giovedì 12 ottobre 2017

CHI GIOCA SULL'ILVA


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Il ministro Calenda negli scorsi giorni non ha nemmeno intrapreso un minimo dialogo con i possibili acquirenti dell'Ilva di Taranto,attualmente in amministrazione straordinaria,che fanno riferimento al colosso mondiale nel settore delle acciaierie ArcelorMittal.
Il motivo che il governo vuol far credere è quello che la multinazionale pronta ad una fusione con TyssenKrupp non abbia fornito garanzie sui salari e sugli scatti d'anzianità dei lavoratori,ma la vera causa è che Gentiloni,Calenda e Renzi vogliono il licenziamento coatto di tutti i lavoratori con la nuova assunzione con i parametri dell'articolo 18 rinnovato in peggio col job act.
Per poi parlare di esuberi e di tagli che possono essere pattuiti a tavolino come se le persone,contando anche i lavoratori dell'indotto,fossero pedine da muovere sullo scacchiere di un compromesso dove sia chi vende e chi compra avrà da guadagnarci,mentre gli operai saranno gli unici a perderci.
Dopo anni di ricatti(madn altro-ricatto-nel-mondo-del-lavoro ),in un azienda dove infortuni anche mortali sono frequenti,la nazionalizzazione è la strada da seguire dopo che il governo nel corso di questi anni di attesa e di angoscia ha svenduto non solo l'Ilva ma altri patrimoni nazionali non solo nel settore del lavoro.
Articolo di Contropiano:interventi .

Ilva: o nazionalizzazione o schiavitù.

di  Giorgio Cremaschi 
Fieramente il ministro Calenda ha rinviato l’incontro per L’Ilva, accusando il compratore Mittal di non mantenere i patti. Ma quali patti e con chi? Con il governo, che candidamente ammette che i salari offerti dalla multinazionale non corrisponderebbero a quelli pattuiti. Governo che invece sarebbe completamente d’accordo sul licenziamento di tutti i lavoratori del gruppo e sulla loro riassunzione uno per uno, senza contratto e senza articolo 18. Cioè con il costante ricatto del licenziamento verso persone che stanno in una fabbrica già oggi carica di infortuni e omicidi. .

4000 disoccupati e 10000 schiavi, questo il succo del piano condiviso tra ArcelorMittal, Marcegaglia e governo, con la sola differenza su quanto tagliare nelle retribuzioni.

Solo uno sprovveduto, un ipocrita o un venduto può stupirsi di tutto questo. Quando si affidano le vite delle persone a sciacalli ed avvoltoi, non ci si può aspettare che essi non svolgano il proprio compito. Lo avevamo detto con chiarezza già alla fine di agosto con gli operai della USB a Taranto, che da tempo denunciavano come sarebbe andata a finire con il governo delle svendite.

Perché non bisogna mai dimenticare che il primo responsabile è il governo, Gentiloni, Calenda e Renzi nei rispettivi ruoli. L’Ilva è stata guidata malissimo dalla gestione commissariale governativa, che aveva il solo scopo di tenerla in piedi con il fil di ferro, fino alla svendita finale. Ricordate la lotta di lavoratori e cittadini contro l’inquinamento mortale e le contrapposizioni tra diritto al lavoro e diritto alla salute?

Ecco, in continuità e persino in peggioramento rispetto alla gestione Riva, quella governativa ha negato entrambi quei diritti. E alla fine c’è stata la farsa dell’asta che ha premiato la multinazionale francoindiana con Marcegaglia come attaché. Un film già visto con Piombino e con tante altre imprese strategiche per il paese: quello di un governo che svende il patrimonio di noi tutti e che lascia inevitabilmente che sia il compratore a decidere tutto.

All’Ilva ci sarebbero le condizioni e la necessità della nazionalizzazione. Essa é il solo strumento che permetterebbe di fare investimenti produttivi, di risanare l’ambiente, di dare un futuro al lavoro. Si tratta cioè di decidere che, se l’Italia ha bisogno di siderurgia e ne abbiamo bisogno, allora lo stato garantisce che ciò avvenga. Invece il governo ha piegato lo stato agli interessi peggiori del mercato, a quelli di avvoltoi e sciacalli multinazionali.

Lo stato è diventato il complice degli affaristi, il servo del saccheggio, lo scafista della schiavitù del lavoro. Le acciaierie di Piombino dopo diverse svendite sono ferme. All’Ilva gli stessi tecnici della gestione commissariale non avevano dato credibilità al piano Arcelor Mittal, mentre i responsabili della salute pubblica ne avevano denunciato l’assenza di impegni per il risanamento. Inoltre tutti sapevano che la grande multinazionale si sta fondendo con la tedesca TyssenKrupp e che in tutto il mondo sono in corso tagli di personale e chiusure di stabilimenti.

Se c’era una cessione da non fare era proprio quella che invece il governo ha voluto a tutti i costi. Perché il nostro è un governo che ha fatto delle privatizzazioni e del servilismo verso le multinazionali la propria bandiera. Bandiera che sventola quando va dai padroni tedeschi e UE: visto come siamo stati bravi e ubbidienti? Noi non siamo neppure come Macron, noi lo stato lo usiamo solo per favorirvi!

E non facciano ora le gioconde i dirigenti di Cgil Cisl Uil. Essi sapevano perfettamente dall’inizio come sarebbe andata la vicenda Ilva, così come andranno Alitalia, Piombino e tante altre aziende che il mercato vuol saccheggiare e chiudere. Ma la parola nazionalizzazione per i leader confederali è tabù, così come lo è per la cosiddetta sinistra, che piange sui licenziamenti e non propone nulla per fermarli.

Ai lavoratori Ilva in lotta va dunque tutta la nostra solidarietà e un piccolo consiglio: non fidatevi di chi non ha il coraggio della verità. O nazionalizzazione o schiavitù, questa è la realtà, il resto è solo solo fumo e malafede.

PS : aggiungo la foto dei miei amici e compagni Sergio Bellavita e Franco Rizzo, che prima di salire al ministero come USB, si son fatti fotografare con questo cartello e per questo sono stati identificati dalla Digos. Naturalmente io tolgo il punto interrogativo…

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