venerdì 7 aprile 2017

59 SFUMATURE DI GUERRA


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Quando i padroni del mondo decidono una cosa nessuno può vietare loro che essa si compia,ed il momento in cui qualcuno seriamente si opporrà alla politica guerrafondaia messa in atto da un pazzo criminale assetato di potere e di sangue come Trump la situazione avrà una caduta verticale.
Stamattina ci siamo svegliati con i notiziari che ci hanno detto che gli Usa hanno bombardato una base militare di uno Stato sovrano,fatto che abiura qualsiasi convenzione del diritto internazionale,con l'intento di colpire aerei e magazzini di munizioni delle forze armate del governo siriano nei dintorni della città di Homs.
Il plauso maggiore esternato è stato quello di Israele che nel frattempo minaccia nascosto dietro le spalle degli Stati Uniti l'Iran e la Nord Corea,mentre sicuramente ha portato gaudio tra i ribelli siriani e le forze dell'Isis...come dice il detto il nemico del mio nemico è mio amico,dove gli ultimi citati sono nemici di Assad e quindi amici degli Usa.
Adesso,in un momento in cui Mosca sta allentando l'amicizia con il legittimo rappresentante del popolo siriano Assad,la reazione russa è stata comunque severa e presagio di relazioni sempre più difficili con Washington:se i russi ed i cinesi che non vedono di buon occhio un eventuale simile intervento contro Pyongyang dovessero allearsi contro gli Usa sarebbero una super potenza difficile da sconfiggere(e personalmente starei dalla loro parte).
L'articolo di quello che è accaduto poche ore fa è il redazionale di Contropiano(internazionale-news ).

Gli Stati Uniti bombardano un aeroporto in Siria. 6 morti.

di Redazione Contropiano
Questa notte 59 missili lanciati da navi statunitensi nel Mediterraneo hanno colpito un aeroporto nei pressi della città siriana di Homs. Secondo le prime informazioni ci sono 6 morti (quattro militari e due civili) e 7 feriti. La decisione è stata presa dall'amministrazione Trump, ormai nelle mani della lobby del Pentagono, mentre il Consiglio di Sicurezza dell'Onu doveva ancora adottare una risoluzione su quanto avvenuto nei giorni scorsi.
La motivazione ufficiale è quella della punizione del governo di Assad per il "bombardamento con armi chimiche" su una città siriana in mano all'Isis. Nonostante questa tesi perda colpi ora dopo ora, l'amministrazione Usa, più per ragioni interne che internazionali, ha scelto l'escalation scatenando il bombardamento missilistico su un aeroporto ritenuto quello da cui sono partiti i raid aerei siriani.
Caute, fin troppo, le reazioni della Russia a questa gravissima forzatura statunitense. "L’attacco Usa in Siria è un attacco a uno Stato sovrano e costituisce una violazione delle norme del diritto internazionale, per giunta pianificato” ha dichiarato Dmitri Peskov, portavoce del presidente Vladimir Putin. “Questa mossa da parte di Washington provoca un sostanziale danno alle relazioni russo-americane, che sono già ridotte a brandelli”, ha aggiunto il portavoce del Cremlino.
Fonti ufficiali statunitensi fanno sapere che Mosca era stata preavvisata del bombardamento. "La Russia è venuta a meno alle sue responsabilità in Siria" ha dichiararo il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, precisando che Mosca è stata avvisata del lancio di missili americano in modo da evitare che i militari sul posto – siriani ed eventualmente russi – potessero essere colpiti. “I russi sono stati avvisati in anticipo” attraverso la speciale linea di comunicazione stabilita tra militari Usa e russi per evitare incidenti in Siria, ha indicato da parte sua il portavoce del Pentagono Jeff Davis.
Scontato il sostegno israeliano al bombardamento statunitense contro la Siria.  Netanyahu ha espresso “pieno sostegno” all’attacco americano in Siria che “manda un messaggio forte e chiaro sul fatto che l’uso e la diffusione delle armi chimiche non saranno tollerati”. “Israele sostiene appieno la decisione del Presidente Trump e spera che questo messaggio di risolutezza rispetto alle orribili azioni del regime di Assad risuoni non solo a Damasco, ma anche a Teheran, Pyongyang e altrove”, ha detto il premier israeliano in un comunicato.

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