lunedì 29 febbraio 2016

ANAHEIM CACCIA IL KU KLUX KLAN

Nei giorni scorsi ennesima provocazione dei lenzuoli bianchi del KKK che in California ad Anaheim hanno marciato per il loro razzistico White pride che a margine della loro pantomima ha visto diversi affiliati in divisa nera scendere da mezzi e attaccare e aggredire gli antirazzisti presenti in massa per cacciarli fuori dalla città.
Tre accoltellati,uno grave,e tredici arrestati in un pomeriggio di terrore cominciato da un presidio contro l'immigrazione clandestina e i fedeli islamici di una branca del movimento basato sull'odio per i neri che si fanno chiamare cavalieri bianchi della California.
Inutile aggiungere che l'ex capo del KKK David Luke ha candidamente ammesso che Donald Trump è l'unico uomo da votare per le prossime elezioni presidenziali.
 
USA, il Ku Klux Klan provoca e viene cacciato dalla città di Anaheim.
 
Tre persone sono state accoltellate e altri 13 arrestate in seguito ad una manifestazione del Ku Klux Klan ad Anaheim, in California, lo scorso sabato.

Il gruppo di suprematisti aveva annunciato che avrebbe tenuto un raduno a Pearson Park a partire dall'1:30 di pomeriggio per protestare contro "l'immigrazione clandestina e i musulmani", ma già dalle 11 diverse decine di contro-manifestanti avevano tentato di impedire la sfilata razzista.

Circa un'ora dopo, alcuni uomini del Klan in abiti neri con sono scesi da alcuni Suv sventolando bandiere confederate e utilizzando la punta di un'asta come arma impropria per colpire un manifestante antirazzista, rimasto gravemente ferito. Altri due manifestanti sono stati accoltellati durante gli scontri scoppiati al momento dell'arrivo del Klan - uno con un coltello e l'altro un'arma non identificata.

La pronta risposta dei presenti ha però messo in fuga diversi membri del Klan, che sono scappati a bordo delle proprie auto lasciando altri tre commilitoni sulla strada insieme a decine di manifestanti inferociti. La polizia, intervenuta dopo diverso tempo, ha quindi cercato di allontanare i razzisti dalla folla arrestando in ultimo sei membri del Klan (cinque uomini e una donna) dopo essersi subito accanita contro gli altri manifestanti, sette dei quali (sei uomini e una donna) sono stati infine fermati, colpevoli solamente di avere reagito agli accoltellamenti del KKK.
 
Il gruppo dei Cavalieri Bianchi della California è una setta minoritaria di suprematisti bianchi che sponsorizza campagne contro l'immigrazione, il terrorismo e la criminalità di strada; una ben più pallida imitazione di quello che fu il nucleo storico del Klan nella città di Anaheim, che contava quasi 300 membri e controllava quattro dei cinque seggi del consiglio comunale prima di essere cacciato nel 1924.
Circostanze che si sono però ripetute sabato pomeriggio, dove a ben vedere la piena riuscita dell'iniziativa contro i suprematisti è stata limitata solo dall'intervento irrazionale e provocatorio delle forze dell'ordine. Per questo motivo già nel primo pomeriggio di oggi è stato indetto un presidio di fronte al Dipartimento di polizia di Anaheim per chiedere la liberazione dei manifestanti sui quali pendono le incredibili accuse di “violenza su anziani” (a causa dell'avanzata età di alcuni membri del Klan) e “porto d'armi atte ad offendere” (ovvero quelle sequestrate ai neofascisti); per lo stesso motivo è stata indetta una campagna di raccolta fondi con lo scopo di raccogliere il denaro necessario per fare uscire di prigione i manifestanti pagando loro la cauzione.

IL FILM DOCUMENTARIO SU ALBA DORATA

L'articolo odierno parla del lavoro compiuto per portare a termine un film documentario sull'organizzazione neo nazista greca di Alba Dorata(http://www.senzasoste.it/anti-fascismo/ho-vissuto-cinque-anni-da-infiltrata-nel-pi-pericoloso-partito-neonazista-europeo l'originale in inglese:https://broadly.vice.com/en_us/article/how-one-filmmaker-infiltrated-a-notorious-neo-nazi-movement-for-five-years )concepito da Angélique Kourounis con il collega Thomas Jacobi che sono stati i principali fautori di quest'opera.
L'intervista alla Kourounis spiega il suo lavoro per il quale ha dovuto infiltrarsi tra i membri di questa che è diventata una forza politica molto discussa fin dalla sua nascita per la violenza e l'odio che ha suscitato anche al di fuori dei confini ellenici.
Tra riunioni e incontri ne esce fuori un ritratto di gente di ogni estrazione sociale,di delusi dalla politica comune e che oltre ad essere miseramente xenofoba,razzista ed omofoba come nel fascismo è estremamente sessista in quanto le donne sono viste solo come sfornatrici di figli e addette ai lavori domestici.
Un risultato inquietante per i meno informati che avranno il modo di poter vedere che cosa davvero rappresentino questi razzisti che vedono il loro leader Michaloliakos ancora imprigionato nelle patrie galere(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2013/09/greciasbirri-e-neonazi-in-galera.html )assieme ad altri vertici per imputazioni che vanno dall'omicidio di Pavlos Fyssas a rapine,riciclaggio e violenze varie.
Naturalmente la locandina che compare sopra non è quella originale ma del film Usa del 1930(non so nemmeno se esista ancora)così per sdrammatizzare un po' su un tema tanto delicato,comunque immagini del film si possono vedere nei link indicati sopra all'inizio.
 
Ho vissuto cinque anni da infiltrata nel più pericoloso partito neonazista europeo.
 
Dopo la crisi finanziaria del 2009, in Grecia il partito neo-nazista Alba Dorata continua a ottenere sempre maggiori consensi.
Nonostante 69 membri - inclusi alcuni deputati - siano sotto processo per aver "gestito un'organizzazione criminale che intimidisce e uccide i migranti e i propri oppositori politici," il partito è comunque riuscito a conquistare 18 seggi nelle elezioni nazionali dello scorso anno.
Quando uno dei deputati di Alba Dorata è stato accusato di aggressione, per aver schiaffeggiato un'esponente politica donna durante un dibattito televisivo, gli oppositori speravano che il vento sarebbe cambiato — ma sono rimasti delusi. La crescita di popolarità non si è fermata nemmeno quando il leader del partito Nikolaos Michaloliako ha affermato che Alba Dorata è "politicamente responsabile" dell'omicidio del rapper antifascista Pavlos Fyssas.
Per cercare di capire perché così tanti greci sostengono il partito, Angélique Kourounis ha passato cinque anni a filmare i membri di Alba Dorata con il suo collega Thomas Jacobi. Abbiamo parlato con Angélique delle centinaia di ore che sono state necessarie per realizzare il documentario Golden Dawn: A Personal Affair, e della sua determinazione nel capire perché il partito ha così tanto successo.
Cosa hai ottenuto dedicando così tanto tempo al progetto?
Angélique Kourounis: Non potevo fare un film su Alba Dorata in poco tempo, perché non mi avrebbero accettata. Mi avrebbero mostrato solo quello che volevano che vedessi. Abbiamo filmato durante distribuzioni di cibo e raccolte di sangue, a conferenze stampa, riunioni politiche, incontri con i gruppi locali, dove le persone si riuniscono due volte a settimana - alcuni incontri erano in zone facoltose di Atene come Alimos o Glyfada - e mentre filmavano e lavoravano per la radio o online.
Chi sono i membri di Alba Dorata?
Ho incontrato disoccupati, ricchi, persone della classe media; non è un partito di classe, coinvolge qualsiasi tipo di persona. Ho incontrato tre donne, una di loro era di sinistra, una era socialista, e l'altra era conservatrice, e hanno tutte deciso di unirsi ad Alba Dorata perché non hanno alcuna fiducia negli altri partiti.
Onestamente, c'è stato un momento in cui sono stata dubbiosa. Partecipavo a una riunione e tutti coloro con cui avevo parlato sembravano ragionevoli. Mi sono detta: 'Dov'è l'Alba Dorata che pensavo di conoscere, quella violenta, che ha ucciso delle persone?' Pensavo di essermi sbagliata. Poi un tizio, che aveva dimenticato di avere ancora il microfono acceso ha iniziato a parlare, dando ordini ai membri del gruppo su come comportarsi, e cosa dirmi quando li intervistavo. 
Lì mi sono accorta che non avevo torto: Alba Dorata è Alba Dorata, quella che conosco. Direi che sono nazisti, o comunque la direzione è sicuramente quella nazista — e sono assolutamente razzisti e sessisti. Ho intervistato un uomo che diceva di aver aiutato i neri quando era in Africa con una missione militare dell'ONU, ma solo per farli rimanere lì, per non farli arrivare nel suo paese.
Cosa puoi dirmi sul sessismo nel partito, invece?
Ho passato molto tempo con le donne di Alba Dorata. Alcune di loro sono coinvolte nella direzione del partito, ma è assolutamente corretto affermare che gli uomini hanno la priorità e che i ruoli più importanti sono affidati sempre a loro. Erano tutti contenti quando [il deputato e portavoce del partito] Ilias Kasidiaris ha schiaffeggiato Rena Dourou [membro del partito Syriza] in televisione, pensavano se lo fosse meritato. Dal loro punto di vista, le donne devono tornare in cucina e aprire le gambe per sfornare bambini. Incredibilmente, anche le donne sono completamente d'accordo su questo.
Avete mai avuto paura?
Avevamo sempre paura, soprattutto quando è stato pubblicato il secondo documentario a giugno 2014 — perché se lo avessero visto, saremmo stati nei guai. Comunque, ci hanno rotto le telecamere e un giorno sono stata aggredita — a quel punto la situazione stava per diventare ingestibile, ma è intervenuto il deputato di Alba Dorata Nikos Mihos, dicendogli che dovevano smettere di picchiarmi o di impedirmi di fare telefonate. Credo che ora potrebbe pentirsene.
In genere eravamo tranquilli: Thomas, che è tedesco, biondo, e di bell'aspetto, era quello buono, quello con cui i membri di Alba Dorata pensavano di avere qualcosa in comune. Io ero la ragazza stupida, sciocca, piccola e grassa a cui non prestavano molta attenzione. Durante uno dei loro comizi, Thomas e un cameraman sono stati respinti, e io sono stata fatta accomodare in prima fila con il mio cellulare, proprio come una ragazza sciocca che stava ancora scoprendo il mondo. Ecco come siamo riusciti a ottenere le immagini che abbiamo.
Qual è il loro atteggiamento nei confronti dei giornalisti?
All'inizio Alba Dorata era un partito presentabilissimo, e Kasidiaris veniva invitato in TV e gli veniva chiesto che film avesse visto al cinema, cose così. Sapevamo chi fosse, ma solo dopo l'omicidio di Pavlos Fyssas [il rapper antifascista] la stampa ha iniziato ad affermare che Alba Dorata era nei guai. Dopo anni e anni di silenzio, era troppo. Pensavo che sarebbe stata la fine del partito, ma il risultato è stato l'esatto opposto. Probabilmente perché i greci non credono più ai giornalisti, e i sostenitori di Alba Dorata non credono a nulla di quello che scrivono.
D'altro canto, la propaganda via radio e online è molto importante per loro. Qualsiasi cosa facciano, la pubblicano immediatamente sul web per mostrare quello che stanno facendo, proprio come Daesh. Alba Dorata blocca il confine con l'Albania per due ore: lo filmano e lo mettono online. Quando distruggono gli alloggi dei migranti, lo pubblicano online. Vogliono far vedere che agiscono. E funziona.
Quale pensi che sia la strategia di Alba Dorata per il futuro?
Stanno aspettando il loro momento. Credo sia la verità che cercavo quando ho iniziato a filmare. L'ultima scena del documentario mostra un intervistato importante affermare che quando Syriza sarà al potere, la prossima [a governare] sarà Alba Dorata. Tutto il film è la dimostrazione di questo [concetto].
Temi che Alba Dorata continuerà a ottenere consensi in Grecia?
Per me è abbastanza chiaro: il mio compagno è ebreo, uno dei miei figli è gay, un altro è anarchico, e io sono una femminista di sinistra e figlia di immigrati. Se Alba Dorata dovesse governare, il nostro unico problema sarebbe capire su quale vagone ci metterebbero.
Se le persone di Alba Dorata salgono al potere, l'unica risposta possibile è restare e combattere, o andarsene. Non c'è spazio per il pensiero libero, per le persone di sinistra, per i gay, per gli antifascisti, e questo si capisce perfettamente dal film. Sono cresciuta con i racconti di mia nonna sulla guerra e sulla resistenza contro gli italiani, poi ho avuto l'enorme privilegio di conoscere il padre del mio compagno Leon, che era ebreo e faceva parte della resistenza in Francia. Mi ha spiegato che non c'era altra scelta che la resistenza. Bisogna combattere per resistere, e se non lo si fa, si accetta quello che accade. 

La versione originale di questo articolo è apparsa su Broadly
24 febbraio 2016

domenica 28 febbraio 2016

IRLANDA INGOVERNABILE?

I risultati elettorali avvenuti in Irlanda ieri,con i risultati degli exit pool riportati grazie all'articolo di Contropiano(http://www.contropiano.org/internazionale/item/35148-gli-irlandesi-bocciano-l-austerita-ma-non-basta )poi confermati sulla stessa linea,fanno presagire ad un'altra tornata elettorale a meno di alleanze non prospettate alla viglia del voto.
Infatti come in Spagna nell'ultima tornata elettorale al momento c'è un forte sospetto di instabilità in quanto i due partiti che reggevano il precedente esecutivo sono passati dal 55 al 33 % con un calo sia del Fine Gael(centrodestra)che soprattutto del centrosinistra dei laburisti.
Buon risultato dell'altra coalizione del centrodestra Fianna Fail e del partito di Gerry Adams del Sinn Fein che raddoppia i propri voti mentre altre coalizioni di destra e sinistra oltre che i verdi ed i socialdemocratici hanno ottenuto discreti risultati.
Nonostante dati migliori dopo l'austerità imposta nel 2010 dal'Ue con un contributo di 80 miliardi di Euro con la disoccupazione in calo ed un Pil al di sopra delle aspettative,i due partiti che governavano hanno calato nettamente i loro consensi e ci sarà pure un perché.
Infatti la povertà generale è aumentata,le tasse sui cittadini meno abbienti pure,la sanità ha subito enormi tagli e tutto questo ha inciso fortemente su voto tenendo conto soprattutto che per la sanità in particolare oggi circa il 40% degli irlandesi è costretto a stipulare assicurazioni private.
In questa fase di stallo,il Fine Gael e il Fianna Fail sembrano simili ma non si possono vedere troppo,potrebbero anche coalizzarsi sotto le pressioni delle molte multinazionali straniere,soprattutto made in Usa,che hanno una tassazione minima per poter insediare le loro imprese nel territorio irlandese...ed è ovvio che comunque le ricchezze che questo fatto comporta ritornano nei paesi di origine.
Questo risultato dovrebbe essere in linea con un eventuale voto in Italia anche se da noi l'austerità imposta non ha di contro portato a cambi del Pil o del tasso di disoccupazione,sempre se ci arriveremo ad una votazione a breve termine.

Gli irlandesi bocciano l’austerità, ma non basta.

L’Irlanda non è l’India, eppure per avere i risultati definitivi delle elezioni politiche celebrate ieri nella Repubblica occorrerà aspettare ancora qualche ora. Intanto occorre accontentarsi degli exit poll diffusi nella giornata di oggi, e quindi è possibile abbozzare un minimo di analisi del voto tenendo conto però che ci si basa su sondaggi che possono essere smentiti almeno in parte dal responso reale delle urne.
Di certo c'è che gli irlandesi hanno inferto una durissima lezione alla maggioranza di governo uscente, punendo fortemente i due partiti che la costituivano. Il centrodestra del Fine Gael, guidato dal premier uscente Enda Kenny, perde più di dieci punti percentuali e passa dal 36% ottenuto nel 2011 al 24-26% di ieri. Sorte simile per gli altri partner di governo: il Partito Laburista, di centrosinistra, passa dal 19.5 al 7.5% circa. Le due forze, che insieme avevano il 55% dei consensi, sarebbero quindi ora al 32-34%, troppo poco per governare di nuovo.
I sondaggi danno invece in ascesa il Fianna Fail, opposizione di centro-destra conservatrice e moderatamente liberista, che passerebbe al 22% circa guadagnando 5 punti percentuali.
Buono il risultato del partito nazionalista di sinistra Sinn Fein che diventerebbe la terza forza politica ottenendo tra il 15 e il 16% dei voti; un netto balzo in avanti per un partito che in molti associano ancora al 'terrorismo', ma non tale da superare i partiti storici come invece sembrava dai sondaggi di alcuni mesi fa quando la formazione guidata da Gerry Adams era addirittura data in testa.
Un buon risultato sarebbe stato ottenuto anche dai Verdi e dai Socialdemocratici oltre che da candidati Indipendenti sia di destra che di sinistra. Da vedere il risultato dell’Antiausterity Alliance formata da varie formazioni di sinistra ed ecologiste e cresciuta nelle battaglie contro la privatizzazione dell’acqua imposta dall’esecutivo.
L’Irlanda non è un paese centrale dell’Unione Europea, né per numero di abitanti né per importanza della propria economia. Ma i riflettori sono ugualmente puntati su Dublino per capire come gli irlandesi hanno reagito alla cura da cavallo imposta dal 2010 dall’Unione Europea in cambio di 80 miliardi di euro di prestiti e che, stando alla propaganda del governo uscente e delle istituzioni continentali, avrebbero rimesso il paese in sella e ottenuto i risultati sperati.
Affermazioni che sembrerebbero confermate da alcuni dati macroeconomici: la disoccupazione è calata ufficialmente dal 15 al 9%; l’economia del paese ha ripreso a crescere in maniera consistente, con il Pil che l’anno scorso ha recuperato il 7%; la fuga di cittadini all’estero, in cerca di lavoro, si sarebbe arrestata ed anzi alcune migliaia di emigrati nell'ultimo anno avrebbe già fatto ritorno nell’ex tigre celtica che ora aspira a riprendere la sua corsa lasciandosi alle spalle la crisi.
Ma se è così perché gli elettori avrebbero punito in maniera così eclatante i partiti di governo, responsabili di aver accettato e imposto una brutale austerità all’Irlanda? A scavare sotto il presunto miracolo economico è stato nei giorni scorsi il Sole 24 Ore, che in un interessante articolo di Michele Pignatelli descriveva lo sfascio del sistema sanitario:

“Il settore che rappresenta in modo forse più significativo gli effetti dell'austerity è la sanità, l'immagine più emblematica quella che i giornali irlandesi chiamano “trolley crisis”, la crisi delle barelle: i pazienti parcheggiati per ore al pronto soccorso o nelle corsie degli ospedali in attesa di una diagnosi o di una sistemazione. Un numero in crescita costante, come rivela il monitoraggio dell'Inmo, il sindacato infermieristico irlandese: 67.863 nel 2013, 77.091 nel 2014, 92.998 l'anno scorso. Non è un caso che la situazione del sistema sanitario sia diventata uno dei temi di dibattito di questa campagna elettorale, come conferma Liam Doran, segretario generale dell'Inmo (…). In realtà i nodi della sanità irlandese sono numerosi e non tutti legati all'austerity. È prima di tutto un problema di capienza – spiega ancora Doran –: il nostro sistema sanitario è sempre stato troppo piccolo per far fronte alle esigenze della popolazione, una popolazione che per di più invecchia. Anche per questo abbiamo creato un sistema a due livelli, pubblico-privato: il 40% dei cittadini paga le tasse per la sanità pubblica, ma ha poi anche un'assicurazione privata, per la quale deve sborsare molto di più ma che garantisce rapido accesso alle prestazioni non urgenti». La crisi, con i pesanti tagli nel settore, è stata il colpo di grazia. «Nel 2007 – sottolinea Doran – spendevamo 16 miliardi per il sistema sanitario pubblico, oggi, nove anni dopo, siamo scesi a 13,2 miliardi. Abbiamo perso 2mila posti letto negli ospedali e 10mila impiegati del settore». Per contenere la spesa, è stato imposto un blocco delle assunzioni di personale infermieristico (ora eliminato) che ha spinto molte infermiere a emigrare in Gran Bretagna, Australia, Canada”.
Il problema è che, come spesso accade, dati macroeconomici positivi nascondono una situazione non proprio idilliaca, anzi. E’ vero che in generale l’economia del paese è in ripresa dalla fine del piano di salvataggio nel 2013, ma l’austerity, i tagli allo stato sociale, i licenziamenti di massa hanno causato un vero e proprio choc sociale nel paese; ed ora che la disoccupazione cala e alcune delle misure più draconiane sono state abbandonate, lo standard di vita e di lavoro non è affatto tornato quello precedente alla gestione del paese da parte della Troika: la precarietà nel mondo del lavoro è rimasta alle stelle, la sanità pubblica è stata in gran parte smobilitata, la povertà si è estesa, un numero record di persone ha perso la propria casa e le tasse sono aumentate soprattutto per chi ha redditi bassi e da lavoro dipendente mentre imprese e banche hanno ottenuto un trattamento clemente e in molti casi sono state salvate grazie a generose donazioni di fondi pubblici. Solo una parte dell’Irlanda è tornata a correre, lasciandosi dietro un settore consistente di popolazione – piccola borghesia e strati popolari - che giustamente ha utilizzato il voto per punire i responsabili del disastro.
E’ proprio lo scontento sociale nei confronti di Laburisti e Fine Gael che ha orientato molti voti operai e popolari verso lo Sinn Fein, che da subito ha adottato posizioni molto critiche nei confronti dell’austerity e ha guidato alcune mobilitazioni contro il governo e le politiche della troika, pur senza mai mettere in discussione l’adesione dell’Irlanda all’Ue o all'Eurozona.
Ma il quadro che secondo due diversi exit poll sarebbe uscito dai seggi non sembra permettere grandi svolte politiche nonostante la chiara indicazione degli elettori. Anzi, tutti parlano di frammentazione e di scenario ‘spagnolo’: i partiti che governavano sono stati pesantemente ridimensionati, ma nessuna delle altre forze è cresciuta a tal punto da essere in grado di formare facilmente una maggioranza. A questo punto le soluzioni possibili sembrano due: o un ritorno alle urne entro qualche mese, e nel frattempo la vecchia maggioranza di governo allargata ma a scadenza per gestire gli affari correnti; oppure una inedita alleanza tra Fine Gael e Fianna Fail, partiti assai simili dal punto di vista ideologico ma da sempre accesi rivali in un panorama politico in gran parte ereditato dai tempi dell’indipendenza da Londra. Durante la campagna elettorale i due partiti hanno entrambi escluso una possibile alleanza, ma ora una ‘grande coalizione all’irlandese’ potrebbe essere necessaria per tenere Dublino entro il recinto tracciato da Bruxelles e Berlino. La strana alleanza potrebbe essere caldeggiata anche dalle numerose multinazionali straniere e dalle imprese locali che pretendono che il bassissimo livello di tassazione per le attività economiche venga mantenuto.
Ma per ora occorre aspettare i risultati definitivi: l’originale sistema elettorale irlandese, proporzionale ma con voto singolo trasferibile (cioè con la possibilità per l'elettore di assegnare più di una preferenza sulla scheda, numerando i candidati in ordine di gradimento) rende lo spoglio lungo e complicato.

venerdì 26 febbraio 2016

L'ORGIA AL POTERE

Alla fine dopo aver posto la fiducia il governo Renzi è riuscito a far passare la legge sulle unioni civili ma a metà e con compromessi molto più di quelli storici degli anni settanta con proprio un'orgia di politicanti che spazia tra vari schieramenti politici ma che attenzione negli intenti sono molto più simili di come non lo possano sembrare.
Un voto condiviso tra Renzi,Alfano e Verdini pochi anni fa sembrava fantascienza così come far votare assieme una legge sulle unioni civili,certo con lo stralcio della stepchild adoption inclusa che ad Alfano proprio non andava giù con buon pace degli adepti del family day(vedi anche:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2016/02/lipocrisia-del-mondo-cattolico-nel.html ).
Mentre da un lato ci saranno più diritti per le coppie di fatto ora si apre un nuovo capitolo per quanto riguarda la tutela dei minori di una famiglia in un crescendo di ipotesi alcune delle quali fanno rabbrividire,ma ci sarà da argomentare su questo quando si passerà a proposte più concrete.
L'editoriale di Senza Soste(http://www.senzasoste.it/locale/unioni-civili-alfano-e-la-rivoluzione-contronatura )parla del voto di ieri passato dopo un paio di mesi dove si è parlato solo di quello spazzando via altre notizie come la guerra e le banche giusto in secondo e terzo piano,ed ora si creerà qualche altro spauracchio per poter continuare sottobanco azioni militari e decreti ad hoc per i soliti beneficiari noti.

Unioni civili: Alfano e la rivoluzione contronatura.

L’approvazione per decreto delle norme sulle unioni civili pone fine a un dissestato percorso parlamentare di questa materia. Probabilmente non pone fine a controversie, ricorsi alla corte costituzionale e magari anche referendum ma è altra questione. Il parlamento, nella sua interezza, è riuscito a stare due mesi su un tema sul quale si poteva brillantemente legiferare in pochissimi giorni. E questo mentre il sistema bancario rischia di crollare, c’è il rischio guerra alle porte e la crisi dei profughi può travolgere l’unione europea come la conosciamo (lo ha detto ufficialmente il commissario all’immigrazione Ue).
Ieri il Presidente della Repubblica ha riunito il Gran Consiglio di Difesa, emanato l’ok per le missioni segrete il Libia e i passi successivi, se necessari. Tutto, secondo le fonti presidenziali, grazie ad un voto del parlamento di novembre che permetterebbe questa procedura senza passare dall’aula. Ma ci siamo abituati, durante la guerra del Kosovo l’Italia di D’Alema bombardò la Serbia dal primo minuto ma la questione arrivò in parlamento, con calma e a giochi quasi fatti, una quarantina di giorni dopo. D’altronde di parlamentari incatenati davanti a Montecitorio affinchè si parli di guerra o di banche non se ne vedono. E così nella serata dopo il voto di fiducia sulle unioni civili, in una situazione tra le più gravi del dopoguerra, Alfano si faceva mandare in onda con dichiarazioni tipiche di chi è uscito dal bar avendo abusato di Martini bianco: “Abbiamo impedito che due uomini potessero avere un figlio”. Insomma, a dar retta a Alfano c’era da qualche parte un dottor Frankenstein della procreazione e lui ne ha impedito l’uscita dalla tana. Il tutto non solo per attibuirsi il merito di aver impedito una “rivoluzione antropologica contronatura” (frase senza alcun significato ma di sicuro effetto) ma anche per parare gli attacchi di tale Gandolfini, organizzatore del Family day al quale non va bene nemmeno la versione, quella si, Frankenstein delle unioni civili passata al senato con voto di fiducia.
Dal senato, poi vedremo nel dettaglio, esce infatti un Frankenstein delle unioni civili che ricuce due concezioni diverse, entrambi contenenti anime non dovrebbero convivere nello stesso corpo. Fornendo interpretazioni diverse, di segno opposto, per i futuri ricorsi sulla stessa legge. Da una parte infatti vi è l’impianto della legge che riconosce convivenza, mutuo soccorso e reversibilità. Dall’altra si toglie il concetto di fedeltà all’unione civile, non per adeguarsi ai tempi ma per declassare questo istituto rispetto al matrimonio, e soprattutto si toglie ogni riferimento alle adozioni. Cercando quindi di minare ciò che è stato appena riconosciuto. Già diversi piddini autorevoli (Zanda) hanno detto che di revisione “forse se ne riparlerà a fine legislatura” (come no) e così abbiamo una legge che interviene in materia di unione e solidarietà tra coppie senza regolare l’istituto delle adozioni. Il che, oltre ad essere discriminante nei confronti delle coppie (sposate) che questo istituto lo hanno regolato e protetto, è assolutamente demenziale. E’ come fare un nuovo codice della strada senza adeguare alla nuova situazione il ruolo delle assicurazioni, i sinistri automobilistici, la vendita di auto e i passaggi di proprietà (ci venga consentito l’esempio). Per poi dire “però da domani si circola”. Solo un Renzi che ha il grosso dell’elettorato tenuto in stato di nirvanica separazione rispetto al mondo reale, basta vedere i tg, e dei mercenari degni di lui, è capace di dire che “è stato fatto un passo avanti” assieme a “è una giornata storica”. Certo, dopo decenni di immobilismo è stato creato un Frankenstein, incubato per mesi, quando si poteva fare una legge seria in poco tempo. Un risultato del genere è sicuramente storico. Ma nella storia del demenziale politico e dei compromessi indecorosi. Si tratterà poi di capire i passaggi sulla reversibilità della pensione. Fino ad adesso si è parlato di adeguamento alle disposizioni del 2012 sull’età e il reddito dei contraenti unione civile. Diversi tecnici del Mef hanno già spiegato come l’evenutale impatto sui conti pubblici sarà veramente limitato (poche decine di mlioni di euro tra qualche anno su una spesa di decine di migliaia di milioni, come se una famiglia monoreddito comprasse a rate una macchinetta del caffè da pochi euro e la pagasse in un paio d’anni). Bisognerà però andare nel dettaglio della legge per come uscirà sulla Gazzetta ufficiale. Per capire se si saranno norme che possono entrare in conflitto con l’attuale istituto della reversibilità provocando, in generale, una dinamica di riduzione di quel tipo di prestazione pensionistica (recentemente attaccata da Poletti). Vedremo, di sicuro dal dottor Frankenstein della maggioranza che va da Renzi a Verdini c’è da aspettarsi di tutto.
La legge nel suo complesso, come sembra uscire dal senato, contiene due logiche. Una inclusiva l’altra discriminatoria. Compresibilimente ci sarà la corsa a usare la parte inclusiva ma il peso discriminatorio si farà sentire. Soprattutto per le adozioni. Anche perchè i ricorso la giudici per il riconoscimento delle adozioni, facendo valere le sentenze precedenti e magari la proria interpretazione della legge, rischia di porre in atto un’altra discriminazione. Quella tra chi il ricorso al giudice può permetterselo e chi no. Rimane poi il fatto, anche quello storico, che in nessun paese del pianeta la maggioranza che ha approvato una legge sulle unioni civili era composta di esponenti che parlavano pubblicamente di uomini contronatura. Avvilente, certo ma nelle situazioni in cui si impone il compromesso bisogna andare a vedere la natura del compromesso raggiunto. E questa natura è contronatura nel senso che una legge che regola le unioni civili e rinvia a un futuro indeterminato le adozioni, che sono un punto nodale di ogni unione, è un giocattolo rotto. La cui parte non rovinata viene agitata dal presidente del consiglio, e dai suoi ascari, come un regalo, facendo finta di nulla.
Ora l’Italia può affrontare banche, Libia, profughi e quanto regaleranno le prossime emergenze. Con queste truppe, qualsiasi cosa accada, farsa e disastro stanno nel novero delle certezze.
redazione, 26 febbreaio 2016

giovedì 25 febbraio 2016

BERLUSCONI "VITTIMA" DELLE INTERCETTAZIONI USA



La non notizia delle intercettazioni dell'agenzia statunitense per la sicurezza nazionale(Nsa)salta fuori nuovamente in un periodo di crisi di elettori per Forza Italia in prospettiva di una nuova campagna elettorale che potrebbe essere imminente e che lo è già per alcune città italiane dove tra pochi mesi si dovranno eleggerne i sindaci.
Basti pensare che la vignetta sopra è opera del 2010 e anche se il periodo ritornato alla mercé dei mass media è dell'anno successivo,quello delle interne e internazionali come disse l'ex presidente impollinatore ora nei panni della vittima,la solfa è sempre la stessa.
Amici o non amici gli Stati Uniti(in questo caso)non guardano in faccia a nessuno e spiano un po' tutti,che si chiamino Berlusconi o Merkel o anche un poveraccio qualsiasi come me o voi:è sempre stato così e nonostante prima i proclami dove si negavano le intercettazioni e dopo le scuse con l'avvento di Assange e Wikileaks,gli Usa continueranno ad interferire e curare a distanza amici e nemici.
Perché se avessero scoperto che fosse stata qualche nazione ostile a compiere intercettazioni,che lo facciano credo sia un dato di fatto,chissà che marasma generale anche se io vedo non più grave del solito che comunque uno Stato amico(che ci fa da padrone)come gli Usa sorvegli almeno i politici e magari qualche industriale.
D'altronde i padroni spiano e quando non ci arrivano ci sono sputtanatori felici di fare da spia,e poi se Berlusconi nella sua carriera sia stato beccato con delle intercettazioni più di una volta in flagrante molto al di fuori del limite della legalità dai nostri investigatori figuriamoci con chi detiene per ora l'eccellenza nella tecnologia per poterlo fare.
I due contributi sono gli editoriali di Senza Soste(http://www.senzasoste.it/nazionale/renzileaks-perche-le-intercettazioni-di-berlusconi-diventano-una-notizia )e Contropiano(http://www.contropiano.org/editioriali/item/35083-se-anche-la-cia-era-antiberlusconiana ).

Renzileaks. Perché le intercettazioni di Berlusconi diventano una notizia .

C’è davvero da chiedersi perché una notizia risaputa, l’ascolto di Berlusconi da parte della NSA durante il periodo caldo del 2011 sia diventata una notizia fresca (cioè una novità) e allo stesso tempo calda (una novità di cui tutta la politica istituzionale parla). Come è risaputa la notizia dell’ascolto di Angela Merkel, che ha già protestato vigorosamente tre anni fa, e di altri big dello show business politico venuti fuori, come dire, a strascico uno dietro l’altro. Ovviamente in Italia, come al solito, ci si è soprattutto concentrati non sulle rivelazioni ma sulla loro legittimità. Ma, come al solito, la forma rivela sempre qualche problema grossi di sostanza.
La notizia starebbe nel fatto che NSA, una delle agenzie americane di intelligence, ha spiato Berlusconi nel periodo caldo che va tra l’impennata del debito sovrano (con gli spread) e le dimissioni. Estate-autunno del 2011. Ovviamente non si tratta di una notizia. Primo perchè già dalle rivelazioni precedenti di Assange si sapeva, pubblicamente, che Berlusconi era sotto osservazione regolare da parte degli Usa. Oltretutto, a seguito dello scandalo Snowden, era uscita la notizia che almeno 5 milioni di italiani, establishment compreso, erano stati letteralmente scannerizzati dalla NSA. Nulla in confronto ai tedeschi, circa 30 milioni, e infatti in Germania, almeno lo scandalo nel 2013 era esploso. Nello stesso periodo quando il caso degli italiani, non solo establishment ma una parte significativa della popolazione, fu sottoposto al COPASIR (che monitorizza attività servizi segreti) la risposta fu sconcertante. Si disse, ufficialmente, “che gli americani assicuravano che non c’erano state violazioni della privacy” mentre, tra l’altro, in Germania sugli stessi metodi NSA era scoppiato il delirio. Ovviamente, in un paese dove le polemiche più roventi sono sui rimborsi degli scontrini, la vicenda passò completamente sotto silenzio. A livello ufficiale però la portata dei fatti era chiara eccome. Nessun stupore quindi alla notizia sulle intercettazioni di Berlusconi. Solo che la notizia è uscita accompagnata da molto clamore. Perché?
Prima di tutto perché ha permesso a Berlusconi di uscire dall’angolo, acquisire attenzione con quel tocco di vittimismo che non fa male a chi vuol recuperare consenso. Ma il punto grosso è un altro: il ritorno alla lamentala berlusconiana del “complotto del 2011” ha, da sempre, bersagli ben precisi. L’ex presidente Napolitano, il collateralismo alle politiche dell’austerità di molto establishment italiano (tra cui il bocconiano Monti e le reti di potere di cui fa parte), la Francia e la Germania come paesi che fortemente vogliono un ruolo di austerità dell’Italia. Si tratta di poteri che in questi giorni si sono fatti sentire: dallo stesso Napolitano, che ha alimentato non a caso una polemica su quanto lavorano i parlamentari, a Monti (che ha criticato Renzi in parlamento), ai bocconiani via Corriere della Sera. Per non parlare di Francia e Germania, paese (si veda un recente corsivo della Sueddeutsche Zeitung che praticamente prendeva in giro le proposte di Renzi sulle banche e sulla nuova governance europea) che ha messo Renzi nel mirino. Guarda caso gli avversari di Berlusconi e di Renzi coincidono. Non solo, Renzi non vuol fare la fine di Berlusconi: detronizzato dai “mercati”, dalla governance europea e, infine, da una congiura di palazzo.
Già perchè questo paese continua a occuparsi di scontrini e di politicamente corretto, oltre che del proprio ombelico, ma lo scontro tra Renzi e l’eurozona continua ad esserci. Su nodi grossi: banche, e lì la crisi potrebbe farsi grossa, flessibilità di bilancio, nel 2017 prima delle elezioni dell’anno successivo Renzi rischierebbe di dover compilare una finanziaria molto dura. Oltre che tutta una serie di nodi su energia, acciaio e geopolitica. E’ quindi accaduto quello che era prevedibile accadesse: i media, il governo e Renzi hanno dato serio risalto alle rivelazioni di Berlusconi. Atto dovuto: il governo ha chiesto spiegazioni agli Usa (quelle che il governo Letta, assieme al PD, non ha chiesto nel 2013...). Sicuro qualcosa ci sarà da regolare anche con gli Usa, magari si userà la cosa anche per inquadrare meglio eventuale intervento libico. Ma il bersaglio vero di questa polemica è la filiera Napolitano-Monti-bocconiani-Francia-Germania. Avvversari interni ed esterni ai quali Renzi manda un messaggio chiaro: se la crisi precipita, e può precipitare, non mi farò impallinare come Berlusconi. Colpito, oltre che da qualche attacco in borsa che tolse in un giorno 12 punti di valore al titolo Mediaset, da qualche congiurato interno su mandato dall’esterno del palazzo. Oggi i fatti sono pubblici, il clamore deve essere tanto perchè si capisca che le mosse sono scoperte e chiare a tutti. Poi, si vedrà. Come sempre, è normale quando si parla di processi collettivi, tutto diverebbe più chiaro in caso di precipitazione della crisi. Vediamo. Resta il problema che le intercettazioni NSA di solito non riguardano solo l’establishment ma la popolazione a largo raggio. Ci sarebbe da chiedere chiarimenti seri sui profitti che tante aziende Usa fanno sull’uso dei dati che risultano da questa attività. Ma anche qui, una volta messi a produzione un pò di precari italiani come fa Google, questo genere di tematiche svaniscono nel nulla. Eppure è sul governo dei dati che si fanno le differenze nella politica e nell’economia contemporanee. E infatti la differenza si vede. In negativo, s’intende.
redazione, 24 febbraio 2016
 
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Se anche la Cia era antiberlusconiana....

Wikileaks pubblica una bella massa di documenti della Nsa – l'agenzia per lo spionaggio informatico del governo degli Stati Uniti, quella da cui è fuggito Edward Snowden – da cui emerge, fra tante altre cose, che Silvio Berlusconi e il suo cerchio magico erano intercettati ad ogni ora del giorno e della notte, mentre il Caimano era in carica come presidente del consiglio. Ogni suo colloquio, anche con capi di stato stranieri, viene refertato per l'amministrazione Usa. Memorabile, dal nostro angolo visuale, il colloquio con Benjamin Netanyahu, feroce premier israeliano, protagonista dello sterminio programmato dei palestinesi, in cui promette di «mettere l’Italia a disposizione di Israele, nell’aiutare a rimettere a posto le relazioni di quest’ultimo con Washington». Immaginiamo con quale attenzione saranno state accolte le sue parole, al primo incontro con Obama dopo questa telefonata...

Scandalo! Scandalo! Sorpresa! Sorpresa! Forza Italia prova a recuperare qualche voto chiedendo una commissione di inchiesta, il governo convoca l'ambasciatore statunitense per chiedere spiegazioni (è il minimo sindacale, in casi di questa portata).

Il segreto di pulcinella, quando viene “scoperto”, genera riso, spallucce, mormorii e sguardi di compassione.

Dal punto di vista della politica internazionale, infatti, c'è ben poco da stupirsi. È vero, come lamentava il tedesco Martin Schulz, che “tra alleati non ci si dovrebbe spiare reciprocamente”. Ma lo si fa regolarmente, nella misura in cui i rapporti di forza e la superiorità tecnologica lo permettono. Per esempio, vi sembra credibile che Angela Merkel non sapesse nulla delle intenzioni di Tsipras, che aveva appena defenestrato Varoufakis e la sinistra interna di Syriza? Il contrario, invece, sembra assai poco probabile...
Si fa regolarmente, insomma, e anche l'adontarsi scandalizzati fa parte della normalità. Le ragioni per mettere sotto tutela i governi berlusconiani, specie nell'ultimo periodo, davvero non mancavano. Da quelli economico finanziari (Sarkozy che l'aveva affrontato spiegando che «Le istituzioni finanziarie italiane potrebbero presto `saltare in aria´ come il tappo di una bottiglia di champagne e che `le parole non bastano più´ e che Berlusconi `ora deve prendere delle decisioni´», con lo spread che saliva verso cime glaciali) a quelli più banalmente di letto.
A livello internazionale, nessuno si scandalizza se un/una presidente ha una/o o decine di amanti. Al potere piace misurare la propria possanza fascinosa anche in questo modo, dalla notte dei tempi. Ma su alcune cose non si scherza. Per esempio, il controllo sui partner sessuali deve essere ferreo, selettivo, “sicuro”. Nelle cronache degli anni '60 rimase tristemente famoso l'allora segretario di Stato alla guerra, John Profumo, inglese di chiare origini italiane, per il suo rapporto extraconiugale con la spogliarellista Christine Keeler. Sarebbe forse sopravvissuto allo scandalo (era regolamente sposato, e con un'attrice abbastanza conosciuta) se la spogliarellista non avesse avuto contemporaneamente un'”assidua frequentazione” con un funzionario dell'ambasciata sovietica, quasi certamente del Kgb. Dimissioni fulminee, carriera distrutta, governo in crisi e costretto a lasciare.
Ma le decine di donzelle che si facevano selfie seminude a Palazzo Grazioli, che riferivano quasi in diretta a personaggi di dubbia onorabilità o addirittura coinvolti in traffici di droga (tale Ramirez de la Rosa, convivente di Marystelle Polanco, tra l'altro fermato una volta mentre era alla guida di un'auto intestate a Nicole Minetti...), che ricattavano platealmente il vecchio impresario alle prese con i problemi dell'età, facevano sembare il povero Produmo quasi un campione di sicurezza antispionaggio. E questo senza neanche mettersi a immaginare cosa potevano dirsi, durante feste lontane da occhi indiscreti, Silvio Berlusconi e Vladimir Putin.
Bene. La “scoperta” che Silvio era spiato dagli americani ci dice molte cose che confliggono direttamente con un immaginario che ha distrutto la capacità di pensare politica a sinistra.
La prima è che non basta essere un fedelissimo di qualsiasi presidenza Usa per evitare di essere monitorati e sospettati di pericoloso egocentrismo.
La seconda è che la gestione della casella italiana nello schieramento Nato era fortemente a rischio, anche a causa dell'assoluta “negligenza” del Caimano verso le più elementari regole della sicurezza.
La terza, è che anche l'Unione Europea non poteva più tollerare un jokerman irresponsabile che rischiava di portare tutta la baracca verso il baratro.
La quarta – e definitiva – è che tutti gli imperialismi occidentali erano “antiberlusconiani”. Non certo per motivi ideologici o etici, ma per banale “sicurezza di funzionamento” del sistema, sia dal lato militare che economico-finanziario.
Cosa ne ricaviamo? Che l'antiberlusconismo è stato un periodo - difficile definirlo un "pensiero" - di fortissima tossicodipendenza, di assoluta incapacità di ragionare al di sopra dei liquami giornalmente squadernati sui giornali, di totale perdita del significato della parola “politica”, di ciclopico rifiuto di concepire un progetto indipendente da quelli dei vari poteri che si contendono anche questo paese. Quanti, per anni, hanno chiesto o concesso un “voto utile” contro questo personaggio risibile, dovrebbero smettere per sempre – da oggi – di parlare.
Se c'è qualcuno che andrebbe protetto, in queste ore, dal rischio di commettere suicidio, sono quelle (poche) migliaia di presi-per-il-culo che sono andati sotto il Quirinale, la sera dell'11 novembre 2011, a inneggiare alla “liberazione”. Usati, spremuti e gettati via dai mercati finanziari e dall'imperialismo (anche) Usa.

mercoledì 24 febbraio 2016

IL RUOLO DELL'ITALIA NELLA GUERRA CONTRO L'ISIS

Hanno fatto molto discutere le autorizzazioni date agli Stati Uniti per l'utilizzo delle basi siciliane,e si parla in modo diretto di Sigonella,per la partenza dei droni che andranno ad eseguire operazioni militari in Libia e in Nord Africa,in poche parole per fare la guerra.
Mentre per simili azioni di contrasto alle milizie daesh in Siria ed in Medio Oriente le basi statunitensi in Italia appaiono troppo distanti e quindi si sceglie la Turchia(con tutte le implicazioni e le contraddizioni del caso),per la costa e l'immediato interno nordafricano paiono quelle siciliane le più adatte.
A parte che come al solito la politica estera italiana è pari a zero come potere decisionale e come importanza tangibile,dobbiamo realmente crederci che cosa l'Italia possa fare per combattere l'esercito islamico dei fanatici assassini,se starsene a guardare o concedere l'uso di queste basi oppure intervenire direttamente con proprie armi e persone,visto che comunque le nostre di armi sono già in mano all'Isis.
Perché i discorsi del pacifismo e del dialogo fino all'ultimo contro certi personaggi purtroppo lasciano il tempo che trovano,e una via di mezzo sofferta ma giusta sarebbe proprio lasciar fare agli altri sfruttando il nostro paese per poter lanciare operazioni per fermare questi criminali.
Discorso duro lo so,ma non credo ipocrita né fuorviante rispetto ad una teoria ed un'ideologia che ripudia la guerra ma non per tutti i casi:è inutile nasconderci dietro un dito che mentre la sinistra italiana appoggia le azioni curde,palestinesi e russe nel Donbass(per esempio)che comunque la si giri per autodifesa o altro ammazzano altra gente e fanno la guerra,oppure sì che ricadiamo in un'ipocrisia che secondo me è la stessa che si usa per vietare agli Usa(e all'Ue)di "prestare" le basi siciliani per questi attacchi.
Articolo preso da Infoaut(http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/16588-la-sicilia-è-in-guerra-renzi-e-gli-usa-hanno-deciso ).

La Sicilia è in guerra: Renzi e gli Usa hanno deciso.

Rimbalza in questi giorni la conferma ad una notizia di cui si era iniziato a parlare già un mese fa circa: la base militare di Sigonella, alle porte di Catania, ospiterà i droni statunitensi utili alle operazioni militari in Libia e Nord Africa. A riferire del raggiungimento dell’accordo è un articolo del Wall Street Journal.
Era già successo pochi anni fa: in occasione dell’intervento militare nella Libia dell’allora presidente Gheddafi; droni militare statunitensi che stanziano e partono dalla base “siciliana” di Sigonella. Anche allora il governo italiano si era piegato alle logiche guerrafondaie ed economiche statunitensi; interessato com’è, il paese di Obama, ad allungare le sue mani imperialiste su quell’area mediterranea. Come è andata a finire tutti lo ricordano. Oggi tornano a risuonare i tamburi di guerra, contro un nuovo nemico dell’Occidente: l’Isis e il “terrorismo internazionale”. E a nuovo nemico corrispondono nuove strategie militari … e nuovi armamenti.

Secondo l’articolo della testata giornalistica americana l’accordo raggiunto dai due governi prevederebbe l’invio in Sicilia di droni di nuova generazione: Predator e Reaper, mezzi a pilotaggio remoto che, a differenza dei Global Hawk, già presenti a Sigonella, appunto, dal primo intervento in terra libica, possono essere armati e svolgere, dunque, non soltanto compiti di monitoraggio bensì veri e propri attacchi militari. Questi mezzi saranno guidati a distanza grazie alla ventennale presenza, a Niscemi, di 46 antenne Nrft.

Finora, bocche cucite tra i politici italiani; o quasi. Se il Ministro della Difesa, Pinotti, non si è ancora espressa, qualcosa è scappato a Renzi e al Ministro degli Esteri, Gentiloni. Questi hanno voluto soltanto evidenziare il presunto carattere “difensivo” di questo accordo provando, di fatto, a negare la natura bellica di tutta la vicenda.

Due aspetti appaiono invece più che mai chiari ed emergono prepotentemente mese dopo mese: il primo è che le strategie imperialiste continuano ad avanzare in maniera sempre più subdola e meschina; siamo infatti convolti in uno stato di guerra permanente senza che, nessuno, abbia fin qui potuto esprimersi in merito in quanto “ufficialmente” non si è mai voluto riconoscere questo aspetto. La guerra si fa, oggi, nel silenzio più assoluto così da avere mani libere nell’accaparramento di stati, risorse, ricchezze. Il secondo è relativo al ruolo delle Sicilia in queste dinamiche: essa, infatti, pare assumere sempre maggiore centralità negli scacchieri internazionali che guardano, nella fase attuale, con sempre maggiore interesse al Mediterraneo e al Medio-Oriente. Basti pensare a Sigonella, Birgi e … Niscemi.

Questo ci conduce immediatamente ad un altro punto fondamentale: il Muos. Pare, infatti, che i responsabili politico-militari statunitensi abbiano lasciato trasparire un certo “fastidio” per il blocco ai lavori di costruzione e “messa in funzione” del mega-impianto di comunicazione satellitare: il Muos, per l’appunto. Ciò che pare infastidisca parecchio è, infatti, il rallentamento nella definizione di questo nuovo scacchiere militare provocate dalle proteste e dal conseguente blocco nei suddetti lavori. Il Muos già pronto, del resto, permetterebbe ai vertici militari americani di pensare all’utilizzo di tecnologie d’attacco sempre più sofisticate, con ulteriori guadagni per le lobbies degli armamenti e della guerra.

Ed eccoci, così, ad un’altra dirimente e centrale questione: la lotta e i conflitti che hanno attraversato Niscemi e la Sicilia contro il Muos come risposta possibile alle strategie e alle politiche guerrafondaie dei governi occidentali. Ben lontani infatti dai tempi in cui le guerre imperialiste (prima e seconda guerra del Golfo ad esempio) spingevano le popolazioni del “mondo occidentale” a protestare nelle piazze (anche se non può certo essere il semplice movimento d'opinione la soluzione, tantomeno l'obiettivo), è dalle lotte e dalla conflittualità tutta da esprimere nei e nel nostro territorio che è possibile scompaginare i piani guerrafondai, quantomeno del governo Renzi. Piani inevitabilmente connessi e dipendenti a un'opinione pubblica consenziente (o indifferente perlopiù), ma soprattutto a una necessaria stabilità e normalizzazione sociale e politica interna, se poi si tratta del Muos... Neppure a dirlo infatti, quanto potrebbero essere fondamentali in questi mesi il ruolo e le capacità politiche (a partire dal dibattito pubblico e mediatico) e di mobilitazione e reale opposizione del movimento No Muos. Domani intanto è atteso il responso del Consiglio di Giustizia Amministrativo proprio sulla legittimità del Muos.

martedì 23 febbraio 2016

SAPPIAMO QUALE PERICOLO POTENZIALE ABBIAMO SOTTO DI NOI?

Che mezza Lombardia  e buona parte dell'Emilia siano a rischio esplosioni e disastri derivati dallo stoccaggio del gas non è una novità e l'articolo preso da Senza Soste(http://www.senzasoste.it/ambiente/il-caso-bordolano-e-l-italia-hub-europeo-del-gas )è qui a ricordarcelo ed è un monito su quello che potrebbe accadere sotto ai nostri culi che la disinformazione pilotata da parte di colossi dell'energia come Edison,Snam e Stogit vogliono farci credere.
Ho parlato di disastro e non di tragedia perché il primo termine implica una diretta colpa o comunque un contributo sostanziale dell'uomo per quanto riguarda danni a persone e ambiente,in quanto nonostante studi e ricerche si continuano a seguire quelle truffaldine di chi approva e sostiene certi lavori.
Qui sotto vengono citati nomi di paesi e cittadine alcune delle quali molto vicine a Crema come Sergano e Ripalta Cremasca,senza dimenticare Cornegliano Laudense,Bordolano,Bagnolo Mella e altri centri siti tra le province di Cremona,Lodi e Brescia dove si concentrano zone di  stoccano gas e metano per diverse tonnellate di metri cubi all'anno.
Oltre alla pericolosità di avere depositi in zone sismiche e a Bordolano addirittura nei pressi di una faglia,le emissioni dannose per l'ambiente e la salute bruciate nell'aria sono impressionanti e deleterie e nonostante questo non portate alla conoscenza collettiva che se interpellata fatica a sapere ciò con cui ha a che fare.
 
Il caso Bordolano e l'Italia "Hub europeo del gas"
 
Al cittadino, al lettore non sempre “tempestivamente informato”, per ovvie naturali ragioni su quanto accade sotto i nostri piedi, oggi vogliamo parlare di quanto sta accadendo nella Pianura Padana, uno dei cinque territori al mondo tra i più inquinati assieme a Cina, Usa, Sud Africa, Nord Europa (zona fra Olanda e Germania).
La Pianura Padana fra Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto è considerata il “Texas Padano” per via dei numerosi pozzi perforati dall'AGIP dagli anni 1945 ad oggi e dai quali si sono estratti milioni di metri cubi di metano e, anche se in quantità minore, di petrolio. Paragonare oggi questo territorio al Texas, è una forzatura volutamente ricercata e promossa da quelle istituzioni governative e società che cercano nelle risorse fossili, in via di esaurimento, un improbabile rilancio ed una improbabile rinascita energetica che dovrebbe essere invece affidata alle fonti rinnovabili.Nel nostro Paese due sono i territori investiti dalla SEN, la Strategia Energetica Nazionale diventata legge con il Governo Monti e che ha raccolto gli indirizzi dei Governi che si sono succeduti fino ad oggi dal 2001, anno in cui venne deciso di passare dai giacimenti ormai sfruttati ed in via di esaurimento anche per gli alti costi di sfruttamento, alla politica dello stoccaggio di metano per "creare riserve strategiche e commerciali” da utilizzare in caso di necessità e per “soddisfare le esigenze energetiche di picco” del Paese, notoriamente legato alla importazione di petrolio e gas da altri Paesi principalmente dall'Est Europa, dal Medio Oriente, dall'Africa (Nord Africa e Nigeria). Considerato un trend di crescita dei consumi di risorse fossili, in particolare del metano, si trattava di passare dai  consumi registrati negli anni 1996-97 di circa 62 miliardi di metri cubi di metano, arrivati a circa 85 miliardi di m3 negli anni 2005-2006, ad un consumo previsto di circa 130 miliardi di m3 per gli anni futuri. Progetti che erano in grado di soddisfare la fame ed il mercato energetico delle grandi compagnie e delle grandi società multinazionali ma che si sono scontrate a breve giro con la “imprevista” (?) crisi produttiva globale degli anni 2005-2010 e dalla quale difficilmente si uscirà con gli stessi standard di produzione e di economia mondiale.
Quali sono le ricadute per il nostro Paese? La grave crisi industriale manifatturiera ha prodotto un calo verticale della richiesta di energia mettendo in crisi anche le più recenti centrali a turbogas (tra queste il caso tra i più eclatanti è quello della centrale del gruppo Sorgenia di Bertonico, in provincia di Lodi) fino ad arrivare ad un piano nazionale di dismissione per circa 60 centrali tra turbogas, olio pesante e carbone, visto l'eccedenza di energia prodotta rispetto alla domanda attuale. La medesima situazione si sta verificando anche per la “questione del gas” con riflessi geopolitici che pongono il nostro Paese all'interno di un quadro internazionale fortemente instabile. Oggi, infatti, i consumi di gas metano sono dell'ordine di 61,9 miliardi di m3/anno con un calo del 30% rispetto gli ultimi 10 anni, pari ai consumi degli anni 1996-97. Sembra il gioco dell'oca o del Monopoli: si ritorna al punto di partenza. Ma nel frattempo la teoria di politica economica “dello sviluppo infinito” ha lanciato grandi progetti per nuove ricerche di idrocarburi, realizzazione di nuovi stoccaggi di metano, costruzione di nuovi giganteschi metanodotti: una scelta politica che fa a pugni con la realtà e che lascia il nostro Paese alla mercè della finanza speculativa e  delle multinazionali grazie anche ad una politica di royalties fra le più basse dei Paesi Occidentali.Accade così che in Basilicata si continui ad estrarre ancora quel poco petrolio che rimane assieme al gas in una zona notoriamente sismica, la Pianura Padana, nota anch'essa per la sua sismicità naturale con sorgenti in grado di produrre sismi di magnitudo 6.1 (secondo i dati dell'INGV Istituto Nazionale di Geofisica e Vulaconologia) venga individuata come “Hub” del gas per l'Europa: i vecchi giacimenti, scoperti lungo le faglie sismiche e dove ad esempio il metano è stato estratto in almeno 45-47 anni di attività fino al 1997, oggi vengano trasformati in stoccaggi con cicli alternati di attività semestrale di immissione del metano a forti pressioni (da 144 a 204-240 bar) nel periodo aprile-settembre e di estrazione del metano nei sei mesi successivi da ottobre a marzo. Cicli alternati che dureranno per i venti anni delle concessioni di coltivazione rilasciati dal Ministero dello Sviluppo, rinnovabili per altri venti. A Bordolano (CR), come a Sergnano (CR) centrali di immissione del gas nel sottosuolo funzionano bruciando gas. Nel caso di Bordolano si tratta di una centrale da 181 MW termici in grado di emettere (secondo i dati della società Stogit) 4 miliardi e 100 milioni di m3 di fumi/anno alla temperatura di 530° centigradi nel periodo più caldo dell'anno con emissioni di PM2,5, di 190 ton/anno di CO, di 165 ton/anno di Nox: polveri sottili e ossidi nocivi alla salute degli esseri viventi con ricadute sul terreno (e sui prodotti agricoli destinati all'alimentazione umana) nel raggio di 20 km. Fino a 700° centigradi le temperate delle emissioni a Sergnano (CR).

C'è qualche ripensamento, qualche precauzione nonostante i rischi di sismicità indotta, le ricadute sull'ambiente (nel Parco Oglio Nord per Bordolano, nel Parco del Serio per Sergnano)? La risposta è: NO!  Nonostante il Ministero dello Sviluppo, con il Ministero dell'Ambiente e dei beni Culturali, abbia rilasciato il VIA nel 2009 per il “Progetto Centrale e stoccaggio di Bordolano-Stogit 2008”, e nell'ottobre 2012, cinque mesi dopo il terremoto dell'Emilia del 20 maggio, con il Decreto 532 del 15 ottobre dichiari che sono possibili sismi di Magnitudo 3.0  nel raggio di 10 km dalle teste pozzo per cui vanno attivate procedure (mai specificate) per ricondurre la sismicità al di sotto del valore M2.0.Nonostantem, ancora il Ministero dello Sviluppo con Provvedimento Direttoriale n. 18804 dell'8 agosto 2013 dichiara possibile sismi di Magnitudo 3.0 dai fondo pozzo (a -1.700/-1.900 metri di profondità) nel raggio di 10 km dalla centrale di stoccaggio di Bordolano “anche a macchine ferme”, le “Linee Guida” del 24 novembre 2014 dello stesso Ministero dello Sviluppo, il Decreto del 25 marzo 2015 sempre del Ministero dello Sviluppo, il convegno promosso dal Ministero dello Sviluppo a Roma il 12 giugno 2015 workshop dal titolo emblematico “Sismicità indotta” ed il convegno   promosso dall'Università della Basilicata nel novembre 2015, la Lombardia passerà, nonostante la crisi di consumi di metano, da uno stoccaggio di circa 4 miliardi di m3/anno negli storici stoccaggi di Brugherio/Cinisello Balsamo, Settala in provincia di Milano, Sergnano e Ripalta Cremasca a 10 miliardi stoccati se verranno realizzati i progetti di Bordolano (1,2 miliardi  di m3) in provincia di Cremona, Bagnolo Mella /Capriano del Colle (80milioni di m3/800milioni potenziali?) in provincia di Brescia, Cornegliano Laudense (Lodi) per 2,2 miliardi di m3 (interessata la Morgan Stanley... la BEI per 238 milioni di Euro con il sostegno del Governo Italiano per circa 600milioni di Euro...).
La Banca Europea degli Investimenti ha emesso nell'agosto 2013 un prestito di 283 milioni di Euro alla società Stogit per la realizzazione della centrale e dello stoccaggio di Bordolano (CR).  Altri prestiti sono stati erogati dalla BEI alla società SNAM per la realizzazione di metanodotti da 1.200 mm di diametro (Poggio Renatico-Cremona-Sergnano), di 1.400mm di diametro (Zimella-Sergnano-Mortara), tutti realizzati alla profondità media di 1,50 metri e localizzati sopra le sorgenti sismogeniche citate, con il rischio di liquefazione del suolo come avvenuto nel terremoto dell'Emilia del 2012.Le attività di stoccaggio del metano sono considerate dall'Unione Europea dal 2009 attività a Rischio di incidente rilevante soggette alla Direttiva Seveso ed ai Piani di Emergenza Esterni. Solo gli stoccaggi di Collalto (Edison) e di Cortemaggiore (Stogit) hanno i Piani di Emergenza Esterni.Siamo davvero un Paese normale? La BEI finanzia lo sviluppo o la distruzione, con attività industriali che producono sismicità indotta, il nostro Paese? Che ne sarà del nostro patrimonio storico ed artistico nei territori coinvolti dai progetti di stoccaggio del metano a sismicità indotta?
2 febbraio 2016

IL REATO DI DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO

 
 
L'articolo preso da Senza Soste(http://www.senzasoste.it/istituzioni-totali/devastazione-e-saccheggio-anatomia-di-un-reato )che parla del reato di devastazione e saccheggio,retaggio del fascismo ed in particolare del regio decreto denominato "Codice Rocco",spiega l'arretratezza di tale norma che ancora oggi viene abusata dalla magistratura soprattutto nei casi di manifestazioni ma anche di altri eventi di carattere pubblico che può essere per esempio legato ad eventi sportivi.
C'è una forte campagna di sensibilizzazione promossa per superare questa legge che prevede pene di parecchi anni anche per crimini non di elevata pericolosità e dannosità,per l'appunto ancora eredità di un periodo di dittatura e di tempi appena dopo la fine della seconda guerra mondiale dove la polizia era ancora formata da ex fascisti e l'Italia era il paese occidentale col più numeroso ed importante Partito Comunista.
Ecco perché le forze del disordine in eventi come l'attentato a Togliatti,le proteste di Genova per il congresso Msi e i moti di Reggio Emilia non solo abusò ammazzando decine di manifestanti ma proseguì e rese attuale(ai tempi)il Codice Rocco.
Nel corso degli anni settanta e ottanta e ultimamente e sistematicamente dopo il G8 di Genova,sempre più è stato chiesto ed ottenuto di applicare condanne per il reato di devastazione e saccheggio che sempre più persone,associazioni e movimenti vogliono mettere al passo coi tempi giungendo ad una riforma che è necessaria,e possibilmente metterlo al bando.
 
Devastazione e saccheggio. Anatomia di un reato.
Pubblichiamo l'articolo di presentazione di una campagna di sensibilizzazione, promossa da Milano in Movimento e Q Code Mag, attorno al reato di "devastazione e saccheggio" L'articolo penale 419, ereditato dal codice dal Codice Rocco e mai riformato, viene utilizzato dalla magistratura per colpire individui e movimenti in contesti di mobilitazione sociale. Come redazione di Globalproject riteniamo necessario aprire uno spazio di dibattito su questo tema, attraverso questi ed altri contributi, al fine di interrogarsi collettivamente sugli strumenti capaci di mettere a nudo quegli intrecci tra piano politico e piano giudiziario che incidono direttamente sulla libertà di movimento.
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“Art. 419 –Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 285,commette fatti di devastazione o di saccheggio è punito con la reclusione da otto a quindici anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso su armi, munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di deposito”.
Questo dunque il famigerato articolo del Codice Penale che regola il reato di devastazione e saccheggio.
All’alba di giovedì 12 Novembre un’operazione di polizia condotta dalla Procura e dalla Questura di Milano ha portato all’emissione di10 misure cautelari in carcere (più 5 denunciati a piede libero) per i fatti del Primo Maggio NoExpo 2015 a Milano.
Dei 10 arresti 4 sono stati eseguiti a Milano (uno degli indagati risulta irreperibile) e 5 in Grecia. Gli attivisti italiani sono in carcerazione preventiva mentre i Greci sono stati liberati il giorno successivo al loro arresto con obbligo di firma.
L’Italia ha chiesto l’estradizione dei 5 manifestanti greci sollevando più di una perplessità nel paese ellenico.
Perplessità dettate sia dall’abnormità della pena prevista per aver partecipato a degli scontri in una manifestazione di piazza, sia per l’abominio giuridico del “concorso psichico” (di cui parleremo), sia per il fatto che richieste di estradizione del genere sono un’assoluta rarità e generalmente sono giunte in Grecia per questioni riguardanti gruppi armati rivoluzionari (i casi specifici riguardano il gruppo armato greco “17 Novembre” e militanti della guerriglia curda) e non cortei politici.
Il 10 Dicembre il Tribunale del Riesame ha concesso i domiciliari a 2 dei 4 detenuti a Milano.
Tra il 7 e l’11 Gennaio si sono svolte, davanti alla Corte d’Appello di Atene (presidiata da centinaia di solidali) le udienze per l’estradizione dei cinque studenti.La corte ha rifiutato l’estradizione annullando le misure cautelari.I motivi della decisione non sono ancora pubblici. Probabilmente ha inciso anche il fatto che la giurisprudenza greca non prevede un reato con pene del genere che vada a colpire la conflittualità di piazza. In un paese “abituato” a livelli di conflitto sociale elevatissimi le richieste delle autorità italiane sono sembrate subito sproporzionate.
Ma torniamo all’articolo 419 del Codice Penale.
Il primo elemento rilevante delle discussione è il fatto cheil reato è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con il Regio Decreto numero 1.938 del 19 Ottobre 1930(entrato in vigore il Primo Luglio del 1931).Regio Decreto passato alla storia come “Codice Rocco”dal nome dell’allora Ministro della Giustizia Alfredo Rocco.
Se si guardano le date è evidente che il codice mette nero su bianco la struttura penale del regime autoritario fascista.Mussolini è al potere dal 1922 e nel 1930 la dittatura è pienamente consolidata. A metà degli anni ‘20, in coincidenza con la crisi del regime seguita al rapimento e all’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti da parte di una squadraccia di sicari fascisti, vengono infatti varate le leggi eccezionali del fascismo che trasformano il paese da una monarchia costituzionale a uno stato autoritario. Le “leggi fascistissime” ipotecano la libera stampa, vietano lo sciopero, sciolgono i sindacati, centralizzano i poteri nelle mani dell’esecutivo, costituiscono il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, istituiscono l’OVRA (la polizia segreta) e introducono il confino di polizia per gli antifascisti.
Una volta stabilizzato il regime, il “Codice Rocco” è il secondo passaggio. Una sorta di “fascistizzazione” del diritto penale. Giova ribadire il fatto che, nonostante il fascismo sia caduto in Italia nel 1943, moltissimi elementi del “Codice Rocco” sono sopravvissuti alla dittatura arrivando ai giorni nostri.
Se poi si va a leggere l’articolo 285 a cui la prima riga dell’articolo 419 fa riferimento non si può che sobbalzare sulla sedia. L’articolo 285 recita infatti: “Chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello Stato o in una parte di esso è punito con l’ergastolo”. Importante aggiungere che la pena iniziale prevista per questo reato era la morte, poi sostituita dall’ergastolo quando la pena capitale venne abrogata dall’ordinamento italiano nel 1947.
La prima riflessione pensando alla definizione “devastazione e saccheggio” corre immediatamente a fatti legati alla guerra (la prima immagine che salta alla mente è l’occupazione nazista dell’Italia dal’43 al ‘45) come avrebbero potuto essere le requisizioni operate da una forza occupante.
Il secondo pensiero è chele modalità repressive (sia poliziesche che giudiziarie) messe in campo da un regime totalitario come il fascismo per contrastare eventuali insorgenze sociali dovrebbero diversificarsi da quelle di uno stato di diritto democratico, ma evidentemente, per certi aspetti, questo non è così scontato.
Dopo la caduta del fascismo questo capo di imputazione venne contestato rarissimamente. Quasi mai si giunse a sentenze di condanna definitive tanto che, fino a qualche anno fa, prima che il reato diventasse “di moda”, mancava una vera e propria giurisprudenza a riguardo.
Esso è stato espressamente utilizzato per reprimere sommosse e moti di piazza a carattere insurrezionale. Non a caso venne contestato alcune volte nel clima tesissimo e di guerra civile latente immediatamente successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
L’Italia era un paese in ginocchio e alla fame. Con livelli di disoccupazione e miseria oggi inimmaginabili.
Si trattava inoltre di un paese teatro di uno confronto ideologico molto duro. Un paese facente parte del blocco occidentale, ma con un Partito Comunista fortissimo e movimenti operai e contadini altrettanto forti.
Non a caso questo reato venne contestato per i moti insurrezionali che colpirono l’Italia subito dopo l’attentato al Segretario del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti del 14 Luglio 1948.
Per capire il clima di quei giorni basti dire che il bilancio, nella sola giornata del 14 Luglio, fu di 14 morti e centinaia di feriti. Nei due giorni successivi all’attentato, si conteranno altri 16 morti e circa 600 feriti.
Un’altra delle rare occasioni di applicazione del reato fu nel 1960 durante i moti contro il Governo Tambroni (governo democristiano sostenuto dai voti dei fascisti del Movimento Sociale Italiano). Il 30 Giugno 1960 una gigantesca manifestazione antifascista sfociò in feroci scontri con le Forze dell’Ordine in un clima insurrezionale nel tentativo di impedire l’imminente congresso del MSI che doveva tenersi in città (e che venne annullato). Nei giorni successivi scontri si susseguirono in tutto il paese con molti morti tra i manifestanti. L’episodio più celebre è quello di Reggio Emilia quando, a seguito di una nutrita manifestazione sindacale antifascista con 20.000 partecipanti la Polizia mitragliò (furono sparati più di 500 colpi) i manifestanti uccidendo 5 ragazzi.
A Palermo, dove il reato fu contestato, furono fermate 364 persone, di cui 55 andarono a processo.
Successivamente questo articolo cadde praticamente nel dimenticatoio.
Questo anche nei pur duri e socialmente tesi anni ’70 punteggiati da centinaia di episodi di scontri di piazza estremamente violenti un po’ in tutto il paese.
Uno dei rari settori di utilizzo del reato in quel periodo è stato per contrastare le rivolte nella carceri italiane tra la fine degli anni ‘60 e i primissimi anni ‘80.
Rivolte che, giova ricordarlo, ai tempi spinsero i legislatori a una serie di riforme tendenti a migliorare le condizioni penose in cui versavano i penitenziari italiani.
Poi anni di silenzio fino al 1998 quando il reato venne rimesso in campo dalla Procura di Torino nel quadro delle indagini sul corteo nazionale dei centri sociali del4 Aprile 1998. Corteo in cui era stato pesantemente danneggiato il nuovo Palazzo di Giustizia della città sabauda, ai tempi ancora in costruzione.
Da lì l’utilizzo dell’articolo 419 è aumentato a dismisura.Si è andati dal G8 di Genova agli scontri di Piazza San Giovanni a Roma il 15 Ottobre 2011 passando per l’11 Marzo 2006 a Milano. Di qualche giorno fala sentenza di condanna di primo grado per 4 imputati per la manifestazione antifascista di Cremona del Gennaio 2015.
Ora il Primo Maggio.
Sembra che “devastazione e saccheggio” sia diventato un valido strumento di contrasto della conflittualità di piazza.Questo anche grazie alla“spada di damocle” del concorso moraleper cui la mera presenza sul luogo degli incidenti di piazza renda possibile una condanna ad anni di carcere.
Negli ultimi 15 anni la magistratura ha messo in campo veri e propri esperimenti repressivi come quelli legati alla contestazione dell’aggravante del terrorismo per le lotte contro il TAV in Val di Susa.
La sperimentazione degli effetti nefasti dell’articolo 419 fa parte di questo “laboratorio repressivo”.
12 febbraio 2016
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lunedì 22 febbraio 2016

STONE,TARANTINO E LA LOTTA DI CLASSE

Oggi si parla di due registi cinematografici statunitensi tra più famosi e visti al mondo e della loro battaglie che spesso sono rappresentate nei film da loro diretti:gli articoli sono presi in ordine di presentazione da Contropiano(http://www.contropiano.org/cultura/item/34958-tarantino-e-la-violenza-sfrenata-1-dal-pulp-alla-lotta-di-classe )e da Sapere è un dovere(http://sapereeundovere.com/oliver-stone-usa-la-minaccia-piu-grande-nel-mondo/ ).
Mentre la parte dedicata a Quentin Tarantino parla molto dal punto di vista della storia e dei contenuti delle sue opere ed è comunque un lavoro(la prima parte)da studio del cinema,il secondo parla delle conseguenze che alcune dichiarazioni di Oliver Stone hanno scatenato negli Stati Uniti.
Tarantino parla di razzismo istituzionale soprattutto nei casi in cui sono vittime delle persone di colore che sono vessate dalla polizia mentre Stone è stato criticato per aver definito gli Usa una minaccia e non l'Isis,creata comunque dalle destabilizzazioni che gli americani hanno compiuto nella zona mediorientale ormai da decenni.
Entrambi i registi sono considerati per certi versi scomodi in patria in quanto più volte si sono visti in prima linea in manifestazioni per la lotta di classe e per denunciare i soprusi polizieschi domandando verità e giustizia.

Tarantino e la violenza sfrenata /1: dal pulp alla lotta di classe?

E’ possibile leggere la filmografia di Tarantino come la progressiva ricerca di una violenza sempre sfrenata, nel senso di priva di freni, di limiti, di costrizioni. Tarantino vuole mostrare la violenza sostanzialmente perché lo diverte, “perché è cool”. Tarantino non è più provocatorio da anni a questa parte. Oddio, ad ogni uscita di un suo film si levano sempre voci scandalizzate sugli eccessi di violenza e delle conseguenze che questi possano avere su un pubblico impressionabile (“qualcuno pensi ai bambini!”), però queste reazioni  non sono l’obiettivo di Tarantino. Tarantino fa film per sé stesso, o meglio, per un potenziale sé stesso seduto in un cinema qualunque. Fa film che lui, se non fosse diventato quello che è diventato, si sarebbe divertito ad andare a vedere con gli amici.
Altri autori hanno indagato la violenza, probabilmente con una raffinatezza e una profondità molto superiori al buon Quentin (da William Friedkin a Sam Peckimpah). Ma il fatto è che a Tarantino non vuole indagare la violenza, vuole liberarla. Essere libero di mostrarla, di giocarci, in pace, libero soprattutto dal giudizio dello spettatore. Infatti il più grande limite di cui Tarantino vuole sbarazzarsi è quello morale. Che la violenza sia generalmente sbagliata è un'idea accettata dalla maggior parte della popolazione. Tuttavia pochissime persone direbbero che la violenza è ingiustificata in qualsiasi circostanza, senza se e senza ma. Per esempio, il concetto di “legittima difesa” appartiene alla maggior parte delle legislazioni, ed è accettato dalla morale comune. Tarantino cerca quindi, progressivamente, situazioni e ambientazioni in cui la violenza che si diverte tanto a mettere in scena sia sempre più giustificata.
Ma procediamo con ordine. Tarantino inizialmente cerca la violenza dove è più banale trovarla: nel mondo criminale. Descrive rapinatori, boss mafiosi, killer professionisti o  semplici psicopatici (la scena del taglio dell’orecchio da parte di mr. Blond continua ad essere una delle scene più disturbanti di tutta la sua filmografia) che vivono questo mondo, e che di violenza vivono. E in questo filone troviamo Reservoir Dogs, Pulp Fiction e Jackie Brown (senza contare la sceneggiatura di True Romance scritta per Tony Scott).
Vale forse la pena di ricordare una scena specifica di Pulp Fiction, che preannuncia una caratteristica che sarà dominante in film successivi. Una delle frasi più celebri del film, “Ho una cura medievale per il tuo culo!” viene pronunciata da Marcellus Wallace (Ving Rhames) dopo essere appena stato liberato dai suoi strupratori, e preannuncia una lunga e dolorosa morte per i suoi aguzzini. Ora, la tortura non piace a nessuno in linea di principio, ma difficilmente lo spettatore si potrà sentire simpatetico con il sadico serial killer “punito” proprio da una delle sue vittime.
Con i due capitoli di Kill Bill abbiamo già un’evoluzione qualitativa: siamo ancora in un ambiente di fuorilegge, ma il tema dei film è una vendetta personale. Come non simpatizzare con la povera sposa a cui, nel giorno delle nozze, hanno ammazzato marito e amici? Tutta la stravaganza di arti mozzati e schizzi di sangue viene posta all’interno di una storia in cui comunque non è impossibile giustificare la “povera” Uma Thurman. La violenza efferata di cui si rende responsabile è quella di una vittima che si ribella.
Un discorso analogo si può fare per la scena finale di Death Proof: le tre giovani e belle ragazze vittime dell’attenzione del serial killer di turno (Kurt Russel) prendono la situazione in mano, sparano al loro aguzzino e lo inseguono fino a che, messo in un angolo, non parte un gioioso pestaggio collettivo che si conclude con una trucissima frattura nasale.
Con Inglorious Bastards abbiamo un ulteriore passo in avanti: ebrei che ammazzano nazisti durante la seconda guerra mondiale; chi se la sente, in fondo in fondo, di biasimarli? Rovesciando il ruolo della vittima e del carnefice, Tarantino si appella ad un giustificatorio senso di “giustizia” da legge del taglione da cui pochi di noi possono dire di essere completamente immuni, se non altro a livello emotivo. Apogeo di tutto ciò si ha nella scena finale, in cui due dei “bastardi” scaricano centinaia di pallottole su una folla di persone disarmate, chiuse in trappola in una stanza che sta andando a fuoco e che presto esploderà. Ma le persone in platea sono Hitler e tutti i suoi gerarchi...
Ci sono due cambiamenti significativi rispetto a Kill Bill: intanto non si tratta più di una questione puramente personale. A prescindere dalle motivazioni personali dei singoli personaggi, la loro violenza non si giustifica individualmente. I bastardi non sono solo soldati ebrei, sono gli Ebrei che combattono il Nazismo, è comunque uno scontro “collettivo”.
Inoltre non stiamo più parlando di mondo criminale. Siamo in una situazione di guerra, dove uccidere è “legittimo”. I bastardi sono un corpo dell’esercito degli Stati Uniti, non dei privati cittadini in cerca di vendetta o giustizia. Non saranno giudicati per i loro omicidi, anzi probabilmente saranno accolti come eroi in patria.
Questo discorso è ancora più marcato in Django. Abbiamo anche qui il giustificatorio rovesciamento vittima-carnefice (schiavi vs schiavisti), abbiamo di nuovo delle motivazioni personali (salvare la bella Broomhilda), ma appare più chiaramente un fattore nuovo: la violenza di Stato, o meglio, la violenza legale. Il dottor Shultz (Christopher Waltz), e successivamente Django (Jamie Foxx) sono cacciatori di taglie. Hanno un mandato del tribunale per uccidere le persone che uccidono. Watz addirittura uccide un uomo nella pubblica piazza, viene circondato da decine di uomini che gli puntano un fucile contro, ma se la cava senza un graffio. Perché? Perché la persona che ha freddato è un ladro di bestiame, “ricercato vivo o morto” dal tribunale. Tarantino, non so quanto coscientemente, mostra come la violenza di Stato sia ad un gradino gerarchicamente superiore a tutti i tipi di violenza che aveva mostrato finora. D'altronde lo Stato detiene, legalmente, il “monopolio della forza”, e non deve rendere conto a nessun’altra entità che non sia sé stesso.
Notare bene, non stiamo dicendo che Tarantino stia percorrendo consapevolmente questo percorso, stiamo proponendo soltanto una chiave di lettura, a nostro parere, oggettivamente presente nell’evoluzione dell’approccio ad uno dei temi più ricorrenti nella sua filmografia. Tuttavia non è possibile non trovare una certa coerenza tra questo ragionamento e le accuse di “razzismo istituzionale” che Tarantino ha mosso alla polizia statunitense, riferendosi ai tantissimi casi, esplosi mediaticamente negli ultimi anni, in cui un nero disarmato è stato ucciso dalle forze dell’ordine.  Quando parliamo di polizia parliamo di violenza di Stato, d’altronde, e l’esplicito rifiuto di Tarantino della teoria delle “mele marce” riporta alle caratteristiche strutturali di questa violenza.
Lasciando un attimo da parte Tarantino e proseguendo invece nella riflessione sulla classificazione delle categorie di violenza presentata finora, possiamo notare che ci sarebbe un ultimo gradino da scalare. Esistono infatti due tipi di violenza che possiamo forse collocare a  livello superiore a quella dello Stato, in grado di lasciare campo libero a coloro che la esercitano. Sono la violenza per la Guerra Santa e quella per la Lotta di Classe. Due cause che, nell’ottica di chi le persegue, sono pienamente legittimanti, due casi in cui la violenza assume una giustizia morale. Ora, esiste un’opera che combina magistralmente questi due temi: si tratta di “Q” del collettivo di scrittori Luther Blisset (oggi Wu Ming). In questo splendido romanzo storico, infatti, il protagonista dai mille nomi attraversa, talora per scelta e talora suo malgrado, gli avvenimenti storici più significativi all’interno dell’eterna guerra tra oppressi o oppressori, testimone della lotta di classe che in quei tempi era tinta di religione (siamo nel periodo della Riforma Luterana, di preparazione della Controriforma, delle rivolte Anabattiste). Il protagonista è effettivamente un individuo (uno dei pochi personaggi non storici del romanzo), ma le sue motivazioni sono profondamente politiche.
Ora, non stiamo dicendo che Tarantino sarebbe mai interessato a dirigere un adattamento cinematografico di “Q”, né che un tale adattamento renderebbe giustizia al libro.  Tarantino proviene comunque dalla tradizione statunitense, del paese in cui la lotta di classe ha subito probabilmente le sconfitte peggiori nel mondo occidentale, tanto da essere quasi cancellata dalla memoria nazionale, e la sua impostazione è pertanto profondamente individualistica. Allo stesso tempo, pur trovandosi, a livello puramente logico, ad un gradino superiore, questi due tipi di violenza sicuramente sono estremamente meno accettati dalla morale comune, ad esempio, della violenza di stato.
Tuttavia è interessante notare come siano di profonda attualità, anche negli USA: da una parte la Guerra Santa (oggi islamica) è un tema costantemente sui mezzi di informazione; dall’altro l’impatto della crisi e le sue conseguenza sociali, nonché la nascita del movimento Occupy Wall Street (con tutti i suoi numerosi limiti, l’unico grande movimento americano da anni) hanno già fatto breccia ad Hollywood (basti pensare a film come “In Time” o “The Dark Night Rises”, che non sarebbero esistiti, o sarebbero stati radicalmente diversi, dieci anni fa).
Insomma, anche se implausibile, Tarantino che interpreta Q sarebbe sicuramente, almeno per chi scrive, qualcosa che varrebbe la pena di andare a vedere.

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OLIVER STONE: “E’ L’AMERICA, E NON L’ISIS, LA PIÙ GRANDE MINACCIA NEL MONDO”.

Oliver Stone: “E’ l’America, e non l’ISIS, la più grande minaccia nel mondo”. 
Il famoso regista americano, noto per aver diretto film come “JFK”, “Wall Street” e “Nato il 4 luglio” che hanno messo a nudo e destabilizzato il sistema americano, si prepara per un’ ultima impresa che continua in questa direzione. La sua nuova serie di documentari sottolinea l’eccezionalità americana connotandola come qualcosa di più pericoloso della stessa ISIS.
Nel 2012, Oliver Stone ha collaborato con il professore Peter Kuznick, docente presso l’ American University, alla stesura del libro “Quello che non è stato detto della storia degli Stati Uniti” . L’opera ha ricevuto recensioni alquanto contrastanti. Mentre alla sua inaugurazione è stato definito da tanti come un atto coraggioso, altri si sentivano minacciati dai fatti in esso descritti.
Ora che il libro si è tradotto in una serie di documentari di dieci puntate, molte di quelle stesse critiche sono state mosse contro gli autori.
“Questo film di Peter Kuznick  si sarebbe prestato perfettamente alla propaganda sovietica del 1955″ , questa la riflessione del professore Ronald Radosh riportata dal New York Times.
Ma prima di ridimensionare queste critiche, vale la pena valutare ciò che la serie di Stone dice per suscitare tante macchinazioni e critiche.
“Abbiamo destabilizzato l’intera regione favorendo il caos, e poi diamo la colpa all’ ISIS, queste le parole di Stone riportate da Anti Media. Questo è il concetto principale che emerge sia nel libro che nella serie: uno sguardo approfondito che fornisce una spiegazione razionale dietro alle guerre americane in Medio Oriente. Diciamo quelle verità che i media mainstream preferiscono trascurare. “Quando ho studiato la storia non raccontata, una cosa che mi ha colpito veramente è la difficoltà nel capire il nostro coinvolgimento in Medio Oriente”, ha detto Stone“Abbiamo creato questi pasticci, presumo quindi che ci sia anche un grande piano militare per risolverli”, ha aggiunto Kuznick. “E le soluzioni militari non funzionano.”
Analizzando la storia degli Stati Uniti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ai giorni dell’amministrazione Obama, il documentario di Stone tenta di fornire una versione alternativa degli eventi, che contrasta la propaganda insegnata nei libri di testo americani standard.
“L’eccezionalismo americano deve essere bandito dai nostri curricula”, ha detto Stone,
“Non siamo in pericolo. Noi siamo la minaccia”.
Fonte: http://sputniknews.com/us/20150922/1027364838/Oliver-Stone-Untold-History.html

Tratto da: www.complottisti.com