martedì 2 marzo 2021

LA MILITARIZZAZIONE DELL'EMERGENZA COVID-19

In Italia sta avvenendo un golpe soft dove alcuni vertici militari stanno prendendo posizioni sempre più importanti all'interno dello Stato oppure è un brutto sogno che il buon Draghi ha inculcato nell'inconscio(almeno nel mio)?
Le nomine ai servizi segreti di Gabrielli,un ritorno alla guida della protezione civile del suo fido Curcio e di Figliuolo a Commissario straordinario per l'emergenza pandemica sono tre nomi che vanno a sostituire persone in incarichi di una certa rilevanza sia strategica che operativa sia sul territorio nazionale che estero.
Nei casi di Curcio e Figliuolo non entro per ora in merito al loro operato in quanto hanno comunque delle qualifiche professionali che concorrono alla loro nomina e quel che è certo è che fare peggio dei predecessori(Borrelli e Arcuri)sia umanamente difficile da fare anche impegnandosi.
Poi Gabrielli ora Sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio dei ministri(in sostituzione di Benassi)lo si conosce già da tempo fin da quando era stato prefetto a L'Aquila e Roma e poi capo della polizia,una carriera in crescendo arrivata nei giorni in cui Draghi ha stravolto alcune poltrone importanti.
Nel primo articolo(contropiano un-generale-emergenza-sanitaria-secondo-brutto-segnale-da-draghi )i dubbi condivisi sulla militarizzazione ulteriore dei vertici di chi deve affrontare la pandemia nella speranza di potere avere un cambio di passo sulle vaccinazione strizzando l'occhio alla Nato con una forte presenza militare nei posti strategici un poco come è accaduto in Brasile con Bolsonaro con tutte le nefaste conseguenze.
Nel secondo(left ma-la-soddisfazione-del-repulisti-e-breve )ci si sofferma di più su Arcuri trombato ma ancora con un bello stipendio,un altro della folta schiera dei incapaci italiani(su tutti svetta ancora Bertolaso)che in un anno non ha contribuito a debellare il coronavirus ma nemmeno a limitarne la diffusione,indagato per scandali riguardanti le mascherine,quello del flop Immuni e delle primule,nonché delle vane promesse sui vaccini,non mancherà a nessuno.

Un Generale all’emergenza sanitaria; secondo brutto segnale da Draghi.

di  Sergio Cararo  

L’obiettivo di militarizzare l'”emergenza Covid” e la Protezione Civile non poteva  avverarsi se non con un governo di “unità nazionale”, come quello comandato da Draghi. Tanto è vero che questa scelta è stata salutata con grandi fanfare anche da Salvini e dalla Meloni.

Da adesso sarà il generale Francesco Paolo Figliuolo il nuovo Commissario straordinario per l’emergenza Covid al posto di Domenico Arcuri.

E’ stato direttamente il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, a nominare il Generale di Corpo d’Armata come Commissario all’emergenza rimuovendo e ringraziando Arcuri a nome del Governo “per l’impegno e lo spirito di dedizione con cui ha svolto il compito a lui affidato in un momento di particolare emergenza per il Paese”. 

Questa nomina fa seguito, e “completa”, quella di Fabrizio Curcio – considerato uomo di fiducia dell’ex capo della polizia Gabrielli, alla guida della Protezione Civile, al posto di Angelo Borrelli.

Così dopo aver messo “uno del mestiere” come Gabrielli alla funzione di controllo di Palazzo Chigi sui servizi segreti (funzione per consuetudine istituzionale riservata ad un civile cioè alla politica, ndr), adesso Draghi ha piazzato un militare come commissario straordinario all’emergenza sanitaria.

Il Generale Francesco Paolo Figliuolo, ha ricoperto numerosi incarichi nell’Esercito, sia a livello di interforze che a livello internazionale. In questo secondo ambito è stato Comandante del Contingente militare italiano in Afghanistan, nell’ambito dell’operazione ISAF/Nato e Comandante delle Forze NATO in Kosovo (settembre 2014 – agosto 2015). 

Insomma un alto ufficiale con il pedigree perfetto per rappresentare l’atlantismo rivendicato da Draghi nel suo discorso di insediamento.

Inoltre ha ricoperto anche l’incarico di Capo Ufficio Generale del Capo di Stato Maggiore della Difesa e dal 7 novembre 2018 è il Comandante Logistico dell’Esercito. Quest’ultimo incarico sembra essere quello che ha spianato la sua nomina a commissario straordinario.

Tale decisione sembra rispondere ai desiderata manifestati anche da alcuni ambienti finanziari – ben linkati con Draghi – che in questi giorni hanno invocato la militarizzazione per far fronte alla pandemia di Covid. “Il Paese è vittima di una direzione politica insicura, sia a livello nazionale che a livello regionale, quando sarebbe necessaria una sorta di “militarizzazione civile” degli italiani, dando a tutti un quadro semplice, comprensibile di cosa non si deve fare”,  ha scritto ad esempio il quotidiano Milano/Finanza.

In realtà il giornale della finanza milanese aveva in mente un esperto di malattie infettive, magari con pieni poteri, ma quando evochi la militarizzazione non puoi sorprenderti se poi ti arriva invece proprio un militare nella cabina di regia.

Questo scenario era stato ben intuito da un osservatore attento come Antonio Mazzeo, le cui considerazioni in merito abbiamo recentemente pubblicato anche sulle pagine del nostro giornale.

Adesso la cabina di comando sulla pandemia non è più nella mani del “manager” dall’eloquenza lenta come Arcuri, ma di un generale con esperienza di guerra (Afghanistan), di conflitti a bassa intensità (Kosovo) ma anche di comando logistico dell’Esercito.

Non è comunque affatto detto che un generale sappia funzionare meglio di un civile. Soprattutto in materia di sanità un po’ tutti ricordano la figura barbina fatta dall’ex generale dei carabinieri Cotticelli nominato commissario straordinario della sanità in Calabria, uno che neanche sapeva di essere il responsabile del piano pandemico in quella regione.

Eravamo poi rimasti con la convinzione che, in alcune occasioni (ma solo in alcune occasioni), il “rosso vincesse sull’esperto”, ossia che la guida politica fosse in grado di padroneggiare la “competenza tecnica”. Ma ora ci troviamo di fronte ad un serio cambio di paradigma: lì dove ci si aspettava la nomina di un competente vero (cioè un sanitario con esperienza di pandemie) è stato invece nominato un generale.

Neanche negli Stati Uniti, ai vertici della FEMA – che è una organizzazione che dispone di pieni poteri durante le emergenze – è mai stato nominato un militare.

Non abbiamo ancora visto all’opera il Gen. Figliuolo sull’emergenza pandemica, per cui è prematuro giudicarlo sui fatti. Diciamo però che dopo la nomina del dott. Gabrielli alla delega sui servizi segreti,  l'”impostazione strategia” mostrata da Draghi anche con questa nomina ha un qualcosa di inquietante.

O siamo noi che la pensiamo male?

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Ma la soddisfazione del repulisti è breve.

di Giulio Cavalli

Siamo ancora in quel momento in cui l’eliminazione delle pedine precedenti viene considerata una vittoria, dove ad esempio le dimissioni forzate di Domenico Arcuri bastano per fare esultare elettori e per infervorare capi di partito che si appuntano la medaglia il merito della cacciata (su Arcuri sono Renzi e Salvini, curioso nevvero?) e dove “basta non vedere più certe facce” per sentirsi già meglio, secondo alcuni. Il governo Draghi è all’inizio della sua opera, sentimentalmente è ancora acerbo e il profumo della vendetta continua a spirare. Però alcuni fatti incontestabili si scorgono.

Innanzitutto in meno di una settimana Mario Draghi ha cambiato le persone apicali a cui è affidata la missione contro la pandemia. Non è una scelta di poco conto, soprattutto in un Paese che piuttosto avrebbe mediato, spacchettato e mischiato le competenze per tenere in bilico assetti nuovi e quelli passati. Di questo gli va dato atto: si è preso la responsabilità di imprimere una svolta (per ora almeno sui nomi e poi naturalmente anche sulle dinamiche) della distribuzione del vaccino e della gestione dell’emergenza. Ieri ha preteso le dimissioni del commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri, prima aveva sostituito il capo della Protezione civile Angelo Borrelli richiamando Francesco Curcio e al coordinamento dei servizi segreti ha messo il capo della polizia Franco Gabrielli, al posto del diplomatico Piero Benassi.

Qualcuno in queste ore ci dice che la dipartita di Arcuri (che per ora cade perfettamente in piedi visto che è e rimane a capo di Invitalia) sarebbe “una vittoria della destra”: falso. Arcuri è, forse sì, uomo molto stretto a Giuseppe Conte ma le osservazioni sul suo operato sono arrivate da più parti. È l’Arcuri che ha fallito su tutta la linea con l’app Immuni, è l’Arcuri dei banchi a rotelle tra l’altro arrivati persino troppo tardi, è l’Arcuri delle costose e inutili primule come centri vaccinali, è l’Arcuri sempre tronfio in conferenza stampa che non rispondeva ai giornalisti o se rispondeva lo faceva con una querela, è l’Arcuri soprattutto che c’entra con l’inchiesta della procura di Roma per traffico di influenze illecito nell’acquisto di 1,25 miliardi di euro in mascherine cinesi intermediato da un giornalista Rai in aspettativa, Mauro Benotti, che ha ottenuto 12 milioni di euro per la mediazione che ha avuto 1282 contatti con Arcuri tra gennaio e maggio 2020. Insomma Arcuri ha molto da spiegare e molto da farsi perdonare e anche su queste pagine ne abbiamo scritto spesso.

Ieri sui social girava una card di pessimo gusto di PiùEuropa (quelli che dovrebbero essere seri) che diceva “ciao #Arcuri” con la scritta “Liberisti da divano te salutant”. Salviniani e renziani hanno esultato sbracciandosi. Siamo ancora nel tempo del rancore. E intanto ci ritroviamo pezzi di esercito a gestire la pandemia, con l’aria di un’idea militarizzante che ricorda tanto ciò che fa Bolsonaro in Brasile. E a nessuno viene il dubbio che per quel compito ci sarebbe, proprio per sua natura, ad esempio anche la Protezione civile. Ma quando finirà la voglia di rottamazione, finalmente, osserveremo e giudicheremo i risultati.

Buon martedì.

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