C'è un'enorme confusione su questo caso e tutti i notiziari più importanti ma non per questo maggiormente veritieri ha fatto una confusione enorme tra la libertà d'espressione e la diffamazione ed il falso,reati per cui Sallusti è stato incriminato:per le sue ideologie del cazzo foraggiato da Berlusconi mai nessuno ha osato condannarlo,criticarlo ed anche aspramente sì,ma non è mai stato giudicato reo per essere tenuto al guinzaglio dal suo editorialista.
Un altro è quando spandi merda e dichiari apposta il falso,che tu lo faccia di mano tua o che comunque qualcun'altro scriva sulla carta straccia di cui sei il direttore:se uno ti denuncia perché hai raccontato un sacco di balle e viene fuori che sei colpevole allora paghi,se non lo sei vai avanti col tuo lavoro.
I due contributi odierni sono made in Livorno rispettivamente tratti da Senza Soste e da Don Zauker ed entrambi sono contro la levata di scudi di alcuni tra i più pagati(e a volte non veritieri)giornalisti e giornalai italiani,tacciando giustamente l'amante della Santanchè(dimmi con chi vai e ti dirò chi sei)di essere un criminale,inventando favole su magistrati e augurando la pena di morte per quelli abortisti e ponendo domande e dando anche risposte su casi avvenuti anni orsono e per cui tutta la schiera dei giornalisti sopra descritti non si è degnata di alzare un dito(vedi Luttazzi infamato,inquisito e che ha sempre avuto ragione).
O Sallusti,per te un vaffanculo grandissimo sperando di non vedere mai più una tua firma nemmeno su di un foglio di carta igienica,fin tanto che tu scrivi della merda sulla tua ideologia malata e le tue opinioni(se mai ne hai avute)fallo per il tuo capo e per i quattro gatti che leggono il tuo giornale,ma se devi inventare notizie per fomentare odio e per cambiare scena politica,tagliati le mani.
Si può essere garantisti con Sallusti? No .
La condanna a 14 mesi di detenzione al direttore del Giornale Sallusti lascia indifferente persino chi, come chi scrive, trova aberranti i reati di opinione ed è per il superamento della società del carcere. Sallusti è stato condannato per aver pubblicato un articolo sul Giornale dove si pubblicava una notizia falsa (un aborto indotto da un magistrato) invocando la pena di morte per i magistrati abortisti.
Dopo la condanna di Sallusti si sono quindi riscoperti, nel centrodestra come nel centrosinistra, i principi illuministici della libertà d'opinione. Si è chiesta la grazia per il direttore del Giornale e ci si è domandati se si può finire in carcere per un'opinione. Francamente tutto questo ci ricorda le affermazioni sul rischio di violazione della costituzione americana in caso di chiusura di siti nazisti negli Usa.
Il Giornale è una testata che, da quando è l'organo del berlusconismo militante, attacca la libertà di espressione di chiunque intimidendo e, come abbiamo visto, falsificando. Attacchi e dossieraggi che si pretendono essere fatti in nome della libertà di espressione. La lista delle nefandezze, di violazioni della libertà e della dignità altrui del Giornale di Sallusti, e prima ancora di Feltri, è troppo lunga per essere citata. E' comunque sufficiente evocarla per negare qualsiasi solidarietà al direttore del Giornale.
Risulta oltretutto perlomeno indecoroso che il dibattito sulla libertà di espressione in Italia si risvegli attorno a Sallusti. Davvero siamo all'Ancien régime: esiste un regime di garanzie per il notabilato e uno stato permanente di arbitrio nei confronti del popolo. Infatti il dibattito pubblico gira intorno al fatto che una legge vecchia, superata e ingiusta per molti, sia applicata al direttore de Il Giornale. Fino ad oggi però andava bene, probabilmente non aveva mai colpito così in alto ma solo qualche direttore di giornali o siti d'informazione indipendente.
Non bisogna abboccare alle lenze degli illuministi fuori tempo massimo, quelli che hanno voltato le spalle tutte le volte che in questo paese i diritti si violavano davvero: nessuna solidarietà a Sallusti.
Sotto la ricostruzione di ciò che è avvenuto a livello giudiziario e l'articolo incriminato di Dreyfuss che tutti hanno sempre saputo essere Renato Farina, ex agente Betulla che ha ammesso di aver collaborato, quando era vicedirettore di Libero, con i Servizi Segreti italiani, fornendo informazioni e pubblicando notizie false in cambio di denaro. Il fatto che l'agente Betulla venga fuori oggi stesso, fa capire come la volontà di Sallusti fosse solo quella di far venire fuori un caso politico. I censurati e perseguitati dei nostri tempi sono altri
(red) 27 settembre 2012
Mai avremmo immaginato di scrivere qualcosa in difesa di Alessandro Sallusti.
Lo ha fatto persino Travaglio, ma lui è un giornalista, è parte in causa, noi no.
E questo è sbagliato. Perché quando si mettono a rischio la libertà di stampa e di espressione, siamo tutti parti in causa. Perché molti politici, o potenti in genere, usano la querela preventiva come mezzo per intimidire giornalisti, comici e voci a loro contrarie. Non a caso, quando accadde a Luttazzi, propose di inserire nei codici civile e penale un comma che diceva, più o meno, così: “Ok, te mi quereli per centinaia di migliaia di euro. Però se perdi la causa, li dai te a me!”
Ma Luttazzi è stato troppo frettolosamente, e ingiustamente, dimenticato.
E ora tocca a Sallusti.
Sallusti che ha intrapreso una battaglia di libertà contro un magistrato che lo ha denunciato per diffamazione.
Sallusti nuovo Bobby Sands, nuovo Gandhi, nuovo Nelson Mandela… e la Santanché nuova Winnie Mandela.
Sallusti che è stato condannato e che, ovviamente, non farà neanche un giorno di carcere e, forse, sarà assegnato ai servizi sociali, tipo accompagnare gli anziani a fare le analisi, portare la spesa a casa di vecchie vedove, o fare da vigile all’uscita delle scuole elementari.
E già questo dovrebbe essere un motivo per schierarsi contro la condanna: tenete Sallusti lontano dai nostri padri, dalle nostre madri e soprattutto dai nostri figli, per favore!
Ma la questione è tutt’altro che semplice, perché non ci passa neanche lontanamente per la testa l’idea di gioire quando qualcuno, perfino uno come Sallusti, viene condannato per aver espresso un’opinione o per aver riportato e commentato una notizia. Anzi, per aver fatto scrivere a un altro, in qualità di direttore responsabile.
Però. C’è un però.
Da tempo, certe testate (giornali e telegiornali) fanno della diffamazione a mezzo stampa una strategia editoriale e politica, la cosidetta “macchina del fango”. Le migliaia di euro da pagare per una causa per diffamazione vengono addirittura messe a budget, quando si dirigono certi giornali. Cosa sono poche migliaia di euro, davanti alla possibilità di infangare un avversario politico o di diffondere notizie false e tendenziose? Si paga, magari si pubblica una smentita nella pagina degli annunci delle troie (ma anche no) e intanto si è portato a casa il risultato.
Ecco, questo modo di fare giornalismo, tanto di voga negli ultimi anni, è vergognoso e deve finire.
L’arresto è un modo per mettere in regola le cose? No, sicuramente no, di questo siamo sicuri. Così come siamo sicuri… no, via diciamo sospettiamo che il buon Sallusti e il suo editore (chi sarà mai?) non sperassero altro per poter così lanciare un’altra offensiva mediatica contro i magistrati e i loro calzini turchesi.
Però mai avremmo pensato di scrivere qualcosa in difesa di Sallusti.
E, infatti, non lo facciamo nemmeno ora.
Lo ha fatto persino Travaglio, ma lui è un giornalista, è parte in causa, noi no.
E questo è sbagliato. Perché quando si mettono a rischio la libertà di stampa e di espressione, siamo tutti parti in causa. Perché molti politici, o potenti in genere, usano la querela preventiva come mezzo per intimidire giornalisti, comici e voci a loro contrarie. Non a caso, quando accadde a Luttazzi, propose di inserire nei codici civile e penale un comma che diceva, più o meno, così: “Ok, te mi quereli per centinaia di migliaia di euro. Però se perdi la causa, li dai te a me!”
Ma Luttazzi è stato troppo frettolosamente, e ingiustamente, dimenticato.
E ora tocca a Sallusti.
Sallusti che ha intrapreso una battaglia di libertà contro un magistrato che lo ha denunciato per diffamazione.
Sallusti nuovo Bobby Sands, nuovo Gandhi, nuovo Nelson Mandela… e la Santanché nuova Winnie Mandela.
Sallusti che è stato condannato e che, ovviamente, non farà neanche un giorno di carcere e, forse, sarà assegnato ai servizi sociali, tipo accompagnare gli anziani a fare le analisi, portare la spesa a casa di vecchie vedove, o fare da vigile all’uscita delle scuole elementari.
E già questo dovrebbe essere un motivo per schierarsi contro la condanna: tenete Sallusti lontano dai nostri padri, dalle nostre madri e soprattutto dai nostri figli, per favore!
Ma la questione è tutt’altro che semplice, perché non ci passa neanche lontanamente per la testa l’idea di gioire quando qualcuno, perfino uno come Sallusti, viene condannato per aver espresso un’opinione o per aver riportato e commentato una notizia. Anzi, per aver fatto scrivere a un altro, in qualità di direttore responsabile.
Però. C’è un però.
Da tempo, certe testate (giornali e telegiornali) fanno della diffamazione a mezzo stampa una strategia editoriale e politica, la cosidetta “macchina del fango”. Le migliaia di euro da pagare per una causa per diffamazione vengono addirittura messe a budget, quando si dirigono certi giornali. Cosa sono poche migliaia di euro, davanti alla possibilità di infangare un avversario politico o di diffondere notizie false e tendenziose? Si paga, magari si pubblica una smentita nella pagina degli annunci delle troie (ma anche no) e intanto si è portato a casa il risultato.
Ecco, questo modo di fare giornalismo, tanto di voga negli ultimi anni, è vergognoso e deve finire.
L’arresto è un modo per mettere in regola le cose? No, sicuramente no, di questo siamo sicuri. Così come siamo sicuri… no, via diciamo sospettiamo che il buon Sallusti e il suo editore (chi sarà mai?) non sperassero altro per poter così lanciare un’altra offensiva mediatica contro i magistrati e i loro calzini turchesi.
Però mai avremmo pensato di scrivere qualcosa in difesa di Sallusti.
E, infatti, non lo facciamo nemmeno ora.
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P.S. Apprendiamo adesso che la condanna è stata sospesa. Vabbè, via, provaci ancora, Sal!
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