Dici Lega e dici Danno:ormai è sempre più evidente il fatto che nonostante geograficamente le Sega Nord abbia un bacino di elettori solo al settentrione influenzi sempre più e sempre peggio l'andazzo della vita politica italiana.
E dietro all'atavico slogan"Roma ladrona"pian piano si sta portando a casa tante di quelle poltrone e poltroncine da far invidia ad un salone di salotti:altro che culi attaccati alle sedie da parte delle altre forze politiche come sempre evidenziato in un altro motto mediatico dei segaioli.
Come elencato con nomi,cognomi e appartenenza postato appena sotto grazie ad un articolo tratto da"L'espresso"dello scorso ottobre si evince che silenziosamente i seguaci del dio Bossi in molteplici posti strategici di enti pubblici,della Rai,Asl,Aeroporti,Finmeccanica,Autostrade,Eni.,Enel,includendo pure comuni,province e regioni,abbiano espanso i loro tentacoli all'interno dello Stato(italiano e non padano).
E così mogli,fratelli,cugini e zii come nella miglior tradizione mafiosa hanno avuto il loro comodo e caldo giacilio ben remunerati da soldi statali,e non padani.
Fatto sta che la totale ignoranza della maggior parte dell'elettorato seghista sia oggetto di scherno da gran parte della popolazione planetaria(eh sì,sono conosciuti anche al di fuori della padania!)e che sia una croce che si porteranno sempre dietro,e forse questo fatto fa ancor più specie in quanto questa massa di decerebrati possano portare al potere una compagine che l'Armata Brancaleone al confronto pare una corazzata.
Ciò nonostante comunque questi sono lì a comandare ed in certi frangenti contano di più,grazie all'arma del ricatto politico,del loro padroncino Berlusconi che spesso deve allentare il guinzaglio al collo del mastino Bossi.
Nel secondo contributo tratto da Senza Soste riprende un articolo del"Manifesto"a firma di Alberto Burgia si prende in esame proprio il potere estorsivo della Lega assieme al blaterare sempre più ammiccante del federalista e sempre più rincoglionito Bersani che porta a braccetto il razzismo dilagante dei barbari padani che un giorno verranno degnamente rappresentati da un personaggio ignoranza fatta persona come Renzino"Trota"Bossi(che confonde geograficamente l'Australia col Canada...solo una delle sue ultime perle di conoscenza).
LE MANI DELLA LEGA SU BANCHE, AZIENDE ED ENTI PUBBLICI
Al razzismo da osteria della Lega si somma anche una marcia silenziosa
verso l'occupazione di posti chiave non solo nelle fondazioni bancarie del
Nord ma anche nella Rai e nei consigli di amministrazione dei grandi enti
pubblici, Eni, Enel, Finmeccanica, Autostrade, Aeroporti, Asl e in tutte
le più appetitose partecipate di Comuni e Province, mentre in poco tempo
ha messo in piedi una parentopoli per distribuire posti e stipendi
milionari a mogli, figli, cognati e amici da far impallidire per rapidità,
capillarità ed efficienza ogni altro esempio precedente. come risulta
dalla mappa pubblicata di recente dal settimanale "L'Espresso" (7/10/2010)
LE MANI DELLA LEGA SULLE BANCHE
I suoi uomini sono saldamente piazzati nelle fondazioni che controllano le
più importanti banche del Piemonte e del Lombardo-Veneto.
LOMBARDIA: rispondono direttamente a Giancarlo Giorgetti e Roberto Maroni:
Massimo Ponzellini (Popolare di Milano); Luca Galli (Fondazione Cariplo);
Rocco Corigliano (Fondazione Cariplo); Marcello Sala (Intesa Sanpaolo)
PIEMONTE è Calderoli a comandare, la cui consorte Gianna Gancia,
presidente della provincia di Cuneo ha piazzato una sua collaboratrice,
Giovanna Tealdi, nel Consiglio generale della Fondazione Caricuneo, socia
dell'importante gruppo Ubi Banca.
Rispondono direttamente a Roberto Calderoli e Roberto Cota:
Giovanna Tealdi (Fondazione Cr Cuneo); Giovanni Quaglia (Fondazione Crt
Torino); Domenico De Angelis (Popolare Novara)
VENETO sono il governatore Zaia e l'ambizioso Flavio Tosi a farla da
padrone sulle nomine nel Consiglio di amministrazione della Fondazione
Cariverona, che ha quasi il 5% di Unicredit e che ha avuto un ruolo di
punta nella cacciata di Profumo, tanto da aver suscitato i malumori dei
loro compagni di merende lumbard che l'hanno presa come un'invasione di
campo.
Rispondono direttamente a Luca Zaia e Flavio Tosi:
Amedeo Piva (Fed. Bcc Veneto); Giovanni Maccagnani (Fondazione
Cariverona); Cesare Locatelli (Fondazione Cariverona); Damiano Monaldi
(Fondazione Cariverona); Giuliano Lunardi (Fondazione Cariverona); Serena
Todescato Serblin (Fondazione Cariverona); Michele Romano (Fondazione
Cariverona); Paolo Richelli (Fondazione Cariverona); Claudio Ronco
(Fondazione Cariverona); Sergio Genovesi (Fondazione Cariverona)
ROMA: rispondono direttamente a: Umberto Bossi
Rai:
Antonio Marano (vice direttore generale); Gianluigi Paragone
(vicedirettore Rai2); Massimo Ferrario (centro produzione Milano); Milo
Infante (conduttore);
NELLE AZIENDE PUBBLICHE ED ENTI PUBBLICI
La Lega ha conquistato un numero considerevole di poltrone e di posti
chiave in molte aziende ed enti pubblici, e non soltanto nelle regioni del
Nord ma anche a livello centrale, nella "Roma ladrona" tanto odiata.
LOMBARDIA è la regione dove più forte e senza esclusione di colpi si va
facendo la concorrenza all'interno della stessa coalizione che governa la
Regione e il Paese, ovverosia tra Lega e PDL, per l'accaparramento delle
poltrone che contano.
Rispondono direttamente a Giancarlo Giorgetti e Roberto Maroni:
Giuseppe Bonomi (Sea); Paolo Besozzi (Milano Serravalle); Piermario Sarina
(Asam); Attilio Fontana (Fiera di Milano); Dario Galli (Finmeccanica);
Leonardo Carioni (Expo 2015); Adriano Canziani (Infrastrutture lombarde);
Giorgio Piatti (Enav); Bruno Caparini (A2A); Federico Terraneo
(Agam-Agsm); Silvia Anna Bellinzona (Arpa Lombardia); Giampaolo
Chirichelli (Finlombarda, Asm Pavia); Maria Elisabetta Serri
(Metropolitana Milanese); Luciana Frosio Roncalli (Ferrovie Nord Milano);
Antonio Turci (Sogemi); Lorenzo Demartini (Lombardia Informatica); Italico
Maffini (Ansaldo Energia); Vittorio Bellotti (Fiera di Milano); Marco
Reguzzoni (Sviluppo sistema fiere); Marco Ambrosini (Nolostand, Villa
Erba)
PIEMONTE: rispondono direttamente a Roberto Calderoli, Roberto Cota:
Paolo Marchioni (Finpiemonte Partecipazioni); Claudio Dutto (Finpiemonte);
Claudio Zanon (Città salute Torino).
VENETO: rispondono direttamente a Luca Zaia e Flavio Tosi:
Nicola Cecconato (14 incarichi); Paolo Paternoster (Agsm Verona); Roberto
Loschi (Treviso Mercati); Mario Piovesan (La Marca Treviso); Stefano
Busolin (La Marca Treviso); Attilio Schneck (Serenissima Spa); Leonardo
Muraro (Veneto strade); Fulvio Zugno (Energia Veneto, Ulss8); Erick Zanata
(Actt); Claudio Ronco (Ospedale San Bortolo, Vicenza)
FRIULI-VENEZIA GIULIA: rispondono direttamente a Pietro Fontanini:
Enzo Bortolotti (Autovie venete); Stefano Mazzolini (Promotour); Mirko
Bellini (Ersa); Paolo Piccini (Ape); Loreto Mestroni (Ape); Francesco Moro
(Gestione immobili); Giuseppe Tonutti (Ass Pordenone); Renato Pujatti
(Finest)
ROMA: rispondono direttamente a Umberto Bossi:
Gianfrancesco Tosi (Enel); Mario Fabio Sartori (Inail); Dario Fruscio
(Agea); Roberto Cadonati (Cinecittà); Dario Galli (Finmeccanica); Mauro
Michielon (Poste); Guido Tronconi (Fintecna); Giuseppe Maranesi (Gse);
Francesco Belsito (Fincantieri)
Attenti al virus mutante della Lega.
Tutti guardiamo a Berlusconi e alle sue sorti e rischiamo di sottovalutare il ruolo di un altro protagonista della scena politica. Questa legislatura ha visto la Lega Nord conseguire importanti risultati. Il partito di Bossi, guidato in modo ferreo (a dispetto delle sue articolazioni) da un gruppo dirigente spregiudicato e abile, occupa posti-chiave nel governo (in particolare gli Interni e quella Semplificazione normativa che è il vero Ministero per le riforme istituzionali) e una posizione strategica in forza dell'asse con Tremonti. L'alleanza col Pdl gli ha permesso di dilagare nel sottogoverno (sia in periferia che a «Roma ladrona», nei consigli di amministrazione di banche, partecipate e media) e di rafforzarsi negli Enti locali (a cominciare dalle presidenze di Piemonte e Veneto e dalla vice-presidenza della Lombardia). In modo speculare, lo sradicamento della sinistra moderata dal mondo del lavoro dipendente e dalle fabbriche ha consentito alla Lega di conquistare consensi negli stessi settori più avanzati della classe operaia. Tutto questo è (dovrebbe essere) noto da tempo, ma ora c'è una novità. In queste settimane è emersa in modo plateale la capacità della Lega di sfruttare le crisi altrui (e persino le proprie) per trarne vantaggi.
L'esempio più evidente riguarda le rivolte nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Non è inverosimile che la Libia cessi di fungere da posto di blocco per i migranti. La Ue evoca esodi biblici. E Bossi si frega le mani per il dono inatteso: tutta manna per la propaganda leghista, per l'appello razzista alla paura e all'identità.
Lo stesso meccanismo riguarda i rapporti con Berlusconi. La base leghista freme, non ama l'«utilizzatore finale» e non vuole favorire l'impunità dei politici corrotti. Questo fatto qualche grattacapo lo crea, com'è emerso nella vicenda del veto sulla trasmissione con l'Annunziata e nel commissariamento di giornali e radio, posti sotto il controllo del Trota. Ma non tutto il male vien per nuocere. Il malessere del popolo padano permette a Bossi di alzare il prezzo della lealtà e non è un caso che il governo abbia prontamente chiesto per il «federalismo municipale» un voto di fiducia della Camera che è di per sé un insulto, data la natura istituzionale del provvedimento.
La Lega è come un virus mutante, ha straordinarie capacità di resistenza anche perché intercetta umori profondi nel sottosuolo del Paese. E studia per diventare, nella parte più ricca del Paese, l'azionista di maggioranza nella destra italiana. Bisognerebbe stare attenti, smetterla di banalizzare, e invece siamo ancora alla spregiudicatezza manovriera di chi vede la battaglia e dimentica la guerra. A questo riguardo l'intervista concessa dal segretario del Pd alla Padania il 15 febbraio merita più attenzione di quanta non ne abbia riscosso.
Nell'intento conquistare la fiducia di Bossi e Calderoli, Bersani insiste sulle analogie tra la Lega e il Pd, entrambi partiti popolari e appassionatamente federalisti (le «due vere forze autonomiste in questo Paese», secondo un concetto ribadito nel dibattito alla Camera). Il segretario del Pd assicura che alla base dell'apertura alla Lega non vi è alcun calcolo: c'è piuttosto il timore che il «federalismo» (una «riforma storica, epocale per la democrazia italiana») venga azzoppato da qualche impenitente centralista. E via di questo passo, sino al commovente ricordo della «bellissima» festa padana di Busto Arsizio (gennaio 2006), che Bersani oggi rammenta «con grande simpatia». Ma quel «federalismo» che cos'è? Il nome è abusato, salvo credere alle mitologie identitarie care alla Lega. Più prosaicamente (come dimostra già la sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione, che Bersani rivendica), è lo strumento con cui le aree più ricche d'Italia intendono salvaguardare le proprie condizioni scaricando la palla al piede del Mezzogiorno. Storia vecchia quanto l'unità del Paese (già Gramsci parlava della Piovra del nord), oggi rinverdita dal declino industriale e dai morsi della crisi. Il sud (e parte del centro) precipita. La crescita sotto zero, i redditi incomparabilmente inferiori a quelli del nord, la disoccupazione doppia (quella dei giovani e delle donne tripla), le infrastrutture e i servizi fatiscenti. Il divario è tale da mettere a rischio la stessa unità territoriale del Paese, ma che importa, pur di lisciare il pelo alla «costola della sinistra»? Davvero un bel modo di celebrare il 150° dell'unificazione nazionale.
E il razzismo leghista? Bersani giura: non serve che qualcuno gli spieghi che la Lega non è razzista. Solo retorica, insomma, quella di Borghezio che spruzza deodorante sui viaggiatori nigeriani in treno. Puro eccesso di zelo quello di Gentilini che invoca la «pulizia etnica contro i culattoni», si vanta di aver distrutto campi rom e giura di voler «eliminare i bambini degli zingari che rubano agli anziani». Solo boutades quelle di Salvini (un fan di Bersani, stando alle ultime dichiarazioni) che esige rastrellamenti casa per casa nella sua civile Milano. Mere divagazioni antropologiche quelle di Cota a sostegno delle «classi-ponte» e del senatore Pittoni contro l'invasione degli insegnanti meridionali (quindi ignoranti). Solo una goliardata quella di Tosi che raccoglie le firme per ripulire (anche lui) Verona dagli «zingari». Semplice superficialità quella di Maroni che si costituisce parte civile contro la cittadina somala maltrattata dagli agenti a Ciampino. Bersani non ha bisogno che gli si dica che cos'è la Lega: forse avrebbe bisogno di chiarirsi le idee su che cos'è il razzismo, come del resto dimostra tutta la legislazione «democratica» sui migranti dai tempi d'oro della Turco-Napolitano e dei Cpt.
Qui però non è il caso di fare prediche o lezioni, ma di riflettere freddamente. La strumentalità in politica è di casa e non c'è da stupirsi, ma perché arrivare all'autolesionismo? Sono anni che il Pd insegue l'avversario sul suo terreno: è un caso che oggi col cappello in mano cerchi i più impresentabili alleati sulla scena politica? Proprio la Lega si è giovata dell'abbandono della classe operaia da parte della sinistra liberista e della distruzione del partito di massa nel nome del partito d'opinione: possibile che non ci si fermi un momento per fare un bilancio delle proprie scelte? Pensare che la sperabile caduta di Berlusconi porti automaticamente a una rinascita sarebbe ingenuo. Vent'anni di devastazione sociale e politica e di corruzione civile e morale hanno sfigurato il Paese. Occorrerà un lavoro lungo, paziente, tenace per cancellare privilegi e restituire un minimo di decenza e di equità. Ma la partenza di questo cammino è cruciale, e il primo passo dovrebbe essere la chiarezza degli obiettivi. L'esatto contrario della confusione che oggi regna sovrana, complice la retorica della da troppi e con troppo diverse ragioni evocata emergenza democratica.
Link: Quegli strani intrecci tra la Lega· e i gruppi dell’estrema destra europea
Alberto Burgio,tratto da Il Manifesto del 13 marzo 2011
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