giovedì 16 aprile 2015

CHI LA FA L'ASPETTI

Non volevo quasi dedicare molte parole allo sbirro,una delle famose mele marce della polizia italiana,che ha commentato su Facebook la sua voglia di tornare indietro nel tempo e di fare quello che fece nella scuola Diaz,massacrare e torturare.
E' una persona,termine da prendere con le molle per un delinquente della sua specie,fondamentalmente infelice al mondo,uno che si sente qualcuno solo quando indossa la divisa e che probabilmente e statisticamente nel proseguo della sua triste esistenza sparerà alla moglie o ai figli o ad entrambi.
Un semplice servo dello Stato dei peggiori,di quelli che obbediscono senza avere una coscienza,uno di quelli ciechi e sordi a quello che ci rende umani,uno che ha smarrito la sua anima credo,o che forse non l'ha mai avuta.
Chi poi s'inguaia con certe affermazioni sui social networks poi deve assumersi le colpe di quello che ha fatto,detto o scritto,e pensato,perché di gente in giro che è stanca ed incazzata,o che ha paura,questi sono i più pericolosi,ce n'è tanta.
Articolo predo da Infoaut.

La polizia italiana tortura e non si stanca.


E' passata solo una settimana da quando commentavamo la sentenza con cui la Corte di Strasburgo ha condannato l'Italia per tortura in relazione alle violenze compiute dalla polizia alla scuola Diaz durante il G8 di Genova. Mentre l'indignazione tardiva ed ipocrita di tanti sinistri democratici sembra già essere svanita nel nulla, qualcosa torna a ricordarci perché i tanti discorsi sulle "mele marce" e sul singolo episodio che infanga l'altrimenti impeccabile "onore" delle forze dell'ordine siano ancora una volta quanto di più distante dall'ordinarietà di ciò che le forze dell'ordine effettivamente sono.
E' uno degli stessi protagonisti della mattanza alla Diaz, Fabio Tortosa, a ricordarcelo: poliziotto in servizio nel VII nucleo della celere all'epoca di Genova 2001, all'indomani della sentenza ha commentato così sul proprio profilo facebook: "Io sono uno degli 80 del VII NUCLEO. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte". Sono l'arroganza condensata in queste poche parole e l'orgoglio con cui quelle violenze vengono rivendicate e sbandierate pubblicamente a rendere l'idea di quanto infimi e disgustosi siano questi omuncoli che torturano e uccidono al riparo di una divisa. E che, dall'omicidio di Carlo Giuliani alla mattanza della Diaz, sono pronti a difendere e rivendicare senza esitazione abusi, pestaggi, violenze e assassinii.

E se si prosegue nella lettura dei commenti sottostanti a quello di Tortosa (operazione consigliata solo agli stomaci più forti...) tale constatazione non può che rafforzarsi: centinaia di apprezzamenti, espressioni di vicinanza e soprattutto il supporto di decine di colleghi che in tanti ricordano con toni nostalgici e commossi "l'entusiasmo cameratesco" con cui la polizia affrontò le giornate di Genova. Dev'essere lo stesso entusiasmo cameratesco che portò alcuni poliziotti ad esultare al grido di "Uno a zero per noi" e "Speriamo che muoiano tutti" alla notizia della morte di Carlo Giuliani. O quello che oggi li porta a continuare ad infangare la sua memoria, ad applaudire assassini, a parlare di "quella merda di Giuliani" a cui è stato giusto "far saltare la testa" (...com'era la storia del proiettile vagante e deviato? O quella del sasso in volo?).

Potremmo proseguire ancora a lungo ma tanto ci basta per chiamare i poliziotti coi loro nomi: torturatori e assassini. E pure pronti a rifarlo.

Ancora una volta, per voi solo odio e disprezzo.

Nota: mentre scrivevamo, il profilo del celerino in questione è diventato inspiegabilmente irraggiungibile...sicuramente il rimprovero o il consiglio bonario di qualche superiore preoccupato di tutelare l'impeccabile immagine delle forze dell'ordine di fronte alla velocità con cui l'odioso messaggio stava circolando, e non certo un sussulto di rimorso o di dignità da parte di Tortosa, sentimenti che difficilmente trovano spazio accanto a tanta infamia.

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