venerdì 24 settembre 2010

LA STAMPA OCCIDENTALE PILOTATA AD HOC

Personalmente se non avessi visto la notizia l'altroieri sul televideo la vicenda della detenuta statunitense Teresa Lewis non mi avrebbe nemmeno sfiorato o colpito,e tutto l'articolo che segue pubblicato da"Infoaut"e ripreso da"Senza Soste"che parla ancora di una possibile anche se quasi inevitabile condanna a morte ha trovato la tragica conclusione ieri sera in un penitenziario del Texas.
Naturalmente la maggior parte delle testate giornalistiche italiane ed occidentali daranno oggi questa notizia nei tg o sui quotidiani e anche on-line,ma a dadi tratti e non come la campagna,diciamo pure condivisibile,che ha visto la prigioniera iraniana Sakineh Ashtiani comparire ogni giorno sui notiziari con politici di tutte le bandiere che si sono prodigati,soprattutto in Italia ed in Francia,per far sì che la sua condanna alla pena capitale venga annullata.
Per il momento un risultato è stato ottenuto con la sospensione della pena e con un riesame di tutto il caso giudiziario,ma lo scandalo che la differenza d'informazione su due vicende tragiche che toccano due donne in due nazioni agli antipodi per quanto riguarda molti aspetti culturali e sociali ma che hanno in comune lo stesso metodo per colpire alcuni crimini che è quello di usare come soluzione finale la condanna a morte,rimane come un'onta di menefreghismo totale per quanto riguarda i democraticissimi Usa e un puntiglioso e continuo
attacco alla"Il Giornale"per lo"stato canaglia"Iran.

Sakineh e Teresa Lewis: il doppio standard della "coscienza" occidentale.

La Corte Suprema le ha negato la grazia e ora le speranze che la Lewis possa salvarsi sono davvero ridotte all'osso. L'esecuzione è quindi prevista per questa sera alle 21 ora locale (le 3 circa in Italia).

Il tragico (e silenzioso) destino cui è consegnata la vita della donna americana (tra l'altro affetta, pare, da seri problemi psichici) non può non richiamare l'attenzione sulla disparità d'attenzioni che questa vicenda ha suscitato rispetto alla condanna dell'iraniana Sakineh.

Teresa e Sakineh hanno più o meno la stessa età ed entrambe sono accusate di aver ammazzato il marito. Entrambe sono state condannate a morte nei loro rispettivi paesi, là il regime degli Ayatollah iraniani, quà la "grande democrazia" statunitense. Ma mentre per Sakineh Ashtiani c’è stata una campagna mondiale di solidarietà, che potrebbe averle salvato la vita, Teresa Lewis sarà giustiziata nel silenzio questa sera alle 21 nel carcere di Greensville nella Virginia con un’iniezione letale. Ciò senza che la sua faccia sia esposta su monumenti ed edifici pubblici, senza raccolte di firme e manifestazioni a comando sui grandi media. Non ci saranno Sarkozy e Carla Bruni a difenderla né "illuminati" philosophes come Bernard Henry-Levi, l'equivalente francese (in peggio, se possibile) di Adriano Sofri.
La disparità di trattamento e le reali ragioni che stanno dietro a questa differente intensità di attenzione sono talmente plateali e ridondanti che verrebbe voglia di risparmiare le energie e dedicarsi ad altro ma la spudoratezza di una morale pubblica che si pretende sempre superiore ed evangelicamente merita ualche riflessione.

Come i più attenti sanno benissimo, dietro l'attenzione del media mainstream occidentale per la sorte di Sakineh ci sono gli interessi dell'omonimo blocco geopolitico contro la potenza regionale iraniana e il suo programma nucleare civile, le pressioni israeliane e l'identificazione simpatetica con una donna vittima di un regime che si pretende necessariamente più ingiusto e liberticida delle libertà femminili dei nostri sviluppati costumi occidentali.

Fino a qui, nulla di nuovo. Vero è che per Sakineh si sono mossi anche molti uomini e donne sinceramente colpiti per il triste destino della donna. Ed è invero la differenza di sguardi della gente comune che merita di essere indagata, ben più della strumentalità delle ragioni di stato.

Una parte di questa, certamente, è determinata dalla sproporzionata attenzione che il sistema integrato dei media dedica all'una piuttosto che all'altra delle due donne, per le ovvie ragioni di cui sopra.

Ma c'è anche un altro movente, più innocente e strisciante, inconsapevole, più pericoloso proprio perché interiorizzato e mai questionato. L'individuo medio occidentale non problematizza le vicende in questione (l'omicidio di un marito) allo stesso modo. Se l'identificazione con Sakineh è immediata perché la si suppone vittima di un regime patriarcale (quale in effetti l'Iran è, ma lo sono tutti i regimi esistenti - democratici o meno), l'attenuante che a lei viene concessa dalla nostra buona coscienza, questa non ha invece cittadinanza per la povera Teresa Lewis. Semplicemente il/la cittadino/a statunitense o europeo/a non suppone minimamente che la giustizia americana possa essere altrettanto parziale, cruda e fredda quanto quella di altri stati-nazione. "Democratica" per definizione, essa non può essere messa in discussione.
Eppure i dati ci dicono qualcosa di ben diverso: gli Stati Uniti sono abitati da meno del 5% della popolazione del pianeta. Ma vi si trova quasi un quarto della popolazione carceraria del mondo intero. Tradotto in numeri: 2.3 milioni di condannati dietro le sbarre, più di ogni altra nazione al mondo. La Cina, che è quattro volte più popolosa degli Stati Uniti, segue a distanza al secondo posto, con 1.6 milioni di persone in prigione.
La cosa più triste in tutta la vicenda è che, ancora una volta, posta in gioco è il corpo della donna trasformato in campo di battaglia da istanze 'superiori', mezzo strumentale di rivendicazioni politico-diplomatiche, qua di un'opinione pubblica facilmente manovrabile e incapace di giudizio autonomo, là del presidente iraniano, cui certamente interessa molto poco del destino di Teresa quanto a Sarkozy di quello di Sakineh.

Vero è però che la giustizia iraniana (certo dopo pressioni internazionali che per Teresa, appunto, non ci sono state) ha deciso di riesaminare il suo caso, mentre la Lewis sarà quasi certamente giustiziata questa sera.. nel silenzio (che pare inquietare nessuno) del presidente Obama e dei tanti intellettuali di casa nostra che, abdicata ogni pur minima funzione critica, trovano molto più comodo ( e rassicurante) farsi moralizzatori dei costumi altrui.

Parafrasando qualcuno, di cosa Sakineh è il nome? E di cosa invece non lo è Teresa Lewis...? Nel non elaborato discorso pubblico occidentale, Sakineh è l'estensione simbolica della civiltà liberale quanto Teresa Lewis ne è il rimosso disturbante che si preferisce non vedere.

tratto da http://www.infoaut.org/

In Rete è nato anche un sito dedicato alla vicenda donna statunitense: saveteresalewis.org

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