sabato 23 luglio 2016

BAMBINI RUBATI E QUELLI NON ANCORA NATI

L'oggetto dei due articoli proposti oggi hanno vedono i bambini in primo piano in due vicende però distanti tra loro e che necessitano di diversi commenti fermo stante che si parla di denunce e di ricorsi fatti da adulti ma che vedono come vittime in prima persona proprio loro.
Il primo preso dal Corriere(http://sociale.corriere.it/adozioni-italiani-ladri-di-bambini-inchiesta-choc )e parla di un'inchiesta condotta dal giornalista Fabrizio Gatti pubblicata ad inizio mese sul settimanale L'Espresso(espresso.repubblica.it/archivio )durata quattro anni e che vede accusare il meccanismo delle adozioni di minorenni(in questo caso si parla di bambini provenienti dal Congo)ed in particolar modo l'associazione Aibi e del lavoro delle commissioni pubbliche italiane e congolesi e di arresti,ripicche,sequestri e torture in una triste vicenda di compravendita di esseri umani.
C'è anche la reazione della stessa Aibi e le responsabilità anche del nostro governo e della commissione per le adozioni internazionali che in questa storia non hanno controllato a dovere molte richieste di adozione col risultato di vedere venire bloccate anche quelle iniziate con tutti i crismi del caso.
Il secondo articolo di Repubblica Milano(milano.repubblica-cronaca )parla invece dei bambini che dovranno nascere e delle difficoltà delle coppie sterili che trovano nel loro cammino per poter usufruire della programmazione medicalmente assistita.
Infatti il Tar della Lombardia ha ritenuto illegittima la sentenza della regione di far pagare agli assistiti del servizio sanitario pubblico gli aiuti per la fecondazione assistita eterologa,così come si è espresso il Consiglio di Stato interpellato dalle associazioni che si occupano delle persone che hanno difficoltà ad avere figli.

Adozioni, «Italiani ladri di bambini»: inchiesta choc su L’Espresso. Per Ai.Bi. si tratta di “accuse diffamatorie”.

di Gianluca Testa  
Milano-Una notizia da far tremare i polsi e che getta ombre – diffondendo un malcelato sgomento – nel mondo delle organizzazioni che si occupano di adozione internazionale. Stavolta non ci sono storie a lieto fine. Nessuna foto commovente da prima pagina. Il ricordo della bambina congolese che in aereo fa una treccina nei capelli del ministro Maria Elena Boschi è solo un ricordo. Come un ricordo è l’inno di Mameli cantato dai bimbi partiti da Kinshasa e arrivati a Ciampino per iniziare un nuova vita – dopo lunghe peripezie burocratiche – con la famiglia adottiva italiana.
Oggi questo mondo si è svegliato sentendo suonare un campanello d’allarme. Anzi, una sirena. Perché in copertina, nel nuovo numero de L’Espresso appena uscito in edicola, c’è un titolo choc. Proprio come l’inchiesta che segue nelle pagine interne: «Minori sottratti ai genitori in Congo per darli a famiglie italiane attraverso un’associazione milanese che ha nascosto la verità».
Il titolo di prima pagina, che copre gli occhi di un bimbo africano, è esplicito, doloroso, tagliente: «Ladri di bambini». A firmare l’inchiesta è il giornalista Fabrizio Gatti, lo stesso inviato che una decina di anni fa si finse un migrante «ripescato in mare» per raccontare la vita nel centro di permanenza temporanea di Lampedusa. Dall’interno.
L’INCHIESTA
Stavolta il tema è un altro. Stiamo parlando dei bambini del Congo sottratti alle loro famiglie dai «trafficanti insospettabili» per farli arrivare in Italia. «I casi dimostrati sono almeno cinque. Ma è soltanto la punta dell’iceberg» scrive Gatti.
«L’indagine avviata dalla Commissione per le adozioni internazionali (Cai), cioè l’autorità di controllo della Presidenza del Consiglio su enti e procedure di adozione, ha un seguito ancor più sconvolgente» si legge nell’inchiesta. «L’organizzazione in Africa ha potuto operare grazie alle presunte coperture e alle omissioni dei vertici dell’associazione “Aibi – Amici dei bambini” di San Giuliano Milanese. Secondo le segnalazioni raccolte, i responsabili di Aibi non hanno denunciato quanto sapevano, hanno fornito informazioni non corrispondenti al vero. E, attraverso i loro assistenti locali, avrebbero addirittura ostacolato la partenza per l’Italia di decine di bimbi, mettendo così a rischio il trasferimento di tutti i centocinquantuno minori già adottati in Congo da famiglie italiane».
Proprio pochi giorni fa Cai ha diffuso gli ultimi dati sulle adozioni internazionali: in cinque anni  le autorizzazioni rilasciate all’ingresso di minori in Italia sono dimezzate. Dalle 4.130 del 2010 si è passati a 2.211 dell’anno scorso.
I PRESUNTI SOPRUSI
Il settimanale ha ricostruito la vicenda attraverso l’aiuto di una fonte interna ad Aibi, a contatti diretti con Kinshasa e a un lavoro d’inchiesta sull’associazione iniziata addirittura quattro anni fa.
«Abbiamo così assistito a un film horror. Diciotto bambini tra i 3 e i 13 anni, anche loro già adottati da genitori italiani e quindi con cognome italiano, sono stati tenuti in ostaggio per un anno e mezzo, fino al 29 maggio scorso, in due orfanotrofi a Goma, nella regione più pericolosa nell’Est del Paese africano. Una bambina di 9 anni, figlia adottiva di una coppia di Cosenza, è sparita nel nulla. Altri piccoli sono stati bloccati da un commando e portati al sicuro soltanto dopo lunghe trattative. Un affidatario congolese, che su richiesta della Commissione adozioni della Presidenza del Consiglio e su mandato dell’autorità giudiziaria locale aveva messo in salvo quei bambini, come ritorsione è stato arrestato per una settimana su ordine del presidente del Tribunale dei minori di Goma: lo stesso giudice che Aibi, nelle comunicazioni interne, indica come proprio partner. Durante la detenzione l’affidatario è stato torturato: lo hanno immerso in una buca con gli escrementi della prigione, lo hanno picchiato e gli hanno ustionato i genitali».
LE NOMINE
La vicenda ha risvolti politici. Secondo l’inchiesta, infatti, il presidente di Aibi, Marco Griffni, «quando ha probabilmente intuito di essere sotto indagine» ha cominciato «la sua guerra personale contro la presidente della Commissione per le adozioni internazionali, il magistrato di lungo corso Silvia Della Monica». Risultato?
«Il 10 maggio scorso Matteo Renzi, con una decisione a sorpresa – scrive ancora Gatti – si è arreso alle pressioni: ha infatti annunciato che si sarebbe ripreso le deleghe di presidente della Cai affidate due anni fa a Silvia Della Monica, confermata solo come vicepresidente, per assegnarle al ministro Maria Elena Boschi. Così come poi è avvenuto. Un atto che ha messo in crisi proprio nel momento più delicato l’operazione di salvataggio degli ultimi 18 bambini ancora in ostaggio a Goma».
Secondo Gatti – che parla di arresti, torture e depistaggi – «il governo sapeva dell’inchiesta su Aibi». Ma non è tutto. Il tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, infatti, «aveva già censurato” il presidente dell’associazione Griffini “per aver omesso di denunciare una rete di pedofili che violentava i bambini in un orfanotrofio in Bulgaria e produceva con loro film pornografici».
LA REPLICA
Ieri Aibi ha diffidato la direzione del settimanale dal pubblicare il servizio che oggi è in edicola perché «riporterebbe gravi diffamazioni e veicolerebbe calunnie». L’associazione dice che «di tutte le attività compiute o di cui si è avuta notizia nella Repubblica Democratica del Congo, è sempre stata informata la Commissione per le adozioni internazionali per iscritto». Poi ha aggiunto:
«Le adozioni internazionali nel paese si svolgono, come in ogni altro Stato, sotto la responsabilità delle autorità pubbliche dei due paesi coinvolti» e «nessuna sentenza di adozione né l’ingresso in Italia dei bambini adottati può avvenire senza l’autorizzazione della stessa Cai e delle autorità congolesi».
Aibi ricorda inoltre di aver denunciato – oltre due anni fa alla Cai e alle autorità congolesi e oltre un anno e mezzo fa in Procura, a Milano – «notizie relative alla esistenza di anomalie nelle procedure di adozione in Congo».
@CorriereSociale

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Eterologa, il Tar boccia la Lombardia: "Illegittima la fecondazione a pagamento".

La decisione nel merito del ricorso di un'associazione contro la normativa introdotta dal Pirellone. Nello stesso senso si era già espresso il Consiglio di Stato concedendo una sospensiva.

Il Tar della Lombardia ha dichiarato "illegittima" la "decisione della Regione Lombardia di porre a carico degli assistiti il costo delle prestazioni per la fecondazioni assistite di tipo eterologo". E' scritto nella sentenza depositata sul ricorso presentato dall'associazione 'Sos Infertilità Onlus' contro la Regione.

Nella stessa direzione si era espresso il Consiglio di Stato che aveva accolto la contestazione delle associazioni che hanno fatto ricorso: si crea una disparità di trattamento rispetto a chi accede a una fecondazione omologa, a carico del servizio sanitario. "Riteniamo di essere nel giusto - è il commento del governatore della Lombardia, Roberto Maroni - e perciò presenteremo ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar su eterologa". In una nota ufficiale la Regione Lombardia chiarisce che "l'annullamento delle delibere riporta la situazione allo status quo ante, cioè al giorno prima dell'adozione di quegli atti: in quel giorno le prestazioni PMA eterologhe erano lecite, ma non garantite dal servizio pubblico".

QUANDO PISAPIA ATTACCAVA: "SCELTA OSCURANTISTA"

Quella della disparità è la motivazione centrale con cui il Consiglio di Stato ha censurato la delibera, ritenendo tra l'altro che, diversamente, in attesa del giudizio di merito, la coppia che non può sostenere l'onere economico, potrebbe perdere l'età potenzialmente fertile per accedere alla fecondazione. I giudici avevano comunque rinviato la decisione definitiva al Tar della Lombardia che ora ha emesso il suo verdetto.

Nella sentenza è spiegato che è "fondato" il ricorso nella parte in cui si considera illegittima la scelta della Regione di far pagare per intero l'eterologa, se confrontata con quanto accade invece con la PMA omologa, per la quale l'assistito paga solo il ticket. "Il trattamento deteriore riservato alla PMA di tipo eterologo appare illegittimo - è scritto - anche per violazione del canone di ragionevolezza, attesa la riconducibilità di questa allo stesso genus della PMA di tipo omologo, assoggettata invece al pagamento del solo ticket".

"Di conseguenza, vanno dichiarate illegittime le deliberazioni regionali impugnate nella parte in cui si è stabilito di porre a carico degli assistiti il costo delle prestazioni per la PMA di tipo eterologo, unitamente alla previsione delle relative tariffe", ribadisce la sentenza. Il Tar ha invece rigettato la parte del 
in cui 'Sos infertilità' chiedeva di dichiarare come illegittima la sospensione delle procedure per il rilascio di nuove autorizzazioni e accreditamenti ai Centri di PMA. Questo perché, secondo la sentenza, la sospensione è "necessaria per consentire di adeguare gli standard operativi e le tecniche di effettuazione della PMA alle più moderne tecnologie e di adattare le procedure anche alla luce del recente riconoscimento della possibilità di ricorrere alla PMA di tipo eterologo".

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