venerdì 23 marzo 2018

LE MIRE ESPANSIONISTICHE TURCHE IN SIRIA


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I volenti attacchi dei turchi nella città di Afrin sono,come detto dallo stesso sultano Erdogan,solo il primo passo di una vera e propria espansione territoriale della Turchia nel territorio siriano a maggioranza curda,gli unici che assieme ai russi stanno allontanando il pericolo Isis da quelle zone.
Le mire espansionistiche turche vedono già la relativamente vicina Aleppo come prossimo terreno di conquista mentre qualcosa si sta svegliando in Europa(ilmanifesto.it/erdogan-vuole-un-afrin-artificiale)con la cancelliera Merkal che parla di situazione inaccettabile.
L'articolo di Contropiano(loccupazione-di-afrin )parla della paura reale del popolo siriano posto tra l'incudine e il martello soprattutto quelli che sono nel territorio curdo anche se pure Damasco ha i suoi tragici problemi visto che i bombardamenti stanno annientando tutta la periferia attorno:da vedere anche madn lassedio-di-afrin .

L’occupazione di Afrin come inizio della spartizione della Siria.

di  Ferda Çetin * 
Lo scenario della spartizione della Siria in tre parti diventa realtà. Con l’occupazione di Afrin da parte dello Stato turco la spartizione è di fatto iniziata. La posizione degli USA, della Russia, dell‘UE e dell’ONU rispetto agli attacchi della Turchia contro Afrin mostra il sostegno senza limiti per l’occupazione e ulteriori massacri.

Una Siria senza contraddizioni tra etnie, religioni e confessionali, senza rivendicazioni su petrolio e suolo o con i vecchi confini, non è conveniente né per la Russia né per gli USA. Perché essere a favore di una Siria di questo genere significherebbe un sostegno al sistema cantonale autonomo-democratico messo in pratica nella Siria del nord e nel Rojava. Gli USA e la Russia con una Siria divisa in tre non vogliono mettere fine alle contraddizioni e alle tensioni tra popoli, religioni e confessionali, ma al contrario vogliono mantenerle in vita e in questo modo creare dipendenza. La posizione comoda e sicura di sé di Erdoğan e dei rappresentanti dello Stato turco non deriva dalla fiducia nelle proprie forze, ma dal loro coinvolgimento nel piano di una “Siria divisa in tre” da parte di USA e Russia.

In assenza di sorprese straordinarie, il piano degli USA e della Russia si svolgerà come segue: la zona intorno a Efrîn-Ezaz-Mare-El Bab-Cerablus verrà consegnata alla Turchia, Al Qaeda, Al Nusra e IS; la parte a est dell’Eufrate all’alleanza curdo-statunitense; l’ovest dell’Eufrate a regime siriano, Russia e Iran

Dato che i gruppi alleati con la Turchia per via della loro indisciplinatezza e della loro avidità di denaro e materiali, nei territori loro consegnati non assumeranno un ruolo costruttivo, il controllo sul territorio verrà assegnato alla Turchia. Gli Stati europei sono informati di questo piano e lo sostengono.

L’opinione pubblica europea con la sua solidarietà contro l’ingresso a Afrin ha dimostrato grande attenzione. I media tedeschi, inglesi e francesi hanno esortato i loro governi a intervenire contro l’occupazione turca. Ma gli attori rilevanti in Europa non hanno dato ascolto a queste proteste e aspettano la fine dell‘occupazione. Perché una gran parte dei gruppi che hanno preso parte alla guerra in Iraq e in Siria, ora si trovano in Turchia e a Ildib. L’Europa tema una dispersione di questi gruppi e vuole trattenerli in Siria e in Turchia. Parte del piano è anche il fatto di consegnare in questa fase alla Turchia tre miliardi di dollari, decisi nell’ambito dell’accordo sui profughi del 2015, che però per via delle relazioni tese non erano stati erogati, ma congelati.

Europa e USA contano sul fatto che gli 800.000 profughi di Afrin non arriveranno in Europa e possano vivere con il sostegno dei cantoni del Rojava. Per questo sono “contenti” di non accollare oneri economici all‘ONU. Lo spostamento di una gran parte dei profughi in Turchia nella Afrin occupata non significa solo uno sgravio per Erdoğan, ma rappresenta anche un punto nel quale l’ONU e l’UE in segreto speravano.

USA e Russia, che danno l’impressione di essere in concorrenza tra loro, prima della guerra in Iraq e in Siria hanno vissuto la loro fase più debole nel Medio Oriente. Entrambi avevano l’esigenza di un nuovo inizio nella loro politica in Medio Oriente. Il piano della spartizione della Siria in tre parti soddisfa in larga misura le loro esigenze. Perché un sistema democratico che garantisce la pace interna in modo autonomo, non sentirebbe più l’esigenza di USA e Russia. Un sistema democratico di questo genere significherebbe che la presenza della Russia e degli USA in Siria non potrebbe durare nel lungo termine. Una Siria divisa in tre parti, per tutti tranne che per USA e Russia significa insicurezza e tensione e una crisi continuativa. Una simile tensione e crisi porta la gente a rivolgersi verso un’autorità. USA e Russia sembrano essere pronti a assumere questo ruolo! La situazione di crisi terrebbe vive le tensioni del periodo della guerra civile. Questo non poterebbe i partecipanti a investire le loro energie e risorse per cose utili, ma a sviluppare potere, armamento, indebolimento dell’avversario, ecc.

Nel mio editoriale del 29 settembre 2014 scrissi che IS voleva cancellare il modello esemplare per il Medio Oriente in Kurdistan.

Che la Siria debba essere divisa in tre e le persone in Siria tenute in uno stato di inquietudine permanente, sono “dettagli” così piccoli che non possono rappresentare un ostacolo per la rivendicazione di possesso sul petrolio in Siria da parte degli USA (a est dell‘Eufrate), ovvero da parte della Russia (a ovest dell‘Eufrate) per i prossimi 20-25 anni. Diverso tempo fa l’artista di Kirkuk, Abdurrahman Kızılay, ha preso parte a un dibattito televisivo durante il quale il moderatore gli ha chiesto della ricchezza di petrolio a Kirkuk e degli effettivi padroni della città. Abdurrahman Kızılay all’epoca disse: “Kirkuk è di tutti, che Dio possa maledire il petrolio, se solo potesse prosciugarsi e noi fossimo liberi”. Quanto ha riassunto bene la situazione allora! Ma quanto è vero il proverbio in Africa, che il petrolio è sterco del demonio.

Questo editoriale è stato pubblicato originariamente il 19.03.2018 con il titolo “İlahlar bölünmüş Suriye istiyor” sul quotidiano Yeni Özgür Politika.

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