sabato 12 dicembre 2020

SEMPRE IN AUMENTO I LAVORATORI POVERI

Con le dovute differenze che contraddistinguono i vari paesi membri che compongono l'Unione Europea ci sono stati negli ultimi dieci anni degli impoverimenti generali dei lavoratori che segnano un trend negativo,ma molto positivo e redditizio per i padroni capitalisti,che è quello del lavorare di più ma guadagnando sempre meno.
Ovvero anche lavorare le stesse ore ma vedere la busta paga sempre più leggere e sempre con meno diritti,che vanno dai permessi retribuiti alle malattie passando per le ferie spettanti:e si parla comunque di persone che ricevono uno stipendio perché svolgono una mansione come evidenziato nell'articolo di Contropiano(aumentano-i-lavoratori-poveri-in-europa ).
Tutto questo è conseguenza di un sempre più aumento di lavori a tempo determinato,con questa precarietà che molto spesso non permette di passare da un'occupazione ad un'altra in tempi brevi,ed i lavoratori più giovani sono quelli che subiscono prepotentemente questo dato di fatto assieme agli immigrati di tutte le età e le donne,mentre pure quelli a contratto indeterminato tuttavia hanno subito dei tagli di stipendio e di diritti.
Ci sono casi specifici di turni molto lunghi con parecchie ore lavorate di fila e con straordinari pagati nemmeno tre Euro l'ora(vedi:businessonline lavorare-ed-essere-poveri )oppure un tot di ore lavorative suddivise nell'intero arco della giornata,ed il numero dei così detti working poor con percentuali differenti continua a lievitare.

Aumentano i “lavoratori poveri” in Europa. Avere un lavoro non basta più.

di  Stefano Porcari   

In dieci anni, dal 2010 al 2019 nell’Unione Europea  i “lavoratori poveri” – o working poor – sono aumentati del 12%. Praticamente quasi un lavoratore europeo su dieci (9,4%) è sceso al di sotto della soglia di rischio povertà definita dall’Eurostat (cioé con redditi inferiori al 60% della media della popolazione).

Secondo una indagine dei sindacati europei, su dati Eurostat, in Italia i lavoratori considerati poveri sono passati dal 9,5% al 12,2% della popolazione lavorativa, con un aumento del 28%

I lavoratori poveri sono aumentati soprattutto in Ungheria (58%), Gran Bretagna (51%), Estonia (43%). Cresciuto di poco o nulla cioè l’1%, solo in Svezia e Austria.

La ricerca della “Benchmarking Working Europe 2020” della Ces, evidenzia che i più colpiti sono i lavoratori giovani, quelli immigrati e quelli con contratti a termine, anche se si sono registrati aumenti di working poor in ogni categoria di lavoratori, inclusi quelli che hanno un orario a tempo pieno e con contratto a tempo indeterminato.

Secondo lo studio, solo quattro Stati membri hanno salari minimi legali al di sopra della soglia salariale considerata a rischio di povertà.

Un anno fa il gruppo di ricerca “Working, Yet Poor (WorkYP)”, nel quadro del programma Horizon  della Ue segnalava che uno dei problemi è anche la rilevazione della soglia di povertà in base ai salari minimi esistenti nei vari paesi europei.

La distribuzione della povertà sul lavoro, infatti differisce in modo sostanziale in Europa, sia a causa delle diverse dinamiche dei sistemi sociali, sia in conseguenza delle diverse politiche attuate dal singolo Stato membro. Le disparità regionali sono tali che per essere considerati lavoratori poveri in Romania bisogna guadagnare meno di 200 euro ma in Lussemburgo la soglia arriva a meno di 2000 euro mensili.

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