Assordante silenzio sul terrorismo di stato israeliano. Qualcuno “avvelena i pozzi”.
di Sergio Cararo
Nessuna reazione ufficiale negli Stati Uniti all’ennesimo omicidio di uno scienziato iraniano. Mentre sul New York Times tre diverse fonti dell’intelligence confermano il coinvolgimento israeliano, il presidente uscente Trump si è limitato a rilanciare la notizia su Twitter. Senza commenti.
Il solo che negli Usa ha avuto il coraggio di prendere la parola è stato, paradossalmente, l’ex capo della Cia John Brennan, (in carica dal 2013 al 2017) che ha condannato l’omicidio dello scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh: affermando che: “È stato un atto criminale e altamente incosciente. Rischia di provocare una rappresaglia mortale e una nuova ondata di conflitto nella regione. I leader iraniani farebbero bene ad attendere il ritorno di una leadership responsabile degli Usa a livello globale e resistere la tentazione di rispondere ai presunti colpevoli”, ha scritto su Brennan su Twitter.
Scontati e malposti appelli alla moderazione sono giunti dal ministero degli Esteri della Germania e dall’Unione Europea. Quest’ultima, tramite un comunicato di un portavoce dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di scurezza, Josep Borrell, ha qualificato l’omicidio dello scienziato come “un atto criminale”.
La replica iraniana non si è fatta attendere: “Vergognoso che alcuni si rifiutino di opporsi al terrorismo e si nascondano dietro appelli alla moderazione” ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri dell’Iran, Mohammad Javad Zarif. Inutile cercare qualche reazione sul sito della Farnesina.
Il nuovo capitolo nel dossier del terrorismo di stato israeliano, con l’ennesimo omicidio di uno scienziato iraniano, meriterebbe reazioni assai più contundenti.
Nell’aprile del 2018, il premier israeliano Netanyahu aveva indicato pubblicamente Fakhrizadeh, in una conferenza dedicata alla minaccia iraniana e invitava i presenti “a ricordarsi questo nome”.
Prima di Fakhrizadeh sono stati assassinati altri 5 scienziati iraniani con esecuzioni sommarie attribuite al Mossad israeliano. Inoltre questa estate numerose installazioni nucleari sono state oggetto di attacchi e sabotaggi. Il più grave è avvenuto nel centro atomico di Natanz. Per le autorità si è trattato di un atto di sabotaggio.
L’omicidio di Fakhrizadeh è avvenuto pochi giorni dopo il vertice strategico tra l’uscente Segretario di Stato USA Mike Pompeo, Netanyahu e il principe saudita Mohammed Bin Salman dedicato proprio all’Iran. Un incontro trilaterale che è servito ad avvelenare i pozzi a Biden in Medio Oriente.
L’atto terroristico di ieri intende condizionare le future mosse del presidente Joe Biden, interessato a rivedere la posizione nei confronti dell’Iran. “È evidente che gli omicidi riducono gli spazi diplomatici. Forse ora si capisce meglio la decisione del Pentagono di spostare, qualche giorno fa, in Qatar alcuni bombardieri strategici B 52”, scrive il Corriere della Sera attraverso il suo sempre “ben informato” Guido Olimpio.
Appare chiaro il tentativo israeliano di condizionare la politica della nuova amministrazione Biden nei confronti dell’Iran. Un editoriale del Jerusalem Post, arrivando alla conclusione che “sarebbe un errore storico della futura amministrazione Biden gettare al vento la politica di Trump sull’Iran” scrive testualmente che:
“Purtroppo Biden ha già espresso il proprio impegno verso il defunto accordo sul nucleare iraniano, mosso probabilmente da un eccesso di reazione alle politiche di Trump, anche quelle positive. Invece di prendere una chiara posizione contro il sanguinario regime iraniano, il neo eletto presidente Biden vorrebbe revocare le sanzioni imposte all’Iran dal presidente Trump, consentendo così a Teheran di sovvenzionare ancora più efficacemente il terrorismo e la violenza in tutta la regione”.
Il fatto che le autorità israeliane intendano impedire con ogni mezzo il ripristino dell’Accordo con l’Iran sul programma nucleare, emerge anche dalle righe successive secondo cui: “Il ritorno a quell’accordo con l’Iran sarebbe anche una decisione estremamente invisa agli stati del Golfo, tra cui alcuni alleati chiave degli Stati Uniti come l’Arabia Saudita, che ha ampliato la cooperazione e i legami con gli Stati Uniti durante la presidenza Trump. Fare appello all’Iran – o per dir meglio, accondiscendere quel regime – significa inviare un messaggio sbagliato a Teheran e un messaggio sbagliato agli alleati americani”.
E’ bene ricordare che secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea), il programma nucleare militare iraniano è ormai abbandonato da un ventennio e non ci sono prove che oggi Teheran stia cercando di ottenere l’atomica. Da quando gli Usa hanno abbandonato l’accordo Jcpoa, le riserve di uranio iraniani a basso arricchimento sono aumentate di almeno 12 volte oltre i limiti ammessi dall’intesa.
La stessa Aiea però in questi decenni non ha mai potuto ispezionare gli impianti nucleari israeliani, senza mai forzare la mano e limitandosi ad accettare il fatto che Israele nega di possedere armi nucleari e non ha firmato il Trattato di Non Proliferazione nucleare, che invece è stato firmato dall’Iran.
Insomma un livello di impunità e complicità che appare del tutto inaccettabile. Se qualcuno in giro si mettesse ad uccidere gli scienziati nucleari israeliani quali sarebbero le reazioni?
Nessun commento:
Posta un commento