venerdì 5 febbraio 2016

GIULIO REGENI

Devo ammettere che quando c'è stata la notizia della scomparsa del giovane studente italiano Giulio Regeni ancora la settimana scorsa avevo pensato alla classica storia del figlio di papà che ha scatenato la caccia all'uomo nonostante non avesse avuto sue notizie da solo un paio di giorno soprattutto legata al fatto di trovarsi all'estero e frequentando un'università di predestinati al potere.
Invece stavolta l'apparenza ha ingannato in quanto la scomparsa e la successiva morte del ragazzo friulano era qualcosa di più di un semplice dottorando a Cambridge,stava studiando e lavorando su di una tesi politica sulla situazione dei sindacati in Egitto,sulla situazione del dopo Piazza Tahrir dove solo negli ultimi due mesi ci sono state più di trecento sparizioni come la sua.
Solo che fino a quando non succede ad un personaggio famoso oppure ad un straniero meglio se italiano queste cose non si sanno e si pensa che nonostante l'amicizia storica che lega l'Italia all'Egitto c'è qualcosa di terribile e di taciuto e nascosto che sta accadendo nel paese nord africano.
L'articolo preso da Infoaut parla dell'omicidio compiuto quasi sicuramente dalla polizia che se non è stata l'esecutore materiale ha certamente contribuito ad insabbiare fin dalle prime ore tramite il Ministero dell'Interno le cause della morte che sarebbe stata un'agonia e di un'atrocità inenarrabile visti i segni di tortura sul cadavere.
Perché Giulio Regeni stava scrivendo come collaboratore sul Manifesto con uno pseudonimo articoli che raccontavano dei misfatti e di alcune situazioni riguardanti il mondo del lavoro molto pericolose perché aveva paura e lo aveva detto.
Il contributo parla anche dell'Italia partner economico d'eccellenza dell'Egitto e del fatto che il ministro Federica Guidi nelle stesse ore del ritrovamento della salma era con la solita delegazione di industriali,faccendieri e capitalisti italiani pronti ad affrontare l'ennesima visita diplomatica che nasconde viaggi d'affari.

Giulio Regeni: mandanti, colpevoli, complici.

READ THE ENGLISH VERSION: Giulio Regeni: instigators, culprits, accomplices
Negli ultimi due mesi del 2015, in Egitto ci sono stati circa 340 sparizioni forzate. In media, tre persone ogni giorno vengono prelevate da membri dei servizi segreti e delle forze dell’ordine egiziane per essere portati in diverse zone del paese dove subiscono torture, stupri e violenze. Il governo, denunciavano a fine anno alcuni attivisti, ha dato carta bianca agli ufficiali per gestire come meglio credono “le minacce alla sicurezza nazionale”, mentre i media locali passano sotto silenzio i rapimenti di Stato.

Il 25 gennaio Giulio Regeni esce di casa per andare a prendere la metro. Il giovane studente italiano si trova al Cairo per un dottorato e collabora occasionalmente con Il Manifesto. Quella sera scompare, i suoi amici lo cercano senza successo. Parte una campagna per ritrovarlo, vengono interrogate le autorità che, come sempre, dichiarano di non sapere dove si trovino le persone sparite.

Martedì, a una settimana dalla scomparsa di Giulio, il ministro dello Sviluppo economico italiano, Federica Guidi, atterra al Cairo alla testa di una delegazione di 60 aziende e dei rappresentanti di Sace, Simest e Confindustria per uno di quei numerosi viaggi d’affari travestiti da missioni diplomatiche in cui rappresentanti di governo sono inviati a fare i valletti del grande capitale italiano. Il Ministro si intrattiene amabilmente con il presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi in persona che rivolge un accorato appello ad investire nel paese, vantando la possibilità d’interessanti profitti per le aziende nostrane grazie all’apertura di sei nuovi porti lungo il canale di Suez. L’Italia ha scambi con l’Egitto per quattro miliardi di euro, la visita di Guidi serve a preparare l’atteso vertice inter-governativo tra i due paesi programmata tra qualche settimana durante il quale Renzi e il presidente egiziano firmeranno nuovi accordi commerciali per la gioia dei capitani d’industria di entrambe le coste del mediterraneo.

Ieri, mentre il Ministro Guidi stringeva mani a notabili e uomini di affari egiziani, la scoperta del corpo di Giulio Regeni. Le autorità egiziane parlano inizialmente di un incidente d’auto ma la realtà è un’altra: morto ammazzato e, sembra ormai certo, atrocemente torturato dai suoi rapitori.

Nel pomeriggio c’è la chiamata di rito tra il presidente Renzi e Al Sisi. Condoglianze e le rassicurazioni sull’imparzialità indagini, ovviamente. Ma la Presidenza dei ministri egiziana, forse talmente abituata a certi episodi da evitare con candore ipocrisie che sono d’obbligo alle nostre latitudini, ci ha tenuto a precisare con un comunicato stampa che ci sono anche state reciproche garanzie dell’assoluta necessità di continuare  l’integrazione economica tra i due paesi e la coordinazione in materia di sicurezza. La guerra in Libia è alle porte, i contratti sono pronti, non ci facciamo distrarre.

Non c’è nessun mistero intorno alla morte di Giulio.

C’è un paese che a cinque anni dall’insurrezione di piazza Tahrir ha sdoganato le esecuzioni extra-giudiziarie di militanti, giornalisti e dissidenti con il beneplacito di un Occidente pronto a sostenere le rivoluzioni solo quando si concretizzano in rapidi e lucrosi regime change. Un paese con cui l’Italia ha sempre intrattenuto proficui rapporti, da Mubarak ad Al Sisi, dimostrando che la puzza di sangue non sarà mai abbastanza importante da coprire l’odore dei soldi.

Verità e giustizia, certo, perché vogliamo sapere esattamente come, perché e per mano di chi è morto Giulio Regeni. Ma che i Gentiloni, i Renzi, ci risparmino la loro ipocrisia.

Ancora una volta, sono i loro affari che fanno i nostri morti.

Ciao Giulio, che la terra ti sia lieve.

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