martedì 18 aprile 2017

LA TURCHIA HA SCELTO ERDOGAN



Erdogan come preventivato vince ma non convince,e la prima certezza di questo esito referendario che ha visto il sì vincere per il 51% è che la Turchia vira verso l'Asia entrando di diritto nello scacchiere in maniera ufficiale nella geopolitica mediorientale abbandonando per ora l'ingresso in Europa,che già prima era giustamente osteggiato e che ora appare come un miraggio.
Un paese spaccato in due con Erdogan che vince soprattutto nella zona centrale conservatrice e che perde nelle grandi città e nella zona curda,con brogli denunciati delle opposizioni e anche da osservatori indipendenti almeno nei seggi dove sono potuti andare.
L'articolo preso da Infoaut(turchia-vince-il-si-alla-riforma-costituzionale-ma-il-paese-si-spacca-a-metà )parla di questo cambiamento che permetterà ad Erdogan di essere il signore e padrone di una nazione importante nella zona più calda di tutto il mondo(vedi:madn pochi-giorni-alla-dittatura-totale-in turchia ).

Turchia, vince il Si alla riforma costituzionale ma il paese si spacca a metà.

In Turchia vince il Si, ma di poco. Con solo il 51% dei voti verrà modificata la Costituzione turca che darà maggiori poteri al Presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan. Le opposizioni denunciano brogli sul 3-4% dei voti che avrebbero fatto la differenza dati i risultati finali. In pratica sarebbero spuntate fuori, secondo le opposizioni al leader dell'AKP, Partito della giustizia e dello sviluppo, alcune schede senza timbro ufficiale, ma ci vorranno altri 10 giorni prima che la commissione elettorale possa pronunciarsi.
Il no ha prevalso soprattutto nelle metropoli come Istanbul (feudo erdoganiano fin dagli anni '90 e un vero e proprio campanello d'allarme per la tenuta dell'AKP), Ankara e Smirne; e dove c'è una grossa prevalenza della comunità curda ovvero nella zona sud est del paese, nonostante le operazioni militari nella zona abbiano precluso il domicilio elettorale a decine di migliaia di sfollati.
Ciò che ha fatto la differenza é stato il voto all'estero. Secondo i dati ufficiali, in nord Europa più del 60 % degli elettori hanno votato si, con punte di oltre il 70% in Olanda, solo i turchi residenti in Svizzera hanno espresso la loro contrarietà al referendum costituzionale. Molti elettori presenti in quei paesi e originari delle zone interne dell'Anatolia (dove il si ha generalmente prevalso) hanno infatti confermato, anche in quest'occasione, il proprio voto conservatore.
La riforma prevede la concentrazione dei poteri in capo ad Erdogan che potrà rimanere al potere fino al 2029. Il potere esecutivo sarà di fatto nelle mani esclusive del Presidente della Repubblica che sostituirà la figura del Premier. Erdogan potrà emettere decreti legislativi e potrà mantenere il legame con il proprio partito che, prima della riforma, doveva essere sacrificato in nome di un compito più grande, super partes, come garanzia democratica. Il parlamento vedrá i suoi poteri ridimensionati e subordinati a quelli del presidente. Inoltre, in caso di emergenza il Presidente della Repubblica potrà decidere per la sospensione o la limitazione dei diritti civili e delle libertà fondamentali. Inutile sottolineare chi sarà a decidere cosa può definirsi emergenza o meno.
Durante le elezioni il clima che si respirava in Turchia era particolarmente pesante si sono registrate aggressioni nelle urne e la presenza di militari che impedivano l'ingresso a chi veniva riconosciuto come possibile elettore del no. Come é risaputo, inoltre, la grave repressione e censura della stampa, soprattutto quella di sinistra dopo il tentato golpe ha fatto in modo di schiacciare la propaganda verso la riforma costituzionale. Secondo l'Osservatorio Balcani e Caucaso sono state analizzate da alcune associazioni indipendenti le ore dedicate dai telegiornali al fronte del no e del si. Erdogan ha avuto una copertura di 53 ore, il suo partito Akp di 83 ore mentre l'opposizione, il partito repubblicano CHP ha trovato spazio per 17 ore e il partito filo curdo Hdp solo 33 minuti. I social media hanno rappresentato il mezzo principale con cui si é dispiegata la propaganda per il no. Sono stati creati centinaia di account con il nome "hayir", no in turco, con l'immagine del pinguino, uno dei simboli della battaglia di Gezi Park. Nei mesi precedenti al referendum era stata incisa una canzone per il no sostenuta dalla comunità curda che é stata subito dichiarata incostituzionale e quindi bandita in ogni luogo pubblico. Il testo recitava "no ad una sola bandiera, no ad una sola nazione, no ad una sola lingua. Vota No".
Continua, inoltre, la campagna #freeturkeymedia per la liberazione di circa 120 giornalisti imprigionati nelle carceri turche e che stanno portando avanti lo sciopero della fame da circa 4 mesi ma con scarsi risultati. Anche la stampa estera viene perseguitata, si trova ancora in carcere un giornalista tedesco mentre da più di una settimana é stato fermato al confine con la Siria il regista e blogger italiano Gabriele del Grande di cui non si hanno notizie certe. Si sta aspettando l'espatrio che però tarda ad arrivare.

L'affluenza alle urne, nonostante gli sforzi di Erdogan di silenziare un intero paese, é stata molto alta e la vittoria del Presidente può essere considerata abbastanza relativa. In termini di consensi la scelta non ha pagato in particolare per gli alleati ultranazionalisti del MHP, con una pesante divisione tra base e dirigenza; e la soffocante unità post-golpe di meno di un anno fa tra AKP, lo stesso MHP e il CHP sembra solo un lontano ricordo. La Turchia non ha appoggiato in maniera netta la riforma costituzionale e considerando il clima che si respira nel paese, milioni di persone hanno votato no e si sono mobilitate per sostenerlo. Nei prossimi mesi questo risultato dovrà avere un risvolto pratico ed Erdogan é consapevole di avere di fronte un paese spaccato a metà di cui una è contraria alla sua figura e all'idea di paese che sta mettendo in pratica.
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