mercoledì 14 dicembre 2016

TORNANDO IN TURCHIA


Risultati immagini per attentati istanbul tak erdogan
L'attentato di qualche giorno fa avvenuto due ore dopo il termine della sfida di campionato tra il Besiktas e il Bursasport e costato la vita a decine di poliziotti in un attentato mirato ad eliminare proprio gli agenti è l'ennesimo e potente pretesto per Erdogan per dare l'accelerata finale per completare le sue mire di sete di tirannia alla vigilia del voto per far sì che la Turchia diventi una Repubblica presidenziale.
Con lui dittatore ovviamente,dopo lo strano golpe dello scorso luglio(madn sarebbe-stato-un-golpe-giusto-se-vero ),gli aiuti all'Isis,le minacce di ritorsione all'Ue per quanto concerne i migranti e l'eterna lotta al popolo curdo ora il tiranno ha dalla sua l'opinione pubblica per gli ordigni fatti esplodere sabato scorso.
Accusati sono i falchi della libertà del Kurdistan(Tak),una milizia di liberazione nata nel 2004 accusando il Pkk di avere linee troppo morbide(vedi:madn le-differenze-tra-il-tak-e-il-pkk )che avendo colpito a margine di una partita di calcio,religione anche a Istanbul e nella nazione curda come da noi,ha avuto una visione totale.
Che ha messo assieme i tifosi e la maggior parte dei turchi(le realtà calcistiche di Istanbul si erano riunite tutte ai tempi degli scontri di Gezi park)ma per condannare questo atto,non come accaduto tra i tifosi del Galatasaray e l'Amedspor per la questione di Ocalan e quella curda(madn il-conflitto-tra-la-turchia-ed-il ).
Entrambi gli articoli sono a firma di Enrico Campofreda e riprese da Contropiano(istanbul-nuove-bombe-incede-presidenzialismo e attentato-istanbul-arresti-preconfezionati )che parlano di politica e di calcio,naturalmente della cronaca dell'attentato e della repressione del regime Erdogan con le centinaia di arresti che interessano membri del Pkk.

Istanbul, nuove bombe mentre incede il presidenzialismo.

di Enrico Campofreda
Tornano i corpi lacerati dall’esplosivo nella Turchia che Erdoğan fa definitivamente sua con la riforma costituzionale votata a breve dal Parlamento. Nella serata post calcistica, che aveva visto il successo della locale formazione del Beşiktaş sul Bursaspor, in un’area esterna al Vodafone Arena che dista poco più di mezzo chilometro dal Gezi park, ci sono state due terribili esplosioni. Una ha smembrato numerosi corpi di poliziotti: venti finora le vittime accertate, altre quaranta persone risultano gravemente ferite. L’intera zona è stata immediatamente circondata da altri agenti in servizio di ordine pubblico e da rinforzi accorsi in massa. Non sono mancate manifestazioni di paura ed esasperazione fra le stesse forze dell’ordine.
Dal giugno scorso non s’erano più verificati attentati nella metropoli che, fra il 2015 e 2016, ne ha subìti d’ogni genere. Autori accertati per diretta rivendicazione i miliziani dell’Isis e guerriglieri kurdi del gruppo Kurdistan Freedom Falcons, una componente che una dozzina di anni fa s’è distaccata dal Pkk. In precedenti esplosioni avvenute sia con autobomba, sia con ordigni celati e kamikaze erano stati colpiti poliziotti oppure militanti del Partito democratico dei popoli e attivisti dell’opposizione anti erdoğaniana. Ciascuno sceglieva i suoi obiettivi. Proprio i cosiddetti Falconi della libertà avevano rivendicato l’agguato suicida che nel febbraio scorso aveva ucciso 28 poliziotti in pieno centro di Ankara, accusando il governo turco di dirottare armi ricevute dagli Stati Uniti ai miliziani dello Stato Islamico.
Mentre a giugno s’era verificato l’assalto all’aeroporto Atatürk della città sul Bosforo costato la vita a 47 persone presenti nell’area delle partenze. Un’azione condotta con esplosioni suicide di kamikaze e colpi d’arma da fuoco, attribuita all’Isis ma mai apertamente rivendicata. Ancora più sanguinoso (57 morti) era risultato il massacro compiuto ad agosto a Gaziantep, località abitata in buona parte da kurdi, nel corso d’una festa di matrimonio. Anche in quel caso la mano attentatrice sarebbe stata quella del fondamentalismo islamista che continua a punire l’impegno dei guerriglieri kurdi nella lotta contro il Daesh.
Dal tentato golpe di luglio l’attenzione del governo turco è, comunque, rivolta alla repressione del gruppo accusato del complotto e del colpo di mano: i seguaci di Fethullah Gülen. Contro costoro, contro i sospettati e anche contro semplici avversari d’ogni tendenza politica si sono scatenati persecuzioni, radiazioni e arresti. L’idea che il Paese sia sottoposto a complotti stranieri è diffusissima, com’è diffusa la paura di attentati che oggettivamente avvengono e non riescono a essere previsti dall’Intelligence interna.
Stavolta gli Stati Uniti hanno immediatamente offerto solidarietà al governo Yıldırım che a breve perderà ogni potere. Appena si concluderà l’iter parlamentare la figura del premier diventerà superflua: ogni autorità passerà nelle mani del presidente, compreso quella esecutiva. Il presidente potrà, inoltre, sciogliere il Parlamento. Se il voto finale, ora che il quorum di maggioranza è assicurato dall’appoggio del partito nazionalista, giungerà a breve, a primavera verrà indetto il referendum confermativo. Così Erdoğan potrà coronare il suo patriarcato, oscurando quello originario di Mustafa Kemal.
 
articolo pubblicato su http://enricocampofreda.blogspot.it

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Attentato Istanbul: arresti preconfezionati

di Enrico Campofreda
E’ nel gesto del capitano del Galatasaray Inan, che si porta al centro del campo un giovane poliziotto e l’abbraccia, l’anticorpo che il governo turco cerca di iniettare fra i concittadini. Usa il collante del popolarissimo sport, una squadra simbolo dell’élite della città da cui partì il sogno di potere erdoganiano, utilizza certamente l’ambiente ufficiale del club che pure vide la tifoseria segnare un patto di ferro con le altre formazioni cittadine: l’anarchica e popolare Besiktas e quella considerata “straniera” del Fenerbahce (per il seguito che ha fra la comunità greca). Tutt’e tre le calde curve della stella del Bosforo riunite a sostegno della battaglia di Gezi park contro la foga repressiva di Erdogan . Accadeva tre anni fa, sembra trascorso un secolo. Ma ora che il giocattolo dorato del pallone è stato sfiorato dalla morte, colpendo i custodi d’una sicurezza di cui la Turchia è priva, il lutto nazionale coagula il Paese. Gli stessi fan giallorossi della squadra del Gala, partecipano al video promosso dal ministero dell’Interno a difesa dei suoi ragazzi caduti. Altri ne sono morti in queste ore, le vittime diventano 41.
Mentre investigatori e magistrati non si pronunciano ufficialmente e i commentatori ribadiscono la matrice della dissidenza guerrigliera kurda nell’attentato di sabato sera (attribuito ai cosiddetti Falconi della libertà), il governo coglie l’ennesima occasione per colpire la componente politica, e chissà per quanto ancora legale, della comunità kurda: il Partito democratico dei popoli. Nelle sue sedi di Mersin e Adana, oltreché Istanbul e Ankara, gli agenti sono andati a pescare membri, quadri e simpatizzanti. Altre centoventi persone sono state arrestate e, non potendo essere accusate dell’attentato, sono tutti incriminati a titolo ideologico per aver sostenuto il Pkk. Imputazione già usata in centinaia di casi, che mette ai ferri chi richiama la comune matrice etnica d’appartenenza che possono avere i kurdi. In questo lo Stato turco ormai prende la via breve: accorpa chiunque, chi combatte sui monti e chi siede in Parlamento dopo una democratica elezione, cercando di soffocarne azione e pensiero. E’ quanto è accaduto ultimamente anche a Selahattin Demirtas, leader del partito accusato d’essere il volto legalitario del Pkk di Ocalan.
Una posizione accentuata dall’estate 2015, quando esercito turco e combattenti kurdi hanno ripreso una guerra strisciante riversata pesantemente nel sud-est con occupazione, stati d’assedio, massacri di civili. E anche in altre zone del Paese dove si ripetono assalti mirati a ufficiali e soldati, più il genere di attentati come quello nei pressi della Vodafone Arena di Istanbul. Ben oltre lo scontro di carattere militare, il governo rivolge i suoi strali contro ogni opposizione, concentrandosi su quella ritenuta politicamente pericolosa per i piani parlamentari di Erdogan. Seppure la proposta di revisione costituzionale, che sta trasformando la Turchia in una repubblica presidenziale, è ormai messa al sicuro grazie al sostegno del partito nazionalista, il Capo di Stato non perde occasione per polverizzare la rappresentatività costruita a piccoli ma significativi passi dall’opposizione kurda. Lacerare quella rete, lasciare il territorio dove la comunità vive senza i sindaci che ha eletto, privarla dei parlamentari che votano norme o s’oppongono a esse, ha l’intento di togliere voce e guida a un movimento che in questi anni s’è posto in prima fila per ostacolare il passo autoritario che fa della Turchia un mondo a dimensione d’un solo uomo. Assetato di potere.

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