martedì 5 luglio 2016

LA CHEVRON E I DISASTRI AMBIENTALI IN ECUADOR E NIGERIA

L'articolo proposto oggi parla della multinazionale dell'industria petrolifera Chevron,che dal 2001 si è fusa con l'altro colosso Texaco e che nel corso degli ultimi decenni si è resa protagonista di disastri ambientali e di centinaia di morti soprattutto in Ecuador.
Come si legge sotto nel pezzo preso da Infoaut(chevron-22-anni-di-crimini-ambientali-a-norma-di-legge )si parla dei danni all'ecosistema,alle falde acquifere e a migliaia di uomini e donne colpite in maniera diretta dagli sversamenti di rifiuti tossici che la corporation Usa fece anni fa e che venne condannata in un primo momento al risarcimento allo Stato sudamericano con una multa di 18 miliardi di Dollari,che mai è stata pagata.
Perché la Chevron si è rifiutata ed ha avviato un contenzioso con l'Ecuador che con la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti ora dovrà pagare la stessa azienda con 106 milioni di $:la  sede giurisdizionale proprio negli Usa è sempre stata contestata dai sudamericani per via degli interessi della multinazionale petrolifera.
La Nigeria invece,visto che nel 2012 l'Ecuador aveva comunque sequestrato tutti i beni della Chevron sul proprio suolo,è stata la nuova meta dello sfruttamento che vede ora aprire un futuro di pericolose estrazioni al largo delle coste nigeriane in uno dei giacimenti di petrolio e di gas naturale più grandi al mondo.
Con un altro link voglio ricordare la battaglia che fece Ken Saro-Wiwa e il popolo Ogoni contro la Shell e che venne ucciso così come ad inizio anno è stata ammazzata l'attivista per i diritti degli indigeni honduregni Berta Caceres,anche lei in prima linea contro lo sfruttamento del territorio da parte delle multinazionali straniere(mascheraaztecaeildottornebbia ).

Chevron: 22 anni di crimini ambientali a norma di legge.
L’estrazione dei combustibili fossili figura tra le prime cause del surriscaldamento globale, sia per le procedure condotte dalle varie compagnie del settore, che per l’inquinamento derivato dalla combustione dei carburanti di derivazione.
Tra le multinazionali regine di questo mercato, all’undicesimo posto nella lista delle compagnie petrolifere, c’è sicuramente Chevron, un’azienda che ha all’attivo circa 30 casi di violazione dei diritti umani in tutto il mondo, crimini che si allargano allo sfruttamento ambientale e animale.
Chevron divenne famosa negli anni 70 grazie ad una sua affiliata, la Texaco, che tra il 1964 e il 1990 ha avvelenato l’Amazzonia ecuadoregna attraverso lo sversamento di milioni di litri di rifiuti tossici. Un disastro ambientale, conosciuto ancora oggi come il più grande nella storia del paese, che ha colpito diverse popolazioni indigene, la biodiversità vegetale e animale ospitata in oltre due milioni di ettari di terra, e inquinato le falde acquifere.
Per più di 22 anni Chevron ha avvelenato queste terre, versando intenzionalmente oltre 60 miliardi di litri di acque reflue tossiche nei fiumi dell’Amazzonia ecuadoregna, occupando 500 mila ettari di foresta, causando l’estinzione di due tribù indigene e il decesso di almeno 2.000 persone colpite da casi di cancro.

Nonostante gli evidenti crimini commessi, lo scorso 7 giugno la Corte suprema degli Stati Uniti ha emesso una sentenza definitiva sul caso, assolvendo Chevron da ogni accusa di sfruttamento, e condannando invece l’Ecuador che adesso dovrà pagare 106 milioni di dollari alla multinazionale petrolifera.
L’Ecuador, infatti, aveva più volte espresso la propria preoccupazione nel dover affrontare una causa di fronte ad una Corte di cui non riconosceva la giurisdizione, voluta invece da Chevron in quanto statunitense.
L’ennesimo esempio di come le istituzioni facciano esclusivamente il gioco delle grandi multinazionali, oltre ad essere un segnale molto preoccupante in merito agli accordi di libero scambio e all’approvazione del TTIP.
E mentre l’Ecuador si vede costretta a risarcire quella stessa multinazionale che gli ha avvelenato le terre, la Chevron continua indisturbata nelle proprie opere di sfruttamento ambientale e sociale spostandosi in Nigeria, dove da qualche anno ha intensificato le opere di estrazione.
Una terra già sufficientemente violentata da Shell e Eni negli anni 90, che videro la resistenza del popolo Ogoni contro le operazioni condotte da queste multinazionali, e l’assassinio nel 1995 di Ken Saro-Wiwa, poeta attivista, impiccato con altri otto membri della sua tribù per aver lottato contro la colonizzazione delle terre e le violenze subite dal suo popolo.
Dopo oltre 20 anni da quei fatti il Delta del Niger viene nuovamente colpito, in questo caso da Chevron attraverso il campo Agbami, giacimento scoperto nel 1998, una struttura che si trova a 113 chilometri al largo della costa e che si estende per 182 chilometri.
L’installazione per l’estrazione sottomarina di petrolio, che lavora ad una profondità di 1.463 metri, nel 2015 ha fatto registrare una produzione media di 129.000 barili di greggio e 14 milioni di metri cubi di gas naturale.
Ma Chevron ha già in cantiere l’ampliamento del progetto attraverso la creazione di Agbani2 e Agbani3, ovvero pozzi sottomarini legati tra di loro ad una nave galleggiante sulla quale sia possibile procedere con lo stoccaggio e la produzione del carburante.
Dal marzo del 2016 ad oggi la Chevron ha subito diversi attacchi da parte dei Delta Avengers, un gruppo armato che lotta per l’indipendenza del Delta del Niger dal governo Nigeriano che, come accadde già all’epoca dell’uccisione di Ken Saro-Wiwa, vive con colpevole passività le azioni condotte dalla multinazionale statunitense.
Decenni di regimi oppressivi, violenze subite a livello ambientale e sociale, espropri e uccisioni, hanno condotto un popolo esasperato alla costituzione di gruppi armati nel tentativo di contrastare chi da sempre conduce i propri affari con l’utilizzo di armi, direttamente o assoldando squadroni della morte.

Fonti: Radio Mundo RealReuters Rinnovabili

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