mercoledì 7 marzo 2018

E SE HAI LA PELLE NERA,AMICO GUARDATI LA SCHIENA


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Idy Diene è l'ennesima vittima del razzismo che in Italia è un problema eccome,alla faccia di chi racconta che siamo il popolo dell'accoglienza,solidali e buoni,che poi sono quelli che dicono che il fascismo è morto e la mafia non esiste.
E che poi vincono le elezioni ma è altro tema,perché quello successo a Firenze lo si è saputo meglio il giorno dopo,quando la comunità senegalese di cui Idy faceva parte si è giustamente incazzata(il capoluogo toscano è ormai diventato un tiro al bersaglio contro loro:madn caa-pound-fogna-da-chiudere-il-prima.possibile )manifestando la loro rabbia nel centro.
Solo allora il sindaco Nardella si è indignato per due(di numero)fioriere rotte,ed il giorno successivo ha voluto presenziare al presidio antirazzista venendo cacciato per non avere speso subito una parola per l'assassinato ma per i danni provocati,nonché aver tacciato il gesto dell'omicida Roberto Pirrone come il solito atto di uno squilibrato che ha sparato a caso e che tragicamente ha colpito uno straniero di colore.
Gli articoli sono presi da:uccisione-di-idy-diene-e-decoro-urbano e in-piazza-contro-il-razzismo cui aggiungo questi da consultare:contropiano perche-sparano-sugli-africani e comune info chiedete-a-ndeye-se-esiste-londa-nera-pirrone .

Uccisione di Idy Diene e decoro urbano: quando le fioriere sono più importanti di una vita umana.

di  Enrica Capussotti * 
Sono molti i contributi informativi sull’omicidio di Idy Diene a Firenze. Abbiamo scelto di pubblicarne alcuni, ringraziando tutti quelli che li hanno scritti e quanti li hanno segnalati.

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Il 5 marzo a Firenze Roberto Pirrone spara e uccide Idy Diene, di cittadinanza senegalese, che secondo le prime ricostruzioni ufficiali si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato, vittima della “pazzia” di Pirrone che non avendo trovato il coraggio di suicidarsi ha ucciso qualcuno “a caso” per finire i suoi giorni in galera. Ma come scriveva ieri qualcuno su twitter “Casseri era pazzo, Traini è pazzo, Pirrone è pazzo, le vittime del pazzo sono misteriosamente tutti neri”.

Pirrone non è un militante di Casa Pound e Lega Nord, come gli altri due “pazzi”, ma non è un caso che abbia ucciso un uomo con la pelle nera, spinto da quel razzismo inconscio che guida le azioni di chi ha la pelle più chiara e per questo si sente superiore. È il razzismo che contribuisce a costruire il “noi” e il “loro” fin da quando siamo piccoli, che rende il bianco un “non colore”, e per questo universale, e gli altri sempre un po’ più colorati, diversi.

Non è un caso che l’omicidio sia avvenuto in questo contesto pubblico e politico, dove il razzismo urlato e rivendicato consente di raccogliere voti e viene usato con successo, a tutti i livelli, per normare le relazioni sociali e mantenere gerarchie di potere e varie forme di privilegio (a Firenze, per esempio, è evidente lo sfruttamento del lavoro nero e precario dei migranti da parte dell’industria turistica).

Proviamo a immaginare lo scenario se la vittima fosse stata una giovane e un giovane fiorentino: notizia sparata su tutti i quotidiani, ressa tra i giornalisti per filmare le lacrime di qualche parente, il sindaco in prima fila per esprimere la vicinanza di tutta la città. Invece, il 5 marzo le prime dichiarazioni del sindaco Nardella sono arrivate nel pomeriggio (l’omicidio è avvenuto intorno alle 12) per stigmatizzare la rottura di alcune fioriere durante un corteo di cittadini senegalesi e italiani addolorati e arrabbiati per l’ennesimo atto di violenza.

Eccolo qua il decoro urbano che tanto piace ai sindaci di tutti gli schieramenti: le fioriere meritano più attenzione di una vita umana, e per favore non venite a disturbarci nel salotto buono, non vogliamo che ci colpiscano gli schizzi del vostro sangue! Le dichiarazioni di Nardella sono un esempio perfetto dell’ideologia classista e razzista che sostiene la politica fiorentina e il patto tra politica e parte della cittadinanza. Confermano anche che, se non hai la pelle bianca, non c’è differenza tra le politiche e l’ordine simbolico che guidano PD e Lega nord (basti ricordare gli accordi di Minniti con la Libia per trattenere i migranti).

Ma noi non ci stiamo, noi vogliamo rimanere umani e chiediamo politiche pubbliche che ridistribuiscano le risorse e non facciano distinzioni in base alla provenienza e al colore della pelle. Sabato 10 marzo saremo in piazza a fianco della comunità senegalese e ai tanti antirazzisti che si contrappongono alle politiche repressive in atto nelle nostre città.

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In piazza contro il razzismo: sputi su Nardella, la polizia carica.

Almeno 800 persone si sono ritrovate su ponte Vespucci a Firenze dove ieri è morto ammazzato da un italiano Idy Diene, un ambulante senegalese. Il gesto di un folle, un uomo strozzato dai debiti che voleva suicidarsi. Le attenuanti non esistono. Ancora una volta il bersaglio di un uomo bianco armato sono i neri.

“C’è un problema di razzismo in questo paese”. È quanto urlavano le decine e decine di giovani lavoratori senegalesi che dal pomeriggio hanno iniziato una protesta rabbiosa per le vie del centro storico. A nulla sono valsi i tamponi dei rappresentanti e dei vecchi della comunità che volevano concludere la protesta a Palazzo Vecchio. C’è una cappa di cattiva coscienza perbenista che copre il razzismo strutturale di questo paese. I politici sono i primi responsabili di questo clima, “Nardella non ha da dirci nulla”. Ieri sera un corteo spontaneo di giovani senegalesi è ripartito da piazza della Signoria. Tanta rabbia. Alcune fioriere vengono rovesciate in via Calzaiouoli, il salotto della Firenze dello shopping. Un cantiere stradale divelto davanti alla stazione di Santa Maria Novella. Scoppia il caso. Quel sincero razzista di Nardella pronuncia la solita cazzata in stile Renzi: “la protesta violenta di questa sera è inaccettabile”. Un uomo spara sei colpi alla testa a un altro uomo e Nardella riesce nell’impresa di equiparare una fioriera alla vita di un uomo nero. Gli costa caro.

Il clima questo pomeriggio su ponte Vespucci si annunciava teso. La rabbia non si spegne. Nardella si presenta invitato da alcuni rappresentati di comunità. È duramente contestato, spinte, offese: “sei un razzista”. È vero. Viene respinto. Arriva uno sputo: “Me ne vado, non voglio provocare”. Non è aria. Progressivamente i giovani si muovono verso il lungarno. A nulla valgono gli appelli al buon senso di tanti antirazzisti bianchi. Non c’è un mondo da tenere unito. La ragione e i miti consigli sono utili solo all’uomo bianco. Coprono la sua guerra. Basta, è solo nera la rabbia per la morte di un altro fratello, sposato alla vedova di Samb ucciso assieme a Diop in piazza Dalmazia cinque anni fa dal fascista Casseri. Vogliono partire in corteo e impongono la propria scelta. Arrivano fino al Lungarno, incontrano la polizia che carica. In centinaia resistono. Le ragioni della calma giocano un ultima carta: il credo, quello della propria gente, quello in cui ogni uomo nero si rifugia per non soffrire. L’imam intona la preghiera. Solo una cinquantina sui 500 senegalesi rimasti si inginocchiano. È tempo di credere a sé stessi.

Una storia assurda quella che si consuma a Firenze. Emergono vite nascoste. Non era un fascista l’uomo che ha sparato. Dicono. Ma ha sparato a caso e a caso ha colpito un uomo nero. Una vita che poteva sacrificare perché in questa società vale meno. È senso comune, tutti lo riconoscono. Meno di una fioriera. Questo è razzismo e c’è chi lo alimenta. Sabato è stato convocato un nuovo corteo. Le tensioni si moltiplicano. Questo senso comune va stravolto. Non è scritto che sarà una marcia del dolore.

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