venerdì 31 agosto 2018
IGNORANZA:ARMA DI DISTRUZIONE DI MASSA
Il sempre più incalzante razzismo,sopito e dormiente insito in molte persone,sta venendo fuori incoraggiato dai comportamenti e dalle parole di politici,aiutato molto dall'ignoranza che regna sovrana in tantissime testoline che una volta si definivano rasate.
Le bufale e le fake news inserite ad arte nei social e nei telegiornali,sui quotidiani oppure sentite in giro,nella vita reale,sono il punto d'inizio e di arrivo dell'incapacità dell'italiano medio di poter ragionare coscienziosamente senza subire interferenze di ogni sorta,soprattutto delle balle.
L'articolo di Contropiano(avete-rotto-il-cazzo )propone uno scritto che ha come tema principale quello dei migranti e di come questo argomento sia gonfiato di proposito per aumentare l'odio verso i diversi che stanno peggio,ma tanto,di noi.
In modo chiassoso,un poco volgare e anche divertente,si racconta di come ormai la maggior parte degli italiani,sicuramente quella di chi vota,si lasci abbindolare dagli incantatori televisivi che propagandano e martellano costantemente alcune tematiche senza trovare soluzioni lasciando da parte le immense ruberie cui sono protagonisti o complici.
Avete rotto il cazzo.
di Gabriele Hitch Militano
Si dice che i razzisti vincono perché sanno parlare “alla pancia del paese”. Cioè in modo rozzo, volgare, puzzolente (nella pancia avvengono processi non proprio raffinati, anche se in realtà sono a loro modo processi di raffinazione e sintesi). Dunque “convincenti”, diretti, semplicissimi.
“A sinistra”, specie nei quartieri alti, si storce il naso, ci si mette una mascherina, si mostra disprezzo… E si scompare.
Sappiamo benissimo – perché vi partecipiamo attivamente – che sono in corso o in preparazione mobilitazioni importanti, che provano a coinvolgere e costruire il nostro blocco sociale, la nostra gente. Ed è importantissimo. Però… Come si parla anche alla nostra gente, in periodi di disorientamento come questi?
Qui vi proponiamo un “esperimento di comunicazione” postato su Facebook da Gabriele Hitch Militano, appassionato antirazzista del nord (basti pensare che tra i “grandi capitani” non gli è riuscito di inserire Totti…). Forse un po’ estremo, forse non proprio raffinatissimo, forse non del tutto preciso sui dati economici (all’ingrosso, sì), ma sicuramente efficace.
Giudicate voi…
*****
Avete rotto il cazzo con sta storia dei migranti, avete rotto il cazzo perché siete stupidi. Completamente stupidi.
Partiamo da qualcosa di basilare: cosa stracazzo ha fatto il governo in questi 3 mesi circa?
“In circa 3 mesi la squadra di governo si è riunita una decina di volte e ad oggi è stato approvato solo il decreto che rinvia di 6 mesi la fattura digitale per i benzinai.”
(La fattura dei benzinai…chiaro?!)
Flat Tax, reddito di cittadinanza, decreto di dignità? Se ne riparla nel 2020! Che non vuol dire che si faranno, vuol dire che “se ne riparla”…un po’ come quando mio figlio mi chiede di andare alle giostre alle 9 di sera e io sono in mutande sul divano e rispondo: “eh sì sì poi vediamo”.
Quindi visto che si sono promesse puttanate per arrivare al potere (come al solito per carità)…e visto che al comando fondamentalmente ci sta un partito con a capo un idiota che ha preso il 17% dei voti (il diciassette per cento, diciassette, non menziono nemmeno i 5S perché sono più assenti di Spalletti sulla panchina dell’Inter)…cosa si può fare per acquisire ulteriori consensi?!
“Che ne dite puntiamo tutto sulla stupidità degli italiani?”
“Ottima idea, funziona sempre”
“Continuiamo a parlare male dei migranti?”
“Siamo arrivati al 17% nonostante anni di furti e incompetenza politica solamente puntando sui negri, continuiamo porco due”
“Slogan? St’anno vanno tanto, così li pubblichiamo su Fb”
“L’Italia agli italiani, ti piace?”
“Figo, andata! Pubblico subito”
Ma parliamo dell’Italia agli italiani:
C’è un’emergenza immigrazione da risolvere.
C’è un’emergenza immigrazione da risolvere?
No brutto pirla, non c’è nessuna emergenza immigrazione da risolvere. Rispetto al 2017 in un anno, l’immigrazione è calata dell’80% (ottanta, ripeto ottanta…secondo i dati della Fondazione Ismu, non secondo il meme con 4,5 mln di Like).
È calata prima ancora che arrivasse il decerebrato che si fa chiamare “capitano”…(l’unico capitano è Zanetti, al massimo Baresi o Maldini, non ce ne sono altri)!
Ma andiamo avanti; quanto ci costa l’immigrazione? Circa 4,6 miliardi l’anno (e voi direte: QUATTROVIRGOLASEIMIGLIARDIIII VERGONIAAAA, perché lo so che lo dite)…ma questi 4,6 miliardi non vanno mica ai “negretti” eh…no, a loro vanno circa 2,5 euro al giorno, (due virgola cinque) (niente iPhone, niente alberghi di lusso, niente ombrelloni in prima fila, e nemmeno cene da Cracco pagate).
Ma voi siete comunque indignati (perché chiamarvi razzisti poi vi offendete).
Sapete che se questi 4,6 miliardi venissero ridistribuiti, oltre a rendere disoccupata un sacco di gente adibita all’accoglienza, porterebbe nelle tasche della signora Maria,pensionata di turno…circa 1/2 euro in più (ma forse sto esagerando)!
Ora, senza stare a dettagliare i problemi che affliggono il nostro paese, facciamo un rapido conto di quelli macro, quelli insomma che fanno davvero la differenza.
Lo sapete quanto fattura la Mafia? Non lo sapete? Vabbó ve lo dico 150 miliardi l’anno…(centocinquantamiliardi) 150 cucuzze provengono dalla criminalità organizzata. (Oltre 40 miliardi in più rispetto al primo gruppo italiano “legale”…Exor).
Vogliamo parlare dell’evasione fiscale? Secondo i dati ISTAT vengono evasi circa 300 Miliardi l’anno (TRECENTO! sapete la differenza tra 300 e 4,6 dei migranti sopra quant’è? No, non ve lo dico. Lo fate con la calcolatrice…ah un miliardo ha 9 zeri, giusto per aiutarvi). Naturalmente non conto gli altri 200 miliardi di evasione derivanti da attività criminale, sennò saremmo oltre i 500! Facile.
Quindi mentre non dichiarate i vostri guadagni, mentre taroccate bilanci, mentre pagate in nero qualsiasi cosa…fatevelo un piccolo esame di coscienza la prossima volta che vi sentite DERUBATI perché spendono 2 euro dei NON vostri soldi per aiutare qualcuno che forse forse sta un pelo peggio di voi. Pensate a quelli che inculate giornalmente al vostro vicino di ombrellone.
Vogliamo scrivere due righe sulla corruzione? Beh sono circa 100 miliardi l’anno a spese del bel paese…
Quindi, pallottoliere alla mano, sono circa 700 miliardi che “mancano” all’Italia ogni anno, solo da questi 3 problemi. Solo da questi.
Poi se volete aggiungere spesa pubblica ad cazzum, stipendi dei politici, rimborsi elettorali, pensioni d’oro e altre decine e decine di merdate che pesano su ognuno di noi….beh facciamolo.
Però, però, il problema sono i migranti. E sapete perché?
Perché siete un branco di pirla che vi fate fare il lavaggio del cervello, da un malvivente che usa la vostra stupidità per ottenere consensi, che vi instilla la paura nel cervello, che usa il DIVERSO come perno per aumentare la sua popolarità e accrescere il vostro odio.
Odio verso il nemico che non esiste.
Odio che vi porta a sparare troiate tipo: “non sono razzista, ma…” un po’ come se dicessi “sono vegano, ma il controfiletto la sera me lo mangio lo stesso!”
Avete rotto il cazzo.
Oltre ad avere il quoziente intellettivo di Sossio Aruta durante una puntata di uomini e donne…e il battesimo come titolo di studio, siete solo dei razzisti nascosti dietro il vostro “amore per la patria”…che ogni giorno puntualmente buttate nel cesso con la vostra intolleranza retrograda.
Fatevi un esame di coscienza, se ne avete una…e se tenere 5 giorni in mare esseri umani per voi “è corretto perché mica possiamo tenerli tutti noi, aiutiamoli a casa loro, e la signora Pina prende 400 euro al mese di pensione, vergoniaaa”…fatevi un cazzo di giretto in quei posti dove regna povertà e guerra…con la speranza che qualcosa lì vi trattenga e che qui non ci torniate più.
Perché a me, come a tanti grazie a Dio, fanno pena gente come voi.
Vi avrei anche fatto il Meme, ma non sono capace.
In sintesi: Avete rotto il cazzo.
giovedì 30 agosto 2018
IL PD DEVE USCIRE DEFINITIVAMENTE DAL DISCORSO DELLA SINISTRA
Quello che i primi mesi del periodo del governo Conte ci stanno insegnando è che sì non ci siano stati degli interventi concreti per migliorare la situazione dello Stato,vuoi per la continua propaganda sui migranti che è un arma di distrazione di massa sulle tematiche sociali ed economiche,vuoi anche perché l'opposizione è ancora peggio di quei personaggi che pur litigando ogni tanto si sono divisi le poltrone.
Tornando all'opposizione e su dei nuovi ritorni di fiamma parlando di una sinistra unita dopo la rappacificazione di un pomeriggio in quel di Milano mentre Salvini e Orban si scambiavano effusioni(vedi:madn i-nuovi-mostri ed un quasi melenso left.it/il-rientro/ ),il Pd che si propone nuovamente come capo fila del progetto e la bile ha cominciato ad invadere gli organi interni.
Lo spiega bene l'articolo di Contropiano(fuori-il-pd-dalle-nostre-piazze )a firma di Ilaria Norma il perché di un Pd che non deve più nemmeno osare di mettere il becco quando in Italia si parla di sinistra,con gli esempi funesti che ne hanno contraddistinto gli ultimi governi fantoccio imposti dalla troika.
Che hanno impoverito non solo economicamente gli italiani ma soprattutto culturalmente,alimentando i votanti della destra e dei grillini in quando con la loro politica reazionaria non hanno saputo più essere il punto di riferimento della classe operaia,che intontita e abbastanza rincoglionita già di suo ha preferito alle elezioni rivolgersi direttamente a chi è di destra e ne va fiero.
L'occasione della manifestazione contro in novelli Hitler e Mussolini ha visto molte bandiere piddine,cosa che non è stata accettata dai compagni catanesi scesi a protestare contro l'ignobile questione della nave Diciotti,e visto l'andazzo generale l'associazione Pd-sinistra non è vista molto di buon grado.
La svolta antirazzista del Pd cominciata a Como e proseguita a Macerata(vedi anche:madn una-strana-manifestazione )è solo la facciata buona che vogliono mostrare,si sono dimenticati che durante il loro esecutivo è stata colpa loro l'originarsi della catena di violenze di matrice xenofoba e lo sdoganamento del fascismo che ben difeso da istituzioni e polizia ha fatto nuovamente uscire dalle fogne questi quattro malcagati.
Fuori il Pd dalle nostre piazze.
di Ilaria Norma
Oscillo costantemente tra la voglia di togliere Facebook, sfogatoio dei peggio istinti per alcuni e campo di battaglia e infamate anziché di analisi politica per altri – i più vicini (paradosso) – e provare invece a porre di nuovo elementi di analisi politica. D’altronde devo prendere atto che tanti, che si definiscano di sinistra o meno, non frequentano per nulla, se non raramente, un’assemblea, così solo in Facebook trovano luogo dove confrontarsi (anche se spero non si pensi di “fare politica”).
Però mi sono molto arrabbiata quando, dopo tutto quello che è successo a Catania, qualcuno si è permesso di aprire una aspra polemica contro l’ammainamento obbligato delle bandiere del Pd anzichè di ringraziare i compagni e le compagne generosamente in piazza a stroncarsi sotto il sole e i manganelli. Dinamica che potrebbe ripetersi oggi in piazza a Milano, nell’ennesima piazza mista dove l’unico collante con un certo mondo pare essere l’antirazzismo.
Vedete, c’è un piccolo aneddoto che secondo me può rendere meglio la situazione, contestualizzarla con un elemento politico, visto che il resto pare non contare (sembra inutile ricordare il Pd del Jobs act e della Buona Scuola o la Leu pro Israele e ogni guerra votata fino ad ora,che ce la vorrei vedere la Boldrini a parlarci coi rifugiati palestinesi…). Così lo racconto, perché evidentemente in tanti sono smemorati su cosa sia stato il Pd e quindi l’elencazione dei danni provocati da questo partito non paiono efficaci.
Durante l’alluvione a Lentigione, piccolo paesino della “rosa sbiadito” Emilia Romagna, una signora alluvionata, evidentemente incuriosita dal logo delle Bsa (che di certo non nasconde l’orizzonte politico di appartenenza), ci ha detto una cosa molto semplice. Che noi eravamo bravissimi, lavoratori instancabili, davvero solidali e umili, ma che lì, in paese e non solo, tutti odiavano “i comunisti” e “la sinistra” perché il Pd aveva solo reso tutti più poveri.
Il particolare mi aveva colpito che lo dicesse proprio lei, lei che si è adoperata più di tutti nell’organizzare un piano solidale e collettivo di pulizia del paese, pranzi collettivi e bar gratuito per rifocillare i volontari. Oltretutto neppure italiana di origine, ma fiera elettrice leghista. Questo ci ha detto: voi siete bravi, siete diversi, ma la sinistra fa schifo quindi fate meglio a non dirlo che siete di sinistra, perché ci passate male anche se fate bene.
La saggezza popolare mi ha tirato una roncolata sulla nuca quel giorno, così ho lungamente pensato a quanto ormai sia un fardello definirsi “di sinistra”, ma inizialmente l’ ho pensato quasi solo come problema comunicativo, di frame narrativo da opporre al frame dominante.
Poi no, poi ho pensato che qui il problema, la separazione, è nettamente e squisitamente politica. Perché appunto mi sono resa conto che col Pd non condividiamo mai le piazze in difesa del lavoro, contro le privatizzazioni o in difesa della scuola e dell’ambiente, ma solo ed esclusivamente quelle antirazziste.
Il punto sta proprio qua: la “sinistra liberal” è antirazzista in solo in termini etici perché violentemente antipopolare in termini di visione delle condizioni materiali (casa, lavoro, salute, istruzione), culturali e psicologiche della classe.
Son profondamente convinta che la svolta reazionaria sia frutto non di immediato razzismo (il razzismo è solo una delle molteplici forme che assume la paura), ma della paura generata da un forte senso di precarietà, assenza di prospettive, impoverimento generale, tensioni internazionali. Paura alla quale la stessa “sinistra liberal” (che lo scrivo tra virgolette perché per me il neoliberismo è di destra e quindi anche il Pd è un partito di destra) ha risposto con ennesime dosi di mercato: riuscire a criticare da destra pure il “decreto Dignità” era una operazione che poteva riuscire veramente a pochi “geni”, ma noi ci pregiamo di avere il Pd e quindi tutto può succedere.
Così, a chi passa le giornate a condividere indignato i post di Salvini come se questo risolvesse qualcosa, ma poi si incazza se si obbliga ad ammainare le bandiere di una storia infame, mi sento di dire che ciò che ora ci è davvero utile è fornire risposte opposte a quelle che ha fornito la “sinistra liberal” alla paura generata dalla crisi.
Un piano di proposta che contestualizzi la paura come frutto generalizzato della crisi del capitale e della supremazia dei mercati su tutto, prodotta anche e principalmente dal Pd.
Un piano di risposta sulle condizioni materiali di vita, non su presunti gradi di umanità, perché sfrattare famiglie senza alternative come si è pavoneggiato di aver fatto il buon Nardella (più della Lega ne abbiamo fatti, strepitava baldanzoso ai giornali) e ancor più spesso Minniti è altrettanto inumano.
Una risposta che dica, molto semplicemente, che allo strapotere del mercato e del profitto opponiamo il potere delle nostre lotte organizzate in difesa delle nostre vite.
Lo dico perché, tornando al dibattito facebookiano, sentirsi ripetere le solite cazzate sul settarismo di chi non vuole il Pd in piazza, è solo la forma assunta sempre più spesso dal dibattito: sterili sfoghi di bassa lega, banalizzazione, superficialità, quel sapor di “centrosinistra” mai abbandonato che riappare a cicli (prima tutti insieme contro Silvio e gli effetti li abbiam visti tutti, poi tutti insieme contro Salvini… poi poi…).
Quindi spero, tornando al succo politico, che si capisca un punto: il Pd ad oggi è come un virus, che qualsiasi cosa tocca rovina. Ma non per causa nostra, per ostracizzazioni estremiste o irresponsabilità rispetto alla gravità della situazione, ma perché responsabile del precipitare delle condizioni di vita di milioni di sfruttati, che lo sanno benissimo e lo ricordano ogni giorno.
Lo so che tanti si ritengono superiori alla massa di “incolti” grillini, leghisti, astensionisti di vario genere, ma va anche detto che il bello del popolo è che è schietto e diretto quando la propria vita peggiora, perché forse non avrà studiato quanto molti cari intellettuali, ma la fame la patisce (al contrario degli intellettuali).
Se vogliamo davvero salvare questo paese da una svolta reazionaria pesantissima, sono fermamente convinta sia proprio allontanandosi dalla colpevole sinistra liberal che possiamo farcela. Segnando una separatezza netta da chi è stato, e continua ad essere, antipopolare. Separatezza che già vive ed esiste in tutte le piazze e mobilitazioni, salvo quando si parla di antirazzismo.
Quindi no, nessuno va fisicamente allontanato dalle piazza antirazziste e antifasciste se viene dalla base del Pd (invece vi prego, datemi in mano Minniti…), ma il vessillo dell’antipopolare Pd non deve svettare nelle nostre piazze: non mi assumo la responsabilità del loro essere avversari di classe, siamo stati sempre dalla parte opposta della barricata e la loro bandiera mi fa schifo come quella della Lega.
Se non si afferra questo punto, vi invito a farvi un bel giro nei quartieri a chiedere pareri sul Pd: forse vi aprirà gli occhi molto più di un politicista e sterile dibattito “sull’unità”.
Grazie infinite ai compagni e alle compagne di Catania, che non confondono l’etica moralista con la lotta politica concreta, la morale religiosa con la lotta di classe.
mercoledì 29 agosto 2018
LA PROPAGANDA NEONAZI SCATENA L'ODIO IN SASSONIA
Non è la prima volta che la Sassonia è teatro di scontri tra nazisti e antifascisti per via della questione dell'accoglienza dei migranti,già qualche tempo fa ad Heidenau(madn notti-di-scontri-in-sassonia )vi furono episodi d'intolleranza e di odio simili a quelli che stanno accadendo a Chemnitz,l'ex Karl Marx Stadt ai tempi della Germania Orientale.
Dove focolai anche grossi di merde neonaziste sono incitate dalla propaganda di movimenti razzisti e xenofobi come Pegida oltre che dall'ultimo arrivato Afd(madn un-partito-nazionalista-nel-bundestag )che punta molto come in Italia hanno fatto Lega e Cinque stelle sul fattore migranti tralasciando altre tematiche molto più rilevanti ma più difficili da portare avanti con discussioni alla maggior parte della gente.
Che vede nel nemico immigrato soprattutto se di colore più scuro il perfetto capro espiatorio di tutto quello che non va,anche se è il popolo il principale artefice delle sue disgrazie mandando sugli scranni dei vari parlamenti personalità inadeguate.
L'articolo preso da Infoaut(antifascismonuove-destre )parla della cronaca di queste notti,della caccia allo straniero da parte di centinaia di nazisti ma anche della difesa degli antifascisti che nonostante la complicità delle istituzioni e della polizia verso i neonazi stanno tenendo duro impedendo che quel fiume di merde scorra per la città tedesca.
Chemnitz, due giorni di offensiva neonazista.
Una forte mobilitazione neonazista è in corso sin dalla scorsa domenica a Chemnitz, città chiamata Karl-Marx-Stadt ai tempi della DDR e ora – un po' come gran parte della Germania Orientale – tra i luoghi dove più forte è la presenza di componenti organizzate come Pegida. Ma anche dove maggiore consenso sta avendo il partito nazionalista AfD, entrato per la prima volta in Parlamento nelle scorse elezioni con una retorica fortemente xenofoba e suprematista.
I fatti che hanno portato alla mobilitazione derivano dalla morte per accoltellamento di un uomo sabato scorso presumibilmente per mano di una coppia di migranti, uno siriano e uno iracheno, che al momento però sono solamente sospettati di aver commesso il fatto. Il tutto sarebbe a sua volta scaturito tra una lite tra i due e altri tre ragazzi, tra cui la persona che ha perso la vita.
Sin dalle prime ore di domenica in Rete, sul modello che purtroppo ben conosciamo, hanno incominciato a circolare false notizie secondo le quali l'aggressione sarebbe stata motivata da un tentativo di violenza sessuale su una ragazza da parte della coppia ora in carcere. Fomentando l'equazione migrante = violentatore che sin dagli atroci fatti del Capodanno 2017 a Colonia è tra le più abusate del neonazismo organizzato.
Nel pomeriggio di domenica numerosi nazisti, circa 800 secondo lo Spiegel, si sono scagliati contro qualunque persona non sembrasse “sufficientemente tedesca” brandendo bottiglie in una vera e propria caccia all'uomo nel centro cittadino. Un uomo afghano, uno siriano e uno bulgaro sono i tre uomini in condizioni più serie dei trenta che hanno riportato ferite.
Ma l'azione neonazista non si è sedata con lo “sfogo” domenicale. Per il giorno seguente lunedì 28 agosto Pegida ha lanciato un'altra manifestazione, mentre contemporaneamente su Twitter un rappresentante locale dell'AfD incitava all'autodifesa dei tedeschi contro i migranti, data la mancanza della protezione dello Stato nei confronti della “migrazione dei coltelli”. Tra le quattro e le cinquemila persone hanno risposto alla mobilitazione che doveva sfilare per il centro cittadino.
Alla piazza neonazi questa volta però si è contrapposto un concentramento antifa, chiamato a pochi metri di distanza da quello xenofobo, e partecipato da circa 2000 persone. Nonostante il numero soverchiante dei nazi, arrivati per gran parte da località limitrofe, gli antifa sono riusciti a impedire che la manifestazione xenofoba potesse agire liberamente per la città, contrapponendosi al corteo per quanto possibile. Il corteo xenofobo è però sfociato a sua volta, in tipico stile neonazi, in assalti tanti-contro-uno nel corso della notte che hanno portato a ulteriori feriti. Per una cronaca esaustiva, rimandiamo al live-tweeting di EnoughIsEnough.
La protesta ha un notevole spessore politico sia per quanto riguarda la strada che i palazzi. AfD punta moltissimo sulle prossime elezioni europee sul tema delle migrazioni, per provare ad erodere il dominio politico della Merkel e rivedere in senso ancora più nazionalistico le posizioni della Germania in merito all'Unione Europea. Per farlo ha sfruttato una pagina di cronaca nera, raccogliendo probabilmente anche più consenso di quanto avrebbe pensato, con due giornate indubbiamente problematiche e pericolose data l'alta partecipazione.
Le politiche di Merkel, sotto accusa sin dalla decisione del 2015 di dare la cittadinanza a più di un milione di siriani in fuga dal conflitto locale, sono ora al centro del dibattito pubblico e in passato anche il ministro dell'Interno Seehofer si è esposto in senso della necessità di ridurre ulteriormente le migrazioni in un paese che anche in forza degli accordi di Dublino non ha alcuna reale pressione migratoria al suo interno.
Per Giovedì e Sabato sono lanciate nuove mobilitazioni da parte dei nazi a Chemnitz. Ma proprio ora sono in corso mobilitazioni sotto il Parlamento regionale di Dresda, dove però gli antifa sembrerebbero superiori per numero ai nazi e mentre le istituzioni, impegnate anche nello sgombero dell'occupazione di Hambach, continuano a non andare oltre dichiarazioni di rito sul ristabilimento dell'ordine connivendo di fatto con la mobilitazione neonazista.
martedì 28 agosto 2018
I NUOVI MOSTRI
Oggi a Milano incontro bilaterale tra due dei peggiori sovranisti reazionari,razzisti e xenofobi che tanto ricordano Hitler e Mussolini,perché personaggi come Orban e Salvini ne ricalcano l'appartenenza e ne rievocano le ambizioni.
Il primo ministro ungherese e il ministro dell'interno italiano s'incontreranno per un vertice che vedrà il problema dei migranti come piatto forte,con l'Ungheria,nazione portavoce del gruppo Visegrad(madn gli-austroungarici )richiamata più volte per i suoi intollerabili comportamenti nei confronti dei rifugiati,e l'Italia che sappiamo non essere il top nell'accoglienza preferendo fare annegare i profughi nel Mediterraneo.
L'articolo(left.it/2018/08/27 )parla molto del fatto che i rifugiati in Ungheria detenuti in regime carcerario che sono in attesa dell'appello a chi è stata negata la richiesta d'asilo non siano nutriti e che possano lasciare il paese per andare in Serbia,dove la situazione è peggio se non simile.
Uno lascia che i profughi anneghino, l’altro li affama. Per Salvini e Orban appuntamento a Milano.
di Checchino Antonini
Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, incontra il primo ministro ungherese, Viktor Mihály Orban, martedì 28 agosto a Milano. È il vertice dei due leader sovranisti più importanti d’Europa, il vice premier del secondo Paese manifatturiero della Ue e il capofila del gruppo di Visegrad, uno lascia che i profughi anneghino nel Mediterraneo, l’altro li affama. Da un lato l’artefice della linea dura contro i profughi a bordo della nave Diciotti, dall’altro il capo di un governo a cui la corte europea dei diritti umani ha appena intimato di riprendere la distribuzione di cibo alle persone la cui domanda di asilo è stata respinta.
Le autorità ungheresi, infatti, stanno adottando questa linea per spingere i richiedenti asilo a lasciar perdere la loro domanda. Lo ha denunciato un’organizzazione per i diritti umani, il Comitato Helsinki Ungherese (Hhc). L’agghiacciante forma di pressione è riservata a chi ha presentato appello dopo che la richiesta di asilo è stata respinta. I migranti in attesa di appello sono rinchiusi in un centro di transito in Ungheria, al confine con la Serbia. Mentre è in corso la procedura d’appello, i migranti non possono entrare in Ungheria ma sono liberi di andarsene in Serbia, spiega l’Hhc, citando richiedenti asilo e i loro avvocati: «Si tratta di un trattamento inumano e di una situazione legale assurda». «Sembra che questo sia un altro piano disumano del governo per dissuadere la gente dal chiedere asilo in Ungheria, costringerli a rinunciare alle loro richieste e tornare in Serbia per procurarsi del cibo», ha spiegato in un’intervista ai media, Lydia Gall, ricercatrice Hrw, Human Rights Watch, per l’Europa dell’Est e i Balcani.
Per la ong ungherese, affamare queste persone è l’ultimo passo del premier ungherese, l’ultranazionalista Viktor Orbán, nella sua battaglia per impedire che i migranti calpestino il suolo del paese. «Siamo indignati dalla tattica di usare la privazione di cibo per scoraggiare i rifugiati in situazioni vulnerabili. E’ totalmente disumano», afferma Anna Simai, direttrice della comunicazione della Hhc. «Completamente scandaloso e assurdo dover ricorrere ai tribunali per ottenere una fetta di pane», aggiunge Lydia Gall.
Il 10 agosto scorso è arrivata alla Cedu la delegazione dei legali di Hhc per chiedere misure urgenti a Strasburgo per nutrire le due famiglie. Hanno anche documentato il caso di due fratelli siriani che lasciati due giorni senza mangiare. In totale, sono stati rilevati otto casi. In risposta agli appelli per le misure provvisorie, la corte ha immediatamente e provvisoriamente ordinato alle autorità ungheresi di ridistribuire il cibo a queste persone. L’inumanità delle autorità ungheresi si rivela nei dettagli: Ahmed, secondo il racconto di un quotidiano spagnolo, ha lasciato l’Afghanistan quando era un bambino, dopo che suo padre e suo fratello furono uccisi. Ha incontrato Nadia, sua moglie, in Iran, da dove sono dovuti fuggire quando hanno cercato di reclutarlo per combattere in Siria. Hanno trascorso venti mesi in Serbia in attesa di attraversare il confine con l’Ungheria. La famiglia di cinque membri – tra cui un bambino di tre mesi – è riuscita a farlo il 10 luglio. Lo stesso giorno, hanno presentato una domanda di asilo che le autorità ungheresi hanno respinto un mese dopo. Sono stati agli arresti in un centro al confine di Röszke per essere espulsi in Serbia. A Nadia e ai suoi figli è stato dato del cibo. Ad Ahmed, no. Né hanno permesso alla famiglia di condividere le razioni con il padre. Nadia e Ahmed sono nomi fittizi, ma il loro caso è reale. Lunedì scorso, il 20 agosto, è stato impedito l’ingresso a un sacerdote che cercava di consegnare pacchi di generi alimentari nelle cosiddette “zone di transito”, gli unici luoghi in cui, secondo le nuove leggi promosse da Orbán, i rifugiati possono presentare le loro petizioni, dove devono attendere la fine del procedimento, anche se fanno appello, luoghi che, secondo le ONG, sono che centri di detenzione. Hrw comunica che ci sono almeno 120 richiedenti asilo nelle aree di Rözske e Tompa, al confine con la Serbia, in attesa di una decisione e a rischio di taglio dei viveri.
Dal primo luglio, infatti, è stato varato il cosiddetto pacchetto “Stop Soros”. Secondo la nuova legislazione, le autorità considerano “inammissibili” le richieste di asilo di chiunque sia entrato in Ungheria da un paese considerato sicuro dalla legislazione nazionale, inclusa la Serbia, anche se l’Unhcr ha raccomandato di non rimpallare i richiedenti col paese confinante. La nuova legge permette la deportazione anche di chi fa appello alla decisione, denunciano le organizzazioni specializzate: «E’ una situazione legale assolutamente assurda», afferma Simai.
L'”ufficio per l’asilo” dell’Ungheria afferma che non c’è nulla nella legislazione ungherese che obbliga a fornire cibo alle persone che si trovino nella “procedura di sorveglianza degli stranieri” nelle zone di transito. Ma per Hrw, «l’argomento è falso. Le autorità ungheresi hanno l’obbligo di fornire servizi alimentari e sanitari adeguati a tutte le persone in loro custodia», i trattati sui diritti umani proibiscono “trattamenti inumani e degradanti” di persone sotto custodia della polizia e chiedono che vengano “trattati con dignità”, inclusi la fornitura di cibo, acqua, igiene e cure mediche. L’ennesima denuncia sul trattamento dei rifugiati da parte delle autorità ungheresi arriva in un momento in cui si impongono sempre più ostacoli alle organizzazioni che difendono i diritti dei migranti in Ungheria. Come spiegato dal Comitato ungherese Helsinki, solo gli avvocati con un’autorizzazione speciale possono entrare nelle zone di transito, ma una volta lì devono recarsi in un container designato per poter interrogare i richiedenti. Le stesse leggi approvate con il nome di “Stop Soros”, in riferimento al magnate americano di origine ungherese George Soros, puniscono con un anno di carcere la fornitura di servizi e consulenza a migranti e richiedenti asilo.
A metà settembre ci sarà la riunione dei ministri dell’Interno europei, e lì si vedrà. «Ci sarà parecchio di cui parlare – dice lo stesso ministro degli Interni a proposito dell’incontro con il premier ungherese – si dice che in base ai trattati, alle convenzioni, a Ginevra, noi non possiamo riportare gli immigrati indietro. Bene. Ma trattati e convenzioni si possono modificare». Stessa retorica xenofoba, simili misure anti-immigrazione e uguale rifiuto di accogliere i rifugiati nell’Unione europea: sta nascendo un polo sovranista e xenofobo di partiti al governo.
Intanto è scissione nel partito ungherese di estrema destra Jobbik: c’è infatti chi voleva andare ancora più a destra, mal digerendo il recente ammorbidimento della linea. E così nasce il movimento “Patria nostra”. Jobbik, che aveva conquistato il secondo posto dopo il Fidesz di Viktor Orban alle ultime elezioni di aprile, con il 18% e 1,2 milioni di voti, si indebolisce notevolmente con la fuoriuscita della corrente estremista guidata da Laszlo Torockai, sindaco di Asotthalom, un comune al confine sud del Paese. Del gruppo parlamentare di 26 deputati una sola esponente lascia, ma sono numerosi i rappresentanti regionali e comunali che hanno aderito alla novità, che nasce come movimento ma presto diventerà un partito registrato. Torockai ha indicato due obiettivi immediati: i referendum sull’appartenenza dell’Ungheria all’Ue e sulla reintroduzione della pena di morte.
lunedì 27 agosto 2018
LO STATO CHIEDE UN RISARCIMENTO A SE STESSO PER I FATTI DELLA DIAZ
Uno Stato che indaga e accerta che dei suoi servitori sono risultati colpevoli senza dubbio alcuno e a loro viene richiesto un risarcimento,non so se definirlo corrotto fino all'osso per avere permesso che parte di quella gentaglia non solo abbia tenuto il proprio lavoro ma che abbia avuto promozione,oppure capace di lasciare una speranza visto che a distanza di anni si è arrivati(forse)alla parola fine di una vergognosa vicenda.
I fatti accaduti alla scuola Diaz nel G8 genovese del 2001(madn la-sentenza-sulla-macelleria-messicana )hanno fatto sì che l'organo dello Stato della Corte dei Conti della Liguria abbia chiesto a titolo di risarcimento per danno patrimoniale e d'immagine otto milioni di Euro a 27 funzionari dello Stato che negli anni come detto hanno continuato il loro sporco lavoro anche se condannati in maniera definitiva.
Il redazionale di Contropiano(scuola-diaz-lo-stato-chiede-il-risarcimento-a-poliziotti-che-non-ha-neanche-licenziato )parla della sentenza e di alcuni degli indagati raccontandone gli avanzamenti di carriera e le nefandezze compiute in quell'occasione,che Amnesty International definì come"la più grave dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale".
Scuola Diaz. Lo Stato chiede il risarcimento a poliziotti che non ha neanche licenziato.
di Redazione Contropiano
Con singolare noncuranza i principali media e la politica tutta (compresi i sedicenti progressisti di Leu e frattaglie varie) hanno ignorato una notizia che ovunque sarebbe un vera e propria “bomba”. La prendiamo così come l’ha segnalata l’agenzia Ansa:
“
La procura della Corte dei Conti della Liguria chiede un risarcimento danni di oltre 8 milioni di euro (3 milioni di danni patrimoniali e 5 per danno d’immagine) a 27 appartenenti ed ex appartenenti alla polizia di stato, per i pestaggi avvenuti alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001. A essere citati dalla procura contabile sono i dirigenti e i funzionari dell’epoca, tra questi anche Francesco Gratteri, allora direttore del servizio centrale Operativo, il suo vice Gilberto Caldarozzi; il capo della Digos di Genova Spartaco Mortola oltre al comandante del primo reparto mobile di Roma, Vincenzo Canterini, il suo vice comandante e i capisquadra; oltre agli altri funzionari coinvolti nei fatti. Per la procura, devono risarcire un danno patrimoniale indiretto, ovvero i risarcimenti alle parti civili pagati dal Ministro, oltre alle spese legali per i processi, il tutto per oltre 3 milioni di euro. Nei prossimi mesi sarà fissata l’udienza davanti ai giudici contabili che dovranno decidere nel merito.
Sintetizziamo: un organo dello Stato (la Corte dei Conti) chiede un risarcimento a favore dello stesso Stato a funzionari di polizia che – condannati in via definitiva – sono certamente colpevoli dei reati loro imputati.
La cifra è ragguardevole, ma neanche tanto, a confronto dei danni provocati, ma facciamo finta che vada bene.
Ci si attenderebbe che ora quei funzionari siano da considerare ex, visto che la condanna definitiva – come per tutti i comuni mortali e sicuramente per i normali dipendenti pubblici che si macchiano, chessò, di far timbrare a qualcun altro il cartellino – avrebbe dovuto comportare il licenziamento. Tanto più questo minimo criterio di sicurezza e sanzione dovrebbe valere per ruoli dello Stato di grande delicatezza, che vanno a incidere sia sulla libertà/integrità fisica dei cittadini, sia per l’immagine/credibilità dello stesso Stato.
Sappiamo tutti che non è così. Tutti i condannati, cui giustamente ora la Corte dei Conti chiede di pagare i danni, sono stati non solo mantenuti nei ruoli o fatti rientrare dopo periodi di sospensione dal servizio, ma in quasi tutti i casi sono stati addirittura promossi ad incarichi di altissima responsabilità. Ben più alta di quella che avevano al tempo dei fatti di Genova.
Francesco Gratteri – il “più noto fra i condannati per il verbale fasullo” sulle molotov portate nella scuola Diaz da alcuni poliziotti – è uno di quelli che non è mai stato neanche sospeso. Fra il 2001 e il 2012 (data della sentenza definitiva) diventa prima capo dell’antiterrorismo, poi Questore di Bari e, con il grado di prefetto, coordinatore del Dac (Divisione Centrale Anticrimine). E’ “a un certo punto – spiega La Stampa – il numero 3 della polizia italiana e porta avanti inchieste cruciali con successo”. Poco dopo il pronunciamento della Cassazione va in pensione. Sostanziosa, immaginiamo…
Gilberto Caldarozzi è diventato poi vicedirettore della Dia, la Direzione Investigativa Antimafia. Di fatto il leader operativo che ha il controllo delle inchieste più delicate. E’ tecnicamente un pregiudicato per falso: la Cassazione fissò una pena a 3 anni e 8 mesi poichè aveva firmato insieme a molti altri il verbale di perquisizione in cui si avallava il “ritrovamento” di due bottiglie incendiarie esibite la mattina successiva nel corso di una conferenza stampa. Al momento della condanna definitiva – 5 luglio 2012 – Caldarozzi era capo del servizio centrale operativo. Sospeso per l’interdizione dai pubblici uffici “era stato ingaggiato da Finmeccanica quando era presidente Gianni Di Gennaro, cioè il capo della Polizia nel periodo del G8”. Finmeccanica è una società controllata dello Stato, che dovrebbe spulciare con una certa scrupolosità I certificati penali dei suoi dipendenti; e a maggior ragione dei dirigenti….
Pietro Troiani (“per i giudici fece portare alla Diaz le false molotov”) “nel 2017 è diventato comandante del centro operativo della Polstrada a Roma“. La Stampa ricorda che “secondo le carte del caso Diaz, è l’uomo che nella notte del 22 luglio 2001 ordinò a un assistente di trasportare nell’Istituto le bombe trovate il giorno prima in tutt’altra parte della città… Ha preso 3 anni”.
Spartaco Mortola è stato invece condannato ad un anno e due mesi. A seguito della condanna il prefetto aveva annunciato le sue dimissioni, respinte dal governo, ottenendo pieno sostegno sia da parte degli esponenti dell’allora maggioranza di centro destra sia da parte di quelli dell’opposizione di centro sinistra. Il 22 novembre 2011 il sostituto procuratore generale Francesco Iacoviello ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza di appello, richiesta accolta dalla corte di Cassazione che ha assolto Mortola e De Gennaro “perché i fatti non sussistono”
Vincenzo Canterini, comandante del reparto Mobile di Roma, uno dei responsabili dell’irruzione alla Diaz, condannato a 5 anni di reclusione (poi ridotti a 3 e 6 mesi dalla Cassazione per prescrizione di alcuni reati minori), ha poi scritto un libro su quanto avvenuto alla scuola Diaz di Genova, dopo il G8, in cui accusa gli alti vertici della Polizia di Stato, De Gennaro e Mortola, di aver cercato di depistare le indagini, scaricando tutte le colpe sui suoi uomini. «La Diaz fu una rappresaglia scientifica alla figuraccia mondiale per le prese in giro dei black bloc. Un tentativo, maldestro, di rifarsi un’immagine e una verginità giocando sporco, picchiando a freddo, sbattendo a Bolzaneto ospiti indesiderati assolutamente innocenti».
Ci fermiamo qui, inutile fare l’eleco completo, che gira da anni, del resto.
Quanto scritto basta e avanza per segnalare la contraddizione tra un potere dello Stato che chiede risarcimento a gente che ancora è stipendiata dallo Stato, e altri organi di quello stesso Stato che invece li tutela fino alla morte della ragione.
Ci deve essere un perché, e a noi sembra piuttosto chiaro…
sabato 25 agosto 2018
LA FEDELI ALLA CORTE DEGLI AGNELLI
Valeria Fedeli,ex ministra della pubblica istruzione,della ricerca e dell'università col governo fantoccio dello spaventapasseri Gentiloni,è stata nominata quale sostituta di Marchionne nel consiglio d'amministrazione della Fondazione Agnelli,la classica istituzione per sgravare le posizioni fiscali di ricconi che con la facciata dell'impegno sociale riciclano denaro sporco.
Il redazionale di Contropiano(politica-news )parla dell'ennesima carriera fulminante di un ex dirigente Cgil(vedi:madn protesta-studentesca-alla-bicocca e link relativi)che ha assunto incarichi politici di rilievo e un conseguente buen retiro alle spalle dei lavoratori che avrebbero dovuto difendere e che invece hanno trombato.
Fedeli nel CDA della Fondazione Agnelli al posto di Marchionne.
di Redazione Contropiano
Carriere fulminanti che la dicono lunghissima sulla classe dirigente, i servi delle imprese e la “caratura” di certi sindacalisti.
Di Valeria Fedeli si sapeva poco fin quando non è stata investita dell’incarico di ministro della Pubblica Istruzione, Ricerca e Università nel governo Gentiloni. Gli addetti ai lavori l’avevano conosciuta come segretaria nazionale dei tessili Cgil per molti anni, in cui il settore è stato progressivamente smantellato (chiusure e delocalizzazioni), senza che il sindacato da lei diretto muovesse un dito per fermare il disastro; o almeno provarci.
Poi era stata eletta senatrice con il Pd, nominata vicepresidente del Senato, posto lasciato per quello di ministro.
Aveva sollevato scandalo il fatto di aver sostanzialmente “taroccato” il proprio curriculum di studi, vantando una laurea inesistente e persino un diploma di scuola superiore di natura incerta. Vederla a capo della ricerca e dell’università era certamente uno choc per chiunque avesse a cuore la qualità della formazione dell nuove generazioni.
Ora che anche sua carriera politica – dopo quella sindacale – è finita, risorge a nuova vita.
Un incarico più onorifico che di vero potere, che presumibilmente assicura ricchi gettoni di presenza e un’aura di internità ai poteri che contano.
Scrive infatti Orizzonte Scuola:
Valeria Fedeli, ex ministro dell’Istruzione, farà parte del Cda della Fondazione Agnelli: lo scrive “Il Tempo”.
John Elkann ha scelto la Fedeli come erede del posto vuoto lasciato da Sergio Marchionne nel CDA, che al momento è formato dalla vicepresidente Tiziana Nasi, da Anna Agnelli, da Tancredi Campello della Spina e da Gianluigi Gabetti, da Giorgio Barba Navaretti, Francesco Profumo e Salvatore Rossi.
La decisione sarebbe però è stata presa prima della morte di Marchionne con il via libera dell’Antitrust, causa l’incarico come ministro dell’Istruzione fino a poche settimane prima della candidatura, per evitare il conflitto d’interessi.
Non conosciamo le ragioni o i meriti che abbiano convinto gli Agnelli ad affidarle uno dei posti che occupava Sergio Marchionne. Ma di sicuro non devono essere legati alla sua pervicacia nella “difesa dei lavoratori”, dell’istruzione pubblica, di docenti e studenti.
Anzi…
venerdì 24 agosto 2018
L'ODISSEA GRECA CONTINUA
Come in un qualsiasi Stato europeo in gravi difficoltà c'è sempre chi dice che l'austerità imposta è stata o è necessaria,ed il primo paese membro che ha fatto da cavia al gioco della troika è uscito in questi giorni dagli otto anni di salasso che hanno fatto della Grecia un paese non libero dalle vessazioni europee ma che verrà ancora massacrato per i decenni futuri.
E ciò per tutte le decisioni prese a Bruxelles con Tsipras che ha abbassato il capo e che si è arreso ad un alleato-nemico troppo forte e potente per potere riuscire a cavarsela con i propri mezzi,ma ad un prezzo altissimo viste le privatizzazioni e le svendite dei beni pubblici che hanno lasciato un paese in ginocchio.
Nell'articolo(left la-grecia-di-tsipras )cifre su quello che ha rappresentato questo dominio europeo ma si potrebbe dire tedesco visto che i maggiori benefici tratti dalle sventure,cercate o trovate,della nazione greca li hanno ottenuti proprio a Berlino.
Con all'orizzonte le elezioni europee anche i numeri delle formazioni politiche stanno cambiando con una decina di punti percentuali persi da Syriza che vanno in altre formazioni di sinistra,con un leggero aumento dei nazisti di Alba Dorata ed un probabile governo di destra grazie a Nuova Democrazia che è vista come favorita.
La Grecia di Tsipras fuori dalla morsa della Troika ma a che prezzo?
di Checchino Antonini
La Grecia è ufficialmente fuori dal memorandum – una recente decisione dell’Eurogruppo ha differito al 2032 l’inizio del ripianamento di parte del debito – ma anche la stampa “amica” di Tsipras non può fare a meno di interrogarsi se davvero riuscirà realmente a lasciarsi dietro le spalle, «seppur gradualmente», otto anni di austerità, disoccupazione, emigrazione, miseria, suicidi, morti per malasanità e psicofarmaci a go-go per chi sopravvive. L’economia greca è stata distrutta per un quarto dall’inizio del “salvataggio”. Se il Pil cresce del 2% è comunque il 20% sotto quello del 2010. Le entrate dei greci sono crollate del 38,3%, il tasso di povertà si attesta al 22%, il sistema pensionistico pubblico ha subito tagli del 14 % e la maggior parte dei pensionati hanno perso un terzo del loro potere d’acquisto, il 30% delle imprese ha chiuso, gli investimenti delle imprese sono crollati del 60%, il tasso di disoccupazione supera il 20%, il debito pubblico è superiore al 178%, molti greci non hanno altra scelta che emigrare. Dei 260 miliardi di euro “prestati” dai creditori, l’89,7% è servito per ripagare i debiti.
Nel primo trimestre del 2018, il rapporto debito/Pil, al 180%, da solo svela l’imbroglio con cui sono stati imposti i memorandum. Nel 2009, infatti, il debito greco era una montagna di 301 miliardi di euro, il 126% del Pil e, grazie alle misure draconiane imposte dalla troika ha toccato quota 325 miliardi, per non parlare dell’indebitamento delle famiglie. «Un successo innegabile!», osserva da Atene, con amaro sarcasmo, Tassos Anastassiadis, esponente di Antarsya, la coalizione della sinistra alternativa. L’uscita dal commissariamento non significa fermare gli “impegni” e gli effetti strutturali delle “riforme”. «Da un lato, gli “impegni” sono stati presi fino al 2060, a partire da un ulteriore calo delle pensioni nel 2019 – ricorda Anastassiadis – dall’altra, vi è la continuazione delle “riforme” già programmate e “liberamente concordate”, in termini di vendita di spazi pubblici, concorrenza, flessibilizzazione del lavoro, ecc…». Anche Eduardo Garzòn, a cui dobbiamo le cifre economiche citate in testa, avverte che «chi crede che sia una buona notizia è perché non ha letto o capito la letra pequeña, le clausole scritte in piccolo, dell’ultimo salvataggio: la Grecia è obbligata a registrare un avanzo di bilancio primario (esclusi gli interessi sul debito) del 3,5% del Pil su base continuativa fino al 2022 e 2,2% fino al 2060».
Tsipras cita Omero per la ripartenza
Per l’occasione, il premier Alexis Tsipras non lesina citazioni dalla mitologia e dalla letteratura classica nel salutare la fine dei programmi di assistenza internazionali che, se da una parte hanno evitato la bancarotta, dall’altra hanno devastato la società ellenica con riforme durissime. Parlando simbolicamente da Itaca – in camicia davanti al golfo della piccola isola ionica – Tsipras si è rivolto in video ai greci affermando che il Paese ha superato la sua «Odissea moderna» iniziata nel 2010, e la fine dei piani di aiuti internazionali segna «un giorno nuovo, un giorno di redenzione, ma anche l’alba di una nuova era». In oltre sette minuti carichi di riferimenti omerici ed evocando viaggi su mari tempestosi, il premier ha spiegato che «i salvataggi dalla recessione, l’austerità e la desertificazione sociale sono finalmente finiti. Il nostro Paese riconquista il suo diritto a disegnare il proprio futuro». «Abbiamo lasciato le Simplegadi alle nostre spalle», ha aggiunto, in riferimento alle mitiche rocce del Bosforo che, cozzando tra di loro, impedivano il passaggio delle navi. Il premier greco ha quindi rivendicato l’opera del suo esecutivo, che a suo avviso ha compiuto la missione che si era prefisso nel 2015, «portare il Paese fuori dalle restrizioni dei memorandum e dall’austerità senza fine».
Ricordando i drammi economici e sociali di questi anni («Un viaggio che non è mai stato facile, ma ha sempre avuto una destinazione, anche nei giorni più bui, nelle tempeste più forti»), Tsipras ha detto che «abbiamo sentito le Sirene del “tutto inutile” molte volte: che le cose in Grecia non cambieranno, che i memorandum saranno qui per sempre, che non ha senso resistere contro Lestrigoni e Ciclopi, bestie contro le quali la piccola e debole Grecia non avrebbe mai potuto vincere. In questo punto di partenza, non commetteremo l’hybris (l’insolenza, la tracotanza) di ignorare le lezioni dei memorandum. Non ci faremo trascinare dall’oblio, non diventeremo lotofagi. Non dimenticheremo mai le cause e le persone che hanno portato il paese ai memorandum. La protezione della grande ricchezza dalle tasse, l’intreccio di interessi e la corruzione diffusa, l’impunità di una serie di gruppi di affari e dell’editoria che per anni credevano il paese gli appartenesse, il cinismo e il disprezzo di un’élite politica che credeva la Grecia fosse un feudo e i greci i loro docili soggetti». E, ha aggiunto, non ci dimenticheremo chi all’estero ci dileggiava e chi ci ha sostenuti. Il premier ha poi concluso ricorrendo di nuovo all’Odissea: «Adesso abbiamo nuove battaglie davanti a noi. I proci contemporanei sono qui e ci sono davanti. Sono quelli che vorrebbero vedere di nuovo la barca verso il mare e la gente di nuovo nella stiva. Quelli che hanno costruito “a loro immagine e somiglianza” la Grecia della corruzione, degli interessi e del potere dei pochi. Coloro che vogliono poter indisturbati evadere le tasse, fare i parassiti a scapito dell’interesse pubblico, avere i propri off-shore e depositi all’estero. Coloro che si considerano al di sopra di qualsiasi legge e norma. E tremano all’idea di una giustizia indipendente. Non lasceremo Itaca nelle loro mani. Ora che abbiamo raggiunto la nostra meta desiderata, abbiamo la forza di rendere la nostra terra come essa merita. Perché Itaca è solo l’inizio».
Prossime fermate: il rimpasto di governo e il programma economico per il 2019, anno delle elezioni europee.
Nei sondaggi il centrodestra vola verso la maggioranza assoluta
A poco più di un anno dalle nuove elezioni, il trend sembra prevedere un ritorno al potere della destra conservatrice. Questo lo scenario degli ultimi sondaggi elettorali diffusi dai principali istituti demoscopici ellenici. Syriza, dopo il doppio successo alle due tornate elettorali del 2015, sembra ora in netto calo. Gli istituti demoscopici valutano il partito di Tsipras tra il 22 ed il 25%, ben lontano dal 36 e 35% registrato nelle due elezioni 2015 inframezzate dal referendum contro il memorandum vinto dai No col 61,31 % ma poi totalmente disatteso dal governo di Syriza. In molti lo lessero come una capitolazione alla logica del Tina (There is no alternative). Molto peggio va al suo partner di governo, ovvero i nazionalisti moderati di Anel, valutati al 2%, al di sotto della soglia di sbarramento del 3%. Chi si prepara a tornare al governo è Nuova Democrazia (Nd) dato al 36-37% col quale, grazie al premio di maggioranza (50 seggi) potrebbe assegnare al centrodestra quota 150, la maggioranza assoluta. Rinascerebbe il Pasok, i famigerati “socialisti”, seppure in un blocco di centrosinistra con Dimar e To Potami sondati al 10%. Appena un punto sotto ma in crescita, i neonazisti di Alba Dorata. La formazione guidata da Nikolaos Michaloliakos è valutata tra l’8 ed il 9%, e al 7% i comunisti del Kke, che ad oggi passerebbero dal 5.6 al 7%.
Le reazioni in Italia
«La Grecia esce dal programma internazionale di bail out gestito dalla troika e riconquista la propria autonomia dopo 8 anni. Le difficoltà non mancheranno ma intanto Tsipras ha salvato il suo Paese con riforme e senso di responsabilità. Chapeau», scrive su twitter l’ex premier ed esponente Pd, Paolo Gentiloni. Di tutt’altro avviso Stefano Fassina, deputato dichiaratamente no euro dentro Leu: «È immorale la propaganda che oggi arriva dai vertici della Commissione europea sulla Grecia. Uno spot in vista delle prossime elezioni europee. A Bruxelles hanno la faccia tosta di congratularsi con il popolo greco per il “successo” di un’offensiva che ha avuto soltanto il merito di salvare le banche tedesche e francesi. I programmi della Troika guidata dai più forti governi e interessi della Ue hanno inferto drammatici colpi alle fasce sociali più deboli e alle classi medie greche. Hanno devastato sanità pubblica, pensioni e diritti del lavoro, generato povertà diffusa, emigrazione di mezzo milione di persone, in larga parte giovani qualificati, privatizzato-svenduto asset pubblici preziosi. Ma, oltre alle macerie sociali, il dramma è che il debito pubblico è arrivato al 180% perché i programmi hanno portato il Pil a un crollo del 30%. Un »successo« che, come ha scritto il Fmi, lascia tale debito su un sentiero di insostenibilità, coperto nelle celebrate previsioni ufficiali da irrealistici obiettivi di avanzo primario al 3,5% del Pil per i prossimi anni e poi sempre sopra il 2%. La Grecia, in realtà, rimane agonizzante, prigioniera dell’austerità, senza significative prospettive di crescita. Serve alla Grecia e a tutti nella Ue una rotta alternativa all’ordo-liberismo del mercato unico e dell’eurozona. La Grecia, purtroppo, dimostra che, nel quadro dato, anche la sinistra migliore è costretta a attuare, in profonda contraddizione con il mandato democratico ricevuto, l’agenda liberista».
martedì 21 agosto 2018
SALVINI RICORDATI QUELLO CHE HAI VOTATO
Lo sciacallaggio mediatico post Genova che ha coinvolto in maniera vergognosa tutti i principali partiti italiani ha avuto l'effetto di risvegliare per qualche giorno un possibile ritorno alla statalizzazione delle autostrade italiane,che con il passare delle ore viene visto,come preventivato,meno attrattivo che nelle prime sparate condizionate dal trauma dell'evento(madn grandi-opere ).
Lasciando per ora il tema di una seria nazionalizzazione di quello che era dello Stato,Alitalia compresa ma soprattutto quello legato alla sanità ed all'educazione nonché ai trasporti anche se fa più clamore lo scippo del calcio per tutti da parte dei soliti avvoltoi delle pay tv,l'articolo preso da Contropiano(le-verita-nascoste-della-solita-vecchia-lega-nord )tenendo contro delle concessioni generose verso i privati che si sono accaparrati il controllo della rete autostradale italiana,pone nero su bianco che le Lega votò il famoso emendamento"Salva Benetton"nel tristemente famoso Decreto legge 59 dell'8 aprile 2008.
Che agevolava in maniera oscena quello che già era stato scritto prima da D'Alema e Bersani ed in un successivo governo Prodi,azzerando di fatto le verifiche e la manutenzione dei privati delle autostrade italiane,un doppio regalo firmato da gentaglia come Salvini,che come la questione dei 49 milioni di Euro presi in maniera indebita per finanziare il suo partito ha tanto da ricordare,e soprattutto non fare sapere per nulla in giro(madn 49-milioni ).
Da notare l'immagine della Lega ti frega sponsorizzata direttamente dai grillini,ma erano altri tempi in cui le poltrone si contendevano e non si dividevano.
Le verità nascoste della solita vecchia Lega Nord.
di Sergio Scorza
Riassumendo. Il contratto di concessione della rete autostradale ad Autostrade per l’Italia confluita poi, nel 2002, in Atlantia, società della galassia roteante attorno alla potentissima famiglia veneta dei Benetton(quelli che hanno tra l’altro sulla coscienza il giovane attivista argentino Mapuche Santiago Maldonado), venne stipulato dal duo D’Alema-Bersani con vincoli di manutenzione piuttosto vaghi.
Il governo D’Alema II però, cadde prima di finalizzare il contratto. Gli successero prima Giuliano Amato e poi altri due governi Berlusconi, di cui faceva parte integrante anche la Lega Nord che, in occasione della campagna elettorale del 2006, ricevette dai Benetton un finanziamento di € 150.000.
Quelle elezioni, comunque, le vinse, anche se per un soffio, la coalizione guidata da Romano Prodi. Ad aprile 2008 venne approvato il Decreto legge 8 aprile 2008, n. 59, che riguardava alcuni obblighi europei e l’esecuzione di una serie di sentenze della Corte di Gustizia Europea. Un classico decreto omnibus, con dentro di tutto un po’. La crisi di quella maggioranza non permise però l’approvazione da parte del Parlamento.
A maggio 2008 si insediò il nuovo governo Berlusconi di cui era parte integrante la Lega Nord. Il 29 maggio arrivò in Parlamento il decreto legge n. 59 per la conversione in legge, ma nel testo venne inserito nottetempo l’emendamento “Salva Benetton” (articolo 8-duodecies). La legge di conversione n.101/2008 venne approvata in tutta fretta con il voto decisivo della maggioranza di centro destra, dunque, anche della Lega Nord.
Ecco, quella legge votata da Berlusconi e dalla Lega governo modificò il contenuto del decreto legge 59/2008. Una decreto molto discutibile e per nulla “duro” con i concessionari che tuttavia, se da un lato allungava la concessione ad Autostrade per l’Italia, dall’altro obbligava i concessionari a fare delle verifiche periodiche con conseguenti interventi di manutenzione.
Con la nuova norma voluta da Forza Italia e dalla Lega Nord gli obblighi relativi a verifiche e manutenzione magicamente sparirono e rimase solo l’allungamento della concessione. Questi i fatti, ammessi a denti stretti ieri anche da Matteo Salvini, tra i votanti quel provvedimento.
Come nella nota vicenda dei 49 milioni sottratti illecitamente da Bossi e Belsito e rimasti nella disponibilità del partito (come dichiarato ed accertato da una sentenza confermata anche in Cassazione), anche in questo caso non basterà ai due furbacchioni – Salvini & Giorgetti – allestire una nuova sceneggiata in quel di Pontida a base di ramazze, né basteranno le cortine fumogene alzate dal loro staff di seminatori di fake news attivi in rete 24h, per nascondere questa semplice e cristallina verità: la Lega Nord ha contribuito a massacrare il paese per circa vent’anni,
E ora crede di cavarsela con tonnellate di razzismo a go-go e dichiarazioni roboanti. Si chiama doppio gioco ma anche, se preferite, vecchia politica.
Click.
https://parlamento16.openpolis.it/votazione/camera/conversione-in-legge-del-decreto-legge-8-aprile-2008-n-59-recante-disposizioni-urgenti-per-lattuazione-di-obblighi-comunitari-e-lesecuzione-di-sentenze-della-corte-di-giustizia-delle-comunit/18648
lunedì 20 agosto 2018
CLAUDIO LOLLI
Se n'è andato il cantautore bolognese Claudio Lolli,interprete di spicco che ha accompagnato con le sue canzoni il movimento delle lotte nel periodo degli ultimi anni settanta,tempi difficili ma anche gloriosi,di conquiste e di morti.
L'articolo di Contropiano(claudio-suona-ancora )fa un bel ritratto del cantante ma anche dello scrittore e poeta,parole di chi lo ha conosciuto e stimato,con uno spaccato della sua lunga carriera e delle vendite a corrente alternata,ma si sa che il vero cantautore guarda ai messaggi che lascia e non a quello che si ritrova nel portafoglio.
Claudio suona ancora.
di Michele Franco
Da materialisti non siamo superstiziosi ma in questo mese di agosto si stanno addensando troppe notizie brutte e tristi di cui, volentieri, avremmo fatto a meno.
A volte la tentazione di affidarsi a qualche talismano fa capolino nei momenti di dolore e di stupore ma, poi, la forza della razionalità, della ragione e la fondatezza delle nostre ragioni sociali ci spingono ad andare avanti. Certo in modalità controcorrente, in maniera ostinata e contraria e, persino, sul filo della contraddizione ma occorre andare avanti evitando, anche in maniera inconsapevole, di continuare a “marciare sul posto” come vorrebbero gli apologeti di questo marcio sistema sociale.
In questi giorni funestati da tante notizie negative si è aggiunta la perdita improvvisa di Claudio Lolli.
Claudio non è stato solo un valente musicista ed un autore denso e raffinato ma era – ed è stato sempre percepito – come un vero e proprio poeta che ha saputo mettere in versi, in rime, in sonorità ed, anche, in ragionamenti compiuti, al momento opportuno, le ansie, i desideri, le debolezze e la rabbia, anche quella sottotraccia che è difficile interpretare, di una intera generazione.
La sua produzione non è stata racchiusa esclusivamente nella scrittura di canzoni e ballate ma si è corroborata di numerosi libri che hanno affrontato temi e questioni che era impossibile scandagliare solo con la musica per quanto originale ed innovativa sia stata quella espressa da Lolli.
In Claudio non è stato presente solo il classico richiamo allo stile dei cantautori (magari in salsa bolognese) ma si sono fuse contaminazioni folk, jazz e richiami alle tradizioni orali e locali che hanno determinato una ricerca ed uno stile inconfondibile e difficilmente ascrivibile ad una formale catalogazione stilistica.
Molti conoscono Claudio per l’indimendicabile disco “Ho visto anche degli zingari felici” che accompagnò quell’anno bello e maledetto (il ’77) che ha segnato in maniera indelebile non solo il ciclo politico italiano ma anche la vita di decine di migliaia di compagne e compagni. Le canzoni di Claudio divennero, immediatamente, la colonna sonora di quello strano movimento in ogni sua espressione: da quelle più squisitamente politiche a quelle che afferivano alla sfera del cosiddetto personale che – in quegli anni – tentò una difficile e complicata armonizzazione/integrazione con le forme del politico.
Insomma nei testi e nelle melodie di Claudio interagivano le lotte per il pane e quelle per le rose molto meglio di quanto sapessero argomentare ed articolare tanti documenti politici incartapecoriti e ridondanti che circolavano a iosa in quel periodo.
In tal senso Claudio è stato – con la sua narrazione sonora – un testimone vero e presente che ha saputo cogliere l’intero arco dei desideri e dei bisogni che emergevano in un mondo giovanile sconvolto dal processo di modernizzazione capitalistico che in quell’arco temporale accelerava violentemente il suo corso producendo strappi materiali, modifiche sconvolgenti ed un significativo mutamento nel paese.
Da Borghesia ad Angoscia Metropolitana, dalla canzone dedicata ad Antonio il sardo fino al racconto della ferocia, fredda e democratica, della socialdemocrazia repressiva (Disoccupate le strade dei sogni) lo stile, le parole ed i suoni di Claudio Lolli sono stati un autentico sismografo del mondo giovanile e dei suoi sommovimenti cultuali, politici ed esistenziali.
In tal senso – dopo l’apice rappresentato delle giornate di Marzo ’77 e dal Convegno contro la repressione del settembre a Bologna – le successive scelte di Claudio non furono mai allusive a forme di disimpegno o di avulsa astrazione ma – anche osservando e mettendo in musica stati d’animo e modi di essere che in prima battuta potevano apparire distanti dalla pura dimensione politica – seppero esprimere una critica (spesso con tratti carsici e surreali) ai rapporti dominanti ed alla pesantezza di un male di vivere sempre più patologia diffusa ed innervata nella società.
Chi scrive conserva un ricordo personale di Claudio e della sua bella disponibilità umana e materiale.
Verso la fine del ’77 un gruppo di compagni napoletani voleva impiantare una radio libera nella nostra città (il nome doveva essere Radio Mariposa) e chiamammo Claudio per un concerto di sottoscrizione (oggi diremmo una serata benefit) che si tenne, con un grande successo di pubblico, nell’allora Palazzetto dello Sport a Viale Giochi del Mediterraneo. Quella sera Claudio ed il suo gruppo suonarono in cambio, sostanzialmente, di un panino ed una birra… poi le vicende di quella radio sono tutta un’altra storia!
Una disponibilità, quella di Claudio. che non è mai mancata, in ogni parte d’Italia, anche in anni duri e pericolosi, per la vigenza di una pesante repressione statale, come i primi anni ottanta, nella lunga stagione della cosiddetta emergenza antiterrorismo.
Oggi Claudio ci lascia… ma la sua voce vellutata e le sue note uniche ed inconfondibili continueranno a sorreggerci ed a farci compagnia nei momenti di gioia ed in quelli, inevitabilmente, tristi… insomma la sua musica è tra noi e Claudio continua a suonare a dispetto dei potenti, dei re, dei sacerdoti e della loro schiera di servi.
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