giovedì 19 marzo 2020
VERSO IL COPRIFUOCO
A pochi minuti da consueto bollettino di guerra che la protezione civile manderà agli italiani,le linee indicative che il Governo sta studiando nelle ultime ore danno quasi per certa una chiusura totale delle attività in Lombardia,ma se questo accadesse solo in una regione sarebbe una soluzione non efficace del tutto se non si dovesse attuare in tutto il paese.
Staremo a vedere se Confindustria(vedi:madn il-capitalismo-comandasoluzioni.alternative esistono )in un ultimo sussulta farà prevalere ancora la sua potenza e il suo cinismo costringendo la gente a contagiarsi uscendo da casa per andare a lavorare,visto che per ora l'organizzazione presieduta da Boccia(vedi:madn produciconsumacrepa )non viene per nulla attaccata così come viene accusato uno che va in giro a correre o a portare fuori il cane.
Due attività che rientreranno nel novero del coprifuoco,perché di questo si tratta e non di una quarantena,e la soluzione più che suggerita dai cinesi arrivati per dare una mano(loro sì che non scherzano)è già stata fatta dalla regione Lombardia e dal governatore Fontana,che chiede una chiusura totale all'esecutvo.
I due articoli di Contropiano(milano-lombardia-almeno-non-prendeteci-per-il-culo con i relativi grafici e la-privatizzazione-dellemergenza-coronavirus-in-lombardia-una-ipoteca-sul-futuro-da-battere )raccontano dell'ambiguità e dell'inefficacia proprio del stare a casa in quanto in Lombardia spiati dalle celle telefoniche si è constatato che il 40% dei lombardi è in giro,e credo proprio perché molti di essi obbligati a lavorare in un periodo dove la grande maggioranza dei lavoratori potrebbe starsene a casa previe misure eccezionali sugli ammortizzatori sociali con la tutela e la garanzia del posto e quella dello stipendio.
Si discute anche su quell'incapace di Bertolaso(madn protezione-incivile )che più volte ha dimostrato la sua inettitudine in situazioni critiche in Italia(una su tutte il terremoto in Abruzzo,lo volevano anche sindaco di Roma poi...)e che ora hanno accoppiato ad un sempre più scoppiato Fontana che assieme a Gallera in tempi meno bui avranno molto da spiegare al popolo lombardo.
Se davvero dovesse esserci la serrata totale delle attività,una soluzione terribile ed eccezionale ma anche indispensabile visti i precedenti efficaci in Cina,sarebbe una duro banco di prova per gli italiani,sperando che le poche categorie lavorative obbligate a svolgere le proprie mansioni vengano rispettate ed aiutate per essere meno esposte ai rischi del contagio.
Milano/Lombardia. Almeno non prendeteci per il culo.
di S.C.
In questi giorni media e influencer di ogni ordine, grado e degrado, stanno martellando gli abitanti di Milano e della Lombardia sui comportamenti irresponsabili di chi va in giro mentre l’indicazione esplicita è quella di stare dentro casa per contenere la pandemia di coronavirus.
Gli appelli a stare in casa sono sensati e vanno rispettati, rigorosamente, ma diventano ipocriti quando vanno esplicitamente in contrasto con lo stato delle decisioni prese e i dati di fatto.
Il top di questa ipocrisia – e un brivido sul piano dell’abitudine al controllo sociale di massa – c’è stato qualche giorno fa, quando l’assessore regionale della sanità della Lombardia, Gallera ha dichiarato: “Vi controlliamo attraverso le celle telefoniche, non uscite di casa è assolutamente importante perché questa battaglia la vinciamo noi”, ha tuonato l’assessore in diretta Facebook.
E non è stato il solo: “Con l’aiuto delle compagnie telefoniche, abbiamo potuto verificare gli spostamenti dei lombardi, in questi giorni di emergenza coronavirus. In base ai movimenti tracciati attraverso il monitoraggio delle celle telefoniche risulta, in base alle prime stime che dal 20 febbraio a oggi il calo dei movimenti è stato del 60%. Ci sono ancora troppe persone che si spostano, corrispondenti al 40% del totale: il consiglio è e resta di rimanere a casa”, ha aggiunto il vicepresidente della Regione Lombardia Fabrizio Sala.
L’appello, a questo punto assai ipocrita, è stata rilanciato anche dall’altro Sala, Giuseppe, attualmente sindaco di Milano.
Allora se attraverso il controllo attraverso le celle telefoniche si è scoperto che il 40% dei milanesi se ne va in giro mentre non dovrebbe farlo, viene da chiedersi: a che ora avete fatto le rilevazioni sulle celle telefoniche in spostamento?
Come è ormai drammaticamente documentato, la mattina alle 6 e il tardo pomeriggio intorno alle 18, la metropolitana milanese è “invasa” dalle persone che vanno o tornano dal posto di lavoro. In condizioni in cui è totalmente impossibile mantenere la distanza di sicurezza. E la gente che si ammassa nelle metropolitane lo fa forse per divertimento o irresponsabilità? Vediamo alcuni dati.
A Milano sono censite 306.552 imprese che diventano 385.171 se comprendiamo Lodi, Monza/Brianza. In esse lavorano 2.224.162 addetti che salgono a 385.171 se si comprendono Lodi, Monza/Brianza. (i dati sono quelli ufficiali della Camera di Commercio di Milano, Lodi, Monza/Brianza).
A Milano i lavoratori nella sola industria sono 391.504 che salgono a 1.058.117 in tutta la Lombardia, nel commercio a Milano lavorano 414.259 addetti che salgono a 729.707 nell’intera regione ed infine ci sono ben 1.300.917 addetti nelle imprese di servizi a Milano e 2.018.342 a livello di Lombardia.
La domanda è semplice ed è stata posta con nettezza ormai da giorni: quante di queste imprese possono essere considerate essenziali? Le aziende rimaste aperte sono di più o di meno del 40%? Quanti delle lavoratrici e lavoratori che sono tuttora costretti ad andare al lavoro, ammassarsi nelle metropolitane e nei luoghi di lavoro, potrebbero e dovrebbero invece rimanere chiusi in casa come ipocritamente invocato da assessori e governatore della Regione o dal sindaco di Milano? O si pensa che quel 40% che si sposta per Milano e la Lombardia sono tutti runner e scriteriati?
Eppure, per coprire la realtà vergognosa di non aver voluto fermare il lavoro lì dove non era necessario mantenerlo (sanità, distribuzione generi alimentari etc.) si cerca di indicare il nemico e il responsabile in coloro che non restano chiusi dentro casa. E adesso si invocano i militari per strada, maggiori controlli, repressione. Una furbata ipocrita e irricevibile davanti ai fatti.
Lo sappiamo che vedere i militari nelle strade piace molto all’establishment perché funziona da deterrente, lo sappiamo che emettere ammende o esercitare poteri coercitivi in un clima di consenso è il sogno di ogni grande o piccolo tiranno, anche di quelli di provincia.
Sappiamo che lo pensate e lo auspicate, sappiamo anche che una queste di sere ci verrete a dire in televisione che non si potrà uscire da casa se non in ristrette fasce orarie per fare la spesa. Si chiama coprifuoco. Almeno siate onesti in questo, almeno non veniteci a prenderci per il culo.
Adesso questa emergenza pandemica è la priorità di tutti, di chi ha grandi responsabilità e di chi ha piccole responsabilità.
Questo nemico è invisibile e letale, lo sta dimostrando nei numeri del quotidiano bollettino delle 18.00. Altri nemici sono però meno invisibili, anzi si stanno palesando.
Sappiamo distinguere cose diverse tra loro e priorità alle quali adeguarsi. Ma finita questa emergenza faremo ogni cosa affinchè non siano rapidamente dimenticate le ipocrisie che abbiamo ascoltato, il cinismo della Confindustria che ha voluto tenere le fabbriche aperte, le responsabilità pregresse nella devastazione del sistema sanitario nazionale e delle reti di protezione sociale, ed anche le ambizioni ad una società competitiva, subalterna ed autoritaria che sono state palesate in queste settimane. Abbiamo una memoria prodigiosa.
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La privatizzazione dell’emergenza coronavirus in Lombardia. Un’ipoteca sul futuro, da battere.
di Sergio Cararo
Su quanto sta accadendo in questi giorni in Lombardia, facciamo così. Noi segnaliamo alcuni fattori, voi collegate i punti e insieme tiriamo fuori una chiave di lettura.
Il 10 marzo il governatore della Lombardia riapre il fuoco contro il governo sulla gestione dell’emergenza coronavirus e annuncia che gli interventi della Protezione Civile in Lombardia saranno affidati a Guido Bertolaso, creando così uno sdoppiamento su base “regionale” della struttura nazionale guidata da Borrelli e che ha il compito di coordinare gli interventi da Trento a Siracusa
Il 16 marzo Bertolaso rientra in Italia e viene spammato come uomo della provvidenza da tutto il sistema massmediatico vicino alla Lega e dai network Mediaset. La Rai fa buon viso a cattivo gioco. Alle 16.30 dello stesso giorno del suo rientro, Bertolaso insieme a Fontana e agli assessori regionali Gallera (sanità) e Caparini (bilancio) fa un sopralluogo ai padiglioni della Fiera di Milano dove l’establishment lombardo ha deciso che dovrà prendere corpo l’ospedale ex novo definito come il “miracolo italiano”, anzi, pardòn, lombardo. “Evidente quindi che la giunta lombarda voglia tentare di riconquistare prestigio con un’opera tutta “sua”, un nuovo ospedale realizzato “alla cinese” in pochi giorni” scrivevamo alcuni giorni fa.
Il 17 marzo si rende pubblico che il capo di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha effettuato una donazione da 10 milioni di euro alla Regione Lombardia per l’acquisto di materiale sanitario per affrontare l’emergenza sanitaria della Covid-19. I soldi di Berlusconi, ovviamente, andranno a contribuire alla realizzazione del reparto di 400 posti di terapia intensiva presso la Fiera di Milano “o, eventualmente, per altre emergenze”. “Grazie Presidente per questo gesto d’amore per la sua città e per il suo Paese”, ha twittato immediatamente Bertolaso sul suo profilo.
A distanza di poche ore anche un altro boss del capitalismo “lombardo”, il patron di Esselunga Giuseppe Caprotti (figlio del fondatore Bernardo), ha annunciato donazioni da 10 milioni ma sempre per il padiglione alla Fiera di Milano. Altri 10 milioni sono arrivati dal marchio multinazionale della moda Moncler. Della partita di finanziamenti a questa vera e propria regionalizzazione e privatizzazione della Protezione Civile e dell’emergenza sanitaria in Lombardia, hanno deciso di far parte anche altri soggetti privati come Fondazione Invernizzi, Allianz e Sapio.
La Regione Lombardia ha invece respinto al mittente la proposta venuta da un gruppo di medici per una soluzione alternativa al padiglione Covin 19 alla Fiera di Milano ossia ripristinare un padiglione indisuso dell’ospedale di Legnano. “È tutto pronto, non ci sarebbero sprechi” hanno scritto in una lettera. L’ospedale già esistente si trova a poca distanza dalla zona fiera ed è in possesso di due padiglioni realizzati e predisposti 10 anni fa con tutte le attrezzature che oggi sarebbero utili per l’emergenza Coronavirus. Nella lettera si legge che sono già disponibili camere attrezzate per l’ossigeno, una rianimazione e reparti di terapia intensiva che sono chiusi da tempo, “mentre resta aperto e funzionante in una struttura nuovissima un prezioso laboratorio di analisi”. In serata l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera ha fatto però sapere di aver già eseguito nei giorni scorsi i dovuti controlli, a suo avviso, per essere pronta, la struttura avrebbe bisogno di almeno 6 mesi.
Prevedibile come la pioggia in autunno l’immediato endorsement della Lega all’operazione messa in piedi in Lombardia. “Attilio Fontana sta lavorando e sarebbe un miracolo italiano aprire un ospedale da 500 posti letto nei padiglioni della Fiera di Milano in poco tempo” ha detto il leader della Lega Matteo Salvini
Allora provate a collegare tra loro tutti questi fattori. Quella messa in piedi alla Fiera di Milano si sta rivelando una iniziativa tutta gestita dai privati, in aperta competizione con la gestione centralizzata dell’emergenza coronavirus sia sul piano sanitario che della protezione civile, con il pieno avallo della Regione Lombardia e del mondo del business lombardo. E’ una operazione che cercherà sin da ora da ipotecare lo scenario del post emergenza sulla base di un criterio molto nitido e molto cinico: “nessuno pensi di rimettere in discussione il modello di aziendalizzazione e privatizzazione della sanità costruito in Lombardia in questi anni, né le ambizioni di piena autonomia della regione più ricca dallo Stato (autonomia differenziata, ndr) che in queste settimane ha subito dei duri rovesci.
Nonostante l’emergenza coronavirus abbia dimostrato tutta la fallacità sia del modello sanitario che della regionalizzazione ossessiva della Lombardia.
Ma questa aggiunta è farina del nostro sacco, cioè la nostra tesi. Fatevi la vostra.
Infine, per non dare l’impressione di essere prevenuti, segnaliamo che nel resto del paese e in particolare nel Lazio, il magnate romano Caltagirone (costruzioni, editoria, Acea etc.) si è rivelato più democristiano e con le braccine più corte, come da tradizione. Infatti ha donato “solo” 1 milione di euro per il contrasto dell’epidemia di coronavirus ma ripartito esattamente. Nel dettaglio si tratta di due distinte donazioni da 500 milioni.
La prima verrà eseguita da Immobiliare Caltagirone (Ical), società personale della famiglia al cui capitale partecipano il Cavaliere del lavoro Francesco Gaetano Caltagirone e i figli Azzurra, Alessandro e Francesco junior, è andrà a favore del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma (ospedale religioso). La seconda donazione è stata deliberata, invece, dal cda del del Gruppo Caltagirone, guidato da Francesco Gaetano Caltagirone, e prenderà la via dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma (ospedale pubblico).
La donazione di Caltagirone al Gemelli si aggrega al combinato disposto messo in piedi dalla Regione Lazio che, per prepararsi all’emergenza coronavirus, ha preferito finanziare con soldi pubblici l’ospedale privato Columbus (di proprietà del Gemelli e pieno di debiti) invece che strutture pubbliche. Ma questa è un’altra misera storia. Ne parleremo presto. Abbiamo fatto la promessa di non fare sconti a nessuno, anche ai tempi del coronavirus, perchè se qualcuno pensa che tutto possa o debba tornare come prima, sta commettendo un grosso errore.
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