sabato 25 giugno 2016

L'AMNISTIA TOGLIATTI

In questi giorni ricorre il settantesimo anniversario dell'amnistia Togliatti,che permise di liberare migliaia di fascisti e che a volte punì i veri patrioti italiani della Resistenza che combatterono per la libertà e la democrazia.
Nel 1946 si voleva creare un clima di pacificazione che produsse odio mai sopito soprattutto ad una distanza così breve dalla fine della guerra,con il Presidente De Gasperi che aspirava a rilasciare tutti i collaborazionisti e con Togliatti leader del Pci e allora Ministro della Giustizia che voleva liberarne il meno possibile.
Si trovò una scelta che era molto più vicina al pensiero del primo Presidente della Repubblica Italiana e che provocò ribellioni e malumori in tutto il paese come riportato dall'articolo preso da Senza Soste(anti-fascismo/il-colpo-di-spugna )quando gli sconfitti ed incarcerati,comunque per reati differenti e tra i più vili come la violenza sulle donne,uccisioni,collaborazionismo col tedesco nazista occupante,e molti di quelli ebbero poi piena agibilità politica e poterono ricoprire da subito cariche pubbliche.
Ed i risultati si vedono ancora oggi con l'esercito,la polizia e tutte le forze armate praticamente nelle mani di fascisti vecchi e nuovi da settant'anni fa ad ora.
Come si poteva procedere allora?
Senza cadere in situazioni limite come avvenne più avanti nel tempo in Cambogia col regime comunista di Pol Pot e in quelli di stampo fascista praticamente in ogni angolo del mondo ma soprattutto in centro e sud america dove l'eliminazione fisica del nemico era prassi usuale,era auspicabile la normale decadenza delle pene che erano state emesse,che fossero stati previsti sei mesi o sei anni,l'ergastolo o dieci anni.
Invece si è scelta,e troppo presto,una soluzione che ha liberato migliaia di criminali di guerra e violentatori che da un giorno all'altro si ritrovarono liberi di poter continuare a fare quello che avevano sempre fatto,visto che la legge Scelba del 1952 ormai è diventata solo uno scritto di buoni propositi e quasi mai applicata.
Ci furono gruppi come la Volate Rossa che fecero giustizia da sé nel'immediato dopoguerra e io ho sempre stimato i combattenti che fecero parte di quel storico ed orgoglioso gruppo che poi a proprie spese riuscirono a regalare legittimità a sentenze che rimasero disattese.
Quell'amnistia fu il primo vero e grande errore commesso dal Partito Comunista che nella figura del leader storico Togliatti calò le braghe nei confronti della Democrazia Cristiana che nel corso dei decenni successivi collaborò e permise di insabbiare tutte le malefatte che i neofascisti riuscirono a perpetrare sul suolo italiano.


Il 19 giugno 1946 il leader socialista Pietro Nenni riassumeva così nel suo diario la giornata parlamentare di quel giorno: “Oggi Consiglio dei Ministri per elaborare il testo dell’amnistia (…) Tendenza di De Gasperi: mettere fuori tutti i fascisti. Tendenza di Togliatti: mollarne il meno possibile”. Il testo di legge che fu approvato appena tre giorni dopo rispecchiava questa seconda impostazione. Il Pci, scrive lo storico Mimmo Frassinelli, “voleva trasformarsi in partito di massa, e aveva la necessità di rompere il ghiaccio con quei settori della società italiana che avevano servito il regime”.
Il segretario del Pci Palmiro Togliatti era all’epoca il Ministro della Giustizia ed era laureato in Giurisprudenza. Volle scrivere di suo pugno la legge, contrariamente a quanto spesso si è letto sul fatto che sarebbero stati i funzionari ministeriali a ispirarla, “fregando Togliatti” (come ebbe a dire Pietro Secchia). I funzionari e i magistrati, spesso di provenienza fascista, furono però quelli che una volta chiamati ad applicare la legge ne utilizzarono tutte le ambiguità per darne un’interpretazione molto “benevola”: in appena quattro giorni la Corte d’Assise di Roma scarcerò ottantanove fascisti accusati di collaborazionismo o di altri gravi reati.
L’elenco dei criminali che sarebbero stati liberati è impressionante: si va da Grandi a Federzoni, da Bottai a Scorza, da Alfieri a Caradonna, da Acerbo ad Ezio Maria Gray, da Renato Ricci a Giorgio Pini, da Teruzzi a Junio Valerio Borghese, da Cesare Maria de Vecchi ai collaboratori della banda Koch. Il caporione del Msi Giorgio Almirante nel 1974 scriverà: “Sarebbe ingeneroso non ricordare l’amnistia voluta da Togliatti per i fascisti”. E sarebbe stato davvero ingeneroso dato che due terzi dei parlamentari del Msi ne avevano beneficiato. La legge permetteva agli amnistiati perfino di ricoprire cariche pubbliche.
L’amnistia suscitò ovviamente grande sconcerto e indignazione negli ambienti della Resistenza: in tutto il nord vi furono rivolte, manifestazioni di protesta, appelli e petizioni. Molti partigiani proposero di riprendere le armi e tornare in montagna. In provincia di Cuneo decine di ex combattenti si asserragliarono per più di un mese nel paesino di Santa Libera. A Casale Monferrato, nel 1947, fu necessario l’intervento dei carri armati, la mediazione del leader della Cgil Di Vittorio e la promessa che non sarebbe stata concessa la grazia per calmare gli animi durante il processo ad alcuni criminali fascisti.
Abbiamo visto uscire - disse Sandro Pertini - quelli che hanno “incendiato villaggi e violentato donne”. E in effetti le sentenze pronunciate dai tribunali hanno del clamoroso: comandanti di plotoni d’esecuzione assolti per non aver sparato e violentatori condannati solo per “oltraggio al pudore”.
I commenti più duri vennero dal Partito d’Azione. Ernesto Rossi definì la legge “una dimostrazione di imbecillità e incoscienza”, mentre Piero Calamandrei “il più insigne monumento all’insipienza legislativa”.
Quel che è certo è che il Pci di Togliatti nell’immediato dopoguerra giocò un ruolo decisivo nella smobilitazione delle migliori energie della Resistenza mettendo le basi per quella lunga repressione antipopolare che parte dalle elezioni del 18 aprile 1948 e si conclude solo negli anni ’60.  
NOTA
Cfr. l’articolo di Nello Ajello su Repubblica del 21 giugno 2006 e il libro “L’amnistia Togliatti” di Mimmo Franzinel
li

Nello Gradirà
Pubblicato sul numero 116 (giugno 2016) dell'edizione cartacea di Senza Soste

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