domenica 19 novembre 2017

AF(FASCI)NATI DAL CRIMINE 2


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Nel primo pezzo dell'articolo riguardo i rapporti di criminalità tra neofascismo e malavita si era puntato il dito soprattutto allo spaccio di droga e alle rapine(madn affascinati-dal-crimine-1 )mentre il contenuto odierno parla di società direttamente o in maniera meno visibile nelle mani delle organizzazioni dei fasci del terzo millennio.
Nel primo articolo l'inchiesta de L'Espresso(antifa tutti-i-soldi-e-le-societ-di-casapound-e-forza-nuova )sugli intrallazzi di Ca$$a Povnnd e Fogna Uova che toccano tutta Europa oltre che Londra,città feticcio del leader fognanuovista Fiore che era scappato dall'Italia per fuggire all'arresto in quanto indagato per neofascismo(vedi:madn forza-nuovavecchia-merda-e-roberto.fiore ).
Gli altri due rappresentano gli affari più o meno leciti legati alla sola Fogna Uova(www.ecn.org/antifa forza-nuova-holding e http:www.ecn.org/antifa forza-nuova-holding-2 )che riesce a rastrellare soldi(e non pochi)da diverse attività alcune delle quali con personaggi legati alla criminalità organizzata.

Tutti i soldi e le società di CasaPound e Forza Nuova: così si finanziano i partiti neofascisti.

I gruppi di estrema destra puntano a entrare in Parlamento. Grazie ai fondi di società e privati in Italia e all’estero. Ecco quali sono, tra esercizi commerciali e misteriosi trust

Dio, patria e famiglia. Ma anche ristoranti, catene di abbigliamento, gioiellerie, barberie, franchising di poste private, scuole di lingua, startup di comunicazione, imprese immobiliari, misteriosi trust e qualche strana società offshore.

Dietro la facciata ufficiale dei fascisti del terzo millennio si nasconde una galassia imprenditoriale che dall’Italia si allarga a Francia e Regno Unito. Passando per Cipro e arrivando fino alla Russia di Vladimir Putin. Una multinazionale nera dove gli ideali di purezza del ventennio si intrecciano alle più attuali esigenze dell’economia di mercato. Con imbarazzanti corollari.

Alla vigilia delle prossime elezioni politiche, L’Espresso ha indagato sugli affari dell’estrema destra italiana. Ha cercato di ricostruire nei dettagli la rete imprenditoriale creata negli anni da Forza Nuova e CasaPound, i due principali partiti d’ispirazione fascista. Movimenti che dopo aver conquistato spazio in Europa e aver ottenuto seggi nei consigli comunali di mezza Italia, ora puntano al grande passo: entrare in Parlamento. Missione non impossibile, visto che la nuova legge elettorale ha fissato l’asticella a un abbordabile 3 per cento, che se superato permetterà alle piccole formazioni nostalgiche di avere un inedito potere negoziale nello scenario delle grandi coalizioni necessarie per governare.

Latitanze dorate
Forza Nuova e CasaPound, per quanto diverse tra loro, sono unite da una radice comune. Si chiama Terza Posizione, è un movimento neofascista nato nel 1978 e morto ufficialmente quattro anni dopo. Tra i suoi fondatori, all’epoca poco più che ventenni, c’erano Roberto Fiore e Gabriele Adinolfi. Inseguiti dalle indagini giudiziarie sul terrorismo di destra, fra cui l’attentato alla stazione di Bologna, Fiore e Adinolfi scapparono dall’Italia rifugiandosi in Inghilterra, il primo, e in Francia, il secondo. Quarant’anni dopo, con alle spalle processi e condanne, i due ragazzi sono tornati. Fiore è diventato il segretario nazionale di Forza Nuova, Adinolfi l’intellettuale di CasaPound. Le radici con il passato non si sono però mai interrotte. Almeno quelle degli affari.

L’Inghilterra è da sempre la base principale del business di Forza Nuova, la fonte originaria dei guadagni. Il legame finanziario tra CasaPound e la Francia si è invece manifestato più di recente, ma è cresciuto in fretta da quando il Front National di Marine Le Pen ha scelto di investire sui camerati italiani.

Fiore segreto

Londra, 1980. Per capire l’oggi è necessario tornare ancora agli anni di piombo, subito dopo la bomba che uccise 85 persone a Bologna. Quando Fiore arriva in gran segreto nella Londra di Margaret Thatcher insieme a Massimo Morsello e ad altri militanti di Terza Posizione, ad aiutarli - si legge in un rapporto sull’eversione nera firmato dai servizi segreti italiani (Sisde) del 1982 - è la League of Saint George, snodo internazionale della destra europea, di cui fa parte tra gli altri anche l’ex presidente del British National Party Nick Griffin. Anni nebulosi, punto di partenza della carriera imprenditoriale del giovane neofascista italiano. Con un’ombra mai chiarita: «Era un agente dei servizi segreti britannici (MI6) fin dai primi anni Ottanta», scriverà in un documento del 1991 letto da L’Espresso la commissione d’inchiesta sul razzismo e la xenofobia del Parlamento europeo, gettando un’ombra inquietante sul legame tra Fiore e il Regno Unito.

Di certo, per quasi 20 anni ricercato dall’Italia, il politico romano ha creato solide attività economiche in Inghilterra. A lui e ai suoi uomini più fidati fanno infatti capo diversi marchi specializzati in viaggi-studio Oltremanica, tra cui London Orange e Easy London. Come ha dichiarato alla stampa lo stesso Fiore, forse esagerando un po’, «è la più importante struttura di riferimento per il turismo giovanile europeo».

Quello che non era però mai emerso finora è che al leader di Forza Nuova fanno riferimento anche tre trust di diritto britannico. In due di questi, chiamati Saint Michael the Archangel e Saint George Educational, almeno dalla metà degli anni ’90 sono transitate centinaia di migliaia di sterline. Soldi entrati come donazioni anonime e finiti spesso, sotto forma di finanziamenti caritatevoli, a società italiane possedute dalla famiglia del segretario di Forza Nuova o da suoi soci. Per dire: solo negli ultimi quattro anni, il trust dedicato all’arcangelo Michele, fra i cui gestori c’è Beniamino Iannace, già candidato per Forza Nuova alle europee 2009, ha incassato 475 mila euro da elargizioni liberali in Gran Bretagna.

Soldi finiti quasi completamente in Italia, con donazioni indirizzate ad almeno tre aziende private che appartengono alla famiglia Fiore: Rapida Vis, Futura Vis e Comeritresa, tutte partecipate dalle figlie del segretario di Forza Nuova. Motivazione ufficiale dei pagamenti? Finanziare la realizzazione di pubblicazioni sulla Chiesa Cattolica. Peccato che di questi soldi non si trovi traccia nei bilanci delle società italiane. Nel 1999 i trust furono messi sotto inchiesta dagli organismi di controllo amministrativo inglesi. Un paio di anni prima il quotidiano The Guardian aveva raccontato che queste due fondazioni stavano finanziando un villaggio nazista in Spagna, Los Pedriches, «occupato da Terza posizione internazionale per creare una comunità nazionalista bianca e addestrare soldati volontari», scriveva il giornale inglese. Le carte dell’indagine, chiusa nel 2005, documentarono legami di affari tra le fondazioni e una società di Fiore e Morsello: «I pagamenti», si legge nel rapporto dell’organo di controllo inglese, «erano stati effettuati a favore della Meeting Point (oggi Easy London, ndr) business privato di Fiore». Il fondatore di Forza Nuova ammise le contestazioni, spiegando che i versamenti servivano per pagare l’affitto di un “charity shop” a Shirland Road, a pochi passi dalle sedi legali delle sue tante società specializzate nell’organizzazione di viaggi di italiani a Londra.

I documenti ottenuti ora da L’Espresso indicano che l’attività dei trust è proseguita anche dopo la chiusura dell’indagine inglese. E che le donazioni anonime in alcuni casi sono finite ancora a società private di Fiore. Nel frattempo è nato anche un altro trust, il Saint Mark the Evangelist. Non ci sono bilanci disponibili per capire qual è stata l’attività svolta finora, ma tra i gestori compaiono due nomi molto vicini al politico romano: Maria Beatriz Fiore Burgos, sua figlia, e l’imprenditore Stefano Pistilli, in passato in affari con personaggi dell’estrema destra italiana e oggi gestore di altre tre imprese in Inghilterra, una dal nome particolarmente evocativo: Gladio Consulting, ufficialmente specializzata in consulenza manageriale, ricerche di mercato e sondaggi.


Sognando Putin
Se Londra è stata sempre il centro dei contatti internazionali di Forza Nuova, da qualche anno l’attenzione dei neofascisti si è spostata su Mosca. Fiore non ha mai fatto mistero delle sue simpatie per Putin. Dichiarazioni encomiastiche verso il numero uno del Cremlino e visite in Russia - diverse, negli ultimi anni, fra cui quella al Forum Conservatore tenutosi a San Pietroburgo due anni fa, alla presenza di quasi tutti i leader del neofascismo europeo - dimostrano che fra i due non manca certo la sintonia politica su temi come l’immigrazione, i gay e la famiglia tradizionale. Secondo la nostra intelligence, però, in cambio dell’appoggio alla causa russa in Europa i movimenti estremisti avrebbero «ricevuto sostegno economico». Anche Forza Nuova? Impossibile saperlo. Le informazioni raccolte da L’Espresso permettono tuttavia di descrivere alcuni legami economici che uniscono Fiore alla Russia.

Il neofascista italiano non si è infatti limitato a sostenere l’annessione della Crimea: ha anche portato nella penisola affacciata sul Mar Nero un gruppo di imprenditori nostrani. Con effetti quantomeno contraddittori rispetto allo sbandierato patriottismo economico di Forza Nuova, sempre pronta a difendere le produzioni italiane. Dopo i viaggi organizzati, alcuni di questi impresari hanno infatti deciso di delocalizzare in Crimea. Il rapporto economico tra Fiore e la Russia inizia ufficialmente nel 2012.

A Nizhny Novgorod, 400 chilometri a est di Mosca, si tiene una due giorni di incontri dal titolo “Dialogo commerciale russo-italiano”. Il programma del summit descrive Fiore come capo dell’associazione italo-russa Alexandrite. Due anni dopo si torna a organizzare missioni imprenditoriali, ma questa volta gli imprenditori vengono portati in Crimea, frattanto passata sotto il controllo russo, e il nome di Fiore non viene più accostato a quello di Alexandrite. Chi a quegli incontri ha partecipato dice però che a organizzare tutto dall’Italia è stato proprio il segretario di Forza Nuova.

«L’associazione mi è stata presentata da un amico e sapevo che Fiore era il presidente», racconta Diego Ebau, piccolo imprenditore sardo che ha preso parte a quei viaggi: «L’obiettivo mio e delle altre decine di imprese presenti non era politico, volevamo capire i vantaggi della Crimea». L’impresario spiega che oggi chi investe almeno 50mila euro nella penisola non deve pagare tasse per cinque anni, e in seguito l’aliquota si ferma a un massimo del 6 per cento. Un paradiso fiscale, insomma, collegato a Mosca tramite il ponte sullo stretto di Kerch voluto da Putin. Niente di più invitante per chi si sente schiacciato in patria da tasse e recessione. Ecco perché alcune delle aziende che hanno partecipato ai viaggi organizzati da Fiore puntano a chiudere la fabbrica in Italia e a riaprirla in Crimea. «Io dopo due viaggi sono uscito dall’associazione Alexandrite perché preferivo fare da solo», dice Ebau, «ma so che un’azienda pugliese del settore tessile dovrebbe aver già spostato lì la produzione. E a dire la verità anche io mi sto organizzando: insieme a un altro imprenditore sardo voglio aprire lì un’azienda per la lavorazione del marmo».

Mistero a Cipro
Non solo delocalizzazione. C’è qualcos’altro che Roberto Fiore non ha mai raccontato pubblicamente. Il politico più patriottico d’Italia per oltre cinque anni è stato proprietario di una società basata a Cipro, isola europea prediletta dai russi, che grazie al segreto bancario è da anni uno dei posti più in voga per chi vuole tenere riservati i propri affari. Nell’ottobre del 2010 Fiore ha infatti aperto sull’isola la Vis Ecologia Ltd, società che si occupa ufficialmente di «riciclo di materiali», ma che ha caratteristiche insolite per un’azienda operativa: nessun dipendente, niente sito internet, la sede registrata presso gli uffici di uno studio di commercialisti. Le visure camerali dicono che l’impresa è stata registrata a Cipro «per scopi fiscali», ma è impossibile sapere se sui conti siano girati soldi dato che l’impresa non ha mai depositato un bilancio. Contattato da L’Espresso, il segretario di Forza Nuova non ha risposto alle richieste di chiarimento sull’attività della sua società cipriota.

Di sicuro il leader fascista non era l’unico proprietario dell’impresa basata a Cipro. Il restante 50 per cento delle quote era infatti intestato a Beniamino Iannace, lo stesso giovane che gestisce il trust inglese dedicato a San Michele, in passato candidato alle elezioni per Forza Nuova. Anche lui presente all’incontro organizzato dall’associazione Alexandrite in Russia nel 2012, Iannace è oggi un rampante imprenditore nostrano nel settore delle poste private. Alle domande de L’Espresso si è limitato a rispondere precisando che la Vis Ecologia, la società basata a Cipro, «non è mai stata operativa, non ha mai avuto clienti e per questo non ha mai depositato un bilancio». Di certo mentre era proprietario della scatola offshore, il 36enne campano ha fondato il Gruppo Italiana Servizi Postali. Un franchising che conta oggi 64 filiali sparse per l’Italia. E in cui il nome di Fiore ritorna nuovamente. Non quello di Roberto, ma del primogenito Alessandro. Nel 2013, quando viene costituito il gruppo, il figlio è infatti tra gli azionisti insieme a Iannace e a Fabio Infante, anche lui candidato in passato con Forza Nuova alla Camera.

 Qualche anno dopo Fiore junior vende le sue quote a Iannace, che diventa così azionista di maggioranza del gruppo postale, il cui business non sembra molto redditizio (l’ultimo bilancio disponibile, del 2015, segna un fatturato di 105 mila euro e una leggera perdita) ma offre opportunità interessanti. Perché distribuire multe, atti giudiziari e raccomandate dà accesso potenzialmente a dati personali e indirizzi di milioni di persone: materiale strategicamente importante per un partito politico che vuole farsi conoscere. Un accostamento che Iannace respinge con forza, garantendo che la sua società «non ha mai avuto e mai avrà alcuna colorazione, connotazione o collocazione politica che dir si voglia». Resta da notare solo una contraddizione tra il passato politico di Iannace e la sua attuale attività imprenditoriale. Il punto numero tre del programma storico di Forza Nuova prevede infatti il «blocco dell’immigrazione». Eppure il Gruppo Italiana Servizi Postali ha come partner Western Union, il più famoso servizio di trasferimento denaro utilizzato dagli immigrati di tutto il mondo. Insomma, Iannace e Infante cercano di fare affari con gli stranieri che dall’Italia mandano a casa soldi. Una pratica non proprio in linea con le direttive ufficiali del partito. Ma d’altronde, si sa, business is business.

Francia connection
Se dal punto di vista ideologico Forza Nuova è la truppa neofascista più tradizionale, i cugini di CasaPound rappresentano l’evoluzione moderna del cameratismo. Benché i contenuti della propaganda politica siano identici, a mutare sono i metodi. Così mentre Fiore e soci puntano soprattutto ad ampliare la rete dei contatti internazionali (Forza Nuova ha aperto da pochi anni una filiale negli Usa), i leader di CasaPound hanno lanciato l’assalto al cielo dei consensi in patria. E nel giro di pochi anni hanno raggiunto risultati importanti. Ronde nelle periferie,centinaia di migliaia di seguaci sui social network, spazio nel dibattito pubblico. Ma soprattutto seggi nei consigli comunali. Tanti. Da Bolzano a Lucca , da Arezzo a Grosseto. E il 5 novembre puntano a un risultato a due cifre nel municipio di Ostia, prova generale delle prossime politiche.

Dietro la propaganda anti immigrati, cavallo di battaglia dell’organizzazione neofascista che ha il suo quartier generale in un edificio pubblico occupato nel centro di Roma, c’è però una fitta rete di imprese commerciali. Un network politico-affaristico esploso in concomitanza all’arrivo in Italia di alcuni francesi. Tutti vicini al Front National, il partito guidato da Marine Le Pen, decisamente più ricco dei cugini di CasaPound anche grazie a un finanziamento da 11 milioni di euro ricevuto negli ultimi anni dalla Russia, come ha rivelato su Mediapart la giornalista Marine Turchi. Che il Cremlino sia favorevole all’ascesa di partiti euroscettici, xenofobi e filorussi non è d’altronde un mistero. Per questo Putin non dovrebbe essere ignaro delle tante società aperte in Italia dai seguaci della Le Pen. La più famosa si chiama Carré Français, una specie di Eataly in versione transalpina: champagne di tutti i generi, ostriche e formaggi. Un locale elegante nel cuore di Roma, che nel 2015 (ultimo bilancio disponibile) ha fatturato quasi mezzo milione di euro.

A controllare il ristorante-concept store è Jildaz Mahé, in gioventù membro del movimento studentesco neofascista francese Gud, lo stesso in cui militavano molti dei francesi che ultimamente hanno aperto società in Italia insieme ad esponenti di CasaPound. C’è ad esempio la catena di trattorie “Angelino dal 1889” - con ristoranti a Roma, Milano, Malaga, pure a Lima - tra i cui proprietari troviamo Maria Bambina Crognale, moglie del leader di CasaPound Gianluca Iannone, e Pierre Simonneau, militante della destra francese. E c’è il Carré Monti, locale a metà tra il bistrot e il pub, fra i cui soci spicca ancora il francese Simonneau insieme all’avvocato di CasaPound Domenico Di Tullio e a Chiara Del Fiacco, candidata alla Camera nel 2013. Il Carré Monti è il luogo di ritrovo abituale, dove spesso organizzano i compleanni dei camerati. Certamente più informale e meno chic del ristorante di Mahé.

Chiara Del Fiacco è un donna sulla quarantina, capelli biondi e tatuaggi. Rappresenta il punto di contatto diretto fra i camerati nostrani e quelli d’Oltralpe. Il suo compagno è infatti Sébastien de Boëldieu, considerato il ministro degli esteri di CasaPound, amico di vecchia data di un pezzo da novanta del Front National. Frédéric Chatillon, 49 anni, è infatti l’uomo che ha curato la comunicazione nelle ultime campagne elettorali della Le Pen.

Comprese quelle del 2012, 2014 e 2015, finite al centro di alcune inchieste della magistratura francese con accuse che vanno dalla frode all’abuso di beni sociali. Nonostante le incriminazioni Chatillon - il cui nome è emerso anche dai Panama Papers in relazione ad alcune società offshore - non si è perso d’animo. D’altra parte lui è un uomo d’azione, e non si spaventa certo per un’inchiesta. Lo ha dimostrato qualche anno fa, quando emerse che la Riwal aveva lavorato per la Siria di Bashar al Assad prendendo tra i centomila e i centocinquantamila euro l’anno dall’ambasciata siriana a Parigi, aveva scritto sempre Mediapart. Anche in quel caso la magistratura francese si era interessata alla questione, senza alla fine rilevare nulla di penalmente rilevante. Questa volta Chatillon ha però deciso di cambiare aria. Puntando dritto sull’Italia, forte dell’amicizia da lui vantata con esponenti di Alleanza nazionale, Forza Italia, Fratelli d’Italia oltre che con il dirigente di CasaPound Sébastien de Boëldieu.

Due anni fa lo stratega mediatico della Le Pen ha aperto la Riwal Italia, sede in uno splendido palazzo nobiliare nel centro della capitale. A chi sta offrendo i suoi servizi la società di comunicazione? Alle domande de L’Espresso Chatillon si è limitato a negare rapporti commerciali con CasaPound e Fratelli d’Italia, aggiungendo di non aver mai lavorato «neppure per aziende, associazioni e/o fondazioni politiche». Non resta dunque che affidarsi ai pochi documenti ufficiali disponibili, come il bilancio del 2015 che segna un fatturato di 135mila euro, la cui origine resta dunque inspiegata. Così come non trova conferme ufficiali il ruolo dell’uomo della Le Pen nel Carré Français: sebbene Chatillon non abbia ruoli ufficiali nella società, in un post pubblicato su Tripadvisor a fine 2015 lui stesso si presentava come direttore generale della cosiddetta ambasciata culinaria francese a Roma. Con la stessa discrezione altri francesi hanno intanto avviato business a sud delle Alpi. Mahé, già proprietario del Carré Français, ha costituito quest’anno un’altra società che si occupa di ristorazio,ne.

Si chiama La Romanée ed è partecipata da due sue connazionali: Simone Rosso e Audrey Orcel. Mediapart, che ha collaborato con L’Espresso a questa parte dell’inchiesta, non ha ottenuto risposta dalle due donne sui motivi del loro investimento in Italia. Risultati simili con Alexandre-Paul Martin, 27 anni, astro nascente del Front National e considerato il delfino di Chatillon, tanto da aver rimpiazzato in patria la Riwal con la sua agenzia di comunicazione, la e-Politic. Anche Martin, che secondo l’account Facebook di Chatillon è appena stato in Siria insieme al suo mentore per visitare le città liberate dall’esercito di Assad con l’aiuto della Russia, ha deciso di investire sull’Italia quest’anno. Ha aperto una società chiamata Squadra digitale, impegnata ufficialmente nel business della comunicazione e registrata a un indirizzo importante: via della Scrofa 39, Roma, storica sede del Msi che oggi ospita la fondazione Alleanza Nazionale e la redazione del Secolo D’Italia. Alle domande inviate da L’Espresso, il giovane imprenditore francese ha riposto con poche righe. Ha escluso qualsiasi rapporto commerciale con forze politiche italiane e con i connazionali del Carré Français, tagliando corto sull’obiettivo della sua nuova società. L’ho fondata, ha risposto, «perché mi interessa sviluppare la mia attività in Italia». Punto. Insomma, nessuno sembra voler svelare il motivo che li ha spinti a investire nella Capitale.

C’è anche un filo che collega indirettamente i nazionalisti francesi ad ambienti manageriali italiani, seppure in società che non hanno a che fare con i movimenti di estrema destra. Il presidente del consiglio d’amministrazione di Stroili Oro, brand internazionale dei gioielli (370 negozi, 1.800 dipendenti) con sede in Friuli, è Romain Peninque. Lo è dal 2016, da quando cioè la cordata francese Thom Europe, holding della prima catena di gioiellerie transalpine Histoire d’Or, ha comprato l’italiana Stroili. Romain è il figlio di Philippe Peninque, avvocato, consulente fiscale, già militante nel Gud. Uomo potente, descritto da diversi media transalpini come l’eminenza grigia della Le Pen.

Di certo il fatto che il figlio, Romain, sia oggi a capo di Stroili Oro - nel consiglio d’amministrazione siede anche Eric Belmonte, amico e in passato socio d’affari di Peninque - è un paradosso per i francesi dell’estrema destra, accusati di essere piegati ai voleri di Putin. Sì, perché il gruppo Thom Europe in realtà è stato capace di superare nell’offerta di acquisto della catena italiana persino il fondo d’investimento russo Vtb, partecipato al 60 per cento dal Cremlino. «Putin a un passo da Stroili oro», titolavano infatti i quotidiani locali nel 2014. Due anni dopo lo scenario è cambiato: ci sono le sanzioni contro la Federazione russa, rea di aver invaso la Crimea, e il fondo di Putin si ritira lasciando campo libero al gruppo Thom che porterà Peninque in Italia.

Avanguardia fashion
I pacchi alimentari, i picchetti, le occupazioni. Prima gli italiani. L’azione trascina le masse esauste del degrado delle periferie. Ma c’è un livello di interlocuzione che CasaPound ritiene indispensabile: gli intellettuali. Per fare cultura le tartarughe di Iannone non badano a spese. L’ultima sfida è l’informazione. Da tempo è online il quotidiano “Il primato nazionale”, recentemente affiancato dal mensile cartaceo. Periodico sovranista, si definisce. Nel numero d’esordio il direttore Adriano Scianca, responsabile cultura di CasaPound, ha scelto il faccione del deputato Pd Emanuele Fiano da mettere in copertina con il titolo “Il Talebano”, riferimento alla legge da lui promossa che proibisce di fare propaganda attraverso simboli e gesti fascisti.

La società editrice de Il Primato nazionale è la Sca 2080 e ha un capitale sociale di 100 mila euro. La prima tiratura del mensile è stata di 20 mila copie. Sui social d’area è un tripudio di complimenti: «Era ora, un giornale libero». La prima inchiesta proposta riguarda i “rossi”: la violenza è da sempre nel Dna dell’antifascismo. Chi ha interesse a investire nell’house organ dei nuovi neri? I soci sono Francesco Polacchi, storico attivista di CasaPound, e uno studio di commercialisti romani intestato a Mauro Polacchi, azionista della casa editrice neofascista attraverso la Holding Minerva. Un’impresa, la Minerva, con varie partecipazioni, persino una nella Eized, dove tra i soci troviamo Lorenza Lei, prima donna a ricoprire il ruolo di direttore generale in Rai.

La società editrice del Primato gestisce anche il sito web Mma Europa, dedicato agli amanti delle arti marziali miste. Il culto del corpo resta d’altronde un valore, come ai tempi di Mussolini. CasaPound ha infatti un suo circolo di combattenti. Con atleti-militanti che fanno competizioni internazionali. È lo stesso movimento che a volte organizza incontri in giro per le palestre d’Italia. Altri incassi, insomma. Virilità, vigore, bellezza. E cura dei dettagli estetici, fondamentali per attirare consensi.

Sarà per questo che tra gli investimenti della galassia CasaPound troviamo persino la catena di negozi Pivert. Un marchio di abbigliamento casual, affatto etichettabile come fascista, lanciato dagli stessi soci del Primato Nazionale, i Polacchi. Negli anni Pivert ha aperto varie sedi. A Roma, stesso indirizzo della redazione, e a Milano. Ma ha anche rivenditori all’estero. «Sono fiera di sposare questo progetto basato sul made in Italy. Quindi, cari maschietti, un’occhiata dategliela, anche perché noi donne ci stiamo organizzando per non darla più a chi indossa made in China»: musica per le orecchie degli Iannone Boys, specie se a scriverle è showgirl Nina Moric, che ha offerto così la promozione gratuita del brand.

Ufficializzandosi come vip organica al movimento neofascista. Non solo Moric, però. Tra i fan del brand troviamo parecchi calciatori, rugbisti, pugili. E all’appuntamento mondano non poteva mancare qualche lepenista. A una delle presentazioni della collezione 2015 erano presenti, infatti, anche i francesi Chatillon e De Boëldieu. Proprio i due nomi che legano CasaPound al Front National.

Mentre Forza Nuova non si sforza di aumentare il proprio appeal elettorale e tende a circoscrivere sempre di più la propria nicchia di consensi, i leader di CasaPound si presentano sempre più insistentemente come politici inclusivi. Lo fanno invitando alle loro conferenze giornalisti noti con idee molto distanti dalle loro. Cercano, insomma, di legittimarsi attraverso il confronto pubblico. Senza dimenticare l’estetica. I neofascisti romani hanno un loro barbiere di fiducia, situato a pochi passi dalla sede dell’Esquilino. Si chiama Bullfrog, la rana-toro: marchio famoso, presente in tutta Italia, stile hipster. Una catena di barberie creata da Romano Brida, il cui socio di maggioranza è oggi Antonio Percassi, presidente dell’Atalanta e imprenditore di successo. Il barbiere frequentato dai neofascisti romani (la società che lo controlla si chiama BF Roma) è solo un affiliato al marchio Bullfrog, nessun legame diretto con Percassi.

Tuttavia i titolari del negozio in franchising gravitano attorno al movimento. E hanno creato un legame imprenditoriale con un altro volto noto di CasaPound. Nella società Red Hook, di cui i proprietari della barberia romana sono azionisti, uno dei membri del consiglio d’amministrazione è infatti Marco Clemente. Romano di nascita, milanese d’adozione, Clemente è stato candidato al consiglio comunale nelle liste del Pdl a sostegno di Letizia Moratti sindaco, poi è finito al centro delle polemiche per un’intercettazione shock con un uomo della ’ndrangheta. Successivamente si è avvicinato a CasaPound Milano, diventandone un leader. E affiancando, all’attività politica, quella affaristica: come dimostra il suo ruolo da amministratore nella società Prince, tra i cui azionisti c’è la moglie di Gianluca Iannone. Insomma, un altro esempio di cameratismo in doppio petto. Celtiche e soldi. Saluti romani e fiuto per gli affari. Da Roma a Milano, passando per Parigi, Londra, Cipro e la Crimea. Con la benedizione dei nazionalisti russi.

http://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/11/03/news/tutti-i-soldi-e-le-societa-di-casapound-e-forza-nuova-cosi-si-finanziano-i-partiti-neofascisti-1.313304#item1

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Forza Nuova Holding: dai dentisti ai compro-oro, il tesoro milionario dei "poveri patrioti".

Nell’inchiesta dei carabinieri del Ros sui pestaggi dei bengalesi e l’indottrinamento di giovani emergono dettagli delle attività economiche dei neofascisti: dagli affari con i russi alle relazioni col Vaticano

ROMA. Mentre Forza Nuova scatena le periferie in nome della difesa degli italiani poveri, i vertici del partito muovono milioni di euro e spostano i giovani militanti come pedine all'interno di un carosello di società. Un business certificato da una delicata informativa del Ros consegnata al pm della procura di Roma Sergio Colaiocco. "L'utilizzo di cooperative sociali e società di capitali evidenziano la partecipazione agli incarichi societari (in Italia e all'estero) di soggetti gravitanti nell'ambito di Forza Nuova, che assolvono evidenti mansioni di prestanome, fornendo così una copertura a chi ha di fatto il controllo del complesso societario-finanziario".

IL BUSINESS
Ruotano milioni di euro attorno alla Act Comunication, di cui è la testa di legno il militante di Fn Gabriele Masci. Un business costruito sulla vendita di materiale informatico che in poco tempo cresce a dismisura. Per questo arriva una segnalazione alla Banca D'Italia: "Accertamenti effettuati presso l'Uif della Banca d'Italia consentivano di verificare come a carico della Act Comunication fosse stata elevata segnalazione di operazioni sospette". La motivazione: movimentazioni anomale che "lasciano supporre intenti dissimulatori presumibilmente finalizzati a frodi fiscali".

Non solo società ma anche cooperative sociali e Compro oro nell'affaire dei leader di Forza Nuova. "Per quanto riguarda le attività Compro oro - scrivono gli inquirenti - riferibili a Luca Mancinotti queste fanno registrare significativi introiti ". Mancinotti è un militante di lungo corso in Fn, ex sediario di papa Benedetto XVI con precedenti di polizia giudiziaria per contraffazione di opere d'arte, associazione a delinquere, truffa e ricettazione.

Quanto alle cooperative sociali è Giovanni Maria Camillacci, esponente di rilievo del movimento di destra, il regista occulto di attività per la cura del verde e del giardinaggio che le intesta a prestanomi del club forzanovista. Ma Camillacci è soprattutto il re delle cliniche dentali, sotto il marchio Blu Dental Clinique Italia, che ha aperto due cliniche a Roma e una a Latina col progetto di inaugurarne un'altra a New York. Socio ombra di Camillacci un altro giovane militante, Alessio Costantini, coordinatore romano della sede storica di Fn.

LA RETE DI PRESTANOME
Roberto Fiore dispone dei militanti del partito come vuole. Li sposta come pedine, gli intesta società e conti correnti.
"Fiore mi sta mettendo in mezzo a delle società senza dirmi un c... - spiega Matteo Stella 28 anni, militante di Fn ad un altro esponente, Roberto Benignetti, in una conversazione intercettata dal Ros nel 2014 - io vorrei sapere qualcosa, vuole aprire un conto a nome mio in Inghilterra guarda ti prego (...) io non so che fare". "I timori espressi da Stella - scrivono i carabinieri - trovavano conferma perché quest'ultimo risultava, dal 2 marzo 2014, rivestire le cariche nella UK Privilege Ltd". Stella non è l'unico a rivestire ruoli di vertice nelle società senza avere uno straccio di competenza. Stessa cosa per Roberto Masci, amministratore unico della Act Comunication srl e amministratore della Fresh Wash Srl che gestisce una lavanderia a Roma. Con l'Act Comunication Masci gestisce milioni di euro in entrata e in uscita eppure "non è in grado di riferire alla dipendente di banca Fineco le motivazioni commerciali alla base dei trasferimenti di denaro in favore di un'altra società", sostiene il Ros.

"Anche Alessio Costantini - raccontano le carte - confermava come fosse noto che la figura di Masci non equivalesse a quella di un amministratore di società bensì a quella di factotum per estemporanee esigenze". Infatti, nella conversazione intercettata nel novembre 2014 Costantini "riferiva a Masci che doveva fare da autista a Toni Brandi dell'associazione pro-vita, pro-life, aggiungendo: quello con cui siamo andati a Mosca, che ci finanzia".

I CORSI AL VATICANO
"Bluedental nelle strutture dello Stato Pontificio". Alla sete di entrare in ogni consesso per allargare le maglie dei propri affari e consolidare le proprie società non poteva sfuggire il Vaticano. Per questo Camillacci chiede a Mancinotti, "accreditato nelle sedi ecclesiastiche" di farsi promotore presso le autorità vaticane per tenere dei corsi di formazione. Il coordinatore romano viene rassicurato "adesso sto andando da Monsignor Camaldo, sto prendendo i bignè di San Giuseppe anche se oggi so' le ceneri, però gliele porto lo stesso". Monsignor Camaldo, che tra loro chiamavano anche don Franco, era secondo i forzanovisti il grimaldello per accreditarsi al Vaticano. Il prelato, secondo il Ros, era "Don Francesco Camaldo, fino al 1997 segretario particolare del cardinal Ugo Poletti, ad oggi (2015, ndr) prelato d'onore di Sua Santità, nonché decano dei cerimonieri pontifici".

I RAPPORTI CON RUSSIA E CRIMEA
Anche la questione russa e i nuovi equilibri europei suscitano l'attenzione del gruppo di estrema destra. Camillacci, in una conversazione discute dei "rapporti crescenti del leader di Fn Fiore con altri politici russi". Ma "Salvini ci ha fregato i contatti con la Russia", si rammaricano i forzanovisti al cellulare, "era il cavallo nostro". La necessità di intessere rapporti "di tipo economico/commerciale - sottolineano gli inquirenti - in particolare per la produzione di vino", risultava vitale per i nuovi scenari creatisi in Crimea. Il conflitto ucraino veniva inquadrato "meramente in chiave utilitaristica" con l'unico obiettivo di sfruttare la precaria situazione governativa e incunearsi nei centri di potere per ricavarne benefici economici. Sempre nel 2014 con un'amica Camillacci
 parlando dell'imminente viaggio in Crimea insieme a Fiore per un incontro col ministro dell'Agricoltura dice che andrà "per fare una cosa coi russi, per cercare di prendere la cittadinanza del nuovo governo della Crimea: il governatore è un amico di amici ".

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Forza nuova Holding 2: Così ha provato a piazzare anche un quadro di Gauguin.

Nelle carte del Ros su Forza Nuova le trattative di Fiore per l'opera d'arte e la trama dei contatti internazionali del movimento

ROMA. Il leader di Fn Roberto Fiore e il business delle opere d'arte. Non solo società che fatturano milioni, intestate a giovani militanti del movimento senza uno straccio di competenza. Fiore e due esponenti di peso di Fn, Giovanni Maria Camillacci, titolare di diverse coop nere per la cura del verde e Luca Mancinotti, ex sediario di papa Benedetto XVI con una sfilza di precedenti di polizia alle spalle, cercano anche di mediare nella vendita di un antico quadro di Gauguin.

Così, il 21 ottobre 2014, i tre si avventurano in una trattativa per piazzare un'opera del pittore francese a cui è interessata una famiglia americana. L'incarico ai tre viene affidato da un privato. Il quadro è un'opera del pittore francese, rubata a Londra, ritrovata nel 1974 a Torino nell'ufficio oggetti smarriti della stazione ferroviaria. All'epoca acquistata all'asta per 45mila euro da un operaio della Fiat. Il valore, 40 anni dopo, è di 5 milioni di euro. "Hanno offerto un milione e otto quelli no?", chiede Camillacci a Fiore al telefono. "Sì lo so, un milione e ottocentocinquanta, il problema è quella documentazione". "Mo' arriva - lo rassicura il fidato militante - noi gli diciamo che ci riserviamo trenta giorni per darvi una risposta. Gli diciamo, sentiamo i proprietaru e sentiamo se è ok, poi secondo me questi se lo comprano pure senza pratica ".

MUSEO DEL BAHRAIN
I due delfini del leader forzanovista, Camillacci e Mancinotti, vogliono accelerare la pratica della vendita e cercano anche altri acquirenti. "A me de perde tempo così me so' rotto un po' i coglioni - pressa Mancinotti - col museo del Bahrain già abbiamo avuto contatti ma non se ne fa un cazzo. Ma se fosse stato interessato ci avrebbe contattato come ci hanno contattato sti' grandi personaggi perché il pezzo (il quadro di Gauguin, ndr) non è da museo, il pezzo è una merda, Gianmarì ". "Il pezzo è una cagata - lo asseconda Camillacci - è tagliato al centro, è tagliato ai lati, è reintelato, è senza telaio, è sporco, è un'opera bretone, è rubato: cioè più di questo che cazzo vogliamo aggiungere ".

"TRE MILIONI SONO POCHI"
Il quadro non riescono a piazzarlo agli americani al prezzo che dicono loro. "Stiamo parlando dei famosi tre milioni giusto?" dice Camillacci. "Sì sono pochi, sono pochi ", si lamenta Mancinotti. Ma il problema è la documentazione che attesti l'autenticità dell'opera, che loro non hanno. "Siamo arrivati a un punto in cui dobbiamo produrre i documenti, è difficile temporeggiare ". Il problema è come dirlo a Fiore. "Tu non gli dire che sono incazzato, non fare polemiche. Fai tutto molto serenamente". Alla fine il quadro non verrà venduto. E così l'affare salta definitivamente.

INTERNAZIONALE NERA
Dalle carte emerge anche la rete internazionale di contatti del movimento. Fiore viaggia per l'Europa, arriva fino al Medio Oriente, in Siria. A novembre del 2014 vuole organizzare una conferenza a Damasco in piena guerra civile. Un incontro con "le comunità mediorientali che sto riorganizzando come Ailiance for Peace and Freedom", dice il segretario di Forza Nuova a Camillacci in una conversazione intercettata dai carabinieri.

Poi, a gennaio del 2015, Fiore vola in Grecia per far sentire la sua vicinanza al leader di Alba Dorata Nikolaos Michaloliakos, rinchiuso in carcere perché accusato di appartenere a un'organizzazione criminale. Un incontro talmente positivo che un forzanovista (intercettato dai Ros) sostiene che ora i vertici del partito di estrema destra greco "vogliono bene a Forza Nuova". Assieme a Fiore ad Atene, a trovare Michaloliakos, annotano i militari, sarebbe andato anche un altro pezzo da novanta del neofascismo europeo. L'eurodeputato Udo Voigt eletto con il partito Nazionaldemocratico di Germania, nel 2012 condannato per sedizione a 10 mesi per aver lodato in un comizio le Waffen-SS. Ma non sono solo i forzanovisti a viaggiare in giro per l'Europa.
 Anche "altri camerati" vengono a Roma per suggellare alleanze. È il caso dei neofascisti polacchi arrivati nella Capitale a settembre del 2014 per far visita ai forzanovisti. L'incontro, si legge nella carte della procura, avviene nella sede romana del partito in via Amulio.

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