplicare? Resta il fatto che in ogni SkyTg24 viene ripetuta gratuitamente una notizia falsa e tendenziosa che Stefano Maria Paci ha letto di fretta chi sa dove e, pur essendo il tema dei diritti umani straordinariamente importante, riporta senza alcuna seria verifica professionale.
Eppure sarebbe stato facile verificare. Restiamo sempre alle fonti giornaliste mai tenere con Cuba. Il quotidiano La Repubblica lo scorso dicembre pubblicava la notizia dell’amnistia a Cuba che fin dal titolo riporta: Amnistia, Cuba libera 2.991 detenuti. Tra loro cinque prigionieri politici. Cinque prigionieri politici, gli altri sono persone condannate per reati comuni. Di tremila prigionieri politici liberati a Cuba per la visita del Papa (a quanto mi risulta) parla solo il sito Attualissimo, non proprio una perla di autorevolezza giornalistica. Milioni di italiani pagano un salato canone mensile a Sky per avere come fonte del principale canale all-news italiano “Attualissimo”? "Accuracy, Accuracy, Accuracy" diceva Pulitzer… traducetelo per Paci…
Gennaro Carotenuto
tratto da http://www.gennarocarotenuto.it

venerdì 23 marzo 2012

LA STANGATA

Il breve commento che è preludio al piccolo articolo sottostante vuole chiarire un paio di cose che la propaganda del vecchio regime ancora dietro l'angolo vuole far credere agli italiani.
Il primo fatto è che dipingano il premier attuale Mario Monti come un comunista sfegatato pronto a brandire al posto della falce e martello le più attuali tasse e licenziamenti,situazione al limite del ridicolo se i tempi odierni lo potessero permettere.
Il secondo punto è proprio il fatto che il governo Berlusconi come minimo se fosse stato di nuovo al potere avrebbe imposto almeno il pari degli aumenti di Iva e di tutte le altre tasse che dobbiamo sempre più faticosamente pagare.
Tralasciando l'ovvietà,cioè che questa crisi la debba pagare chi l'ha scatenata,queste drastiche misure dettate più o meno dal nostro Pil e dalle spallate europee erano quasi obbligatorie,e scegliendo un premier molto più vicino alle banche che al popolo era altresì sicuro che il dazio della recessione lo dovesse pagare la povera gente.
Il solo ed unico motivo per cui il premier pagliaccio ha abdicato è il fatto che gli interventi da fare andavano fatti,e lui personalmente è più contento che Monti termini il proprio mandato nel 2013 visto che gli italiani nel giro di breve tempo dimenticano e possono ricadere ancora nel suo tranello di bugie:infatti al governo tecnico non interessano i voti e allora vanno giù pesante partendo dall'Imu arrivando all'articolo 18.
Articolo preso da Senza Soste con un link preso da"La Repubblica":a titolo personale ho visto stamattina quello che dovrò pagare in più solo a marzo e vi assicuro che è un bel salasso.

Svuotate le buste paga: addizionali, Imu, rifiuti. A marzo prima stangata.
Si cominceranno a vedere con marzo gli effetti delle decisioni prese dal governo Monti (che appesantisce quanto già deciso da Berlusconi-Tremonti).
Fin qui avevamo visto, e solo in parte, il blocco delle pensioni, Adesso faremo i conti con la valanga di mini-aggravi delle microtasse già esistenti e del ritorno dell'Ici, anche sulla casa d'abitazione. Tra i capolavori escogitati dai "tecnici" anche la "tassa retroattiva". Un euro qui, dieci là, e la busta paga (di marzo, intanto) si svuota di un bel pezzo di salario. Che non aumenterà più, ci è stato detto sottovoce.
Sottovoce, in modo che ben pochi capissero.
Se qualcuno pensa che siamo "comunisti", pieni di "pregiudizi", ecco qui l'articolo relativo, ripreso da Repubblica, nototriamente sponsor entusiasta di mr. Monti.

giovedì 22 marzo 2012

IL CORRIDOIO ROSSO

Dopo la triste(per loro e per i falsi patrioti fascisti italiani)vicenda dei mercenari assassini del San Marco l'India investe nuovamente da alcuni giorni la cronaca dei nostri quotidiani e notiziari televisivi con il sequestro di due turisti rapiti da guerriglieri maoisti nello stato centro-orientale dell'Orissa(Odisha).
Due vicende comunque diverse e come tali trattate in maniera differente dove nel caso dei killer in divisa c'è stato un vero e proprio massacro mediatico contro i metodi di giustizia e nemmeno troppo inconsapevolmente contro tutto il popolo indiano,mentre nel caso dei due signori che per interessi propri studiano le tribù locali l'accanimento sembra molto più blando e addirittura contro gli stessi rapiti come voler dire:ci siete andati voi in una zona a rischio e mò son cazzi vostri.
Forse perché i signori Bosusco e Colangelo non indossano immacolate divise militari con tanto di pizzetto sbirresco ma pantaloncini e magliette contornate da capelli lunghi e barba,segno molto più distintivo etnicamente di gente orientata a sinistra?
L'articolo primo che posto è preso da Indymedia e visto che è stato scritto in febbraio è scevro di strumentalizzazioni post-sequestro e parla delle rivendicazioni degli appartenenti del Peoples Liberation Guerrilla Army che,a prescindere dai modi di attuazione della protesta,sono legittime e giustificabili in quanto la popolazione chiede trattamenti adeguati alla dignità umana e paritarie condizioni economiche visto che i governanti indiani insistono nell'affermare che siano la più grande democrazia al mondo.
L'articolo parla di barbariche repressioni attuate contro i manifestanti che protestavano contro l'esproprio delle loro case per costruire una fabbrica siderurgica di appartenenza di una delle più ricche e potenti famiglie dell'India:spalleggiati dalla polizia degli squadristi dell'acciaieria hanno pestato a sangue i dimostranti commettendo violenze coprattutto contro le donne.
Il secondo articolo è preso da"Blitz quotidiano"e parla più della cronaca narrando una breve storia del partito comunista indiano.

INDIA: LA VIOLENZA DELLO STATO E DELLE MULTINAZIONALI IN ORISSA.

Di seguito una delle tante descrizioni di come agisce lo Stato indiano nei confronti delle popolazioni in lotta...
***
Odisha: Migliaia di manifestanti contro l’esproprio delle terre attaccati dagli scagnozzi della sicurezza
Posted by redpines il 2 marzo 2012
La seguente dichiarazione comune sta circolando online. Vi si descrive la repressione di massa contro i manifestanti inermi perpetrata dalle forze di sicurezza private dell’acciaieria Jindal, di proprietà di una delle famiglie più ricche dell'India. Il 25 gennaio, migliaia protestavano per chiedere il risarcimento che era stato promesso loro (sia dal Gruppo OP Jindal che dal governo dello stato dell'Odisha) per la terra strappata con la forza per costruire l'impianto. Centinaia sono stati i feriti segnalati e ricoverati in ospedale. Le masse in questa regione, parte del "Corridoio rosso" del potere rivoluzionario nell’India centrale, hanno anche dovuto affrontare il peso della repressione terroristica da parte delle forze di polizia dello Stato e dei gruppi paramilitari durante l’operazione anti-maoista Green Hunt. Grazie all’organizzazione “Donne contro la violenza sessuale e repressione di Stato”. [Introduzione di Joe]
Brutale attacco della multinazionale ai manifestanti pacifici nello stato dell'Odisha
6 Febbraio 2012
Siamo estremamente scioccati e addolorati per la barbara violenza disumana contro i manifestanti pacifici in particolare donne da parte delle guardie di sicurezza e sicari prezzolati dell’impianto siderurgico Jindal in Angul, stato dell'Odisha. Ci sono stati serie di attacchi contro inermi manifestanti pacifici che manifestavano contro il sequestro forzato di terreni in tutto lo stato dell'Odisha. Il 25 gennaio 2012, quando l'intera Nazione si stava preparando per le celebrazioni del giorno della Repubblica e le classi dirigenti indiane, i grandi affaristi e i media delle multinazionali erano impegnati a strombazzare l'approdo dell’India tra le maggiori potenze economiche, queste ricorrenti violenze brutali dei sicari multinazionali contro i movimenti di massa nello stato dell'Odisha mostrano la vacuità delle dichiarazioni dei nostri governanti quando sostengono che l'India è la più grande democrazia del mondo.
Il 25 gennaio 2012 circa quattromila uomini e donne si erano recate presso la fabbrica Jindal Steel, di Angul per chiedere un giusto risarcimento per la terra strappata loro con la forza e anche per i richiedere i posti di lavoro che erano stati loro promessi, sia da parte della Società che del governo dello stato dell'Odisha. Quando il corteo è arrivato davanti la fabbrica le guardie di sicurezza e i mercenari della Jindal Steel Company hanno brutalmente attaccato uomini e donne, soprattutto le donne, che si trovavano in prima linea nella lotta. La scena barbara è difficile da spiegare a parole. Di fronte a un drappello di grandi dimensioni della polizia i sicari assoldati nelle guardie di sicurezza della Multinazionale li hanno attaccati con tondini di ferro e bastoni. Feriti oltre duecento uomini e donne, molti di loro si trovano ora presso il SCB Medical College, Cuttack e diversi ospedali di Angul. Le donne sono state picchiate brutalmente con sbarre di ferro, i loro abiti sono stati strappati, sanguinavano fortemente, la bestialità dei sicari ha raggiunto limiti più scioccanti e terrificanti, quando alcuni di essi hanno inserito tondini di ferro nelle parti intime delle donne. Non c'è molto da dire dopo questa storia sul grande annuncio del primo ministro dello stato dell'Odisha circa la cosiddetta grande industrializzazione pacifica dell'Odisha.
Quando una commissione d'inchiesta si è presentata presso la locale stazione di polizia, nessuno dei dirigenti della società tra cui l'amministratore delegato è stato arrestato; c'è stato solo un finto arresto del responsabile della sicurezza. Questo incidente è un orribile indicatore dei crescenti attacchi dello stato e delle multinazionali al movimento di massa pacifico dell'Odisha. Nel novembre del 2011, i sicari prezzolati della POSCO davanti a un grosso contingente di uomini della polizia hanno attaccato i manifestanti pacifici della lotta Anti-POSCO nel distretto di Jagatsinghpru distretto dell'Odisha, uccidendone uno con le bombe e ferendone molti altri.
Condanniamo fermamente questo attacco vile contro i pacifici manifestanti che protestano contro la Jindal Steel Company nello stato dell'Odisha, chiediamo l'arresto immediato del CEO e di altri dirigenti della fabbrica Jindal, iniziare un procedimento penale contro di loro per il brutale attacco e il ferimento di uomini e donne. Chiediamo il licenziamento e il processo per tutti i poliziotti che erano presenti durante il disumano vergognosa attacco, compreso il dirigente della polizia del distretto.
Facciamo appello a tutti i progressisti, democratici, organizzazioni dei diritti umani e delle donne a condannare questi avvenimenti e chiedere di agire contro i colpevoli.
(Sostenete questa dichiarazione e inviate a asit1917@gmail.com
http://southasiarev.wordpress.com/2012/03/02/odisha-thousands-of-land-gr...
Italiani rapiti in Orissa, fulcro del “corridoio rosso” e “base” maoista.

ROMA – A rapire i due italiani in India, Paolo Bosusco e Claudio Colangelo, ci sarebbero, secondo la rete Ndtv, i ribelli maoisti Naxaliti. Il termine deriva dal villaggio di Naxalbari, nello Stato del Bengala Occidentale, dove nel maggio del 1967 scoppiò una rivolta di contadini poverissimi contro i latifondisti locali.
Diffusi soprattutto negli Stati indiani dell’Andra Pradesh, dell’Orissa e del Chhattisgarh, i Naxaliti sono accreditati di un esercito di circa 10-15.000 uomini riuniti nel Peoplès Liberation Guerrilla Army, espressione militare del Partito comunista indiano (Maoista) il cui leader è Muppala Lakshman Rao, detto Ganapathi. Negli ultimi anni, dopo essersi macchaiti di sanguinosa attentati, hanno preso a finanziarsi ricorrendo ai rapimenti.
I Naxaliti si ispirano alle teorie di Mao Zedong sulla rivoluzione rurale e sulla Lunga Marcia dalle campagne verso la capitale e riconoscono come loro fondatore il leader comunista Charu Mazumdar, morto in un carcere indiano nel 1972. Dopo il suo ultimo congresso clandestino, il partito maoista ha sancito la leadership di Muppala Lakshman Rao.
L’Orissa è uno stato federato dell’India orientale, con una popolazione di circa 37 milioni di abitanti. La capitale dello stato è Bhubaneswar.
Nello stato indiano sono attivi circa 20mila guerriglieri maoisti, che rappresentano oggi una delle principali sfide per la sicurezza interna dell’India. Occupano un “corridoio rosso” che s’estende dallo Stato meridionale dell’Andhra Pradesh, attraversa il Chattisgarh, fino al West Bengala e al Nepal.
Secondo stime del governo, i ribelli comunisti sono presenti in un terzo dei 600 distretti indiani, in prevalenza campagne e foreste popolate da comunità tribali.
Nel 2009, l’anno più sanguinoso, i ribelli hanno lanciato oltre mille attacchi contro obiettivi governativi, uccidendo almeno 600 persone. Ma i sanguinosi attentati, le estorsioni e i rapimenti per finanziarsi li hanno confinati dietro un muro di ostilità dell’opinione pubblica.

mercoledì 21 marzo 2012

IL FALLIMENTO DI TELEPADANIA

La farsa di un'emittente televisiva dichiaratamente razzista e che comunque ha sempre usufruito di denaro pubblico per la sua triste esistenza sta giungendo al capitolo finale,e come nelle favole senza lieto fine a pagare saranno ancora tutti i contribuenti dell'odiata Italia,sieno essi di Varese e Vicenza piuttosto che di Napoli e Palermo.
Telepadania è fallita e l'enorme debito quantificato in 700mila Euro sarà pagato al fisco italiano solo in parte,e nonostante le enormi possibilità economiche della Lega(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/01/la-lega-ed-i-finanziamenti-pubblici.html )i soldi che hanno preso solo dal finanziamento pubblico(senza tutta la mole sommersa raccimolata dai paladini della giustizia e dell'immacolatezza)sarebbero bastati ed avanzati per far pagare un debito"padano"solo a questi caproni e non alla collettività.
L'articolo preso da Senza Soste entra nel merito delle cifre e del lerciume che per fortuna sarà spazzato via da tutte le televisioni d'Italia e del mondo.

Telepadania fallisce, gli Italiani pagheranno i suoi debiti. 
Oltre 700.000 euro di debiti tributari e finanziari ed un patrimonio netto negativo che supera i 435.000 euro. Questi i numeri deprimenti di Telepadania, la televisione di propaganda leghista con una programmazione talmente noiosa e pateticamente faziosa da essere snobbata persino dagli stessi “padani”.
Il quotidiano Libero ha così confermato la notizia: Celticon S.r.l, società proprietaria dell’indebitatissima emittente nordica, ha dichiarato lo stato di crisi ed i suoi soci non hanno più soldi per rifinanziarla. L’Inps e l’Enpals hanno inviato già un copioso numero di cartelle esattoriali ma, a quanto pare, alla fine saranno gli italiani del tanto odiato stivale unito a dover pagare i debiti maturati da Telepadania. Come si legge testualmente su Libero, infatti, “La proposta di transazione – già accettata da tutti gli enti pubblici creditori – è quella di pagare solo una parte del dovuto: in tutto 577.824 euro, con il fisco italiano, l’Inps e l’Enpals che complessivamente rinunceranno a più di 100mila euro del dovuto”.
Uno sconto che graverà quindi su pensionati e contribuenti di tutto il paese che, insultati e snobbati da sempre dal popolo padano, dovranno ora pagare il fallimento della televisione verde. E quale destino più prevedibile per una tv che avrebbe dovuto raccontare le vicende di una regione che non esiste e mai esisterà. Magari, chiamandola “Telefantasia”, il Carroccio avrebbe potuto attirare almeno l’attenzione di qualche curioso. E invece no: il partito di Bossi è andato avanti fin quando ha potuto con la politica dell’indebitamento.
Eppure, attraverso la fiduciaria Fingroup che possiede la Celticon s.r.l, i leghisti avrebbero potuto pagare con un barlume di dignità i propri debiti. Il patrimonio del Carroccio, stando alle stime effettuate in occasione degli investimenti per la Tanzania, ammonta a qualche decina di milioni di euro. Ergo c’era sicuramente la possibilità di recuperare la somma dovuta ed onorare per intero e soprattutto in maniera autonoma, un debito che è di marchi leghista dal primo all’ultimo centesimo. Eh si perché, chi detesta l’Italia unità e vuole “l’autonomia” e “l’indipendenza”, poi non può usare i soldi dei fratelli rinnegati per pagare i propri guai finanziari. Che fine ha fatto l’orgoglio padano? Ah già: c’è la crisi e la coerenza costava troppo in periodi di vacche magre; figuriamoci adesso.
Sarà magari sarà divertente vedere i due boriosi ragazzotti che, qualche tempo fa, tentavano goffamente di "insegnare la raccoltà differenziata ai napoletani" andare a chiedere l'elemosina proprio ai campani ed al resto dei tanti parassitari ed ignoranti terroni. Poter dare loro qualche euro per salvarsi dovrebbe rappresentare una grande soddisfazione per ogni vero italiano.
tratto da http://www.you-ng.it

lunedì 19 marzo 2012

LA STATUA DEL FIGLIO DEL TIRANNO

Già il fatto che in Italia si dedichi una statua ad un fascista è cosa dura da digerire,e che poi la merda in questione sia un figlio del dittatore Mussolini e che l'inaugurazione sia stata organizzata da un sindaco del Pd si cade nel ridicolo.
Perché il prossimo 25 marzo a Forte dei Marmi verrà presentato con tutti i tributi e gli onori del caso il monumento che raffigura Bruno Mussolini come esempio per gli aviatori italiani:statua commissionata dal padre nel 1943 e mai esposta in suolo pubblico.
L'articolo de"Il Manifesto"ripreso da Senza Soste narra dell'onorevole vita di Bruno Mussolini perito durante la seconda guerra mondiale e reso celebre per le sue efferatezze compiute prima in Abissinia e poi in Spagna,passando da colonizzatore spietato a fiancheggiatore dei franchisti.

Il Pd onora l’aviatore Mussolini
Che emozione quando, il 25 marzo a Forte dei Marmi, il sindaco Pd Umberto Buratti scoprirà la statua dedicata a «L’aviatore». A rappresentare gli aviatori italiani apparirà il figlio del Duce, Bruno Mussolini, in tuta di volo, maschio e fiero come il suo augusto genitore. La grande statua fu commissionata nel 1943 dallo stesso Benito Mussolini allo scultore Arturo Dazi, artista molto apprezzato dal regime, per onorare Bruno, morto in un incidente aereo due anni prima, agli inizi della Seconda guerra mondiale. Il Duce lo ricorda, nel libro a lui dedicato, come «aviatore di tre guerre, già volontario in Africa e in Spagna, che servì in pace e in guerra l’Italia», dando «nobiltà imperitura al nome dei Mussolini» e ispirando i giovani con la sua «vita esemplare».
A tale proposito, il sindaco Buratti e la sua giunta faranno bene a organizzare visite guidate delle scuole per spiegare agli alunni, di fronte alla statua, quale fu la «vita esemplare» di Bruno Mussolini. Nel 1935 partecipò con il fratello Vittorio, anche lui aviatore, alla guerra di conquista coloniale dell’Etiopia. Le loro gesta sono così descritte da Vittorio: «Le bombette incendiarie davano soddisfazione: era un lavoro divertentissimo. Bisognava centrare bene il tetto di paglia. Questi disgraziati che si vedevano bruciare il tetto saltavano fuori scappando come indemoniati. Una bella sventagliata e l’abissino era a terra». E anche in Etiopia, come già avvenuto in Libia, l’aviazione italiana usò, non solo contro le formazioni armate ma contro le popolazioni inermi, gas soffocanti (fosgene), vescicatori (iprite) e tossici (benzolo). A questo punto sarà bene spiegare alle scolaresche, basandosi su un libro di F. Pedriali edito nel 1997 dall’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’aeronautica, che la guerra fu provocata dalla «manifesta avversione dell’imperatore Hailè Selassiè ad accettare anche una semplice tutela economica italiana» e che furono gli etiopi a «violare le convenzioni internazionali usando pallottole dum-dum», il che costrinse gli italiani a ricorrere alle armi chimiche. Si potranno poi illustrare le gesta di Bruno nella guerra di Spagna nel 1937-38, quando l’aviazione di Mussolini intervenne a fianco della Luftwaffe di Hitler. E per questo Bruno fu insignito dal fascista Franco con la Cruz por la Unidad Nacional Española. Oggi la sua statua, che nel 1998 l’allora sindaco di Forza Italia non riuscì a esporre a causa delle proteste, sarà resa «visibile a tutti» da un sindaco Pd per rendere «omaggio all’Aeronautica militare». Un messaggio politico per affermare che il Partito democratico riconosce quello che l’Aeronautica militare definisce il «continuum di valori che impreziosisce il corso della sua storia», da quando un secolo fa l’Italia usò per la prima volta al mondo aerei a scopo militare nella guerra coloniale di Libia a quando, nel 2011, è tornata a bombardare la ex colonia. Un messaggio anche agli elettori in vista delle amministrative del prossimo maggio. Con il fascistissimo figlio del Duce come testimonial del fatto che il Pd ha ormai superato il vetero antifascismo. E dopo l’inaugurazione del «Monumento all’Aviatore», con tanto di corteo e fanfara, tutti a mangiare gli italianissimi spaghetti. Il sindaco Pd ha infatti vietato i ristoranti di kebab.
Manlio Dinucci
tratto da Il Manifesto.it

sabato 17 marzo 2012

LA FUCINA DI ASSASSINI

Breve articolo che parla nuovamente degli interventi"umanitari"e che sono in realtà vere e proprie invasioni e guerre,facendo riferimento sempre al soldato americano impazzito che ha massacrato sedici civili(e ora si pensa che prima dell'eccidio si sia macchiato pure di uno stupro),vedi il link http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/03/missione-di-incapace.html .
La caserma che ha forgiato il pluriomicida in divisa è indicata come una fabbrica di assassini e che molti veterani di queste missioni abbiano sviluppato enormi problemi comportamentali con picchi di suicidi spropositati.
La Joint Base Lewis-McChord di Tacoma vicino a Seattle è una fucina di macchine da guerra che nella vita spesso sono diventati assassini,stupratori,tossicodipendenti e criminali:il cinema statunitense e non solo riporta alla memoria i noti metodi di addestramento a dir poco duri sia dal punto di vista fisico e soprattutto mentale,che sommato a quello che si vive in guerra provocano questi stati di tracollo umano,quindi c'è solo da ribadire che tutte queste missioni mascherate con motivazioni di pace e create per motivi economici terminino al più presto.
Articolo preso da Senza Soste.

La fabbrica dei criminali in divisa.
Il sergente dell’esercito americano responsabile (unico?) della strage di civili afgani a Panjwai non proviene da una caserma qualsiasi, ma dalla più malfamata base militare degli Stati Uniti: la gigantesca Joint Base Lewis-McChord di Tacoma, nei pressi di Seattle.
E’ la stessa caserma da cui provenivano i soldati del ‘Kill Team’ del sergente Calvin Gibbs: quelli che nel 2010 se ne andavano in giro, sempre nella provincia di Kandahar, a uccidere civili afgani a sangue freddo per poi scattarsi foto sorridenti vicino ai loro cadaveri ai quali strappavano i denti per tenerseli come trofei. “Come si fa con le corna di un cervo che hai abbattuto”, spiegò freddo il sergente Gibbs al processo.
Dall’inizio delle guerre post-11 settembre, la Lewis-McChord – definita dalla rivista militare Stars&Stripes “la caserma più problematica dell’esercito Usa” – è diventata una vera e propria fabbrica di reduci di guerra psicopatici, regolarmente rispediti al fronte: qui si registra il più elevato tasso di suicidi e di sindromi mentali post-traumatiche (Ptsd) degli Usa e una lista di violenze e crimini commessi da veterani che non ha confronti.
L’ultimo caso, di gennaio, sembra ricalcato sulla trama del primo Rambo: il soldato semplice Brandon Barnes, reduce dalla guerra in Iraq, ha uno scontro a fuoco con dei ranger tra i boschi nei pressi della base, ne uccide uno e si dà alla fuga tra le montagne, fino a morire di freddo affogando in un ruscello.
In altri casi, i reduci della Lewis-McChord hanno ucciso agenti di polizia, commilitoni, mogli e figli.
L’autore del massacro di domenica, reduce da tre missioni in Iraq e in Afghanistan da dicembre, “non è un soldato canaglia: è la Lewis-McChord a essere una caserma canaglia”, ha commentato Jorge Gonzalez, direttore di GI Voice (organo dell’associazione di veterani anti-guerra Coffee Strong). “Da tempo chiediamo un’inchiesta parlamentare su quella base, teatro di così tanti episodi negativi”.
“In dieci anni – ha aggiunto Gonzales – la Lewis-McChord ha prodotto la strage di Panjwai, il Kill Team, un’epidemia di suicidi e di tossicodipendenza, omicidi e abusi sessuali, violenze domestiche contro le donne, compresa una figlia annegata con waterboarding e molto altro ancora. Tutto questo non è opera di qualche mela marcia, ma prodotto della sistematica disumanizzazione dei soldati di questa caserma. Tutto ciò continuerà fino a quando continueranno le guerre”.
Enrico Piovesana
tratto da http://www.eilmensile.it

giovedì 15 marzo 2012

NOVE SBIRRI INDAGATI PER IL PESTAGGIO DI STEFANO GUGLIOTTA

Il breve articolo odierno vuole essere un'aggiornamento di un fatto avvenuto nel maggio del 2010 e che vide protagonista suo malgrado il giovane Stefano Gugliotta,pestato a sangue dalla polizia al termine della gara di coppa Italia tra Roma e Inter ed incarcerato per sette giorni.
Fortunatamente le accuse false delle merde in divisa furono confutate grazie alle riprese effettuate da un telefonino e fornite coraggiosamente da un cittadino che si trovava lì per caso,sennò credo che il povero Gugliotta con una scusa o l'altra avrebbe ancor ora problemi con l'ingiustizia italiana.(Vedi il link col video del pestaggio:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2010/05/sbirri-merde.html ).
Ora ben nove agenti del reparto mobile sono finalmente sotto indagine per il crimine commesso e l'articolo tratto da Indymedia ne cita i nomi e cognomi.

Pestaggio dopo Roma - Inter Nove poliziotti a giudizio.
Pestaggio dopo Roma - Inter.
Nove poliziotti a giudizio.

Stefano Gugliotta, 26 anni, fu arrestato e picchiato nel 2010: lesioni gravi a una mandibola e gravissime al viso per uno sfregio.
Tutti rinviati a giudizio i nove agenti di polizia coinvolti nel pestaggio di Stefano Gugliotta, il giovane di 26 anni arrestato il 5 maggio del 2010 durante gli incidenti avvenuti a Roma al termine della finale di Coppa Italia Roma-Inter. Lo ha stabilito il gup Valerio Savio, che ha accolto le richieste del pm Francesco Polino. Sono tutti accusati di lesioni aggravate.
I nove agenti di polizia sono tutti appartenenti al Reparto Mobile, dovranno comparire come imputati in tribunale. Secondo l'accusa, gli imputati, «agendo con abuso di potere e violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione», hanno causato a Stefano Gugliotta «lesioni volontarie gravi alla mandibola» e «lesioni gravissime al viso per uno sfregio permanente». Il processo
prenderà il via il prossimo 5 giugno davanti ai giudici della decima sezione penale.
La sera del 5 maggio 2010 Gugliotta era in compagnia di un amico, in viale Pinturicchio, in attesa di andare con il proprio motorino ad una festa del cugino. Il giovane venne fermato dagli agenti per resistenza a pubblico ufficiale (dopo sette giorni venne, poi, scarcerato): ma un video girato con un telefono cellulare da un testimone, riprese la scena dell'aggressione.
I nomi dei nove poliziotti: Leonardo Mascia, Guido Faggiani, Andrea Serrao, Roberto Marinelli, Adriano Cramerotti, Fabrizio Cola, Leonardo Vinelli, Rossano Bagialemani, Michele Costanzo.
http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/445469/

mercoledì 14 marzo 2012

MISSIONE DI (INCA)PACE

Prendendo come spunto la strage compiuta dal soldato Usa domenica che ha ammazzatto a sangue freddo sedici civili afgani tra cui donne e bambini e che certamente è un atto che esula dall'intera missione internazionale in Afghanistan,vorrei risottolineare che la presenza come missionari di pace di tutte le forze armate(tra cui quelle italiane)dovrebbe almeno per decenza umana cambiare nome.
Risaputo il fatto che tali invasioni di massa in paesi ricchi di risorse naturale o di importante rilevanza strategica siano dettate non per la premura altrui ma per meri interessi economici la questione se continuare queste guerre o ritirarsi è una domanda che interessa molti governi e pure il nostro purtoppo non è esente da tali decisioni.
Quando ci sono da votare ingressi in missioni di non pace o solo continuazioni di esse o ci sono da stanziare fondi milionari che potrebbero essere utilizzati in maniera migliore per aiutare davvero le persone in difficoltà tutti gli schieramenti fanno comunella e votano positivamente a queste occupazioni militari.
L'articolo odierno che parla soprattutto della cronaca della strage avvenuta a Kandahar è preso dal sito Infoaut.

Afghanistan, soldato Usa fa strage di civili.

Un soldato americano ha fatto strage di civili in due differenti località nella provincia di Kandahar.

Strage a Kandahar: pesantissimo il bilancio che al momento conta quindici civili uccisi e altri cinque feriti. Tra le vittime ci sarebbero anche donne e bambini. La notizia, data dal Washington Post, è stata confermata da una nota del comando Isaf, la missione Nato presente in Afghanistan.
Secondo le prime risultanze delle indagini, il soldato, avrebbe agito da solo. Dopo avere lasciato la sua base, ha iniziato a sparare intorno alle 3 di notte locali, prendendo di mira civili in due distinti villaggi del distretto di Panjwai: Alokozai e Garrambai. Il distretto in questione, a sud-ovest di Kandahar City, è stato uno dei campi di battaglia più duri della guerra in Afghanistan.
Il ministro afghano Asadullah Khalid ha comunicato per il momento la morte di 16 persone. I feriti, tra i cinque e i nove, sono stati portati in un ospedale vicino, ma il bilancio resta incerto. Dopo la carneficina, il soldato si è consegnato ai suoi superiori ed è stato arrestato. Secondo il racconto di un reporter che si trovava sul posto ed è entrato nelle case, i bimbi uccisi non avevano più di 2-3 anni.
Agghiacciante la testimonianza del primo giornalisa arrivato sul luogo del massacro: "In una delle abitazioni c'erano i corpi di dieci persone, fra cui donne e bambini, che erano stati tutti uccisi e bruciati in una stanza. Un'altra donna invece giaceva morta all'entrata della casa. Sono stati uccisi e bruciati. Ho visto fra i cadaveri almeno due bambini di età fra i due e i tre anni, che erano stati bruciati", ha raccontato il giornalista.
Secondo il portavoce dei talebani si sarebbe trattato di un vero attacco, e non di un gesto isolato. Ahmadi ha detto che non uno, ma più soldati "hanno attaccato numerose case del villaggio di Balambi" e "secondo testimoni vi sarebbero una cinquantina di cadaveri", fra cui undici appartengono alla famiglia di Mohammad Wazir". Su internet il commento dei talebani è duro: "Le cosiddette forze di pace americane - si legge - si sono ancora una volta dissetate con il sangue di innocenti civili afghani nella provincia di Kandahar".
Casa Bianca e Obama si dicono dispiaciuti e amareggiati, promettono inchieste e, aggiunge il presidente Usa, "questo incidente è tragico e scioccante, e non rappresenta l'eccezionale carattere del nostro esercito e del rispetto che gli Usa hanno nei confronti del popolo afghano". Difficile farlo credere dopo la vicenda dei Corano bruciati e un'occupazione cghe dura ormai da più di dieci anni e che ha portato solo distruzione e guerra permanente.

martedì 13 marzo 2012

L'APOLOGIA DI TERRORISMO IN EUSKAL HERRIA

L'articolo tratto dal sito del mensile di Emergency e ripreso da Senza Soste è uno spaccato della storia che i Paesi Baschi stanno vivendo da decenni e questo esempio tangibile fa riflettere sulla repressione che è più simile ad un'annientamento del volere e delle speranze dei cittadini di fronte al fascismo istituzionale che controlla con soprusi,minacce e violenze la loro vita.
Non è possibile che in una nazione europea si possa venire condannati anche fino a due anni per apologia di terrorsimo se una persona manifesta col nome e la foto di un prigioniero politico che non sia suo stretto parente,dove se solo sospettato di qualche crimine sei incarcerato preventivamente anche per molti mesi o addirittura anni in prigioni lontane dalla tua dimora e per i primi cinque giorni non puoi avere assistenza legale o sanitaria.
In Euskal Herria invece tutto questo accade e intanto l'Europa delle istituzioni e delle garanzie tace e la Spagna e la Francia insistono nel voler negare l'indipendenza a questo Stato e continuano nella loro mortificazione sociale a suon di pestaggi,uccisioni e detenzioni.

Paesi baschi. Sara’ difficile tornare umani. Una storia.
Algorta, settantamila anime, una delle cittadine della gran Bilbao, che dal Botxo, dalla conca del centro, sfila per alcuni chilometri verso il mare. Sono le otto di sera e aspettiamo una encartelada. Ogni giorno qui, di fianco a un parco giochi per bambini, arrivano alcune decine di persone con dei cartelli legati a dei pezzi di legno. Ci sono le fotografie di amici o figli, prigionieri baschi. Il loro nome e un simbolo, quello del Paese basco con due frecce che dall’esterno indicano l’interno; significano fine della dispersione e il diritto per i prigionieri di tornare negli istituti di pena del loro paese. Nelle terrazze dei bar giovani e anziani bevono birra e vino, mangiano pintxos, le altalene ondeggiano, un padre gioca a palla con un bambino. Una sera gradevole, aperitivo in piazza.
Arrivano prima una, poi due macchine della polizia autonoma basca. Si chiama Ertzaintza, colori sociali, blu e rosso. Scendono due agenti, poi diventano quattro alzano il bavero fin sul naso per rendersi irriconoscibili.
Pochi minuti dopo, la’ dove uno striscione in plastica con scritte a pennarello invita alla manifestazione per le donne contro il patriarcato, si scorge una bandiera basca, poi un’altra, dei cartelli, delle foto. Gli agenti si fanno avanti. Andiamo a vedere.
Una signora, avra’ sui sessantanni. Sul paletto di legno la foto di un ragazzo e il suo nome. Jagoba. Un agente le si avvicina. Faccia a faccia, la signora con il suo cartello, l’agente a viso coperto.
“E’ suo figlio?”
“E’ mio figlio”.
Guardiamo un ragazzo con un cane al guinzaglio in una mano. Con l’altra regge un cartello con scritto un nome, ma la faccia non si vede, e’ coperta da un foglio giallo di plastica con una scritta a favore dei prigionieri politici.
-Siamo italiani, giornalisti. Possiamo scattare foto, vi va? Anche il viso? Solo i cartelli?
-Giornalista eh? Il giovane non crede a una parola.
-Ti mostro il tesserino?
- No, no. Ma di che giornale?
-E il mensile, possiamo parlare?
-Eh, e che ne so io di che linea e’ questo ‘E’?
-Raccontiamo conflitti, diffondiamo cultura di pace.
Sguardo sempre piu’ ironico. Poi raccontiamo di piu’, il lavoro che stiamo facendo, le persone intervistate. Alcune le conosce e ci fanno guadagnare la sua fiducia.
-Scusate, ma vedete anche voi come siamo messi. A volte arrivano dei ‘giornalisti’ e ci ritroviamo nel migliore dei casi con la nostra faccia su televisioni che ci demonizzano
-Nessun problema. Cosa vuole la polizia?
-Io non posso mostrare la foto di un prigioniero mio amico, non sono suo parente. Solo i parenti possono esibire il cartello con la foto. Gli altri no, e’ apologia di terrorismo.
-Come apologia di terrorismo?
-Si’ sono due anni che va cosi’. E se ti denunciano ti possono processare e la pena puo’ arrivare fino a due anni di carcere. O puo’ anche capitare che ti lascino in carcere preventivo per un pezzo prima di mollarti.
Si chiama Gorka e racconta, con rabbia. Tutti i giorni va li’ alle 20.00 in punto, per mezzora. Racconta della dispersione, dei prigionieri a migliaia di chilometri di distanza, dei viaggi dei familiari, che spesso per la stanchezza rimangono vittime. Incidenti stradali, morti. Oggi e’ successo a quattro persone. Non sono anche loro vittime di questo conflitto? Intorno ci sono alcuni giovani, ma soprattutto persone anziane.
Una signora con un cappotto, un collo di pelliccia, due orecchini graziosi, rughe agli occhi e un rossetto curato. Ha uno sguardo diritto.
-Ma lo vedete cosa stanno facendo?
Sdegno. Gli agenti tornano, identificano un altro parente. Poi parlano con le radioline. Settimana scorsa hanno sequestrato i paletti di legno con i cartelli. Potrebbero costituire prova, hanno detto. Ma prova di che? Un signore, sulla sessantina, giacca corta di loden, pantalone di lana e mocassini, un pacco sotto braccio. Ci racconta.
-Qui stiamo soltanto dicendo che se cumpla la ley, la loro legge. Prevede che il prigioniero sconti la pena vicino al luogo di residenza, prevede che chi ha scontato i tre quarti della pena possa uscire di galera, prevede che i prigionieri malati gravemente debbano essere scarcerati. Non si fa nulla di tutto questo. E noi siamo qui tutte le sere a ricordarlo. E’ apologia di terrorismo?
C’e’ un sapore di un’umanita’ incredibile in quelle trenta persone, con il loro cartello in mano.
E un amaro che resta negli occhi per la tristezza che si alterna al fuoco della rabbia, nei loro occhi.
Con la consapevolezza che il dolore e’ uno strumento utile per i giochi politici.
Non sara’ facile tornare umani.
p.s. Oggi cedo la mia foto del blog a Jagoba Terrones. Perche’ non e’ vietando agli amici di mostrarla, o umiliando sua madre, che si afferma lo Stato di diritto. Jagoba Terrones era un coordinatore di Gestoras pro Amnistia, sumario 18/98 del supergiudice Garzon. Arrestato nel 2001. Liberato e poi riarrestato nel 2009 con una condanna a dieci anni di carcere per attivita’ politica.
p.p.s. Oggi il quotidiano Gara ha raccontato che un documento del Consiglio generale del potere giudiziario spagnolo ammette che l’attuale regime di incomunicacion (cinque giorni prorogabili senza vvocati di fiducia e senza notizie ai familiari) non include nessuna delle raccomandazioni ulla prevenzione della tortura proposte dal Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio di Europa. Fra queste c’e’ la disposizione di registrazioni video dall’arresto fino agli interrogatori, il diritto a visite mediche con professionisti di fiducia e comunicazione con i familiari.
Angelo Miotto (foto: Massimo Di Nonno), tratto da www.eilmensile.it

sabato 10 marzo 2012

IL POPOLO RUSSO VUOLE RIBELLARSI

Lo scorso 4 marzo si dice che milioni di russi abbiano eletto Vladimir Putin Presidente della federazione russa sostituendo il suo cagnolino parcheggiato Medvedev dopo essere stato primo ministro e prima ancora sempre Presidente per due incarichi(il terzo mandato consecutivo non è previsto dallo statuto russo)...insomma negli ultimi tredici anni è stato il padrone incontrastato della Russia.
Questo ping pong di poltrone che gli ha permesso di stare sempre al vertice della piramide del potere e che piace molto al suo amico e compagno di merende Berlusconi(che non è sparito ma solo in letargo)
ha fatto sì che molti cittadini rimpiangono i"tempi bui"del comunismo con un crescente e grave ritorno di nazisti,molto più vicini al programma di Putin.
Il divario tra i pochissimi e molto ricchi russi e la quasi totalità del popolo che sopravvive a fatica è sempre più netto e la rabbia verso questa situazione sta lievitando sempre più così come le contestazioni per le strade e sul web.
La successione di articoli racchiude un periodo di tre mesi e comincia dalle prime manifestazioni di massa anti-Putin svoltesi alla vigilia di Natale arrivando fino all'indomani delle elezioni molto contestate dalle opposizioni e che hanno provocato nuovi cortei e centinaia di arresti tra compagni,oppositori ed anarchici,con i contribuiti di MIM(Miliano in Movimento)e Indymedia Lombardia.
Sulla situazione in Russia.

Matteo (ZAM) e Oleg    
Vent’anni fa, nella notte tra il 25 ed il 26 Dicembre 1991, la bandiera rossa con la falce ed il martello veniva ammainata dal pennone del Cremlino. Dopo alcuni anni di convulsioni cessava di esistere definitivamente l’Unione Sovietica. Oggi, a vent’anni di distanza, la Russia torna a vivere giorni convulsi.
Il 24 Dicembre si è assistito probabilmente alla più grossa manifestazione di piazza che Mosca ricordi dai burrascosi tempi della caduta dell’Impero sovietico.
Più di 100.000 persone hanno affollato in un gelo tipicamente russo Prospekt Akademika Sakharova.
Per chi conosce Mosca si tratta di uno degli immensi stradoni in stile staliniano che dalla periferia conducono al centro. Il vialone prende il suo nome da Andrej Sakharov. Fisico nucleare padre della bomba
atomica sovietica e succesivamente figura preminente del dissenso sotto il regime di Brezhnev.
Prospekt Sakharova, per una sinistra ironia, termina nella Piazza della Lubyanka.
La piazza dove, dai tempi della Ceka di Felix Dzerzhinsky sorge il famigerato palazzo dei servizi segreti russi.
Una folla immensa si snodava ieri fino all’immensa Piazza delle Tre Stazioni distante oltre un chilometro. E’ dalle elezioni politiche del 4 Dicembre che la mobilitazione cresce.
La piazza anti-Putin è estremamente composita e contraddittoria e per ora, sembra tenere insieme tutto ed il contrario di tutto. Al suo interno si possono trovare giovani universitari stanchi della stessa faccia al potere da ormai 10 anni con tanta sete di libertà e dinamismo, appartenenti alla nuova classe media russa che vorrebbero un paese più aperto ed europeo, pensionati nostalgici dei fasti dell’Unione Sovietica, comunisti rinfrancati dal sorprendente aumento dei loro voti alle elezioni di un mese fa, ultras ultranazionalisti delle varie squadre di calcio della capitale e responsabili proprio un anno fa di feroci scontri xenofobi ed anti-caucasici in Piazza del Maneggio…e l’elenco potrebbe continuare.
Alla mobilitazione di questi giorni, allo stato attuale, sembrano mancare due cose.
Un leader credibile (anche in vista delle presidenziali di Marzo) ed una piattaforma politica complessiva che vada oltre lo slogan “Rossija bez Putina” (Russia senza Putin).
Il leader comunista Zjuganov è troppo vecchio per poter essere un’alternativa credibile. Il Partito Comunista (KPFR) si dibatte ormai da tempo in un dilemma lacerante. Da un lato c’è la necessità di salvaguardare tutto l’immaginario legato ai fasti dell’Urss (la falce ed il martello, Lenin, Stalin, la Grande Guerra Patriottica, Gagarin, l’Armata Rossa…) per conservare il voto dei militari, dei pensionati e di chi vive nelle periferie dell’Impero. Dall’altro si fa strada la necessità di aprirsi al nuovo tentando di costruire qualcosa che possa sembrare un serio partito socialdemocratico.
Un’opzione politica di cui la Russia avrebbe un disperato bisogno visto che quello che è mancato in questi 10 anni di putinismo è stata proprio una seria politica di redistribuzione delle ricchezze derivanti dal petrolio e dalla crescita economica.
A questo si aggiunge la necessità di presentare una faccia giovane e nuova.
Inutile puntare sul leader nazionalista Vladimir Zhirinovsky (con un oscuro passato di informatore del KGB). Molto simile ad un Bossi in salsa russa e capace, con le sue spettacolari tirate populiste (tanto amate dai Russi), di risvegliare i peggiori umori xenofobi delle fasce più deboli della società post-sovietica, cariche di risentimento contro gli immigrati dal Caucaso e della Repubbliche Asiatiche visti come una concreta minaccia al proprio già miserabile tenore di vita.
I liberali russi sono un forza d’elite incapace di penetrare nel cuore della società russa. I Russi assocciano infatti la parola liberale ai disastrosi anni ’90.
Gli anni delle ruberie di Elstin. Gli anni della miseria più nera. Gli anni delle privatizzazioni dell’immenso patrimonio dello Stato sovietico (da qualcuno definite “la più grande rapina della storia dell’uomo”). Gli anni dell’arricchimento degli odiatissimi oligarchi.
Abbastanza irrilevanti sembrano anche i vari partitini di destra e sinistra che nuotano nel mare del crecente dissenso.
Un volto interessante sembra essere quello del giovane blogger Alexey Navalny che ieri, fresco reduce da alcuni giorni di galera per una precedente contestazione, ha arringato, con il suo fare teatrale, l’immensa folla in un crescendo di boati e slogan. Navalny ha promesso che alla prossima mobilitazione, in piazza, ci saranno un milione di persone.
Poi, ruggendo, ha minacciato Putin e Medvedev di un possibile assalto al Cremlino ed alla Duma. Un’affermazione piuttosto ardita anche in considerazione del fatto che lo Stato russo ha la memoria lunga e, prima o poi, presenta sempre il conto.
Il potere centrale sembra essere stato colto di sorpresa dal crescere della mobilitazione e, allo stato attuale, sta reagendo con una certa inattesa prudenza.
Putin resta in silenzio mentre il volto buono dell’apparato di potere, Medvedev, promette riforme.
La situazione è molto fluida quindi.
I Russi per lungo tempo sono stati effettivamente grati a Vladimir Putin per aver rimesso in piedi un paese umiliato ed in ginocchio, ripristinando ordine, un minimo di benessere ed una certa credibilità internazionale.
Chi si ricorda la Russia di fine anni ’90 non può non apprezzare il cambiamento in meglio.
Quello che è mancato però è il passaggio successivo.
Le ricchezze sono finite nelle mani di pochissimi, la tipica corruzione russa ha ripreso ad aumentare, la crisi economica si è fatta sentire ed il volto del potere non ha saputo mutare e venire incontro alle nuove esigenze della società.
La società russa sembra essersi quindi risvegliata dal suo tipico fatalismo ed apatia.
Sono “risvegli” periodici che generalmente fanno parlare il Mondo.
L’ultimo “risveglio” si è avuto tra la fine degli anni ’80 ed i primi anni ’90.
Erano i tempi della glasnost di Gorbachev. Milioni di cittadini sovietici, dopo decenni di torpore, riscoprirono il gusto per la politica. A muoversi erano soprattutto i giovani ed i militanti più aperti del PCUS.
Immensi cortei. Scioperi giganteschi (come quello dei minatori del 1991).
Una mobilitazione continua e vivace.
Chi non ricorda le manifestazioni che si opposero al Golpe dell’Agosto ’91 (quelle del famoso filmato di Elstin che arringa la folla parlando su un carro armato)?
Tanti i sogni e le promesse non realizzate.
A scrivere la parola fine a tutto ci pensò Boris Elstin nelle sanguinose giornate dell’Ottobre 1993 (quello della famosa canzone della Banda Bassoti Mockba 993). In quei giorni di rivolta contro lo stato di miserie e umiliazione in cui era sprofondata la società russa, Elstin decise di sciogliere il
Parlamento e di farlo prendere a cannonate dai carri armati.
Seguirono anni da incubo.
Oggi la società russa si è messa di nuovo in movimento.
Non limitiamoci però ad osservare solo quello che succede nelle strade della capitale (anche perché la Russia non è Mosca). Mentre la gente scende in piazza lo Stato russo persegue una nuova politica di potenza. Indice ne è il nuovo accordo strategico stipulato dell’Ottobre 2011 con Bielorussia e Kazakistan. L’obiettivo finale è una vera e propria Unione Eurasiatica.
Le ambizioni imperiali non tramontano mai…
Centoventimila in strada contro Putin.
 
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da repubblica
Secondo gli organizzatori questo il numero di cittadini che hanno partecipato alla manifestazione, quarantamila per la polizia. Migliaia di agenti hanno controllato lo svolgimento della protesta pacifica senza intervenire. Alla protesta hanno partecipato anche comunisti e nazionalisti.
MOSCA - Proteste di piazza contro il primo ministro russo Vladimir Putin. Il dato della partecipazione secondo gli organizzatori è di 120 mila persone. Le proteste, oltre che a Mosca, si sono tenute anche a San Pietroburgo e in decine di altre città. A San Pietroburgo hanno partecipato circa 30mila persone. I dimostranti, molti coperti con cappotti di pelliccia visti i 20 gradi sotto lo zero, gridavano 'Putin vai via' e 'Russia senza Putin'. Alla protesta hanno partecipato anche comunisti e nazionalisti. La polizia ha aggiornato anche il dato sull'altro raduno, quello pro-Putin al Parco della Vittoria: 138.000 persone.
Al termine della manifestazione, i dimostranti hanno liberato in aria alcuni palloncini bianchi, simbolo della protesta pacifica. Il raduno si è chiuso con la richiesta di riforme che consentano una competizione politica democratica e nuove elezioni parlamentari e presidenziali. I manifestanti hanno chiesto anche il rilascio dei prigionieri politici e provvedimenti per le persone coinvolte nei brogli elettorali. Gli organizzatori della protesta hanno in programma una nuova manifestazione prima delle elezioni presidenziali del 4 marzo, nelle quali il premier è super favorito.
La giornata in piazza. L'opposizione russa ha battuto il temuto 'generale inverno' ed è riuscita a portare in piazza a Mosca oltre centomila persone (40.000 secondo la polizia) nella quarta grande manifestazione che ha chiesto a gran voce una "Russia senza Putin". Mentre il variegato movimento che si riunisce sotto lo slogan "per elezioni oneste" sfilava coi suoi palloncini bianchi, da piazza Kaluzhkaja a piazza Balotnaja - di fronte al Cremlino - in zona Poklonnaja si è svolta la contro-manifestazione filo-governativa. Organizzata dai Patrioti di Russia, ufficialmente l'evento è stato indetto contro il pericolo di una 'rivoluzione arancione' sul modello di quella ucraina filo-occidentale del 2004. A farla da padrone, i tricolori nazionali bianco-rossi-blu e slogan come "Chi se non Putin?", a ribadire la tesi con dello stesso premier e potenziale nuovo presidente, per cui un futuro senza di lui rischia di riportare la Russia al caos degli anni '90.
I cortei "Per elezioni oneste" si sono svolti in altre 90 città sparse tra Russia e i quattro continenti. A Novosibirsk, alcuni manifestanti hanno costruito una lapide di neve con le foto di Putin, Medvedev e Churov, su cui i bambini depositano fiori. "Siamo arrivati a un punto di non ritorno - ha detto uno dei dimostranti - la gente ha smesso di aver paura e ha capito la sua forza". Negli sgoccioli della sua campagna elettorale, Putin - finora piuttosto indifferente alle contestazioni - non potrà non tenerne conto.

Russia,a Mosca proteste anti putin il 5/3, 250 arrestati, 25 dei quali anarchici.

Il 5 di marzo gli anarchici russi hanno fatto un presidio a pizza Lubjanka dove il presidio non era autorizzato, poi in manifestazione sono andati a piazza Pushkin dove c'era un'altra protesta questa volta legale. Alle ore 20.40 gli organizzatori della protesta hanno detto alla gente di rimanere lì in piazza perché c'era Ilya Ponomarev un nuovo diputato della Duma. Gli Omon hanno iniziato a dire, ai manifestanti, dai megafoni delle loro macchine di andare verso la fermata di metro perché l'evento era finito e hanno circondati la piazza. Allora piccoli gruppi di manifestanti anarchici e non hanno provato a saltare la barriera della polizia, alcuni hanno riuscito a passare e altri sono stati detenuti.
Ci sono stati 250 detenuti nel centro di Mosca dei quali 25 sono anarchici.
notizie da. avtonom.org
video.
avtonom.org
http://www.youtube.com/watch?v=DFwaD-HMkP0&feature=relmfu
http://www.youtube.com/watch?v=pWynli_-VWA&feature=relmfu
http://www.youtube.com/watch?v=Qsq-tuUhuGc&feature=relmfu
http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=pWynli_-VWA