mercoledì 4 marzo 2020

L'EMERGENZA ALL'OSPEDALE DI CREMA


Risultato immagini per ospedale di crema
Per fare un'analisi seria sull'entità e sulla pericolosità del coronavirus covid 19 oggi mi affido ad un articolo de"Il Fatto Quotidiano"(crema-non-puo-essere-il-lazzaretto-della-lombardia )con un intervista ad un medico dell'ospedale di Crema,Attilio Galmozzi,che da interi giorni assieme al lavoro incessante di tutti i primari,medici,infermieri e addetti di questo(e non solo)nosocomio stanno affrontando una battaglia quotidiana con le solo loro forze ed i mezzi che la sanità pubblica in questi anni ha fornito loro,sistemi che avrebbero essere potuto semplicemente migliori sia in qualità che in quantità(vedi:madn sanita-e-santita e anche l'altro contributo:contropiano fiumi-di-denaro-statale-per-la-sanita-privata-mentre-si-taglia-sul-pubblico ).
Conoscendolo so che dire queste parole,piene di orgoglio e di dedizione a nome di tutti i lavoratori,ma anche di una sottile denuncia ad un sistema,quello italiano ma soprattutto lombardo che vuole l'ospedale come un'azienda favorendo gli investimenti nel settore privato,sono state ponderate nonostante una reale situazione di emergenza e di panico della gente,soprattutto in un territorio a margine della zona rossa e che ora vede il suo ospedale uno dei centri specializzati per il coronavirus.
In questo la denuncia di tentare di tenere Milano protetta,cosa difficile da attuare se le restrizioni sono fino a questo livello,ma non sono parole di rabbia ma più che altro quasi d'impotenza a fronte dei numeri che Crema può fornire in questa situazione estrema,con i suoi posti letto compresi quelli di terapia intensiva solo per citare un esempio nell'intervista(una delle ultime per qualche tempo visto che ora i lavoratori di questo tipo di ospedali sono interdetti dal rilasciare dichiarazioni).
Comunque in una situazione lavorativa fatta di sacrifici sia professionali che personali non solo a Crema ma nel resto della Lombardia e dell'Italia dove è la sanità pubblica che si è messa sulle spalle questo macigno impressionante di responsabilità e di lavoro incessante.
Si torna a parlare ora dell'importanza del pubblico in un settore basilare come la sanità e m'immagino già le prossime campagne elettorali con gli avvoltoi che dalla Lega al Pd(coloro che hanno tagliato questi soldi nel corso degli ultimi governi)sarannno pronti a parlare di percentuali maggiori d'investimenti in questo settore,quando ancora in Lombardia vengono richiamati medici ed infermieri con solerzia ma a partita Iva,senza malattia ne altri diritti,come il sistema lombardo vuole ed ha ottenuto nel corso degli ultimi venticinque anni(da quando c'è l'elezione diretta del governatore)guidati sempre dal centro destra con personaggi attuali(lasciamo perdere gli altri)come Fontana e Gallera(una elle di troppo?)allo sbando più totale.

Coronavirus, l’assessore (e medico dell’ospedale): “Crema non può essere il lazzaretto della Lombardia. Ricoverati da noi anche giovani in ottima salute”.
Emergenza - Attilio Galmozzi lavora nell’ospedale che la Regione definisce “centro specializzato per il Coronavirus”: “Ma abbiamo 7 terapie intensive”.

di Selvaggia Lucarelli  | 4 Marzo 2020
“Ieri ho lavorato dalle 7 del mattino all’una e mezzo di notte. Oggi sono riuscito a vedere qualche ora la mia famiglia”. Attilio Galmozzi, assessore comunale all’Istruzione e al Lavoro e medico presso l’ospedale di Crema (ospedale che l’assessore regionale Gallera ha definito “centro specializzato per il Coronavirus”), è piuttosto scettico riguardo le scelte della Regione Lombardia. Parla a nome del personale ospedaliero impegnato da giorni senza sosta: “Non capisco come questo possa essere un ospedale specializzato quando abbiamo sette posti in terapia intensiva più un ottavo d’emergenza. Abbiamo sei macchine per la ventilazione non invasiva. Soprattutto, in questo ospedale non c’è un infettivologo, l’ultimo se ne è andato due anni fa”.

E allora come mai la Regione ha scelto l’ospedale di Crema?
Guardi io e i miei colleghi l’avevamo capito da un pezzo che sarebbe finita così, che eravamo i predestinati, soprattutto quando hanno chiuso l’accesso alle ambulanze a Cremona e Lodi e i pazienti con problemi respiratori arrivavano tutti qui.

Una scelta precisa, dunque?
Noi saremo il grande lazzaretto. E infatti abbiamo già un anestesista di 51 anni ventilato in rianimazione e un’infermiera del pronto soccorso, una delle nostre colonne, anche lei giovane, ha soli 44 anni, intubata.

Avete pazienti giovani?
Assolutamente sì. Stiamo vedendo quadri clinici che io avevo visto solo nei libri di testo, forse nelle foto dei sintomi da Sars. Per il paziente diabetico, cardiopatico, bronchitico cronico, magari molto anziano se arriva addosso un virus così è chiaro che è il massimo della sfiga. Ma ci sono giovani in ottima salute che si ritrovano con problemi respiratori serissimi non gestibili a domicilio. E qui torna la questione iniziale: se arriva un paziente complicato e io non ho un ventilatore che faccio?

Perché proprio Crema sarà il “lazzaretto”, come dice lei?
L’impressione è che stiano creando una cintura intorno a Milano per proteggere la città che è il cuore economico e politico della regione, si sono detti “tanto lì il territorio è già contaminato”. Ma non si illudano che il virus non arriverà ovunque. Le attività economiche, le scuole riapriranno e da Crema la gente tornerà a Milano, ci sono migliaia di pendolari. C’è un problema globale e stanno pensando di risolverlo con un isolamento locale in una città di 35.000 abitanti, con un ospedale che ha 380 posti letto e non riuscirà a reggere. Io abito tra Crema e Lodi, sentiamo un andirivieni di ambulanze che ormai mio figlio mi dice “Senti papà, un’altra!”.

Quanti sono i medici lì?
Col primario siamo 13. In questo momento abbiamo 98 persone al pronto soccorso. Al San Raffaele di Milano sa quante ce ne sono ora? 47.

Altri problemi?
Oggi dopo aver passato il giorno a fare tamponi nell’area infetta, mi hanno messo all’unità di osservazione breve intensiva. Mi sono ritrovato con pazienti col coronavirus ma magari malati anche di Alzheimer non accompagnati da nessuno perché la moglie è a casa malata, senza figli, senza documenti… è una situazione difficile da gestire su più fronti.

Lei come sta?
Io ho avuto la febbre per due notti 3 o 4 settimane fa, ora sto bene e quindi non ho fatto il tampone, come da ordinanza.

Le mascherine e il materiale per proteggervi li avete?
Sì, abbiamo subito perfino dei furti, nel caos di venerdì sono spariti un paio di scatoloni di mascherine col filtro e chirurgiche. Abbiamo delle divise di ricambio, la lavanderia lavora 24 ore su 24, ormai metto anche le divise XS da donna, tanto sono magro.

Cosa sarebbe servito secondo lei per evitare questo caos negli ospedali?
Serviva una centrale operativa regionale che fin da subito agisse. Consideri che qui il primo paziente con problemi respiratori è arrivato il 17, in un momento ben lontano dal panico dei giorni dopo. Il tampone (positivo) l’ha fatto successivamente infatti.

Come va il morale del personale?
Sabato pomeriggio il nostro primario che è lì giorno e notte, fa i miracoli, a un certo punto nella tensione, mentre si decideva chi avrebbe fatto cosa, è scoppiato a piangere come un bambino. Gli abbiamo detto non crollare, “se crolli tu crolla il sistema”. Sente il peso della responsabilità, come non capirlo.

Avete tutti una grande responsabilità.
Siamo una grande squadra, formata soprattutto da donne. Tra di noi si stanno saldando anche rapporti che prima magari erano non facili. Speriamo solo di non ammalarci, sono in corso sette tamponi, e moltissimi tra il personale amministrativo.

Il caso più serio?
Un uomo di 57 anni che è entrato qui brillantissimo. Uno sportivo, persona distinta, che hanno intubato ieri, c’è stata un’evoluzione rapida del virus. Sembra uno scherzo, ma in compenso un signore di 98 anni con una tac che fa paura, non richiede neppure l’ossigenoterapia, i suoi parametri vitali sono normali. Cammina con le sue ciabattine, vuole tornare a casa dalla moglie. È una malattia imprevedibile.

Previsioni?
Se riapriamo tutti i luoghi di aggregazione a breve sarà un disastro. Sono per il modello Wuhan, con degli adattamenti.

All’ospedale di Crema le polmoniti sospette quando sono iniziate?
La polmonite in queste zone gira già da dicembre-gennaio. Quest’anno c’è stato un picco di polmoniti nei giovani, a gennaio ho visto un giovane trasportatore di una società che gestisce il trasporto pubblico con una polmonite bilaterale, ovvio che col senno di poi penso che potesse essere Coronavirus. Chissà quanti ne abbiamo mandati a casa con una pacca sulla spalla dicendo: hai un’influenza mettiti a letto, bevi e riposati.

Quindi queste polmoniti da Coronavirus nei giovani sono molto aggressive.
Noi solitamente la polmonite così la vedevamo in pazienti selezionati, nel paziente molto anziano, in chi soffre di bronchite cronica, nel paziente oncologico che fa chemioterapia e ha un sistema immunitario compromesso. Ora addirittura distinguiamo la polmonite interstiziale con la radiografia standard, che di solito trova quel tipo di polmonite con molta fatica. La tac del torace è più accurata, ma già dalla radiografia vediamo dei quadri così chiari che potremmo anche non farla. Ci troviamo davanti a queste radiografie con addensamenti e il classico quadro di rinforzo interstiziale di fronte alle quali anche i radiologi di 50 anni sono perplessi.

Sul fatto che non sia una semplice influenza ha ragione il professor Burioni, quindi?
Senta, sono dieci anni che sono in pronto soccorso e io di complicanze da influenza stagionale così non ne ho mai viste. Mi spiace, ma chi dice che questa è una normale influenza dice palle.

(Dalla giornata di ieri, dunque 24 ore dopo aver realizzato questa intervista, ai medici degli ospedali destinati a gestire l’emergenza Coronavirus è stato chiesto di non rilasciare dichiarazioni)

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Fiumi di denaro statale per la sanità privata mentre si taglia sul pubblico.

di  Prof. Paolo Maddalena * 
Gli effetti negativi del neoliberismo sono venuti in evidenza in occasione del corona virus.

Si deve ricordare al riguardo che i nostri governi, dopo aver tagliato drasticamente 72.000 posti letto, 8 mila dottori e 25 mila infermieri, mai rimpiazzati, hanno fatto in modo che il governo attuale sia stato costretto a chiamare in soccorso le strutture ospedaliere private a causa della mancanza di posti letto per la terapia intensiva negli ospedali pubblici.

L’associazione Aiop (l’Associazione italiana ospedalità privata) si è dichiarata disponibile a questo fine. Sennonché non è affatto chiaro se questo aiuto richiederà ulteriori spese da parte dello Stato.

Si deve sapere infatti che le cliniche private sono molto spesso “convenzionate”, il che significa che, oltre a far pagare il paziente che chiede di esser curato da loro, esse chiedono un rimborso allo Stato, asserendo di aver erogato alcune prestazioni ai singoli con un prezzo inferiore a quello dovuto.

Parlando soltanto della Lombardia, è da sottolineare che l’ammontare dei contributi concessi dallo Stato alle cliniche private di questa regione è di 7 miliardi su un totale destinato alla sanità pubblica di totale 17,4 miliardi.

Come si legge nell’articolo della Gabanelli del 2 febbraio 2018 apparso sul Corriere della Sera dal titolo: Sanità: il «buco» dei rimborsi, per le cliniche private ottenere una convenzione significa avere trovato una gallina dalle uova d’oro.

In altri termini tali cliniche triplicano il costo delle prestazioni mediche, in modo arbitrario, facendo in genere pagare un terzo ai privati cittadini e il resto allo Stato.

È dimostrata così l’assoluta incoerenza di un sistema economico predatorio di stampo neoliberista, che, anziché andare incontro alle esigenze del Popolo, finanziando la ben più economica attività del servizio pubblico nazionale, regala denaro pubblico a singoli imprenditori privati.

È da notare che alcuni ospedali pubblici, come quello di Tor Vergata a Roma, hanno fabbricati che potrebbero ospitare qualche migliaia di letti e sono inattivi per mancanza di fondi.

E allora ci si chiede: perché tutti i soldi destinati alla sanità, non vengano destinati alle strutture pubbliche, ma sprecati e dissipati fra strutture private?

Non diciamo che deve essere soppressa la sanità privata, ma questa, come prevede per le scuole private l’articolo 33 della Costituzione, deve essere esercitate “senza oneri per lo Stato”.

Questo assurdo deve finire!

* Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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