sabato 11 giugno 2016

IN IS IN,OUT IS OUT...DENTRO O FUORI


Mancano due settimane alla consultazione plebiscitaria che deciderà se il futuro del Regno Unito sia di stare o meno con l'Unione Europea ed il post di metà maggio(aspettando il 23 giugno )dove si paventava la successiva fuoriuscita(nel caso di responso positivo dell'Uk in tal senso)di altri Stati dalla santa alleanza europea è una minaccia ancor più vicina.
Ieri politici ed economisti hanno fatto una piccola prova generale su questo e le dichiarazioni del ministro delle finanze Schaeuble hanno provocato scossoni in negativo in tutte le principali borse europee:infatti la promessa più che il ricatto o monito che se la Gran Bretagna dovesse uscire dall'Europa Unita ci sarebbe una sorta di muro contro muro dalle parti dello stretto della Manica ha generato paura.
Un grosso timore in quanto poi l'Europa perderebbe un pezzo significativo di se stessa,anche se una parte dove non è ancora arrivata la moneta unica,dove ogni protagonista è sicuro che una scelta sia la migliore dell'altra senza la possibilità di poter arrivare ad un equilibrio.
Si prospetta quindi,nel caso di Brexit,un crollo disastroso per l'economia del vecchio continente che vedrebbe in seria difficoltà aziende dai debiti patologici in uno scenario che ancora nessuno veramente ha ancora quantificato ne preventivato...non ci resta che aspettare il 23 giugno e tenersi pronti a sostanziali cambiamenti se la Gran Bretagna dovesse uscire dall'Europa,sia che si abiti a Londra piuttosto che Berlino o Milano.
Articolo di Contropiano(http://contropiano.org/news/news-economia/2016/06/11/prove-tecniche-terremoto-080322 ).

Prove tecniche di terremoto Brexit.

di Claudio Conti.
In politica internazionale, come in quella interna, si estremizzano le paure per le possibili conseguenze di un evento proprio per evitare che accada. Gioco vecchio come il mondo, il fear project, ma una cosa è se lo fa Salvini, tutta un’altra se lo fanno i capitali multinazionali. I quali stavolta hanno parlato in forma quasi ufficiale per bocca di Wolfgang Schaeuble, potente ministro delle finanze tedesco.
Un’intervista a Der Spiegel, a due settimane dal referendum inglese che dovrà decidere sulla permanenza nell’Unione Europea – sia pure nella forma assai blanda spuntata pochi mesi fa da Cameron – per dire qualcosa di tremendamente vero e pericoloso: ce si sarà Brexit, la Ue non sarà più la stessa. E non, come sperano gli europeisti doc, ricorrendo a “più integrazione”, ma con un periodo di caos in cui i più forti – e Schaeuble è sicuro di essere alla testa del paese più forte – imporranno nuove e più stringenti regole sugli incauti che vorranno restarci. “In is in, out is out”.
Nelle stesse ore il finanziere ultraspeculativo George Soros – che RaiNews presentava stamattina come un “economista” (come dire che un macellaio è un veterinario…) – scommetteva su un risultato tranquillizzante: “Sono fiducioso che più ci avviciniamo al voto, più il fronte del sì alla Ue si rafforzerà. Non concordo sempre con i mercati, ma questa volta sì”.
I mercati, ieri, sono crollati fragorosamente ma in modo controllato. A Milano il Ftse Mib ha ceduto il 3,62% a 17.120 punti. In Europa giù Madrid (-3,18%), Francoforte (-2,52%), Parigi (-2,24%) e Londra (-1,86%). Più modeste le perdite Usa (Dow Jones -0,67, S&p – 0,92%).
Un rumoroso avvertimento sceneggiato a beneficio dell’elettorato inglese, perché rifletta bene prima di entrare nei seggi e decida di imporre un perentorio alt a ogni ipotesi di Brexit. Mercati e Schaeuble, insomma, si sono dati da fare per spostare il trend nei sondaggi inglesi, che danno un consistente vantaggio agli euroscettici (in alcuni casi fino al 10% di scarto), facendo intravedere parte del baratro in cui finirebbe l’economia britannica in caso contrario. In is in, out is out. E in fondo, la democrazia è un sistema che può essere tranquillamente bypassato, se non serve più agli obiettivi….
Ma il luciferino ministro tedesco ha voluto esagerare, delineando linee irrecuperabili di frattura, dipingendo l’Olanda come pronta a seguirne l’esempio (e in effetti gli orange hanno a suo tempo affossato la cosiddetta Costituzione europea, votando “no” al referendum, esattamente come i francesi) e altri paesi che sarebbero tentati di farlo. Anche in questo caso, è interessante sottolineare la sintonia di Soros: “Se la Gran Bretagna se ne va, potrebbe essere l’inizio di un esodo generale e la disintegrazione dell’Unione diventerebbe praticamente inevitabile”.
Ma ogni paura ha qualche fondamento. Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha provato a ripetere in altra salsa il suo famoso whatever it takes che salvà l’euro dalla più seria crisi esplosa dalla sua creazione. “Siamo pronti a tutto”, ancora una volta, pur sapendo – e lo sanno anche i mercati – che la Bce ha un solo strumento in mano: l’emissione a dismisura di moneta, cosa che sta già ora creando qualche problema imprevisto.
L’agenzia di stampa specializzata. Bloomberg, ha commissionato una ricerca di scenario sulle possibili conseguenze per le borse mondiali, ottenendo una risposta agghiacciante: -24%, un quarto della capitalizzazione. Che andrebbe a colpire soprattutto quelle aziende che da anni si indebitano (in dollari o euro o yen, a seconda del tasso di interesse più vicino a zero) per riacquistare azioni proprie sul mercato per ottenere senza sforzo una quotazione più alta e bonus stratosferici per i chief of officer.
In realtà, come spiega a Bloomberg il capo dei ricercatori di Axioma, «Il presupposto è che non ci sarà alcuna Brexit – se succede, nessuno è ancora davvero mentalmente preparato».
Se non lo sono le menti, figuriamoci gli strumenti operativi… Gli scossoni borsistici di ieri, insomma, saranno anche stati “prove tecniche di terremoto”. Ma la faglia su cui si esercitano non sembra delle più solide, allo scadere del nono anno di crisi sistemica…

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