giovedì 12 maggio 2016

TRUMP DAVVERO PEGGIO DELLA CLINTON?

L'articolo odierno di Repubblica ripreso da Contropiano(http://contropiano.org/interventi/2016/05/12/la-clinton-non-fosse-meglio-trump-079008 )parla ormai dell'annunciato fin dall'inizio scontro finale tra il repubblicano Donald Trump e la democratica Hillary Clinton che si contenderanno a fine anno la poltrona più importante al mondo.
Perché se ormai da qualche giorno Trump corre da solo Bernie Sanders sta ancora lottando e pure vincendo qualche tappa all'avvicinamento della data dove si annunceranno i vincitori delle rispettive primarie.
La domanda del giornalista pone sta nel fatto che la Clinton sarebbe davvero la migliore scelta rispetto ad un Trump marcatamente razzista e sessista,arrogante ma anche vincente grazie ad una campagna elettorale a spron battuto di milioni di dollari.
Perché se da un lato non è detto che i sostenitori d Sanders,lui in prima persona ma anche i democratici di sinistra e gli indipendenti,votino la Clinton in una sorta di votare il male minore,Trump avrebbe pressoché tutti i repubblicani pronti a sostenerlo.
Un Trump che fa del nazionalismo il suo punto cruciale,pronto addirittura a sciogliere la Nato,ridurre drasticamente gli interventi militari Usa nel resto del mondo,imporre dazi ai prodotti stranieri e riportare a casa le multinazionali americane.
Una sorta di accelerazione del Ttip che non avrebbe nemmeno senso proseguire ad averlo,un cambio epocale dell'economia statunitense pronta ad ergere muri il che non va proprio giù ai vertici più altri che vedono i propri economisti ed esperti di finanza in disaccordo con i suoi progetti.
Perché vedendola in chiave italiana pensando una simile contrapposizione con una Clinton-Renzi ed un Trump Salvini-redivivo Berlusconi che farebbe rizzare i peli,si è proprio convinti che la politica spacciata come"di sinistra"sia davvero peggio di una dichiaratamente di destra?

E se la Clinton non fosse meglio di Trump?

di Carlo Formenti.
La gara presidenziale americana assume contorni sempre più definiti: da un lato Trump, che ha sbaragliato i contendenti, malgrado l’apparato Repubblicano abbia speso fino all’ultima goccia di energia (e di milioni, inutilmente bruciati in tambureggianti campagne negative contro il magnate populista) per sbarrargli la strada, dall’altro lato la Clinton che prevarrà quasi certamente su un Bernie Sanders assai più amato dalla base Democratica e dagli indipendenti, ma impossibilitato a sfuggire alla trappola di dispositivi e regole elettorali appositamente studiati per imporre la volontà dei vertici del partito (e delle lobby che lo foraggiano).
Questa contesa si prospetta come uno scontro fra un outsider sempre più isolato e una grande coalizione fra Democratici “istituzionali”, Repubblicani decisi a espellere il corpo estraneo che si è insinuato nelle loro fila, Democratici di sinistra e indipendenti rassegnati a votare la Clinton come il minore dei mali (scelta che lo stesso Sanders, salvo sorprese, finirà per appoggiare). Ma gli eventi imboccheranno davvero una via così semplice e lineare? E soprattutto: siamo sicuri che l’ascesa al potere di un nuovo membro della dinastia Clinton sarebbe il minore dei mali?
Per tentare una risposta, partiamo dagli argomenti con cui la stampa americana (ma anche quasi tutta la stampa occidentale, schierata contro il pericolo populista) spiega ai lettori che una vittoria di Trump “sarebbe un disastro sia per i Repubblicani che per l’America”. A finire sotto accusa sono in primo luogo le idee razziste, sessiste e omofobe di Trump? Ebbene no. Benché questi temi siano ovviamente ricorrenti, l’attenzione si focalizza con più decisione su economia e politica estera.
Nell’appena citato articolo dell’Economist, per esempio, il “disastro” paventato consiste nel fatto che Trump: 1) per difendere gli interessi dei colletti blu massacrati dal processo di globalizzazione e finanziarizzazione dell’economia, promette di stoppare gli accordi internazionali di libero scambio e costringere le multinazionali a tornare e a investire in patria, sotto minaccia di pesanti sanzioni; 2) propone di reintrodurre dazi a protezione dell’economia nazionale; 3) promette di imporre regole più stringenti a Wall Street, per impedire che si ripetano i disastri del 2008 e che i cittadini siano chiamati a pagarne i danni al posto delle banche che li hanno provocati; 4) parla di ridurre l’impegno militare degli Stati Uniti all’estero, arrivando addirittura a prospettare lo smantellamento della NATO, considerata un anacronismo dopo il crollo del Muro.
Carlo Formenti
da http://temi.repubblica.it/micromega-online/e-se-la-clinton-non-fosse-meglio-di-trump

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