giovedì 29 dicembre 2016

NON AVRAI ALTRO DIO ALL'INFUORI DI ME


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Riassumendo le ultime puntate della telenovela del Movimento cinque stelle in cui altro non si può trarre la conclusione che siano ormai oltre che allo sbando totale pure sempre più pericolosi socialmente con le ripetute politiche populiste e le repentine battute all'indomani della strage di Berlino promettendo propaganda elettorale di destra forse sulla base di commenti sui social piuttosto che un vero lavoro di politica.
Fatto sta che proclami e proseliti i 5 stelle li fanno dal blog di Beppe Grillo,organo ufficiale di divulgazione del padre padrone del movimento,che poi è stato il primo a nascere e ottenere voti sull'onda dell'affermazione e del successo di internet con tutte le controindicazioni e le perplessità che ciò comporta.
Da sempre politica di destra prima ancora della loro nascita ufficiale(vedi:madn entomologia-politica ,madn un-contenitore-pieno-di-vuoto ),revisionisti(madn revisionismo-sul-blog-di-grillo )e fiancheggiatori di Caga Povnd(madn di-nuovo-grillo-braccetto-di-ca$$a-povnd. ),e mi fermo solo per non accumulare troppo materiale.
Un movimento dove ovunque è andato a parte fuochi di paglia e alcune rare eccezioni(come a Parma col dissidente Pizzarotti)non ha combinato nulla di positivo,anzi proprio nulla,e dove in altre regioni o comuni o ben si vede al Parlamento sono quelli dell'astensione ad oltranza anche su argomenti dove per forza devi avere un posizione che sia dalla parte giusta o meno.
Il trittico di articoli sotto parte da quello preso da Contropiano(roma-movimento-5-stelle-al-bivio-rottura-obbedienza )e che parla di Roma dove in sei mesi c'è stata una tal bufera da rendere impossibile nemmeno volendo districare ed imbastire una trama per un thriller,con accuse,dimissioni ed omissioni,sputtanamenti e intrallazzi con la criminalità emersi prontamente dagli ambienti degli ex immacolati della politica italiana(madn gli-immacolati ).
Il secondo è tratto da Senza Soste(dibattistanomics-antifascismo )parla di Di Battista,un volto nuovo ma dentro già vecchio e marcio che con Di Maio rappresentano la longa manus del fascismo all'interno del gruppo grillino come già evidenziato sopra.
L'ultimo più gossipparo di Dagospia(beppe-grillo-ha-pubblicato-elogio-povertà )ma anche veritiero parla di Grillo che parla della povertà come una bella condizione di vita elogiando tale stato sociale mentre tutti sappiamo con chi gira e quali siano i suoi possedimenti:naturalmente non è il primo che parla di questo ma facendo caso solo i ricchi hanno lodato e celebrato la povertà.
Per non dimenticarci il Grillo razzista che incita i carabinieri a "punzecchiare" i marocchini e come anticipato con i fatti berlinesi a rimpatriare subito i migranti irregolari e ad abolire il trattato di Schegen(ilfattoquotidiano)come un Salvini o un Iannone,una Le Pen o un Farage qualsiasi:perché lui è proprio come loro.

Roma, il Movimento 5 Stelle al bivio tra rottura e obbedienza.

di Rete dei Comunisti
Nelle ultime settimane la giunta romana è tornata nell’occhio del ciclone. L’arresto di Raffaele Marra, le indagini sull’assessore Muraro costretta a dimettersi, il passo indietro di alcuni esponenti di punta dell’amministrazione capitolina e infine la bocciatura della previsione di bilancio da parte dell’Organo di Revisione Economico Finanziaria hanno riportato Virginia Raggi e la sua maggioranza al centro dell’attenzione. 
E’ chiaro a tutti che quanto accade a Roma potrebbe rappresentare per il Movimento Cinque Stelle il trampolino per la vittoria delle prossime elezioni politiche e per un eventuale accesso al governo nazionale, oppure un serio momento di crisi che potrebbe portare il movimento ad una spaccatura o ad un declino nei consensi e nella credibilità.
A parte il continuo linciaggio mediatico e politico al quale la maggioranza in Campidoglio viene quotidianamente sottoposta, balza agli occhi il fatto che un movimento che ha fatto dell’onestà la sua stella polare, oggi rischia di venire impallinato da quella magistratura che tutto è tranne che un potere neutrale e indipendente. Ma anche dall’incapacità da parte dei pentastellati di esprimere una classe dirigente capace di far fronte a situazioni complicate.
Ma la vicenda più significativa è rappresentata dal conflitto con l’Oref sul bilancio capitolino, che potrebbe indicare nel giro di poche settimane la direzione che il Movimento 5 Stelle prenderà rispetto alle importanti sfide economiche che finora ha rimandato.
Alla Giunta Raggi – che sicuramente pecca di improvvisazione e incompetenza – i revisori dei conti dell’Oref che hanno bocciato la previsione di bilancio 2017-2019 contestano soprattutto la mancanza di rigore e il non rispetto dei severi vincoli imposti dal governo nazionale e dall’Unione Europea, a partire dalle privatizzazioni delle partecipate e dal diktat del patto di stabilità. L’Oref chiede meno spese e più tagli, confermando che al di là delle maggioranze politiche e dei governi, nazionali e locali,  esiste un meccanismo di governance indipendente, un “pilota automatico”, imposto da Bruxelles e da Francoforte che nega sovranità e autonomia e costringe l’amministrazione entro gli assai ristretti margini dell’austerity e del pareggio di bilancio.
La giunta Raggi aveva cercato di aggirare i vincoli esterni infarcendo il bilancio di multe, concessioni edilizie ed escamotage contabili, che però non sono serviti a passare l’esame, ed ora dovrà riscrivere la previsione di bilancio per i prossimi tre anni decidendo quali scelte strategiche adottare.
Se a Roma il Movimento 5 Stelle chinerà la testa di fronte ai diktat e al cosiddetto rigore, correggendo il bilancio a suon di tagli e privatizzazioni, negherà le richieste e le aspirazioni di quegli ampi settori popolari, di quelle periferie metropolitane che hanno decretato la vittoria di Virginia Raggi, ripetendo “in piccolo” il voltafaccia di cui si è già reso protagonista il governo Tsipras in Grecia. La situazione romana dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, l’impossibilità di forzare la gabbia dell’Unione Europea senza metterla complessivamente in discussione. Un motivo in più che dovrebbe spingere il Movimento 5 Stelle non solo a insistere sulla celebrazione di un referendum nazionale sulla permanenza dell’Italia nell’Eurozona ma a difendere esplicitamente l’uscita di Roma dalla moneta unica.

Se la giunta Raggi vorrà rispettare le sue promesse di cambiamento e discontinuità dovrà necessariamente disobbedire ai diktat, alle pastoie, ai ricatti. E per farlo dovrà affidarsi e affiancarsi all’organizzazione e alla mobilitazione di quei settori sociali e popolari che hanno dato mandato al Movimento 5 Stelle di rompere con le passate gestioni anche dal punto di vista economico e sociale, e non solo sul fronte dell’onestà (punto sul quale Raggi e company si sono oltretutto dimostrati poco accorti, disattendendo le chiare indicazioni dei leader nazionali del partito e riconfermando a capo della macchina amministrativa un personale politico e tecnico ereditato da ‘Mafia Capitale’).
Numerosi forze sociali e politiche, sindacati di base, realtà territoriali e associative di varia natura hanno ripetutamente incalzato l’amministrazione capitolina in questo senso, manifestando anche la propria disponibilità a sostenere eventuali scelta coraggiose e battagliere adottate dalla giunta. A Roma, così come in altre città, esistono ampi settori sociali interessati ad un cambiamento di rotta netto, ed è a questi che devono far riferimento le amministrazioni targate 5 stelle se vogliono uscire dall’impasse.

Finora però i segnali giunti dal Campidoglio e dallo stato maggiore del partito di Grillo sono stati altalenanti.
Stando ad alcune dichiarazioni dei collaboratori di Raggi, non sembra che la sua amministrazione intenda ingaggiare una battaglia complessiva contro i vincoli di bilancio. Senza una violazione di questi vincoli, sostenuta da una mobilitazione sociale e popolare, il Campidoglio non potrà fare altro che tagliare i servizi, privatizzare, licenziare, come hanno fatto in passato gli schieramenti politici nei confronti dei quali il M5S pretende di essere alternativo.

Invece sul fronte politico generale la presa di posizione di Grillo a proposito del ‘rimpatrio di tutti gli immigrati irregolari’ (certamente non nuova da parte del fondatore e leader del Movimento) espressa all’indomani dei fatti di Sesto San Giovanni potrebbe prefigurare una sterzata dei 5 Stelle verso posizioni conformiste e d’ordine, anche se non condivise da tutto il movimento come dimostrano le numerose prese di posizioni critiche.

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Dibattistanomics e antifascismo. Per un 2017 di confusione.

Uscita dall' Euro ma non dall'UE tramite referendum consultivo, reddito di cittadinanza e molto altro. Per ora nel programma di volontà di governo dei 5 stelle c'è molta confusione. E nel frattempo per governare da soli c'è l'assalto agli elettori di destra.

L’intervista di Minoli a Di Battista,condotta dall’ex giornalista di Rai 2 per mettere in difficoltà il proprio interlocutore, in effetti qualcosa di inaccettabile lo fa venire fuori. Ad esempio, la solita riduzione dell’antifascismo, da parte di Di Battista, a problema archeologico. Operazione oltretutto curiosa nel momento in cui, con un convinto no al referendum, lo stesso movimento 5 stelle ha difeso la costituzione nata dall’antifascismo. A Di Battista, che è persona gentile e alla mano, sembra sfuggire un elemento essenziale che non sta solo nelle sue convinzioni ma di tutto il movimento 5 stelle: tutte le volte che viene invocata la violazione della democrazia, e i pentastellati lo fanno regolarmente, ci si appella a qualcosa di elementare introdotto nelle nostre società proprio dall’antifascismo. L’idea che tutta la società debba, e possa, reagire di fronte alla violazione della democrazia. Al contrario, tanto più l’antifascismo viene mummificato (e qui non ci riferiamo a Di Battista) o reso archeologico (e qui i Di Battista ci mettono del suo) tanto più la violazione della democrazia rischia di essere vista come un male accettabile. Del resto antifascismo e democrazia, in molte forme molto diverse tra loro, sono sinonimi.
Negare l’attualità dell’antifascismo, come elemento costituente della vita sociale, è rendere debole l’attualità della democrazia. E’ un ABC oggi dimenticato, non per colpa del M5S ma della sinistra ci mancherebbe.  Ma così la democrazia di base, la partecipazione, l’informazione -tutti strumenti del fare politica invocati dal M5S- vengono meno come valore nella società proprio nel momento in cui l’antifascismo viene delegittimato anche dagli stessi esponenti pentastellati. Lo stesso autoritarismo -che è sempre chiamato in causa, invece del più militante antifascismo,  quando si pensa che la democrazia viene messa in pericolo- diviene in questo modo un concetto vago, poco spendibile nelle dinamiche di comunicazione. Ma, registri di condoglianze per Fidel a parte, che servono per le cerimonie delle nostre parti, la netta impressione è che il movimento 5 stelle abbia già fatto il pieno di consensi a sinistra, basta vedere il poco di consenso elettorale rimasto ai partiti della sinistra istituzionale. Non a caso alcuni elementi di un programma di sinistra, come il reddito di cittadinanza, rimangono qualificanti per il M5S. Magari in una veste paternalistica, molto adatta alle mediazioni nei gruppi parlamentari ma poco alle economie innervate di tecnologia, ma rimangono. Il punto è che, a prescindere dalla legge elettorale che verrà fuori il prossimo anno, il M5S, visto che vuol governare da solo (nemmeno la DC di De Gasperi e Scelba lo fece), ha bisogno di crescere ulteriormente. E per crescere sta andando a pescare dove i voti ci sono e la loro rappresentanza politica è più debole (visti Berlusconi e Salvini) ovvero a destra. E quindi l’antifascismo diventa archeologico proprio per questa esigenza, autoreferenziale, di governare da solo che ha il movimento 5 stelle.
Naturalmente in questi casi la confusione sarà massima: da una parte continueranno le aperture a destra, dall’altra si cercherà, per non perdere elettorato acquisito, di tranquillizzare a sinistra. In nome di un pragmatismo paziente formato santità da regno dei cieli, di questa confusione, si potrebbe anche fare finta di nulla. Non fosse altro perché è proprio questa confusione a creare il M5S per quello che è: un potente detonatore del sistema politico. Fino ad esaurimento della dinamite, s’intende.
Il punto è che la confusione non solo rimane ma a livello, per così dire, idelogico ma aumenta sul piano dei lineamenti di programma economico. Una cosa da nulla se non fosse che l’Italia è in declino economico da un quarto di secolo. Di sicuro una cosa, paradossalmente, tranquillizza: solo le dittature in economia hanno le idee chiare. Pinochet sperimentò le teorie economiche dei Chicago Boys sulla pelle dei cileni, Hitler nominò ministro dell’economia Hjalmar Schacht, già presidente della Banca di Germania, quello dell’epica battaglia contro l’inflazione, legato (toh) a J.P Morgan. Schacht portò la disoccupazione in Germania, in pochissimi anni, da sei milioni di unità a zero. Il dettaglio della seconda guerra mondiale, visto che l’occupazione di massa tedesca era legata al riarmo, qui lo tralasciamo. Insomma, nel movimento 5 stelle, per calmare tutti quelli che parlano di fascismo alle porte, il problema non sta nel piano dittatoriale nascosto dietro l’angolo, pronto per essere eseguito. Non si deve, venga perdonato il gioco di parole, confondere la confusione strutturale del movimento 5 stelle con il fascismo alle porte. Piuttosto si deve notare come questa confusione sia produttiva per prendere voti a destra e sinistra. E quindi far saltare questo sistema politico. Mentre sia distruttiva quando si tratta di impostare delle politiche di uscita dal declino italiano. E quindi ricostruire il paese. E qui, appunto, Di Battista quando si è dilungato, su Die Welt, sulla visione dell’economia del M5S ha confermato di aggiungere confusione economica a confusione politica. Ecco qualche pillola di Dibattistanomics. Mettiamo come titolo un paio di slogan su cui si basta con breve commento.
  • Uscita dall’Unione monetaria ma non dall’Unione Europea
Deve essere chiaro a tutti favorevoli o contrari: se salta l’Euro in Italia, terza economia dell’Eurozona, salta l’Euro. Se salta l’Euro salta l’unione europea. Non c’è via di mezzo. Salta una moneta sulla quale sono modellati, anche per i paesi non euro, governance continentale multilivello della concorrenza, dei trasporti, della ricerca, della finanza, dei sistemi di pagamento, del diritto, dei trasporti etc. Prendersela con chi ci ha portato fino a questo punto di rischio è lecito. Sperare in soluzioni da Facebook no. Le soluzioni radicali, auspicabili quando il capitale è in salute figuriamo ora che non lo è, devono essere praticabili. Altrimenti si fa il dottor Stranamore a propria insaputa. E con queste frasi i fatti sono due: o non si sa a cosa si va incontro o lo si tace. In ogni caso non si danno soluzioni all’altezza del problemache è drammatico e gigantesco.
  • Referendum consultivo sull’uscita dall’euro.
In concreto sarebbe la paralisi del paese, una volta che il M5S vincesse le elezioni. Nessuna politica economica si potrebbe mettere in piedi in attesa del Day one (il referendum) perchè rimanere o lasciare significa politiche economiche troppo diverse. Non esistono politiche di transizione in questi casi. Non solo, se una volta vincessero i “leave”, all’inglese, ci sarebbe il dettaglio di un paese ancora più paralizzato perché uscito politicamente ma non economicamente dall’euro. Visto che passare dal referendum, oltretutto consultivo, alla rottura dell’eurozona, e alla rinegoziazione di centinaia di trattati bilaterali, di ogni tipo, con quasi tutti i paesi del mondo, e con l’universo bancario-finanziario, sarebbe più complicato che l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue.  Perchè, se i problemi si vogliono prendere sul serio vanno tarati nella giusta dimensione, uscire dalla moneta unica è persino più complicato e rischioso che uscire dall’Ue.  Lo scenario più probabile, in una paralisi in una situazione del genere, qui vede le borse incenerire l’Italia all’istante dopo la più spettacolare fuga dei capitali di sempre. E senza strumenti alternativi causa indeterminatezza della situazione. Insomma, il trionfo di una economia alla Pol-Pot, azzeramento dell’economia occidentale in un paese solo, senza bisogno di arrestare mezza Cambogia.
Basterebbero i due punti prima esposti per fermarsi.  Ma bisogna anche capire che, di fronte a ostacoli insormontabili, il M5S una volta al governo non si comporterebbe come il dottor Stranamore, non preparerebbe colpi di stato o distruggerebbe un continente. Semplicemente applicherebbe, moltiplicandoli, i comportamenti adottati nelle città: polemiche interne, paralisi, tattiche di prolungamento della propria sopravvivenza. Ci fermiamo quindi solo a rilevare, con qualche flash, il persistere di convinzioni di cui Di Battista si fa portavoce. Ad esempio a sovradeterminare la rappresentanza delle piccole e medie imprese, insistendo sul loro finanziamento da parte della fiscalità generale, quando l’evoluzione tecnologica le sta severamente selezionando. Così come il sistema bancario, che, con l’evoluzione tecnologica, non sarà più lo stesso. Non essendo già più quell’oggetto, tratto da chissà quale slide, di cui parlano i 5 stelle. La retorica delle startup, della piccola e media industria andrebbe irrobustita di almeno due visioni ampiamente realistiche: una sul tipo di forma di estrazione della ricchezza supportare nell’evoluzione tecnologica del credito, della produzione e della logistica. Altrimenti, leggendo Di Battista, entra in vigore solo un meccanismo di detassazione che tiene in vita le asfittiche PMI italiane solo finchè lo stato può detassare e finchè le banche fanno credito (a tenersi larghi).  Eppoi come si incrocia questa visione con la politica industriale del paese e tenendo conto della vera riforma del lavoro, e delle reazioni sociali, che il M5S vorrebbe fare: il reddito di cittadinanza. Ci fermiamo qui, consapevoli che in queste, a tratti generose, dichiarazioni sull’economia la confusione, come si vede, non manca. Come quella che vuole l’erogazione del reddito di cittadinanza subordinata alla ricerca attiva di un lavoro. Misura surreale quando, causa una miscela tra disoccupazione tecnologica e cambiamenti dell’economia, ci sono zone del paese che il lavoro come lo conosciamo ora non lo vedranno più. Ma è inutile, quando i due lineamenti guida di un programma politico (separazione Ue e euro, referendum sull’euro) nel migliore dei casi non tengono, accanirsi nei dettagli. Il M5S è un movimento giovane è anche possibile che, sbattendo la testa con la realtà, trovi una strada più legata a solide impostazioni che a tattiche di marketing.
Solo che chi vuol governare da solo, qui ed ora, deve avere le idee molto chiare. Altrimenti non la casta e i poteri forti ma la realtà e la storia presenteranno un conto molto, molto salato. Ma per ora limitiamoci a osservare il 2017 di confusione.
redazione, 12 dicembre 2016

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MA BEPPE GRILLO HA PUBBLICATO L'ELOGIO DELLA POVERTÀ PERCHÉ QUEST'ANNO NON C'ERA POSTO NEL RESORT DI BRIATORE A MALINDI? - GIUSEPPE DE RITA: ''GIUSTO I RICCHI POSSONO PREDICARE LA POVERTÀ'' (PER GLI ALTRI) - NEL BRANO DI PARISE PUBBLICATO DA GRILLO SI PARLA DI QUANTO SIANO SUPERFLUI I 'CRETINISSIMI' YACHT. COME QUELLO DOVE BEPPONE HA PASSATO IL FERRAGOSTO 2016, DEL MILIONARIO ENRICO DE MARCO?

1.IL POST DI BEPPE GRILLO SUL SUO BLOG: ''IL RIMEDIO È LA POVERTÀ'', DI GOFFREDO PARISE



2.GRILLO A FERRAGOSTO SULLO YACHT DI ENRICO DE MARCO, RE DELLA SIMILPELLE, CON GIORGIO GORI E L'AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA MONDADORI. NON ERA IL 1985, MA QUATTRO MESI FA (UNO SCOOP DI DAGOSPIA)



3.BEPPE GRILLO CI SPIEGA IL VALORE DELLA POVERTÀ AFFITTANDO CASA A 14MILA EURO A SETTIMANA
Giovanni Drogo per www.nextquotidiano.it

Nemmeno a Natale Beppe Grillo perde l’occasione per ricordarci quali siano i veri Valori della vita. Quest’anno lo fa con un brano di Goffredo Parise sulla povertà. Non quella di spirito naturalmente, ma quella materiale. Con il suo messaggio di Natale Grillo vuole essere un po’ profeta della decrescita felice (fuori tempo massimo) contro il consumismo sfrenato di questi giorni e un po’ Pepe Mujica.

Lo fa prendendo a prestito le parole di Parise per dire che “povertà è godere di beni minimi e necessari, quali il cibo necessario e non superfluo, il vestiario necessario, la casa necessaria e non superflua“. Il che è davvero interessante visto che è noto che Grillo possiede una seconda casa non necessaria, la villa a Marina di Bibbona dove ogni tanto ha organizzato le riunioni di fedelissimi e Direttòri vari.

Proprio di questa villa sulla riviera degli Etruschi l’Huffington Post e La Stampa ci facevano sapere qualche tempo fa che può essere affittata alla modica cifra compresa tra i 13 ed i 14 mila euro a settimana. Sarà una casa necessaria? Ne dubitiamo, ma questa non è certo l’unica occasione in cui Grillo fa sfoggio di ciò che ha e che ha – sia ben chiaro – perché ha lavorato e non perché ha rubato (come i politici!1). Ciò non toglie che gli appelli al pauperismo morale lanciati sull’house organ del partito stridano con lo stile di vita di Grillo (e di molti dei suoi parlamentari “griffati”). Continua Parise dal blog di Grillo:


Povertà e necessità nazionale sono i mezzi pubblici di locomozione, necessaria è la salute delle proprie gambe per andare a piedi, superflua è l’automobile, le motociclette, le famose e cretinissime “barche”

Ed è proprio per questo che il comico genovese e capo politico del MoVimento 5 Stelle quest’estate ha scelto di trascorrere il Ferragosto a bordo dell’Aldebaran, lo yacht da 42 metri dell’imprenditore Enrico De Marco, re della simil-pelle. Il tutto in una delle location meta per antonomasia del vippume e dei ricchi italici: Porto Cervo. Eppure nel 2010 il blog di Beppe ospitava questo intervento contro le imbarcazioni di lusso dei paperoni italiani e i “furbetti dello yacht

Basta creare una società di noleggio, va bene anche in Italia, ma è molto meglio nei paradisi fiscali così la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate impazziscono. Ma se vai a vedere, pochi, pochissimi noleggiano le barche. Gli altri fanno contratti fittizi con fratelli e cugini. Risultato: così non si paga l’Iva sull’acquisto, sul combustibile, sulle riparazioni, sul posto barca.

Curiosamente nel 2007 proprio l’Aldebaran era stato protagonista di una vicenda simile scoperta dalla Guardia di Finanza. Qualche tempo prima, nel Capodanno del 2015, Grillo invece se la spassava in Kenya a Malindi nel resort di proprietà di Flavio Briatore. Nel 2013 infine, quando il Paese appena uscito dalle elezioni politiche non era ancora in grado di formare un Governo Grillo rinviò l’incontro al Quirinale perché impegnato a fare vacanza in Costa Smeralda. Un impegno senza dubbio “necessario” e non derogabile, per il bene del Paese. Continua Parise:

Il denaro non è più uno strumento economico, necessario a comprare o a vendere cose utili alla vita, uno strumento da usare con parsimonia e avarizia. No, è qualcosa di astratto e di religioso al tempo stesso, un fine, una investitura, come dire: ho denaro, per comprare roba, come sono bravo, come è riuscita la mia vita

E improvvisamente scopriamo che forse Grillo non ha letto poi così bene quello che ha scritto Parise nel 1974, perché a ben guardare se c’è uno che non sa cosa sia la povertà e che si comporta proprio nel modo stigmatizzato da Parise è proprio il capo del M5S.
I ragazzi non conoscono più niente, non conoscono la qualità delle cose necessarie alla vita perché i loro padri l’hanno voluta disprezzare nell’euforia del benessere. I ragazzi sanno che a una certa età (la loro) esistono obblighi sociali e ideologici a cui, naturalmente, è obbligo obbedire, non importa quale sia la loro “qualità”, la loro necessità reale, importa la loro diffusione.

Quando Parise scriveva queste parole Grillo aveva 26 anni, era lui uno dei ragazzi ai quali lo scrittore si rivolgeva. Oggi, a 68 anni suonati Grillo è uno di quei padri che disprezzano le cose necessarie della vita nell’euforia del benessere. E come tutti i padri Grillo ha l’ambizione di fare la predica “ai suoi ragazzi”.

4.GIUSEPPE DE RITA: "GRILLO? LODA I POVERI CHI POVERO NON È. LA NOSTRA IDENTITÀ SI FONDA SULLA CRESCITA"
Alessandra Longo per ''La Repubblica''

La povertà come ideologia nazionale, la povertà come filosofia politica ed economica . Il Grillo natalizio si lancia in un elogio del minimo e necessario , attingendo ad un Goffredo Parise del 1974, anno di preausterity berlingueriana. È il mito Cinque Stelle della decrescita felice che riaffiora nel "manifesto" di fine anno, accanto alla linea cupa e muscolare sull' immigrazione.

Ma povero è davvero bello? Lo chiediamo a Giuseppe De Rita, fondatore del Censis, che risponde con l' esperienza del sociologo e la saggezza dei suoi 84 anni: I cantori dei poveri non sono mai i poveri. I poveri non cantano.... Serge Latouche, padre della decrescita felice, non è nelle corde del professore: No, non credo alla decrescita felice.

Questo Paese ha formato la sua identità sulla crescita, la decrescita significherebbe perdita di identità. Sono francamente sorpreso dall' uscita di Grillo.

Professore, di questi tempi è raro che la politica parli di povertà, non le pare?
Indubbiamente non capita spesso ma devo specificare che povertà non è la parola giusta per descrivere la società italiana di oggi.

Qual è la parola giusta?
Sono due, non una: sobrietà e arbitraggio. La sobrietà nasce dalla stanchezza per l' edonismo consumista, dalla casa piena di cose, dalla crisi iniziata nel 2007. Noi del Censis l' abbiamo definita, due o tre anni fa, la riscoperta dello scheletro contadino dell' Italia, una spina dorsale forte, piedi per terra e cervello fino. Né povertà né consumismo illusorio.

E l' arbitraggio?
Gli italiani adesso arbitrano su tutto, fanno la spesa pensando a che cosa serve e a che cosa non serve, meglio le scarpe dei vestiti, di cui abbiamo pieni gli armadi, meglio i voli low cost , i bed and breakfast, meglio fare la spesa per la famiglia al discount... .


Ma non sono poveri.
No. Il ciclo dei grandi investimenti, degli operai che diventavano piccoli imprenditori, l' affermazione del ceto medio, gli acquisti della prima e della seconda casa, i 40 anni fiammeggianti della crescita, tutto questo è finito. Oggi il grande risparmio, che pure c' è, viene usato per creare altro risparmio, il patrimonio, che pure c' è, viene messo a reddito. Non c' è un modello nuovo, c' è un momento di sospensione in continuità culturale con quello precedente.

Gli italiani sobri, come li definisce il Censis, non sembrano contenti, anzi.
In effetti è così: sobri, arbitri attenti dei propri consumi, ma non propriamente allegri.

Grillo li vorrebbe più poveri e felici.
La sua sortita mi sorprende. Uno come lui, con il fiuto dell' attore comico, ha sempre saputo interpretare bene le emozioni, anche quelle identitarie, prova ne è il Vaffa. Stupisce che Grillo dica agli italiani: "Siate miserrimi!". Poi magari mi sbaglio, visto che lui raddoppia i voti. Magari intercetta pulsioni alla povertà che io non vedo.

Meno consumi, meno tutto: l' apologia dell' essenziale.
Ah sì certo. La sconfitta elettorale può essere "meravigliosa", la povertà bella... È come se in un angolo del grillino medio ci fosse sempre una "base liquida", un' attitudine a rendere le cose commoventi e in quanto commoventi belle.

Lei, invece, non si commuove pensando alla decrescita felice.
Non ci ho mai creduto. Abbiamo un' identità di Paese costruita sulla crescita. Persino i cinesi, quando sono sbarcati a Prato, hanno fiutato la nostra identità. Abbiamo avviato ora una fase diversa, di sobrietà e arbitraggio, ma siamo in linea con il modello identitario .

Roma ha già voltato pagina: Natale all' osso, artisti di strada non pagati, poche luci, pochi mezzi di trasporto. Modello pauperista.
Non parlo di Roma, ho 84 anni, rischio di sentirmi male, mi viene uno stranguglione...

Non sarà che certe riflessioni sulla povertà sono snob?
Infatti, predicare la povertà è molto consumista.

In che senso?
Per esempio noi, partendo da Grillo, stiamo usando la parola povertà e abbiamo consumato una pagina di giornale....

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