venerdì 25 maggio 2018

ALBERTO BRASILI


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Già nel lontano 1975 i giornalisti e gli investigatori relegavano aggressioni mortali di stampo fascista ad aggressioni casuali così come oggi si parla di risse tra balordi o altre motivazioni quando vengono colpiti dei compagni ma anche coppie di omosessuali o stranieri,quasi sempre in branco contro uno o pochi,da parte della feccia che si richiama al nazifascismo.
L'articolo di Infoaut(storia-di-classe )ci parla dell'uccisione in Via Mascagni a Milano del diciannovenne Alberto Brasili,colpito a morte dalle lame di cinque fascisti mentre camminava assieme alla sua ragazza che sopravvisse per puro caso,in un'imboscata avvenuta alle loro spalle nei pressi della sede provinciale dell'Anpi mentre stavano staccando dei simboli dell'Msi.
Alberto era uno studente che lavorava,da sempre impegnato nella lotta per il diritto allo studio e presente durante le occupazioni di scuole in un periodo di lotta sociale e soprattutto di agguati e di assassinii tra le opposte fazioni.

25 maggio 1975: i fascisti uccidono Alberto Brasili.

Domenica 25 maggio 1975: sono le dieci e mezzo di sera, Alberto Brasili, 19 anni, e la sua ragazza Lucia Corna, 23, stanno camminando in via Mascagni, a Milano, vicino a piazza San Babila.
É troppo tardi quando si accorgono di essere stati seguiti da cinque fascisti, usciti dal bar all'angolo fra corso Vittorio e piazza San Babila. Quando Antonio Bega, Pietro Croce, Giorgio Nicolosi, Enrico Caruso e Giovanni Sciabicco gli sono addosso, hanno solo il tempo di vedere il luccichio delle lame.

Alberto viene colpito da cinque coltellate, tutte ad organi vitali, quando arriva all'ospedale Fatebenefratelli il cuore smette di battergli, squarciato da una coltellata. Lucia viene colpita con eguale brutalità, ma sopravvive perché gli squadristi che le si accaniscono addosso la colpiscono all'emitorace sinistro, mancando il cuore di pochi centimetri.

Alberto dall'età di quattordici anni era uno studente lavoratore, frequentava le scuole serali, e di giorno lavorava in un negozio di antifurti elettrici, in modo da portare a casa uno stipendio in più, di cui la famiglia aveva necessità. Egli era un ragazzo che, come molti altri, si impegnava nella lotta per il diritto allo studio, e partecipava alle manifestazioni del movimento: nel 1970 ad esempio aveva partecipato all'occupazione della sua scuola, il Settembrini, per l'introduzione del biennio sperimentale, ed era stato identificato dalla polizia durante lo sgombero.

I due ragazzi aggrediti dalla squadraccia missina erano colpevoli di essere  "vestiti da comunisti", e di aver staccato un manifesto dell'MSI, vicino alla sede dell'ANPI dove poi sono stati colpiti alle spalle.

La situazione a Milano in questo periodo è rovente: a seguto dell'omicidio dell'antifascista Claudio Varalli da parte di Antonio Braggion, militante di Avanguardia Nazionale, avvenuto il 16 aprile, e delle numerose iniziative e manifestazioni antifasciste, il comune si era visto obbligato a negare tutte le piazze per il comizio per l'inizio della campagna elettorale dell'MSI, che si sarebbe dovuto tenere alcuni giorni dopo la morte di Alberto, per evidenti motivi di ordine pubblico.

Alcuni giornali hanno liquidato l'agguato ad Alberto e Lucia come un' "aggressione casuale", o addirittura uno scambio di persona, ma nella realtà quello di Alberto è un "delitto fascista che si lega perfettamente al clima che la destra sta preparando in Milano in vista dell'apertura della campagna elettorale.  Questa uccisione a freddo, apparentemente inspiegabile,  ha lo stesso impatto psicologico di un attentato dinamitardo". (Manifesto, 27 maggio 1975)

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