martedì 9 luglio 2019

RITORNA LA MILANO DA BERE?



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La notizia di qualche giorno fa che ha visto il sindaco di Milano Sala condannato per le note vicende dell'Expo 2015 sulla retrodatazione di alcuni documenti in modo di facilitare e oliare bene gli ingranaggi giusti,è stato solo l'intermezzo tra notizie di rifugiati e migranti,che monopolizzano tristemente e stancamente il corollario dell'informazione come esistesse solo quello(vedi per Expo:madn i-veri-numeri-di-expo-2015 ).
Il redazionale di Contropiano(milano-un-sindaco-al-di-sopra-di-ogni-sospetto )parla dei sei mesi trasformati in pena pecuniaria per uno dei molti appalti diciamo concessi allegramente,che a pari del buco enorme in termine di denaro e il lavoro gratis sono state le maggiori magagne dell'Expo,e di come Milano adesso sede olimpica(madn ipocrisia-olimpica )vuole tornare come nei ruspanti anni ottanta.
Ma gli sforzi di rendere Milano capitale europea della bella vita cozzano con altri interessi,con ipocrisie come l'aumento dei biglietti dei mezzi urbani a fronte delle strillate campagne ambientali,in un'orgia di eventi e di proposte proprie da città-Stato con le pericolose infiltrazioni mafiose e con un progetto che prevede le periferie abbandonate a se stesse.

Milano. Un sindaco “al di sopra di ogni sospetto”.

di  redazione di Milano 
“I sentimenti che ho sono negativi, qui è stato processato il lavoro e io ne ho fatto tanto”. È scandalizzato il Sindaco di Milano Giuseppe Sala nell’apprendere della sua condanna a sei mesi di reclusione (convertiti in 45000 euro di pena pecuniaria) per il maxi-appalto della Piastra dei servizi di Expo 2015.

Tuttavia, riuscendo stoicamente a contenere la tanta amarezza, rassicura i milanesi sulla durata del suo mandato.

Ma i sentimenti negativi colpiscono, scavando, nel profondo e Beppe proprio non cela fa a garantire una eventuale ricandidatura. “Di guardare avanti ora non me la sento” afferma e solo gli oltremodo maliziosi possono pensare ad un tono minaccioso nelle sue parole.

Ha tutte le ragioni di essere risentito un uomo che, di “lavoro”, ne ha fatto davvero tanto. Prima ancora di essere eletto sindaco, infatti, aveva messo a disposizione della grandeur milanese la sua efficienza e le sue competenze di manager fino ad arrivare alla nomina di commissario ed infine a.d. di Expo 2015.

I suoi sforzi sono stati fondamentali per costruire il lascito dell’esposizione universale: un buco di quasi 1.5 miliardi, una legittimazione del lavoro volontario (in accordo con CGIL,CISL,UIL), un mercato immobiliare deregolamentato e sempre più a vocazione speculativa. L’apoteosi della gestione emergenziale delle “grandi opere”.

Quando si hanno di queste medaglie non può essere di certo una sentenza a portarle via. Al di la della fedina penale dell’uomo vale l’impronta che questi riesce ad imprimere sulla città. Non a caso si sono rincorsi gli attestati di solidarietà bipartisan(da Zingaretti al presidente della camera di commercio passando per Forza Italia) e nemmeno uno come Salvini se la è sentita di affondare il colpo  arrivando, anzi,  a dire di sentirsi orgoglioso della Milano dell’expo. Quando si lavora bene proprio tutti sono costretti a riconoscertelo. Ma la stima di amici e nemici non è qualcosa di casuale, la si costruisce con intuito e senso del marketing arrivando fino alla disinvoltura. Beppe nostro piace proprio per questo, perché è capace di farsi fotografare con le calze color pride ed il giorno dopo promuovere il Daspo per i rom.

Spingere sulla retorica ambientalista ed aumentare il biglietto dei mezzi pubblici. Capace di incarnare, insomma, il modello Milano che sempre più rappresenta un laboratorio da espandere quanto più possibile.

La città vetrina, la città smart, il luna park dei ceti alti moderni capaci di fare i soldi(nel modo di sempre) ma conservare una spiccata sensibilità umanitaria.

L’elezione a sindaco di Milano e della città metropolitana, una consacrazione. “Una nuova speranza” per un liberismo la cui egemonia culturale era stata scalfita da un decennio di crisi e che cercava insistentemente un upgrade. E quale luogo migliore se non la città delle start up? La sfida è difficile ma Sala è l’uomo giusto nel posto giusto pronto a raccoglierla.

Continuare la dismissione del bene pubblico in favore delle privatizzazioni, mettere a valore ogni centimetro di suolo ma in modo moderno ed accattivante con parole come project financing o social hausing. Come ogni uomo che ha una visione, però, i suoi confini non possono essere limitati ad una, seppur vitale, metropoli. Sempre più evidenti i segnali che svelano come si marci verso la “città-stato”, quella specie di mini-lander tedesco che in autonomia (e qui l’autonomia differenziata ci sta a pennello) gestisce i suoi rapporti internazionali e con l’UE.

Ritagliarsi un ruolo, anche se periferico, all’interno del polo produttivo a trazione franco-tedesca. E per una capitale del farmaco che svanisce c’è un olimpiade invernale che arriva. Sono ormai storia del costume le immagini dei salti e dell’esultanza abbracciato al governatore Fontana per l’assegnazione della sede olimpica. Meno risalto, invece,hanno ricevuto le sue affermazioni a margine della cerimonia in cui dichiarava come già migliaia di lavoratori volontari fossero pronti per il grande evento.

Parole che fanno trasparire come la “città che funziona” si regga in realtà su qualcosa di moderno nella forma ma più che classico nella sostanza: lo sfruttamento. E cosi si manda in soffitta la vetusta contrapposizione ricchi e poveri sostituendola con la più aggiornata high skilled contro low skilled. Locuzioni anglosassoni  rilanciano, così, l’”uguaglianza” povertà/ colpa in una città ed una regione dove persistono ancora livelli anche alti  di benessere .Concetto fondamentale da far passare per evitare di metter mano al tema delle diseguaglianze e della redistribuzione della ricchezza.

Si capisce bene come, in questo contesto, sia facile indicare il sindaco quale vittima sfruttando la retorica dell’ ”uomo del fare” che si scontra con la viscosità della burocrazia. Del manager comunque liberale e meno peggio di quegli altri.

Una retorica così forte da azzittire le già solo sussurrate richieste di dimissioni da parte delle opposizioni. Anestetizzare la reattività anche della “sinistra radicale”. Sala quindi va avanti magari riuscendo pure a rimediare l’aura del martire da questa faccenda.

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