Il Gip ha infatti cambiato il loro capo d'imputazione che è passato ad omicidio preterintenzionale con l'aggravante delle false dichiarazioni rese alla magistratura:l'articolo preso da Senza Soste parla dell'esito delle perizie mediche che inchioderebbero gli agenti.
C'è da vedere ora,il processo si terrà il prossimo dicembre,se ci sarà una condanna e se nell'eventualità del caso che la stessa possa essere effettivamente scontata,visto che i quattro assassini di Federico Aldrovandi non solo non sono ancora in carcere ma indossano ancora la divisa.
Caso Ferrulli, si aggrava la posizione dei quattro poliziotti.
Il gip cambia capo d'imputazione per i quattro agenti per la morte di Michele Ferrulli: omicidio preterintenzionale e dichiarazioni false.
"Quattro agenti di polizia indagati per omicidio preterintenzionale e dichiarazioni false. Il 4 dicembre partirà il processo". E la novità «è dirompente», spiega a Globalist, Fabio Anselmo, legale di parte civile, che è riuscito a convincere il gip che il reato è ben più grave di quello ipotizzato dal pm. La notizia viaggia sui social network, prima ancora che sulle agenzie di stampa, l'esito dell'udienza preliminare del caso Ferrulli. Viaggia grazie all'attivismo di Domenica Ferrulli, la figlia della vittima, e di donne come Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi, o Lucia Uva, sorella di Pino. Donne che hanno impattato la "normale" violenza della malapolizia. Insieme stanno facendo un pezzo di strada per sostenersi a vicenda ma, soprattutto, perché non accada mai più che un cittadino si imbatta in degli agenti o dei militari e non sopravviva a quell'incontro.
Quello che è accaduto a Michele Ferrulli «deceduto improvvisamente durante un'azione di contenimento accompagnato da percosse di agenti della polizia». Gaetano Thiene dell'Università di Padova, perito anche nei processi Aldrovandi e Cucchi - proprio come Anselmo è avvocato di parte civile negli stessi casi - ha messo nero su bianco che «la causa della morte è stata un violento attacco ipertensivo, verosimilmente precipitato dallo stress emotivo del contenimento, dall'eccitazione da intossicazione da alcool e dalle percosse con tempesta emotova e iperattivazione adrenergica».
Pesava 147 chili Michele Ferrulli ed era alto nemmeno 1 metro e 80. Obeso e iperteso. Il 30 giugno del 2011 stava ascoltando musica ad alto volume a Milano, in via Varsavia, davanti a un bar. Per gli uomini della volante che intervennero era troppo aggressivo e «ostile». Quindi fecero venire un altro equipaggio. Seguì una colluttazione così sopra le righe che i quattro agenti subiranno un processo ma non per eccesso colposo nell'omicidio colposo del Ferrulli - come scritto nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari - bensì per omicidio preterintenzionale perché le manganellate di quella sera e le modalità dell'intervento lo fecero fuori.
Alle 22 arrivarono sgommando le volanti. 13 minuti dopo fu avvisato il 113. Mezz'ora di manovre rianimative non servirono a nulla. Alle 22.50 verso l'ospedale si mossero ma l'uomo ci arrivò cadavere. E, il giorno appresso, secondo il pm, i quattro firmarono pure un rapporto artefatto smentiti da un telefonino di nuova generazione che li avrebbe immortalati mentre lo pestavano di brutto che lui era già a terra. L'autopsia del 5 luglio parlerà di insufficienza contrattile acuta del ventricolo sinistro con edema polmonare e cerebrale. La sbornia di quella sera, secondo i medici, non c'entrava nulla con la morte. L'avevano ucciso le botte.
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