sabato 17 dicembre 2016

CI SARA' UNA SUCCESSIONE A RENZI?


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L'immagine di un D'Alema perplesso più che pensieroso e pronto ad azzannare il sempre odiato Renzi nonostante mezzi sorrisi e strette di mano laide e rubate,sembra essere proprio uno scenario al di fuori di ogni schema politico perché il reuccio è pronto più che mai a succedere a se stesso.
L'articolo primo preso da Infoaut(pisapia-e-i-ritornanti )parla dei vecchietti del Pd che in fondo sono rimasti almeno un po rossi nonostante le imbiancate a due mani del giullare fiorentino in fondo al loro cuore,un ritorno promosso da D'Alema,Bersani,del sindaco bolognese Merola e dell'ex Pisapia,e ad eccezione di quest'ultimo tutti hanno visto la loro carriera politica abbassarsi di livello passando dalle formazioni giovanili del Pci(magari con qualche spruzzata di movimenti più estremisti),arrivati al Pds per scivolare nei Ds e al Pd.
Carriere a ritroso che vedono questi personaggi pronti a scalare indietro almeno arrivando ai Democratici di Sinistra,oltre non ce la fanno,per riacquistarsi una credibilità a sinistra che ormai si sono giocati nel passare degli anni.
Il secondo articolo preso da Senza Soste(matteo-sovrano-di-pontassieve )è strettamente collegato al precedente con la paventata guerra di successione a Renzi e parallelismi con la storia francese(vedi anche madn limportanza-del-no ):la stesura di questo post mi è venuta in mente dopo aver visto un altro ex famoso del Pci,anzi colui che lo distrusse alla Bolognina,Achille Occhetto,presenziare nel salotto di Corrado Augias per pubblicizzare il suo ultimo libro e strizzando l'occhio indirettamente ad un clamoroso ritorno in politica ad ottant'anni...ipotesi da non scartare visto che a quell'età c'è gente che ancora vuole cambiare l'Italia(in peggio).

Pisapia e i ritornanti.

Nella serie tv The Revenants, una schiera di morti in circostanze misteriose ritorna sulla terra destabilizzando le vite di quelli che sono rimasti vivi. Per quanto la loro morte non sia stata misteriosa, ma dovuta ad evidenti incapacità di reggere il passo dei tempi e di dimostrarsi credibili, negli scorsi giorni gli zombie del fu centro-sinistra ritornano alla carica. Approfittando della sconfitta di Renzi al referendum per reclamare un posto al tavolo della cricca che verrà.
I prodromi li abbiamo visti nel sorriso di D'Alema nelle prime interviste post-voto, come negli immediati appelli dei sindaci Merola e Zedda per un nuovo cantiere del centro-sinistra da costruire nei mesi a venire. Oggi, con l'intervista dell'ex sindaco arancione Pisapia a la Repubblica e il suo appello alla costruzione del Campo Progressista, vediamo la definitiva emersione del tentativo di soggetti trombati dalla storia e/o dal Parlamento di rifarsi una verginità.
L'obiettivo è quello di unificare lo spazio a sinistra di Renzi, fatto di “associazioni, liste, pezzi di Sel e di Si”. Per poi sedersi di fronte al ducetto fiorentino e proporgli un'alleanza in chiave elettorale che depuri definitivamente il Pd dall'abbraccio con gli Alfano e i Verdini. Il movente è la necessità di rioccupare posti di potere, il metodo è quello di offrire una stampella a Renzi, fino a ieri tanto dileggiato nel confronto pubblico verso il referendum.
La nuova stampella del centro-sinistra fornirebbe al PD (con o senza Renzi) un sostegno che allo stesso tempo è un cappio, riuscendo a riprendersi le poltrone e il potere che Matteuccio voleva tenersi tutto per sé.
Va da sé che l'operazione annunciata da Pisapia non ha alcun carattere davvero progressista, né è promotrice del cambiamento tanto sbandierato: le personalità che dovrebbero farne parte o appoggiarla da dentro il Pd (Bersani, D'Alema solo per dirne un paio) sono assolutamente in linea con le politiche promosse dal governo Renzi, come hanno dimostrato negli scorsi mesi non creando nessun reale pericolo all'approvazione di JobsAct, Piano Casa, SbloccaItalia, BuonaScuola.
Del resto questi “ritornanti” un certo tipo di politiche hanno contribuito in passato a forgiarle, con i governi Prodi e il loro accucciarsi alle politiche della Ue e delle istituzioni finanziarie transnazionali che hanno causato e causano quella stessa diseguaglianza sociale e quella stessa rabbia diffusa alle origini della vittoria del No.
Il discorso di Pisapia è riproporre con un maquillage un po' più leftist l'esperienza del centro-sinistra, quello dei bombardamenti in Jugoslavia, della Turco-Napolitano, delle lenzuolate di liberalizzazioni e privatizzazioni, della fede assoluta nell'Unione Europea. Il progressismo è solamente un gioco semantico, al tempo in cui la "sinistra", più o meno radicale, che aspira al Parlamento altro non è che strumento prono alla cristallizzazione dei rapporti attuali di sfruttamento.
La spinta a farlo è la possibilità di inserirsi in quello spazio dove domina la paura (che ha giocato un grosso ruolo nel 40% dei Sì, checchè ne dica Renzi) di un trionfo di Salvini e Grillo alle prossime elezioni, molto diffusa nell'elettorato che ha abbandonato il Pd negli ultimi anni di iper-centrismo. Si potrebbe rilegittimarsi e contemporaneamente riassaporare il gusto della poltrona. Ma le politiche sociali di questi nuovi alfieri del centro-sinistra le conosciamo bene...
Le abbiamo viste benissimo all'opera a Milano della "grande opportunità" di Expo!, oppure, sempre nella Milano "arancione", soprattutto in relazione al diritto alla casa per le fasce popolari, e nessuno dica che la colpa delle ondate di sgomberi agite sotto il Duomo fosse solamente di Maroni alla contemporanea guida della Regione. Le abbiamo viste agire allo stesso modo in questi anni a Bologna, dove il Pd di Merola ha completamente abdicato alla Questura su qualunque tema di ordine sociale, derubricandolo nei fatti a questione di ordine pubblico. Le abbiamo viste nelle risate di Vendola al telefono e nelle relazioni dello stesso leader di Sel con i padroni dell'Ilva.

E' questo il campo valoriale del nuovo campo progressista? A noi pare di sì, come ci pare evidente che l'unica divergenza con il boy-scout dimissionario fosse su chi tira o meno i fili di politiche poi non tanto differenti...

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Luigi XIV, il celeberrimo Re Sole, oltre ad aver visto nascere quello che poi sarebbe stato lo stato moderno, ha conosciuto bene la differenza che è forte, in politica, tra sforzo e risultato. E’ infatti noto lo sforzo che Luigi XIV impose alla Francia, durante le guerre di successione spagnola, per portare il regno ad una posizione di egemonia nel continente e sistemare i propri equilibri interni. Andò come sanno gli storici: la Francia perse guerra e risorse, ponendo le condizioni per una lunga crisi che si risolse con la rivoluzione e la ghigliottina per un altro Luigi, il sedicesimo. Il re Sole, sempre utile esempio in politica, serve quindi per capire la differenza tra sforzo, nell’uso dei mezzi, e risultato raggiunto. E, mettendo tra parentesi l’assestamento delle percentuali di voto (comunque molto negative per Renzi), questa lezione avrebbe dovuto forse essere metabolizzata prima dal sovrano di Pontassieve. Sicuramente prima di avventurarsi in un referendum senza nè capo nè coda.
Perchè è evidente che un partito che, nei migliori momenti, ha almeno il 60% dell’elettorato contro, perdendo nei territori quasi tutti i ballottaggi significativi, imboccare la strada di un referedum costituzionale è un suicidio strategico. Come è evidente, e la storia politica insegna, che le vittorie possono accecare. Per Renzi la vittoria che acceca è stata quella del maggio 2014: lì ha pensato di poter chiudere la partita ultradecennale delle riforme costituzionali, la sua guerra di successione spagnola, ripetendo lo schema comunicativo, per lui magico, di quei giorni. Solo che allora c’erano condizioni irripetibili: un uomo immagine nuovo, con un bonus diventato un mantra (i famosi 80 euro) e quindi voti a valanga. Dopo oltre due anni, di un governo logorato dalla crisi del paese, il moltiplicare la comunicazione dei bonus esigibili in caso di vittoria ha fatto solo montare la rabbia per offerte che sapevano di truffa. Se nel 2014 il bonus rappresentava una novità, nel 2016 non è stato altro che una trovata pubblicitaria proposta ad un elettorato stanco, impaurito dalla crisi e nauseato. Tanta è stata la reazione negativa che la piattaforma dei media dominanti, schierati secondo le esigenze di marketing di Renzi salvo lodevoli eccezioni, non ha fatto che alimentare la sconfitta del segretario del PD. Basta dire che se si fosse votato due mesi fa, invece di posticipare il voto per far partire una campagna mediale ossessiva e invadente, Renzi avrebbe perso, stando ai sondaggi, con uno scarto ben minore della sconfitta che sta prendendo forma.
Cosa accadrà nei prossimi giorni? Dichiarazioni live di Renzi a parte, gli scenari sono tanti e li racconteremo tutti. Di sicuro Renzi ha perso, hanno perso i media disposti in modo orwelliano. Sono due buone notizie. Per adesso è giusto fermarsi a queste. Domani è un’altro giorno, avrebbe detto Rossella O’Hara in Via col vento. Non lo è o meglio non è sarà bel giorno, per il sovrano di Pontassieve. Esprimendo tutta la nostra solidarietà con la ridente cittadina della provincia di Firenze, che ha la sfortuna di ospitare una delle persone più gonfie d’Europa, fermiamoci un attimo alla terza buona notizia. Il piacere per la sconfitta di Renzi. Piacere tutto politico per aver visto un conclamato falsificatore di notizie, controllante tra l’altro i principali media, cadere di schianto. Perchè per vincere le grandi battaglie, come quella di Rocroi della guerra dei 30 anni (per fermarsi alla storia francese), ci vogliono tre requisiti: abilità tattica, profilo strategico e rispetto dei soldati.
Renzi è solo la parodia di questi requisiti, è inadatto per un paese che cambia. Prima ci saluta e meglio è per tutti
redazione, 5 dicembre 2016

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