sabato 15 ottobre 2011

LE BANCHE E LA CRISI

Nel giorno della protesta globale che accomuna molti movimenti e soprattutto quello degli indignados per protestare contro chi vuole farci pagare la crisi,ecco un'articolo di Mazzetta preso da Indymedia  che descrive qualche motivo per avercela con le banche e con i governi che hanno permesso la nascita e la proliferazione di questa crisi economica che sfora nel sociale.
Le banche,coccolate dai governanti ma pronte a girarsi indietro per mordere la mano di chi gli dà loro da mangiare,sono piene di faccendieri e personaggi più o meno noti e più o meno invischiati con la politica che a nome di milioni di persone stringono alleanze con i regimi nazionali da cui ricevono valangate di soldi,spartendosi gli utili se va bene e facendo pagare ad altri se va male.
In parole spicce paesi come l'Italia forniscono soldi a tasso zero alle banche perché non possono fallire loro(troppi amici di amici che hanno mani in pasta di qui e di là)e quando le banche prestano denaro all'Italia vogliono tassi altissimi,intanto ci siamo noi poveri pirla a pagare.
Ma la gente si sveglia,s'incazza e farà di tutto per far pagare a chi di dovere il maltolto,augurandosi la promulgazione di leggi con delle pene severe per questi criminali a piede libero.

Perché ce l'hanno con le banche.

Un monumentale articolo di Mazzetta che spiega con un linguaggio semplice e numeri incontestabili i motivi delle mobilitazioni in corso
Negli ultimi due giorni mi sono imbattuto un un sacco di gente che derideva quelli che parteciperanno alla manifestazione di domani, ormai oggi, perché se la prendono con le banche e perché hanno idee perniciose e confuse come il rifiuto di pagare "il debito".
Curioso, ma ancora più curioso è stato scoprire che persone normalmente informate e sveglie esprimessero punti di vista totalmente infondati. Non so come possa accadere, il rumore nel discorso pubblico nel nostro paese è mostruoso, ma non credevo fosse così potente da abbagliare anche gente normalmente avvertita, che pare venuta su in un mondo di fantasia quando s'arriva a discutere di soldi.
Dev'essere la scarsa abitudine a discutere di questioni politiche serie, la società dello spettacolo offre per lo più occasioni adatte al grande pubblico incentrate di preferenza su questioni bagatellari e quando cominciano a parlare gli economisti tutti tacciono e annuiscono anche se non capiscono.
Poco importa che gli economisti e gli esperti di finanza si siano dimostrati collusi con chi ha combinato il disastro, poco importa che ripetano le stesse ricette che ci hanno spinto al disatro e ancora meno sembra importare che raccontino balle, facilmente verificabili come tali facendo due conti
Dice oggi La Repubblica, purtroppo in un articolo non troppo in evidenza:
MILANO - Il conto per il salvataggio delle banche occidentali dal crac continua ad aggiornare i suoi record. Dal fallimento della Lehman (settembre 2008) fino al 5 giugno scorso – certifica R&S Mediobanca – i contribuenti europei e americani avevano già staccato un assegno da 2.700 miliardi per puntellare i bilanci degli istituti (privati) di credito. Una montagna d´oro pari al debito di Italia, Spagna e Grecia messe assieme. E da allora il tachimetro del salva-banche non ha mai smesso di correre: Parigi e Bruxelles hanno appena messo sul piatto 95 miliardi per evitare il fallimento di Dexia. Copenhagen ha inondato il mercato interbancario nazionale con 54 miliardi di liquidità per scongiurare – come vaticinava il Financial stability board – la chiusura di 75 delle 90 banche danesi.
La bolletta degli aiuti pubblici alla grande finanza è arrivata così a un soffio dai 3mila miliardi in tre anni, qualcosa come 2,6 miliardi al giorno. E il pressing per convincere il nascituro Fondo salva stati a lanciare un salvagente al credito continentale dovrebbe consentire di superare in agilità e in tempi brevi anche questa astronomica soglia.
Josè Manuel Barroso, al riguardo, è stato categorico. La valanga di soldi statali spesi per mettere in sicurezza il settore (1.270 miliardi in Europa e 1.479 negli Usa secondo i calcoli certosini di Piazzetta Cuccia) non è bastata ancora a risolvere i suoi problemi. Anzi, siamo solo all´antipasto: «Gli istituti europei devono essere urgentemente ricapitalizzati», ha ammesso mercoledì il presidente della Commissione Ue. E anche se la priorità è procedere «con finanziamenti privati», è chiaro a tutti che alla fine, con i mercati in fibrillazione, a fare la parte del leone per tappare i buchi saranno di nuovo i fondi pubblici. Quanti soldi servono? Secondo gli analisti un´altra iniezione di liquidità da 200 miliardi di euro circa. Quasi il doppio della cifra necessaria per salvare l´intera Grecia dal fallimento.
A mettere in ginocchio le banche – ancora convalescenti dopo la sbornia dei subprime – è stato negli ultimi tempi un uno-due da brividi: la crisi dei debiti sovrani che ha sforbiciato il valore dei titoli di stato dei paesi più a rischio nei loro portafogli e la difficoltà a raccogliere fondi per finanziare le attività. Sul mercato, sostengono i dati della Bce, c´è un eccesso di liquidità vicino ai 200 miliardi. Gli istituti però – preoccupati ognuno di mettere ordine in casa propria – non si prestano più soldi tra di loro e anche le altre fonti di finanziamento si sono improvvisamente inaridite: il mercato dei bond è congelato, con le emissioni di nuovi titoli scese tra giugno e settembre del 72% rispetto allo stesso periodo del 2010. E i fondi monetari americani, calcola Jp Morgan, hanno ridotto di 700 miliardi i loro prestiti alle banche europee che non sono ritenute più affidabili come una volta.
Risultato: di soldi se ne trovano pochi. E se si trovano è solo a tassi altissimi. E la stretta del credito, questo è il timore delle autorità, rischia di trasmettersi in tempi brevi sui clienti. Bloccando (e alzando il costo) dei finanziamenti a cittadini e imprese con il rischio di mandare in tilt l´economia continentale spingendola verso il baratro della recessione.
L´allarme, come testimoniano le dichiarazioni di Barroso e quelle di Jean-Claude Trichet «servono interventi rapidi per le banche», ha detto il governatore uscente della Bce) è già rosso: la crisi di Dexia, per dire, è figlia proprio di questo circolo vizioso sulla liquidità. E qualche preoccupazione c´è anche per la situazione italiana: i big tricolori – in difficoltà nella raccolta di fondi sul mercato – hanno iniziato a battere cassa sempre più spesso con la Bce. A settembre, ad esempio, hanno chiesto a Eurotower ben 104 miliardi di finanziamenti, un record pari al 235% in più di quanto prelevavano dalla banca centrale la scorsa primavera.
Il futuro, insomma, è già scritto. L´Europa – pena il collasso dell´economia – non può permettersi di abbandonare al loro destino le banche facendole fallire; i privati, con le Borse in crisi, non hanno soldi per sostenerle; i fondi sovrani dei paesi emergenti si sono già scottati le dita realizzando minusvalenze da paura sui big del credito Usa all´epoca dei salvataggi del 2008. A saldare il conto rischiano di essere di nuovo i contribuenti. E il salvagente da 3mila miliardi stanziati finora per tenere in piedi le banche rischia, purtroppo, di essere solo una caparra.
Se non bastasse, per completare il conto della serva c'è un'altra montagna di soldi che si è spostata oltre la frontiera delle "banche occidentali", basti pensare a quanto hanno impegnato i giapponesi, che devono pagare anche i conti dei danni provocati dal terremoto, dallo tsunami e dalle centrali della Tepco, che ovviamente non aveva nemmeno i soldi e le risorse per far fronte alla prima emergenza, figurarsi a rimediare i danni.
Ma ci sono anche esenzioni e agevolazioni fiscali, garanzie e altri valori che sono state trasferite alle banche, ai quali bisogna aggiungere i capitali e ai risparmi dei privati che sono andati in fumo, un'altra montagna di denaro.
Una montagna che però non era e non è stata sufficiente a coprire le scommesse sul tavolo della finanza, così è stato permesso alle banche e alle società finanziarie di mettere a bilancio valori fittizi, per far quadrare i conti nella speranza che "la crescita" e "la ripresa" li avrebbero lentamente riportati vicino alla linea di galleggiamento. Com'era prevedibile e previsto è andata male e adesso servono altri soldi.
I soldi pubblici sono serviti a far ripartire la giostra, con le stesse modalità di prima e con in più la garanzia esplicità d'impunità. Nessuno è stato punito per il disastro del 2008, nessuna regola è stata cambiata, nessuna sanzione draconiana o meno è stata introdotta a minacciare chi volesse di nuovo fare il furbo con i soldi degli altri. Persino i duecento miliardi di "liquidità" necessari urgentemente li devono mettere i governi, anche se le banche hanno in pancia la stessa cifra e non la vogliono impegnare, anche se pure quelli sono soldi ricevuti dai governi.
Ormai diventato uno spettacolo comune vedere i governi che prestano soldi a tasso zero alle banche, che poi chiedono tassi salatissimi per dare quegli stessi soldi in prestito agli enti locali o a quegli stessi governi. Una scena che si è ripetuta in tutto il mondo, una tafazzata mai vista, che contribuisce a far tornare al profitto le banche a spese delle collettività.
Un cosa curiosa, se si pensa che di solito basta un incidente stradale per eccitare le folle e chiedere pene medioevali per i pirati della strada. Chi si è arricchito infrangendo tutte le regole del "buon padre di famiglia" invece di essere, almeno, allontanato dal gioco è stato dotato di soldi e garanzie pubbliche e riaccompagnato al tavolo, dove barano tutti fumandosi i soldi ricevuti dai governi e dove ci sono gli stessi croupier collusi e le stesse regole che si sono dimostrate incapaci dì arginare i criminali.
Sì, criminali, perché e non si fossero commessi gravi reati, non solo contabili, e non si fosse fatto stracci delle poche regole esistenti, non si sarebbe prodotto un disastro di tali dimensioni. Ma nessuno di quelli che abitualmente chiedono l'impiccagione per i drogati e i criminali è andato in televisione a chiedere una retata, ma nemmeno le dimissioni dei responsabili, che tra autorità di controllo ed operatori non è che siano irrintracciabili o invisibili, sono tutti ancora al loro posto. Chi non sarebbe tentato dal delinquere e delinquere ancora a queste condizioni, con l'intorno che non predica altro che il fare profitto?
La delinquenza finanziaria è straordinariamente diffusa e impunita, accanto alla corruzione, ma ben pochi politici in Occidente si sono levati ad opporsi al "salvataggio" incondizionato delle banche "troppo grandi per fallire" e al loro tornare in affari più scalmanate di prima per approfittare dei prezzi di saldo e dei capitali gentilmente offerti dai governi.
Che purtroppo si reggono, insieme alla classe politica, sul finanziamento che proviene proprio dalla finanza e che dipendono per la loro visibilità e spesso per la loro sopravvivenza dai media controllati dalla finanza.
Non c'è da stupirsi se ora la narrazione corrente descrive paesi in difficioltà perché hanno una spesa pubblica o il debito troppo elevati, se oggi come ieri e prima della crisi si propone di risolvere tagliando pensioni e welfare, è vero che non ce li possiamo più permettere.
Va così ovunque, ma è perché quelle migliaia di miliardi ( o milioni di milioni, una grandezza che sfugge troppo spesso al cittadino comune) di perdite virtuali nei bilanci delle banche si sono trasformati in debiti reali nei bilanci degli stati e ancora ne servono. Se paghiamo quelli non abbiamo i soldi per il resto.Abbiamo comprato cartaccia a valori nominali del tutto infondati, in cambio abbiamo ricevuto e riceveremo solo debiti.
Ed erano milioni di milioni assolutamente virtuali, sia perché ormai erano crediti inesigibili da istituzioni finanziarie fallite, che per una curiosa occorrenza: non rappresentavano (se non in parte) alcuna ricchezza reale sottostante, tanto la leva finanziaria usata sconsideratamente oltre ogni ragionevolezza aveva gonfiato il volume delle esposizioni.
Erano tutte scommesse allo scoperto, che farebbe chiunque perché come si è visto finchè si vince s'incassa e non si divide con nessuno e quando si perde, si perdono i soldi di altri.
Fare impresa senza rischio d'impresa, è il liberismo del terzo millennio, si può fare di tutto, se va male il conto lo pagheranno altri, un clima culturale criminogeno, un Far West nel quale dominano i banditi, che però non eccita nemmeno i giustizialisti.
Gli stati devono ridurre le spese per pagare i debiti delle banche, per dare liquidità alle banche, ma il fatto che non esista al mondo una quantità di denaro vero da coprire i buchi fatti scommettendo denaro virtuale, avrebbe dovuto sconsigliare fin dall'inizio d'imbarcarsi in un'impresa del genere, che conduce inevitabilmente a trasferire il fallimento delle banche in capo agli stati e ai cittadini, che poi non saranno comunque in grado di salvare le banche, almeno stando alla dura realtà dei numeri.
Un'operazione che avrebbe forse avuto senso se fosse stata risolutiva, ma l'immenso falò di soldi pubblici è servito solo a nutrire un sistema fallito che potrà solo fallire nuovamente, a rimettere in strada e lanciare in discesa una macchina che si era già schiantata perché priva di freni.
Una decisione presa in fretta da pochissime persone in nome e conto di milioni di persone che non hanno avuto alcuna voce in capitolo o rappresentanza nella discussione, anche se in democrazia sarebbe stato carino che fossero informati e si potessero formare un'opinione, pesare su una scelta di un'importanza del genere.
C'è bisogno fermare immediatamente questo genere di politiche, anche a costo di perdere definitivamente i soldi già buttati, che anche il nostro paese ha buttato pro-quota, perché la direzione intrapresa porta inevitabilmente a un altro baratro, in fondo al quale ci sono sofferenze ancora maggiori per le collettività e per i cittadini.
C'è un evidente e urgente bisogno di mettere mano alle regole e controlli della finanza, un bisogno riconosciuto e subito ripudiato da molti, e c'è di bisogno di farlo a livello globale e occidentale in particolare. C'è da sanare la situazione dei conti, far pagare chi ha non ha pagato e chiedere sacrifici a chi non li ha fatti, c'è da allontanare chi ha fallito e da punire chi ci ha messo del suo e si è distinto nel far danni. C'è da riportare sotto controllo un mondo della finanza ormai anarchico e al di sopra di qualsiasi regola e controllo, a tratti addirittura eversivo, sempre pericoloso per le società come per i singoli cittadini.
C'è da ricostruire una società di persone, perché le società per azioni hanno fallito e le oligarchie si sono dimostrate incapaci di gestire il potere che hanno occupato senza far implodere qualsiasi sistema economico, persino quello statunitense, il paese più ricco e bandiera di tutto quello che è andato male.
Invece non succede niente, negli Stati Uniti si rinnovano addirittura le esenzioni fiscali ai ricchi, concesse quando tutto andava bene perchè avrebbero "creato ricchezza". E mantenute anche oggi che quella ricchezza non l'ha vista nessuno. Così nel nostro paese, dove pagano i soliti, persino il "contributo di solidarietà" sarà più leggero per i più ricchi, che lo potranno pure detrarre.
Per questo "dal basso" s'avanzano proposte come quella del default selettivo o gridano slogan come: "Noi la vostra crisi non la paghiamo". C'è la coscienza che il sistema non vuole o non può riformarsi, consapevolezza supportata dal fatto che non c'è in discussione una sola proposta o piano diverso dal soccorrere le banche, non c'è mai stato nulla del genere e probabilmente non ci sarà mai.
Il sistema così comè non è in discussione, ha dimostrato di essere incapace di riformarsi, non s'avanza nessuna discussione su una possibile rifondazione capitalista e nemmeno un'ombra d'indecisione nel perseverare in errori già più volte dimostrati tali dai fatti, prima ancora che da qualche ostica teoria economica o dall'opinione di qualche guru della finanza.
Continueranno a dire che dobbiamo pagare perché abbiamo fatto la bella vita, che non ci possiamo permettere le pensioni che abbiamo sempre avuto o le cure che ci siamo sempre pagati con i soldi delle nostre tasse. Anche negli Stati Uniti hanno cercato di puntare il dito sui clienti dei mutui sub-prime, nonostante allo scoppio della crisi questi avessero un tasso d'insolvenza inferiore a quello dei mutui di clienti più solvibili.
Serve a farci sentire colpevoli di aver vissuto al di sopra dei nostri mezzi e quindi disporci a pagare il debito che avremmo accumulato noi, lavoratori, imprenditori e cittadini che non hanno accesso al potere decisionale e nemmeno alcuna speranza d'influenzarlo.
Un debito che ora siamo chiamati ad onorare, pena sentirci, noi, indebitati. Delinquenti con i conti fuori posto di fronte ai maestrini che ci sgridano perché abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi e noi, gente perbene, sappiamo che i debiti si onorano e facciamo sacrifici per onorarli, a differenza di altri.
Credo che sia per aver assimilato questa convinzione che tanti in queste ore si stupiscono di certe proposte, che poi è lo stesso motivo per il quale quelli sempre pronti a prendere torce e forconi contro gli ultimi, non sono ancora saltati alla gola dei veri responsabili.
La forma mentis media è quella plasmata dalla narrazione dominante, le convinzioni sono marmoree, le affermazioni stentoree, le risposte spesso liquidatorie, prendono per matti quelli non concordano con la necessità di acconsentire all'inevitabile, che è tale perché è da tempo l'unica offerta, non c'è discussione, non c'è spazio per alternative, nemmeno nelle convinzioni di molti dei truffati. Truffati che deridono altri truffati in nome dei truffatori, si può e si deve far meglio.
Anni e anni di unanimismo hanno lasciato il loro segno, il convergere della sinistra verso i modelli economici iperliberisti ha cancellato qualsiasi approccio critico alle grandi questioni economiche, i pochi che hanno percorso questa strada ora si ritrovano stranieri in patria, scambiati per profeti confusi che predicano l'eresia.
Con i soldi buttati finora solo dai governi di USA e UE si azzeravano le montagne di debito dei tre paesi forse messi peggio della UE o, in alternativa, si potevano aggiustare i bilanci dei paesi di mezzo mondo.
Bastava anche lasciarli dov'erano e ci sarebbero ancora o sarebbero entrati in circolo come denaro fresco e attivo nelle rispettive economie, invece non ci sono più e siamo daccapo, con le banche che hanno bisogno di un'altra montagna di denaro per non crollare e con i governi che indebiteranno ancora di più i propri cittadini per dargliela, mentre gli addetti continueranno a martellare il volgo per convincerlo che è stato spendaccione e che ora deve pagare per i suoi vizi e i lussi che si è goduto, lui, indebitamente.
Per questo in parecchi ce l'hanno con le banche. E non solo con le banche.
fonte: http://mazzetta.splinder.com/post/25663115/perche-ce-lhanno-con-le-banche

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