mercoledì 28 dicembre 2011

LA VITA DI GIORGIO BOCCA


I commenti alla morte di Giorgio Bocca sono stati quelli di dolore e costernazione per la mancanza di un uomo che nel suo piccolo ha cercato di cambiare le sorti dell'Italia negli ultimi settant'anni,e se i messaggi di numerosi politici,colleghi giornalisti e persone comuni sono stati di questo tono altri hanno puntualizzato l'appartenenza di Bocca al primo fascismo,del suo razzismo verso i meridionali e la sua omofobia.
Tracce che hanno gettato un'ombra su quest'uomo che ha anche combattuto assieme ai partigiani e che ha contribuito grazie al suo modo di scrivere,di fornire un autorevole ritratto dell'Italia prima e dopo il secondo conflitto mondiale arrivando fino ai giorni nostri.
Ognuno di noi ha scheletri più o meno ossuti nell'armadio,Bocca di certo un santo non lo era ma chiossenefrega di essere sacri per quel che vale in una vita:i personaggi si amano e si odiano,si elevano a dèi o si seppelliscono vivi,e tutto questo può accadere,alternare e cambiare nel corso di una sola esistenza.
Per quel che mi riguarda ho sempre reputato Giorgio Bocca persona degno di stima e rispetto,anche se conscio di certe sue boutade dettate più dalla sua schiettezza piuttosto che preferire seguire qualcuno o qualcosa col guinzaglio stretto al collo.
Anche perché dopo 91 anni di vita si fa presto a raccontare dei pochi errori e sbagli a fronte delle innumerevoli opere virtuose di un uomo.
Articolo preso da"Repubblica.it".

IL CASO

L'ultimo saluto di Milano
al "partigiano della verità"
Gran folla di cittadini, giornalisti e intellettuali alla cerimonia funebre per Giorgio Bocca. Boeri
annuncia per fine gennaio un incontro sul suo pensiero “duro come la roccia e utile come il pane”
di CARLO BRAMBILLA
L’ultimo saluto dei milanesi a Giorgio Bocca, quando finita la messa, nella chiesa di San Vittore, il feretro viene portato al cimitero di Lambrate per la cremazione, è un lungo, interminabile applauso, sulle note di Bella Ciao, intonate da un gruppo di amici e vecchi partigiani. Nella chiesa gremita di cittadini, mescolati alle autorità, ai conoscenti, ai moltissimi giornalisti, ieri mattina era palpabile la commozione per la scomparsa di una delle più grandi firme del giornalismo italiano.
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Stretti nella folla, nonostante il funerale fosse celebrato in forma privata, c’erano in rappresentanza del Comune la vicesindaco Maria Grazia Guida e l’assessore alla Cultura Stefano Boeri. Intellettuali come Umberto Eco, amici di sempre come Ottavio Missoni con la moglie e l’editrice Rosellina Archinto. E poi, tra gli altri,
il direttore di Repubblica Ezio Mauro, quello del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, il direttorte dell’Espresso Bruno Manfellotto. Carlo Feltrinelli, editore dei suoi libri. Giornalisti come Gad Lerner e Marco Travaglio. Il critico d’arte Philippe Daverio, il sacerdote don Virginio Colmegna della Casa della carità.

Boeri annuncia la volontà di ricordare presto in città, con una serie di iniziative, anche nelle scuole, la figura di Bocca. E in serata scrive sulla sua bacheca di Facebook: «Ultimo saluto a Giorgio Bocca. Per fine gennaio con la famiglia e il sindaco prepareremo un momento civico di riflessione sul suo pensiero a Palazzo Marino. Un pensiero duro come la montagna e utile come il pane». Tra tutti in commenti della giornata, lapidario quello di Umberto Eco ieri mattina, prima di entrare nell’abitazione di Bocca, in via Giovannino de Grassi, per un saluto alla famiglia: «Era un grande montanaro che non la mandava a dire a nessuno».
«Un partigiano della parola» lo definisce dall’altare il sacerdote amico, don Roberto Vignolo. Che lo ricorda con grande intensità: «Credeva nel valore della verità. Ha difeso la distinzione tra fatti e opinioni. E se di qualche grande giornalista si può dire che usava il fioretto, di lui si potrebbe dire che usava la sciabola o una spada a doppio taglio. Ruvido, qualche volta perfino abrasivo, Bocca non scriveva per corteggiare il lettore. In qualche caso arrivava perfino a ferirlo, così da suscitare una reazione di pensiero. Una reazione morale».
Sull’altare salgono a commemorarlo la collega di una vita, Natalia Aspesi, che ricorda la sua visione pessimistica, negli ultimi tempi, del giornalismo di oggi e del futuro dell’Italia. E il suo agente letterario, Marco Vigevani, che definisce Bocca un «rabdomante» per la sua capacità di «fotografare l’invisibile».
«Ci mancherà la sua voce coraggiosa, la forza del suo essere “partigiano della parola"», dichiara all’uscita, sulla piazza, la vicesindaco Guida. «Giorgio Bocca lascia un grande vuoto nella nostra città e in tutto il Paese per la sua capacità di incarnare il ruolo di giornalista e scrittore nel senso più alto del termine, con rigore, onestà intellettuale e coerenza. Una funzione fondamentale nella vita di una società complessa come la nostra, nella quale le opinioni intelligenti e impavide possono costituire un faro per le persone perbene». Mentre Stefano Boeri commenta ancora: «Giorgio Bocca rappresentava un’eccellenza nella cultura della sinistra italiana. Quella cultura liberale e socialista che durante la Resistenza si era riconosciuta in Giustizia e Libertà. Una cultura intransigente nei valori ma avversa a ogni ideologismo».
(28 dicembre 2011)© Riproduzione riservata

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