mercoledì 14 gennaio 2015

E CUCCHI,LONZI,BIANZINO,PERNA... SONO QUASI MORTI


In questi minuti il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano sta rassegnando le dimissioni dopo essere stato l'unica più alta carica dello Stato ad essere eletto per due mandati consecutivi anche se quest'ultimo è stato onorato solo in parte come già premesso sin dall'inizio.
Non sto qua tanto a sindacare su quello di buono o di cattivo questo presidente ha svolto per l'Italia,che con il suo ordinamento vede nel capo dello Stato una figura comunque politicamente non di primo piano entrando nello specifico del suo potere decisionale.
Certamente sono stati commessi alcuni errori ma in questi anni tanti politici ne hanno fatti anche di peggio,Napolitano in quasi nove anni di mandato ha più che altro espresso cordogli e messaggi di solidarietà e vicinanza in occasioni di stragi,di eventi naturali catastrofici e di morti eccellenti,tutto qua o poco più.
La dichiarazione di ieri in cui definisce il Quirinale quasi una prigione però proprio non la mando giù in quanto in questi anni,il riferimento è del decennio 2002-2012(http://www.ilfattoquotidiano.it/mappa-morti-carcere-patrie-galere/ ),nelle carceri italiane si sono registrati ben 915 morti,in maggior parte suicidi,poi malattie,overdose,omicidi e ben 177 casi,il 19% del totale,che sono casi in cui è in corso un'indagine giudiziaria:e quindi oltre alle morti di Cucchi,Lonzi,Bianzino e Perna citate nel titolo del post,ve ne sono altre parecchie decine occultate e per ora sempre giustificate da qualche cosa.
Concludo il post comunque non condividendo tutti gli attacchi che varie forze politiche italiane,in primis Movimento 5 stelle e Lega Nord,hanno perennemente rivolto a Napolitano:articolo preso da La Stampa(http://www.lastampa.it/2015/01/13/italia/politica/napolitano-sono-contento-di-tornare-a-casa-TS1Qg1pwRNffd4AbI1RgrJ/pagina.html ).


Napolitano: sono contento di tornare a casa.


Il capo dello Stato oggi annuncerà le dimissioni. E risponde a una bambina: “Qui al Quirinale è tutto bello, ma è un po’ una prigione”.

«Certo che sono contento di tornare a casa!». C’è un che di liberatorio in questa ammissione che Giorgio Napolitano consegna con franchezza ad una bambina che a piazza del Quirinale con candore gli chiede se non gli dispiaccia un po’ lasciare un così bel palazzo. Il presidente della Repubblica uscente non ha mai nascosto il peso dell’età e le difficoltà crescenti a portare avanti i «gravosi» compiti richiesti dalla guida del Quirinale e spiega con semplicità che al palazzo dei papi «sì, si sta bene, è tutto molto bello ma si sta troppo chiusi, si esce poco». «Quasi una prigione», aggiunge forse pensando alla sua amatissima casa al rione Monti dove rientrerà finalmente oggi dopo quasi nove anni passati al Colle. E a Monti (pochi passi dal Quirinale) sarà festa per il rientro del vicino illustre. 

È stato il presidente delle riforme a tutti i costi, elegante e «pignolo», come egli stesso ha confermato. Attento a ogni dettaglio, lavoratore instancabile, profondo conoscitore della vita parlamentare e delle dinamiche politiche dell’intera storia repubblicana, Giorgio Napolitano oggi firmerà di suo pugno le dimissioni che poi viaggeranno, portate personalmente dal segretario generale Donato Marra (per nove anni l’ombra del presidente), tra il Senato, la Camera e palazzo Chigi. E il suo ultimo messaggio agli italiani non poteva che essere nel solco del suo granitico «credo»: unità del paese e riforme. Gli italiani, ha ripetuto ieri mattina, siano «sereni» per il futuro e soprattutto «molto consapevoli della necessità, pur nella libertà di discussione politica e di dialettica parlamentare, della necessità di un Paese che sappia ritrovare, di fronte alle questioni decisive e nei momenti più critici, la sua fondamentale unità».

E quale questione oggi all’esame delle forze politiche è più «decisiva» delle riforme costituzionali e del varo della nuova legge elettorale? Il presidente in questo percorso verso le dimissioni ha sempre fatto sapere che la sua «personalissima» decisione deve rimanere slegata dalle logiche parlamentari e che comunque le Camere rimangono attive anche con la supplenza di Pietro Grasso. Ma in attesa della formalizzazione della sua uscita le opposizioni già affilano le armi e si preparano a chiedere - un minuto dopo la firma presidenziale - una pausa dei lavori parlamentari in attesa che il quadro politico si chiarisca con l’elezione del nuovo inquilino del Colle.

Schermaglie legittime di «una robusta minoranza», si sottolinea nei palazzi delle istituzioni, ben sapendo che non ci sono appigli costituzionali per interrompere i lavori d’aula.


Ma per un giorno le tensioni parlamentari sono state lontane dalla mente del presidente che ieri ha dedicato la giornata a chiudere per bene la sua lunga amministrazione del Quirinale, salutando prima il corpo dei Corazzieri («che stile!») e poi i tanti dipendenti del Quirinale, divenuti dopo tanti anni quasi una famiglia. Ci sarà tempo - ma non troppo - per rientrare nell’agone politico da senatore a vita. Le battaglie non mancano di certo. Tanto che si segnala una curiosa coincidenza: già il giorno dopo la sua uscita, giovedì, si dovrebbe andare ai primi voti in Senato sull’Italicum e Napolitano - se deciderà di non concedersi neanche un giorno di riposo - potrebbe già schierarsi. Certamente lo farà più avanti quando si aprirà la corsa al Colle per la scelta del suo successore, come conferma lo stesso premier Matteo Renzi: «Napolitano continuerà a far sentire la sua voce» e «sarà un grande servitore come senatore a vita».

Oggi quindi l’uscita: niente di formale, solo una breve cerimonia nel cortile del Quirinale. Poi via, con la moglie Clio, a Monti, vicolo dei Serpenti, nel cuore di Roma antica. Non certo una «prigione».

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