martedì 22 maggio 2018

UN CONTE PER DUE POLLI


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Il volto nuovo della non politica italiana si chiama Giuseppe Conte e proprio lui sembra dover essere il premier della prossima legislatura che dopo ottanta giorni di consultazioni e di spartizioni di poltrone ha visto l'inciucio fascioleghista e grillino compiersi.
Un nuovo esecutivo che fa già paura di più all'Europa che agli italiani,anche se non c'è da stare molto allegri soprattutto per le politiche sociali ma anche quelle economiche con lo spauracchio della flat tax che vedrebbe avvantaggiati i soliti noti benestanti.
Di origini pugliesi,avvocato e professore di diritto privato con cattedra a Firenze ha insegnato anche all'università privata della Luiss a Roma oltre ad essere componente della commissione cultura di Confindustria(quella dei padroni,ma ultimamente anche dei sindacati confederali),a Malta e Sassari.
Ma il suo curriculum è già nell'occhio del ciclone in quanto molto di quello scritto potrebbe essere non veritiero come le specializzazioni ottenute a New York dove non lo conoscono affatto,anche se è presto per giudicare qualcosa che dovrà ancora fare.
Già proposto dai pentastellati come possibile Ministro della pubblica amministrazione,non ha mai votato i 5 stelle e si è dichiarato uomo di sinistra(e qui una toccata di palle ci sta),sembrerebbe il naturale proseguo di tutti gli ultimi premier non eletti dal popolo e non presente nemmeno nelle liste
elettorali,in barba alle polemiche che ci sono state su questo fatto.
Del fatto che dica che le ideologie del novecento non siano più adeguate e che sia importante giudicare una forza politica da quello che compie nel rispetto del diritto e delle libertà fondamentali dei cittadini,è ancora un rebus che si deve risolvere,perché essere un paladino della giustizia,della legalità e della lotta alla corruzione coccia male con gli amici più stretti di Salvini,che onestamente non riconoscono Conte come nuovo capo del governo:articolo di Left(eletto-dal-popolo ).

Eletto dal popolo.

di Giulio Cavalli   
Movimento 5 Stelle e Lega Nord hanno corso alle ultime elezioni da avversari. Se le sono date di santa ragione, anche. E se due partiti se le danno si santa ragione, inevitabilmente, significa che in quel momento sono convinti di avere differenze irredimibili di programma e, in questo caso, di valori etici. I leghisti dicevano descrivevano i grillini come impreparati, fanfaroni, non credibili; i grillini descrivevano i leghisti come ladri, servi di Berlusconi, pericolosi e molto altro.

Non solo: il Movimento 5 Stelle ha sempre detto di non volere nemmeno immaginare un accordo con i partiti. La diversità del Movimento stava proprio nel ritenere tutti uguali gli altri, inconciliabili con i valori del Movimento. La Lega, dall’altra parte, rivendicava l’appartenenza alla coalizione di centrodestra (ricordate? Salvini voleva esserne il leader, fin dalla campagna elettorale). In sostanza si sono presentati agli elettori così.

Poi: la contestazione fatta al Partito democratico nel corso degli ultimi governi (con tutte quelle che invece nel merito si sarebbero potute fare) fu di avere messo alla presidenza del consiglio Matteo Renzi che alle elezioni non si era nemmeno presentato come semplice parlamentare. Dissero (sia Salvini che di Maio) che un governo non uscito dalle urne è una forzatura del presidente della Repubblica. Inaccettabile, dicevano.

Ancora: tra le diverse contestazioni fatte al governo Renzi ci fu quella di essere avvenuto quando gli equilibri politici erano ormai cambiati. In sostanza l’accusa era di essersi presentati alle elezioni da alleati con la sinistra e poi avere cambiato gli equilibri.

Bene. Facciamo un patto. Quello che sta accadendo ora (e non si dica del contratto di governo perché ogni governo nel momento in cui chiede la fiducia al Parlamento ovviamente illustra un programma, senza bisogno della metafora berlusconiana del contratto) è politica. Mettiamoci d’accordo: o quelli di prima erano pessimi e quindi sono pessimi anche questi, oppure semplicemente la politica e le mediazioni funzionano così, come stabilito nei termini della Costituzione. Almeno questo, prima di partire.

Buon martedì.

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