mercoledì 31 luglio 2019
PRIMO LEVI E LA SUA MEMORIA
Oggi ricorre il centenario della nascita di Primo Levi,soprattutto scrittore ma anche chimico e partigiano durante l'occupazione nazifascista in Italia,internato a Fossoli per poi essere mandato ad Auschwitz dove venne liberato grazie all'intervento dell'Armata Rossa,e la sua prigionia segnò tutta la sua esistenza e le sue opere,che siano stati romanzi,saggi o poesie,fino alla sua morte.
Di origini ebraiche anche se si è sempre dichiarato ateo("C'è Auschwitz,dunque non può esserci Dio.Non trovo una soluzione al dilemma.La cerco,ma non la trovo"),Levi ha sempre fatto pressione sulla memoria di quello che è accaduto prima e durante la seconda guerra mondiale in modo da non dovere ricadere nuovamente in quel periodo orribile dell storia dell'umanità.
Come in questa sua frase di decenni di anni fa è sempre attuale e che vede sempre qualcuno prevalere sull'altro,sul diverso,sia dal punto di vista religioso che etnico,evidentemente molta gente deve ancora imparare dalle atrocità che si sono verificate:"In ogni gruppo umano esiste una vittima predestinata :uno che porta pena,che tutti deridono,su cui nascono dicerie insulse e malevole,su cui,con misteriosa concordia, tutti scaricano i loro mali umori e il loro desiderio di nuocere"(La tregua).
Articolo di:www.studenti.it/primo-levi-frasi ,vedi anche madn se-questa-e-memoria e il suo capolavoro:madn se-questo-e-un-uomo .
Primo Levi: frasi per ricordarlo nel centenario della nascita
Di Redazione Studenti. 31 luglio 2019
Primo Levi: ricordiamo lo scrittore nel centenario della sua nascita con alcune delle sue frasi più belle
Oggi si celebra il centenario dalla nascita di Primo Levi, scrittore italiano nato il 31 luglio 1919 a Torino, autore dell'opera Se questo è un uomo. Nato a Torino da una famiglia di origine ebraica, Primo Levi si iscrive nel 1937 alla facoltà di Chimica in cui si laurea quattro anni più tardi. Nel 1942 si trasferisce a Milano e lavora in un'azienda farmaceutica ma l'anno successivo viene catturato dai fascisti per poi essere deportato ad Auschwitz, dove rimane fino alla sua liberazione avvenuta il 27 gennaio 1945.
PRIMO LEVI: SE QUESTO È UN UOMO → Nel 1946 Primo Levi pubblica la sua prima opera: Se questo è un uomo. Nel libro l'autore ripercorre la sua storia dalla cattura per mano dei fascisti il 13 dicembre 1943 fino alla liberazione del 27 gennaio 1945. In Se questo è un uomo, Primo Levi ha lasciato una testimonianza della sua deportazione. L'autore, nella prefazione del libro, chiarisce che l'opera è stata scritta al fine di ricercare una liberazione interiore e di raccontare la sua terribile esperienza.
PRIMO LEVI: MORTE → Primo Levi ci ha lasciato l'11 aprile del 1987: quel giorno fu trovato morto alla base della tromba delle scale della sua casa a Torino. Non è mai stato chiarito se la caduta dalle scale sia accidentale o se lo scrittore si sia suicidato.
PRIMO LEVI: FRASI → Nel giorno in cui si celebrano i 100 anni dalla sua nascita, vogliamo ricordare Primo Levi con alcune delle sue frasi più significative tratte dalle sue opere:
La persuasione che la vita ha uno scopo è radicata in ogni fibra di uomo, è una proprietà della sostanza umana. (Tratta da Se questo è un uomo)
Guai a sognare: il momento di coscienza che accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta. Ma non ci capita sovente, e non sono lunghi sogni: noi non siamo che bestie stanche. (Tratta da Se questo è un uomo)
In ogni gruppo umano esiste una vittima predestinata: uno che porta pena, che tutti deridono, su cui nascono dicerie insulse e malevole, su cui, con misteriosa concordia, tutti scaricano i loro mali umori e il loro desiderio di nuocere. (Tratta da La tregua)
Il termine «libertà» ha notoriamente molti sensi, ma forse il tipo di libertà più accessibile, più goduto soggettivamente, e più utile al consorzio umano, coincide con l'essere competenti nel proprio lavoro, e quindi nel provare piacere a svolgerlo. (Tratta da La chiave a stella)
Non esistono problemi che non possano essere risolti intorno a un tavolo, purché ci sia volontà buona e fiducia reciproca: o anche paura reciproca. (Tratta da I sommersi e i salvati)
lunedì 29 luglio 2019
LA DISTRUZIONE DI SUR BAHER
Da una settimana nel territorio palestinese di Sur Baher,un quartiere di Gerusalemme Est,Israele sta sgomberando e distruggendo un intero sobborgo tra l'indifferenza ed il silenzio generale,con gli abitanti che vengono presi ed arrestati se non lasciano le proprie case.
In barba a tutti i diritti internazionali ecco l'articolo di un portavoce di Amnesty(il fatto quotidiano israele-le-politiche-illegali-contro-i-palestineso )che parla di questa devastazione in un territorio che non appartiene agli israeliani ma che è al confine,per motivi di sicurezza in quanto le abitazioni sarebbero troppo vicine alla barriera di separazione.
L'ennesimo affronto,la continua prova muscolare contro i palestinesi che hanno avuto stavolta un'unione politica nelle proteste giustificate dai trattati internazionali ma che da decenni evidentemente non riguardano loro.
Israele, le politiche illegali contro i palestinesi: demolire e sgomberare.
All’alba del 22 luglio le forze israeliane hanno avviato la demolizione di decine di abitazioni a Sur Baher, un sobborgo di Gerusalemme Est, nei Territori palestinesi occupati.
Nessuna novità, purtroppo, se non l’accelerazione della politica israeliana di sgomberare sistematicamente con la forza i palestinesi nei Territori occupati.
Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), negli ultimi 10 anni Israele ha demolito oltre 1100 strutture abitative a Gerusalemme Est, allontanando oltre 2000 persone e procurando conseguenze sulla vita di oltre 6000 persone. Solo tra il 2 gennaio e il 17 luglio 2019 le strutture demolite sono state 126, le persone allontanate 203 e quelle che hanno subito conseguenze 1036.
Anche nel caso di Sur Baher, Israele ha tentato di giustificare le demolizioni con motivi di sicurezza, sostenendo che le abitazioni erano troppo vicine alla barriera di separazione e che gli accordi di Oslo conferiscono a Israele il diritto di reagire alle minacce alla sua sicurezza. Secondo il diritto internazionale, è invece la parte della barriera che entra nei Territori occupati che dovrebbe essere demolita.
La realtà è che da decenni le autorità israeliane adottano misure arbitrarie e sproporzionate in nome della sicurezza per espandere il loro controllo sulle terre palestinesi ed espellere gli abitanti da quelle aree che considerano di interesse strategico. In questo modo hanno sfollato con la forza intere comunità e distrutto illegalmente decine di migliaia di alloggi.
Varrebbe la pena sottolineare che il trasferimento forzato di civili residenti in territori occupati viola la Quarta Convenzione di Ginevra e, ai sensi dello Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale, costituisce un crimine di guerra.
sabato 27 luglio 2019
MANDATO A MORIRE
Era già partita la caccia alle streghe per l'assassinio del carabiniere Mario Cerciello Rega,colpito da numerose coltellate da un ragazzo statunitense che assieme ad un suo amico lo hanno attaccato assieme al collega e lasciato morto per strada nel quartiere Prati.
In principio le notizie parlavano di due ricercati di origine nordafricana e subito il ministro dell'inferno si era sovraeccitato lanciando la sua solita campagna propagandistica sui migranti e sul pericolo degli islamici.
Purtroppo per lui nulla di tutto questo,i presunti colpevoli risultano due giovanissimi studenti americani in vacanza a Roma ed il tutto è nato per questioni di droga e per il furto da parte dei due fermati di un borsello di un pusher che ha poi contattato le forze dell'ordine per uno scambio dietro il corrispettivo di 100 Euro per riaverlo.
A questo punto uno ha premeditatamente accoltellato colui che credeva il pusher mentre l'altro bloccava il collega di Cerciello Rega(entrambi ovviamente in borghese)e poi si sono dati alla fuga ma le indagini hanno portato al riconoscimento ed al fermo dei due americani che erano pronti a tornare negli Usa.
Un omicidio che doveva e poteva essere evitato,un ragazzo mandato a morire,l'ennesima vittima sul posto di lavoro,un altra persona che si sveglia al mattino e che non fa ritorno a casa,e ha colpito molto la sua storia personale,appena sposato e comunque una brava persona.
Ci saranno molte indagini e chiacchiere,speculazioni e propagande politiche,ed il fatto che in un'operazione comunque delicata un carabiniere non abbia potuto difendersi in maniera adeguata,anche con un giubbetto antiproiettile o qualcosa comunque di preventivo.
Sicuro è che il capo del Viminale,Salvini,pronto a definire bastardi(quando si pensava fossero i"soliti"migranti)gli assassini,dopo aver saputo che erano stati stranieri ma di quelli"ok",ha tentennato e aspettato prima di rilasciare altre dichiarazioni.
E' direttamente responsabile di questa morte assurda e ripeto evitabile,che si aggiunge alla lunghissima lista di tutte le morti sul lavoro che attanagliano tragicamente il nostro paese:l'articolo parla prevalentemente della becera propaganda del ministro dell'inferno e della destra tutta(compreso il Pd)che avevano già cominciato a godere di questa morte,un altro martire da potere servire su di un piatto d'argento per i loro sporchi intenti(contropiano lomicidio-di-un-carabiniere-lo-sporco-lavoro-della-bestia ).
L’omicidio di un carabiniere, lo sporco lavoro della “Bestia”.
di Redazione Contropiano
E mo’, come la mettiamo? Sembrava l’omicidio perfetto per cancellare tutti le magagne del governo e ridurre i problemi del paese a una questione di “sicurezza”, da risolvere magari con un terzo “decreto” che autorizzi le fucilazioni immediate in base al colore della pelle…
Cosa c’era di meglio per rilanciare tutta la retorica da cretini che è la vera cifra di un governo cerebroleso?
Il format perfetto della propaganda fascioleghista: due scippatori nordafricani ammazzano un carabiniere a coltellate.
Un delitto di merda, per 100 euro di “riscatto” contrattato per telefono con una signora scippata della borsetta.
E invece – non c’è più religione, signora mia… – i due fermati sono due cittadini statunitensi. Bianchi di pelle, per di più, inizialmente indicati come facoltosi studenti della John Cabot University (il Rettore ha poi smentito la circostanza), che alloggiavano in un albergo a pochi metri dal teatro del delitto…
Si potrebbe quasi impostare una narrazione in base a un format uguale e contrario (“giovani americani ricchi e annoiati si divertono a fare gli assassini in una colonia dell’imperialismo“), ma sarebbe da idioti.
Per somma disgrazia, “due nordafricani”, nella vicenda, effettivamente ci sono: sono i testimoni del delitto che hanno fornito indicazioni decisive per individuare gli assassini. Due “cittadini modello”, insomma, che hanno permesso il rapido sviluppo delle indagini…
Insieme, bisogna ricordare, all’altro carabiniere rimasto ferito. Il che fra l’altro significa: le forze dell’ordine, e dunque il ministro dell’interno e dunque anche il suo staff di contafrottole, sapevano dal primo minuto che gli assassini NON erano “nordafricani.
Una vera catastrofe comunicativa, per gli imbecilli de “la Bestia” al servizio del “capitano”, che avevano già telecomandato i tg Rai e Mediaset, e ovviamente mobilitato i social, sulla solita canzone del “pericolo islamico alle porte”, “non c’è più sicurezza da nessuna parte”, “’sta gente strana che staziona per le strade e ci mette spavento”, ecc.
Eppure, nella “comunicazione politica” al servizio del tizio che promette “lavori forzati” – pur ricoprendo un ruolo da ministro che dovrebbe sapere come nel codice penale non esista un simile istituto per nessun reato – si parla per ore di “nordafricani”, come se la nazionalità o l’origine etnica fossero una “spiegazione”…
Un ceto politico-comunicativo fatto da idioti, infami, bastardi dentro, mentecatti da quattro soldi ma strapagati con i nostri soldi, che ciancia di “bastardi” in base alla nazionalità (presunta) dei responsabili di fatti criminosi, e che non fa mai ammenda delle stronzate che diffonde.
Ma che – grazie al ruolo conferitogli dalla posizione di potere – determina l’agenda politica, le titolazioni dei media, il dissennato “senso comune” di una popolazione in balia di quattro mentitori di professione.
Questa gente, prima la mandiamo a zappare la terra, meglio sarà per tutti. Soprattutto per quelli che credono alle loro stronzate…
P.s. L’arrivo di un ministro che ha voluto dare poteri assoluti alle guardie di tutti i tipi sembra abbia stravolto anche quel poco di “obbiettività” che è logico attendersi dalle “forze dell’ordine”. Qui una ricostruzione da Wired
venerdì 26 luglio 2019
BORIS JOHNSON,IL TRUMP MADE IN UK
Il ribaltone tutto interno al partito conservatore inglese ha voluto l'ex sindaco di Londra ed ex Ministro degli esteri Boris Johnson primeggiare nel ballottaggio con l'avversario Jeremy Hunt,ed ha subito ottenuto l'incarico dalla regina per essere il nuovo premier britannico dopo "l'abdicazione"di Theresa May.
Uno senza peli sulla lingua,arrogante e volgare,spavaldo e fondamentalmente ignorante,Johnson è il Trump d'Albione,un Salvini o altra gente come quella,maleducata e razzista,populista ma popolare finché l'elettorato continuerà a vivere sulle piante.
L'articolo di Left(con boris-johnson-ora-anche-il-regno-unito-ha-il-suo-trump )parla di questo doppio passo ottenuto grazie al voto degli iscritti dei tories,praticamente alla maniera pentastellata dove un politico praticamente è diventato premier per una manciata di voti insignificanti su scala nazionale,e dei suoi primi obiettivi che saranno la Brexit,la sconfitta dei laburisti e l'unione del paese.
Con Boris Johnson ora anche il Regno Unito ha il suo Trump.
di Sabrina Certomà
Un trionfo annunciato quello di Boris Johnson, nuovo leader dei Tory e da oggi premier britannico, a cui ha contribuito anche il suo stile comunicativo poco ortodosso che ne ha fatto una “figura eccessiva” a detta di molti, grazie alle gaffe, alle battute pesanti e al disprezzo totale per il politicamente corretto. Il neoeletto numero uno dei Tory ha ricevuto questo pomeriggio l’incarico di premier britannico dalla regina, e preso possesso della residenza al numero 10 di Downing Street. Ora si attendono le nomine del futuro team che affiancherà il primo ministro, dopo il passaggio di consegne da Theresa May, premier uscente, che oggi ha affrontato l’ultimo Question time ai Comuni e ha rassegnato le dimissioni nelle mani della regina a Buckingham Palace.
«Attuare la Brexit, unire il Paese, sconfiggere Jeremy Corbyn». Sono questi gli obiettivi indicati da Johnson nel discorso della vittoria dopo la sua elezione al ballottaggio con Jeremy Hunt. Johnson ha ribadito di voler portare a termine l’uscita del Regno Unito dall’Ue entro «il 31 ottobre», ha parlato della necessità di «ridare energia» al Paese e al partito, di essere positivi, e ha assicurato di non aver paura «della sfida». Ha poi invitato «in questo momento cruciale nella storia» del Paese e del partito, a «riconciliare» due aspetti che finora sono apparsi inconciliabili: «L’amicizia con gli alleati europei» e «il contemporaneo desiderio di un governo democratico autonomo in questo Paese».
Johnson – 55 anni, paladino della Brexit, ex ministro degli Esteri e già sindaco di Londra – ha stravinto la sfida col suo successore al Foreign office, il 52enne Jeremy Hunt, ministro degli Esteri ottenendo 92.153 voti (il 66%) contro i 46.656 di Hunt, nel ballottaggio affidato ai 160mila iscritti del Partito conservatore britannico. L’affluenza è stata dell’87,4%, mentre le schede respinte sono state 509. Secondo il sistema britannico, non è previsto un voto di fiducia, salvo che a chiederlo sia il leader dell’opposizione, in questo momento il laburista Jeremy Corbyn. Scenario rinviato presumibilmente a dopo la pausa estiva del Parlamento, visto che Westminster chiuderà i battenti giovedì 25 luglio per riaprirli il 3 settembre.
La Bbc ha annunciato subito la scelta di Dominic Cummings, ideatore della campagna Vote leave al tempo del referendum sulla Brexit nel 2016, fra coloro che saranno i principali consiglieri del neo premier. Una scelta gradita agli euroscettici, ma criticata dal fronte opposto. Al contrario, Philip Hammond si è dimesso dall’incarico di Cancelliere dello Scacchiere (equivalente al nostro ministro dell’Economia, ndr): «Ho appena consegnato la mie dimissioni a Theresa May», ha scritto Hammond su Twitter. «È stato un privilegio servirla come Cancelliere dello Scacchiere per gli ultimi tre anni», prosegue il tweet. Theresa May, si è subito congratulata col suo successore: «Molte congratulazioni a Boris Johnson eletto leader dei Conservatori, ora abbiamo la necessità di lavorare insieme per arrivare a una Brexit che funzioni per tutto il Paese e per tenere Jeremy Corbyn fuori dal governo. Avrai il mio pieno sostegno dalle retrovie».
Il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn, ha reagito chiedendo elezioni generali, in modo che siano gli elettori stessi e non solo gli iscritti al Partito conservatore a scegliere il premier: «Boris Johnson ha vinto il sostegno di meno di 100mila membri non rappresentativi del Partito conservatore promettendo tagli alle tasse per i più ricchi, presentandosi come l’amico dei banchieri e spingendo per una Brexit senza accordo dannosa. Ma non ha ottenuto il sostegno del nostro Paese. La gente del nostro Paese dovrebbe decidere chi diventa il premier in una elezione generale», ha sottolineato.
Tra i primi a complimentarsi, anche il presidente americano Donald Trump: «Congratulazioni a Boris Johnson per essere divenuto il nuovo premier del Regno Unito. Sarà fantastico!». Già durante la campagna elettorale Trump aveva, infatti, annunciato pubblicamente il suo favore verso l’ex sindaco di Londra. Johnson è già stato etichettato come il nuovo “Trump britannico” dal Presidente stesso, un modo particolare per segnalare come la storica special relationship Usa-Uk stia per diventare “speciale” in modi completamente nuovi, almeno nel breve periodo. Invero, anche con Theresa May il tycoon statunitense era partito bene – ricordiamo le foto in cui camminavamo mano nella mano nei corridoi della Casa bianca -, ma i rapporti erano peggiorati a seguito dei rimproveri di lei sugli interventi statunitensi non richiesti negli affari britannici. Comunque, rimane quasi una certezza il primo viaggio ufficiale di Johnson a Washington, per sancire la nuova “armonia transatlantica“, tra una moina e l’altra. La vera domanda è se queste premesse si trasformeranno in una concreta convergenza di politiche o meno.
Un’altra delle prime preoccupazioni di Johnson, comunque, dovrebbe essere calmare i rapporti con Tehran. Recentemente, il Regno Unito ha sequestrato una petroliera iraniana nei pressi di Gibilterra, sospettando che stesse trasportando petrolio verso la Siria, e l’Iran ha risposto sequestrando a sua volta una petroliera britannica nello stretto di Hormuz. La faccenda si complica, poiché una risoluzione bilaterale Uk-Iran potrebbe scontentare gli Usa. Difatti, il Regno Unito, insieme ad altri alleati americani in Europa, era stato reclutato più volte da Washington per unirsi alla campagna di “massima pressione” sull’Iran, che in parte era scemata con l’accordo sul nucleare del 2015. La crisi nel Golfo potrebbe comunque rappresentare una buona opportunità per il neo primo ministro e anche Trump è ansioso di impedire lo scoppio di un vero e proprio conflitto. «Il Presidente Trump sembrerebbe più interessato ad una vittoria che a una guerra, e potrebbe voler aiutare Johnson», ha detto Peter Westmacott, l’ex ambasciatore britannico a Washington. «Magari potrebbe esserci un nuovo approccio collaborativo nei confronti dell’Iran, (…) potrebbe valerne la pena».
Da ultimo, anche l’Ue incassa la notizia, apparentemente in modo propositivo. «Non vediamo l’ora di lavorare con Boris Johnson in modo costruttivo, quando assumerà il suo incarico, per facilitare la ratifica dell’accordo di ritiro e arrivare a una Brexit ordinata. – ha detto il capo-negoziatore Ue per la Brexit, Michel Barnier – Siamo pronti anche a rielaborare la dichiarazione concordata su una nuova partnership» tra Ue e Regno Unito, ha aggiunto, ma «all’interno delle linee guida fissate dal Consiglio Ue». La presidente eletta della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è congratulata così: «Aspetto con ansia di lavorare con lui, abbiamo tempi difficili di fronte a noi, dobbiamo costruire una relazione di lavoro forte», Von der Leyen ha anche ringraziato Theresa May per «l’ottimo lavoro fatto insieme in un contesto difficile, dimostrando molto coraggio e dignità, ha voluto servire al meglio gli interessi britannici».
mercoledì 24 luglio 2019
CONTE INDICA LA VIA PER IL TAV
Il premier Conte nel giorno dell'audizione in merito ai fondi illeciti russi alla Lega,così per fare passare sotto traccia questo evento apre nettamente alla Tav con la classica affermazione che ha accomunato Pd,Lega e partiti minori di destra che il progetto ora è più costoso fermarlo che completarlo.
Un parere personale ha detto in base a come si è svegliato stamattina visti gli studi che hanno assicurato il contrario,ma in questa epoca storica(si parla di settimane e non di anni)conviene così ottenendo il plauso di quasi tutti a parte dei grillini che ancora si aggrappano alla lotta No Tav.
Ma non credo vi sia una strenua resistenza a ciò che purtroppo s'avrà da fare,e questo segnerà la parola fine del Movimento nato proprio con questa lotta e che con questa battaglia persa si scioglierà al sole,che poi l'elettorato si schieri da altre parti anche buone è possibile,ma quello spiegato sotto nei due articoli(Infoaut tav-un-funerale-a-5-stelle e contropiano si-tav-dice-conte-no-tav-risponde-di-maio )ormai è sempre più vero e vicino.
TAV: un funerale a 5 stelle.
L'opposizione al TAV del Movimento 5 Stelle si conclude con una ridicola scenetta, una di memoria grottesca, da prima repubblica.
Un balletto in cui il premier Conte fa la parte, a seconda dei punti di vista, del cattivo e Giggino si presenta come quello buono, ma è proprio evidente la presa in giro e nessuno gli dà più credito. Il copione adesso dovrebbe procedere con un voto in parlamento dal risultato scontato che servirebbe a lavarsi la coscienza di fronte agli attivisti, ma il movimento NO TAVil movimento NO TAV ha gia detto chiaramente che non si farà prendere per scemo con questa farsa. Il M5S si è suicidato molte volte da quando è al governo, ma questa volta è quella della pietra tombale. I profili facebook dei parlamentari grillini, il blog delle stelle esplodono della rabbia dei molti che avevano creduto che almeno un sussulto di dignità, un momento di alterità, di coerenza con i principi fondativi, sulla “madre di tutte le battaglie” ci sarebbe stato. A poco serve ricostruire la mutazione genetica che ha portato alla completa istituzionalizzazione i 5 stelle e ancora meno serve bearsi degli psicodrammi che si consumano e si consumeranno in chi finora aveva creduto che “almeno su questo”...
Una cosa è evidente a chiunque dopo questa resa, la compagine grillina in parlamento nonostante abbia la maggioranza relativa, non conta niente. Il 5 stelle non esiste più perché ormai il compito che assolve è quello del surrogato di bassa qualità dell'alleato leghista. Con questa conversione al SI ogni (immaginario) asse di contrapposizione ai poteri forti della “crescita” svanisce nella narrazione dei pentastellati e non si capisce dove sia a questo punto il confine che divide i grillini dagli altri. Di Maio forse pensa che la gente dimenticherà presto, che col passare del tempo questa battaglia territoriale passerà in secondo piano, ma non comprende e non comprenderà mai quanto la lotta NO TAV incarni da trent'anni un fronte, sì territoriale in senso geografico, ma generale nel senso dei contenuti che porta, di resistenza all'arroganza del potere e della devastazione ambientale. Il TAV non è semplicemente un treno, non è un fatto tecnico, ma di visione politica e scegliere dall'inizio di “tecnicizzare”, burocratizzare la questione è stato un grande errore. Non perchè i numeri non siano dalla nostra parte, ma piuttosto perchè se si estrae il NO TAV dalla sua opposizione al modello di sviluppo vigente, dalla sua critica radicale ai rapporti economici esistenti si perde tutta la sua potenza. Che i ministri grillini questo non l'avessero capito, o non volessero capirlo era chiaro. Non basta semplicemente aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, l'unica azione conseguente al NO TAV e alle lotte contro le grandi opere e la devastazione ambientale è opporsi senza tregua al partito del PIL.
Dal nostro lato abbiamo assistito a molti funerali politici di forze istituzionali incoerenti che arrivate nella stanza dei bottoni hanno voltato le spalle al movimento NO TAV. Se questa è la progressiva fine della compagine pentastellata non lo è sicuramente dei movimenti che si oppongono alle grandi opere. Un altro compito ci attende nella fase che si delinea con un quadro istituzionale che vorrebbe disegnarsi funzionalmente come sovranisti contro europeisti, razzisti contro profughisti, ma che in realtà è portatore dello stesso sfruttamento, dello stesso impoverimento, della stessa devastazione e privatizzazione. Continuare a camminare con i NO TAV e con le altre lotte ambientali vuol dire oggi una battaglia ancora più dura e più profonda, ma ancora più generale nel contesto del cambiamento climatico. Vuol dire essere resistenza ancora una volta, resistenza al dilagare leghista nel punto in cui fa più male all'avversario: i territori, l'economia, la distribuzione delle risorse. Se una piccola valle in Piemonte per trent'anni con esercizio di coerenza è stata in grado far tremare industriali e governi un motivo ci sarà. Da questa ricchezza bisogna partire per costruire l'unica opposizione credibile in questo paese, senza scorciatoie istituzionali, senza ideologismi sterili, ma con la forza dei popoli in rivolta.
Abbiamo di fronte a noi nei prossimi giorni date importanti per segnare la differenza tra una ginnastica d'obbedienza e una pratica di coerenza, in alto i cuori, la lotta non si ferma.
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“Si Tav” dice Conte, “No Tav” risponde Di Maio. Il governo è bipolare.
di S.C.
Lo scenario politico e le posizioni nel governo si sono andati polarizzando intorno alla scelta sul Tav Torino-Lione contestato da anni da un fortissimo movimento popolare in Val di Susa e non solo.
Questa volta la dissonanza non è tra il premier Conte e il vicepremier Salvini, ma tra il primo e l’altro vicepremier Di Maio.
“I fondi europei sono assicurati solo per la realizzazione del Tav e non potremmo farne un uso alternativo. Alla luce di questi nuovi finanziamenti comunitari non realizzare il Tav costerebbe molto più che completarlo e dico questo pensando all’interesse nazionale che è la stella polare che guida il governo. Questa è la posizione del governo, ferma restando la piena autonomia del Parlamento” ha affermato oggi il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
“La TAV si farà, come giusto e come sempre chiesto dalla Lega. Peccato per il tempo perso, adesso di corsa a sbloccare tutti gli altri cantieri fermi!” si è affrettato a chiosare l’altro vicepremier Matteo Salvini.
Di tenore ben diverso la replica di Di Maio “No alla Tav Torino-Lione” scrive il vicepremier e leader del Movimento Cinque Stelle sul suo profilo Facebook. “Questo è un no forte, convinto, deciso. Uno di quei NO che fanno bene – si legge nel post – Sappiamo di stare dalla parte giusta della storia. Qui lo sviluppo non c’entra un bel nulla, qui gli interessi sono altri”. “Ho ascoltato attentamente le parole del Presidente Conte, che rispetto – prosegue Di Maio nel post – Il Presidente è stato chiaro, ora è il Parlamento a doversi esprimere. Sarà il Parlamento, nella sua centralità e sovranità, che dovrà decidere se un progetto vecchio di circa 30 anni e che sarà pronto tra altri 15, risalente praticamente alla caduta del muro di Berlino, debba essere la priorità di questo Paese”.
Ma sulla vicenda prendono parola anche altri protagonisti fondamentali come il Movimento No Tav. “Il premier Conte dimostra di non conoscere la determinazione del movimento No Tav”. E’ la conclusione di un messaggio che sta circolando in rete in queste ore.
Nel testo si legge fra l’altro che il presidente del Consiglio “sa che la Torino-Lyon non serve a nulla”, “sa che si creerà un problema di ordine pubblico”, “ha ben chiaro” che “perderà tanti voti e rispetto politico”, ma “non conosce la determinazione del movimento No Tav”.
E a conferma che con questa opposizione popolare al Tav tutti dovranno fare i conti, il Movimento No Tav sottolinea che “Dimostreremo fin da subito la nostra vitalità, con il festival Alta Felicità che prenderà il via giovedì portando migliaia di Notav nella nostra Valle, e che porteremo tutti insieme a vedere il cantiere sabato pomeriggio! Fermarlo è possibile, fermarlo tocca a noi!”.
lunedì 22 luglio 2019
MILITARIZZATI PER LA TAV
Quando si dice che le notizie di cronaca latitano,periodo caldo,le prime partenze per le ferie,i litigi dei governanti,carenza di migranti e di navi e barche,ecco che l'evergreen No Tav salta fuori per un piccolo falò e per presunti accostamenti ai roghi che hanno colpito alcune centraline lungo la tratta Firenze-Roma.
Nell'articolo(contropiano i-tweet-uguali-de-i-due-matteo-manganellatori )ecco i redivivi Renzi e Salvini che parlano ovviamente a casaccio del Tav nell'interesse comune di doverlo portare a termine accomunati dalla stessa voglia poliziesca di colpire e punire.
In una zona altamente militarizzata per nulla,per i motivi che il comunicato qui sotto sta a dire,nei giorni dell'anniversario della morte di Carlo Giuliani il ministro degli inferni tira fuori i muscoli flaccidi e sbava e strilla i suoi proclami invece di presenziare dove dovrebbe.
I tweet uguali de “I Due Matteo” manganellatori.
di G. C. - Movimento No Tav
Ecco qui due tweet sfacciatamente uguali dei due Matteo, contro i NO TAV e di incitamento alle violenze della polizia.
Renzi e Salvini sono due reazionari UGUALI che possono scambiarsi la Lega con il PD così come sono arrivati al 40 e poi si sono sgonfiati o si sgonfieranno.
Renzi e Salvini non sono alternativi, sono IN CONCORRENZA per chi fa peggio la stessa pessima politica.
Renzi e Salvini sono anche senza vergogna, perché diffondono le loro infamie proprio nell’anniversario della macelleria Diaz, delle torture di Bolzaneto, delle cariche brutali e dell’assassinio di Carlo Giuliani a Genova.
VERGOGNA per RENZISALVINI, senza se e senza ma.
E il comunicato del Mvimento NoTav…
Sono della stessa pasta, appartengono alla stessa cricca, quella degli amici del partito del tondino e del cemento foriero di voti e sostegno politico nelle loro scalate ai vertici del potere. Questi due tweet ravvicinati ci restituiscono la sintesi degli ultimi decenni in salsa Si Tav, slogan e dichiarazioni di appartenenza alla classe dei potenti e ai loro interessi.
Da due giorni i media mainstream rimbalzano notizie di denunce e provvedimenti, politicanti in cerca di visibilità ed in perenne campagna elettorale auspicano arresti e punizioni esemplari per tutelare e premiare la polizia, la stessa che 18 anni fa uccise Carlo Giuliani e colorò di sangue Genova attraversata da una generazione ricca di speranze e promesse per il futuro.
Nulla cambia insomma. Ne abbiamo visti tanti in questi anni, premier, ministri, presidenti, segretari di partito, politici in cerca di notorietà, passare senza lasciare un segno particolare e percorrere sempre il solito solco, quello determinato da chi vede nelle grandi opere un bancomat inesauribile di denaro, alla faccia dei territori distrutti per sempre e dello spreco di risorse sottratte a scuola, sanità, ricerca, welfare.
Non sempre la verità sta in mezzo, in questo caso infatti sta tra chi questa terra la vive tutti i giorni, con le proprie famiglie e le proprie speranze condivise coi tanti No Tav di tutto il paese, tra chi ha resistito a uno degli attacchi più forti che lo stato italiano ha rivolto ad una popolazione sul suo territorio negli ultimi decenni.
In barba a tutte le mistificazioni e ai tentativi di indebolirci…siamo ancora qui, con un movimento intergenerazionale che in questi giorni ha accolto centinaia di studenti orgogliosi di sventolare la nostra bandiera e che il 25 luglio inaugurerà il Festival ad Alta Felicità dove saranno decine di migliaia le persone ad arrivare, dal nord al sud Italia.
In questi giorni in cui questura e scribacchini provano a giocare un ruolo da protagonista in una storia che li vede solo come delle anonime comparse, noi abbiamo continuato a camminare schiena dritta e testa alta per quei sentieri amici della lotta, in un territorio militarizzato con un sito strategico nazionale dove le ordinanze prefettizie allargano ogni volta “la zona rossa”, come se questo bastasse a far desistere qualcuno. E’ tutta carta straccia, lo sono le ordinanze, le denunce, i fogli di via, le misure di prevenzione perché noi, e questa verità è incisa su ogni pietra della valsusa, non molleremo mai.
Salvini afferma che bisogna accelerare i lavori, ma la verità è che dal febbraio 2017, ossia da quando è stato concluso il tunnel esplorativo, lo scopo del cantiere della Maddalena si è esaurito con il termine dello scavo. La sua funzione successiva, quella del tunnel di base, non è stata mai avviata. Quando parliamo di un cantiere vuoto intendiamo proprio questo, un buco mangiasoldi ed atto ostile nei confronti della valle dove gli unici a guadagnarci qualcosa sono i poliziotti che vi giocano a carte al suo interno e quelle piccole ditte impegnate nelle opere di mantenimento, affinché la natura non lo mangi e gli impianti di illuminazione e sicurezza continuino a funzionare.
Oggi Questura e Prefettura vegliano un’area militarizzata di fatto vuota ed inutile, come l’opera che vorrebbero imporre con la forza.
Qui sta la verità, non nelle stucchevoli dichiarazioni del Matteo del caso (Salvini o Renzi dicono da sempre le stesse cose) o nella propaganda Si Tav che viene venduta dai giornali e dalle televisioni a periodi alterni.
Dobbiamo anche sentire queste balle sugli incendi provocati dai No Tav (?!?!) in un territorio che solo l’estate scorsa è stato messo in ginocchio da uno dei più grandi incendi nell’arco alpino della storia, ignorato dai media, dovuto alla mancanza di messa in sicurezza del territorio come corollario inevitabile di una scelta scellerata nell’uso delle risorse pubbliche, che ha le sue priorità in faraoniche opere inutili invece che nella preservazione della risorsa più importante che abbiamo, l’habitat in cui viviamo e i suoi abitanti.
Ad ogni attacco che riceviamo rafforziamo unicamente la consapevolezza di essere dalla parte della ragione e rinnoviamo la nostra determinazione a cacciare tutti questi opportunisti dalla nostra valle.
C’eravamo, ci siamo e ci saremo sempre!
Avanti No Tav!
sabato 13 luglio 2019
IL LAVORO DEVE ESSERE PAGATO!
Ci risiamo con la nenia del lavoro volontariato a fronte di ricavi milionari come accadde nel caso esempio dell'Expo2015(madn expolavoro-e-volontariato ),ora a fare polemica e creare sdegno è il tour del bamboccione sponsorizzato Pd Jovanotti,i cui eventi da 1,5 milioni di Euro di fatturato a data sono organizzati anche con la ricerca di personale volontario disposto a lavorare sedici ore per un panino,una bibita,un cappellino e una maglietta.
Come accadde già nel citato Expo di padron Farinetti,altro mafiosetto partorito dal Pd(madn la-mazurka-di-farinettidello sfruttamento e del fico fiorone )che fa dello sfruttamento delle persone una sua ricchezza praticamente a costo zero,Fico,altra sua creatura che ricerca altri lavoratori"aggratis"nelle cooperative per non parlare di Eataly che è tanto decantata,il classico fiore all'occhiello del belpaese ma in perdita abissale(ilgiornale eataly-chiude-rosso-perdita-17-milioni-nel-2018 ).
Insomma un quadro espresso nel contributo di Contropiano(voglio-il-tuo-sudore )di un continuo decadimento morale ed economico del lavoro,dove si è fortunati a svolgere del volontariato(effettivamente un percentuale irrisoria poi ha un lavoro vero nelle varie associazioni e coop soprattutto se tesserati Pd)in barba alla sacralità dell'occupazione.
L'articolo si sofferma pure sull'impatto ambientale di tale tour del"ragazzo fortunato",uno dei più grandi paraculi italiani,e dell'immorale presenza del WWF che sostiene tutto questo circo milionario anche per via del fatto di tutto quello scritto sopra...il lavoro dev'essere retribuito(ma alla fine i sindacati confederali se ne stanno muti anzi nell'Expo erano parte attiva di questo schifo).
Voglio il tuo sudore.
di Marta Fana *
Sedici ore di lavoro in cambio di un panino e un gadget. È quanto offrono gli organizzatori dell’evento balneare di Jovanotti. Un caso paradigmatico.
È una fotografia azzeccata, quella del volantino del Comune di Cerveteri Marina in cui si cercano volontari per la raccolta differenziata durante il tour dell’estate: il Jova Beach Party. È Jovanotti, travestito da Zio Sam, mentre chiede il nostro aiuto, almeno sedici ore di lavoro, in cambio di un panino, una bibita e un gadget. È l’immagine dell’industria culturale: quella che ogni sera fattura milioni di euro ma non paga i lavoratori, perché ormai chiamati volontari, ragazzi fortunati.
Giorno dopo giorno ci si abitua a non vedere, a non guardare in che modo si produce realmente ciò che abbiamo attorno: che si tratti di barattoli di pomodoro pelato o di mega installazioni su cui si esibiranno le star più o meno del momento. Una rimozione che può avere svariate giustificazioni, ma che prima o poi torna a chiedere il conto, a svegliarci di soprassalto.
Così per il prossimo concerto di Lorenzo Jovanotti vengono reclutati volontari per «presidiare i contenitori della raccolta differenziata dislocati sull’area dell’evento e informare le persone su come fare bene la raccolta differenziata». In cambio, niente poco di meno che «accesso all’evento; buono per panino + bibita; maglietta Beach Angels + cappellino; – e dulcis in fundo – assicurazione a copertura di danni personali e a terzi». Il Jova Beach Party aveva già fatto parlare di sé per i rischi presunti o reali causati all’ambiente, considerando che le date si terranno su spiagge o addirittura a Plan de Corones, in Alto Adige.
Gli organizzatori hanno cercato di replicare alle critiche sul danno ambientale dell’evento, rimane il nodo della pulizia dei luoghi che gli organizzatori assicurano. Mentre rete e giornali non hanno fatto attendere la propria posizione sulla questione ambientale – sacrosanta – ben poco, se non nulla, si è sentito per le condizioni di lavoro di centinaia di lavoratori non pagati perché definiti volontari usati proprio per garantire il rispetto dell’ambiente. Dalle 8 di mattina a fine concerto. E bisogna che ti consideri un ragazzo fortunato a fare 16 ore gratis perché ti hanno regalato un sogno, un panino e un gadget. Neppure i sali minerali per resistere in caso di calo di pressione sotto il sole cocente di un’estate dalle temperature record.
Verrebbe da fare ironia se non si trattasse di una situazione talmente seria da non poterci permettere alcun sarcasmo. Pare che in media il costo di produzione di ciascuna data si aggiri attorno al milione e mezzo di euro e facendo due calcoli, con una media di 50 mila spettatori al modico prezzo di 60 euro ciascuno, il fatturato di tre milioni. Profitto 1,5 milioni di euro a serata. Panino più bibita più maglietta e cappellino per chi invece lavora dalla mattina a notte inoltrata. Guarda mamma come ci si diverte a far lavorare la gente gratis, a non fare i contratti e guadagnare un casino di soldi.
Il caso del Jova Beach Party è altresì emblematico perché sostenuto dal Wwf allo scopo di sensibilizzare contro l’uso della plastica monouso, un testimonial che per una azione che sì dovrebbe essere prassi comune quotidiana di qualsiasi cittadino guadagna un milione e mezzo circa. Che in questo paese, ma non solo, i lavoratori subiscano da decenni attacchi spietati alle proprie condizioni di lavoro, ai salari, ai diritti sociali è cosa nota. Giorno dopo giorno, un pezzettino più o meno grande alla volta.
In questa quotidianità si affermano e consolidano pratiche di completo rovesciamento ideologico, di cui la più in voga pare essere quella del lavoro definito volontariato affinché acquisisca una natura benevola, dove quel che importa è la partecipazione, la condivisione di un interesse che non sia un rapporto tra chi comanda e chi esegue, ma la condivisione di un momento di utilità sociale, che fa apparire di cattivo gusto ogni pretesa del fondamento stesso del lavoro nel nostro sistema capitalistico l’interesse monetario – quello di ricevere una retribuzione per la fatica fatta.
Così sul lavoro gratuito, rinominato volontariato, oggi poggiano interi settori economici che fanno profitto, che hanno bisogno di lavoratori ma possono far leva sull’immaginario – del volontario sorridente o del disoccupato che si prende cura delle aiuole sotto casa – per risparmiare sui costi e quindi fare più profitti. O risparmiare di più come nel caso del volontariato fatto presso le amministrazioni pubbliche.
Tra questi settori, merita un posto d’eccezione, per la pervasività del fenomeno, quello della produzione culturale dove festival di ogni tipo, musei, concerti, mostre, fino ad arrivare ai grandi eventi internazionali stanno letteralmente in piedi grazie al lavoro gratuito di centinaia di volontari.
Il caso Expo Milano ha fatto scuola: 18 mila volontari furono ingaggiati gratuitamente – con l’accordo dei sindacati confederali – perché un salario vale meno del «costruire un network di relazioni vere basato su entusiasmo, energia, talento, intraprendenza, voglia di fare ed esperienze vissute, che potrà esserti utile anche nel tuo futuro», come si poteva leggere sui depliant di reclutamento. L’importante è pensare positivo.
Negli anni abbiamo visto migranti con la pettorina gialla pulire gli escrementi dei cavalli a capo delle carrozze di una processione locale. E li abbiamo ritrovati a pulire il Parco Ferrari di Modena, dopo il concerto di Vasco Rossi. Parliamo di eventi che generano milioni di fatturato, tra biglietti, sponsor e tutti i costi risparmiati grazie alla messa a disposizione di infrastrutture pubbliche a danno anche degli abitanti di quegli stessi luoghi, visto che la spiaggia libera che è stata scelta come location dell’evento verrà chiusa al pubblico: un bene comune sottratto per venti lunghi giorni.
Un apparato il cui incommensurabile valore collettivo è letteralmente messo a disposizione di imprese e profitti privati: sia quelli dell’organizzazione che quelli del luogo. Il turismo, petrolio d’Italia, ma anche eventi culturali, concerti, fiere, sagre. Ne approfittano tutti, tranne i lavoratori che se non lavorano gratuitamente, ricevono salari del tutto indecenti, come i lavoratori che hanno smontato l’imponente palco di Ultimo dopo il concerto allo stadio Olimpico di Roma. Quattro euro l’ora, molti di loro neppure con uno straccio di contratto per la giornata lavorata.
Gli organizzatori si giustificano: «non sono nostri lavoratori». Si tratta di una deresponsabilizzazione ricercata: lavoratori in nero, sottopagati e finti volontari sono cooptati e gestiti attraverso cooperative o agenzie, strutturate o di comodo. È il sempiterno gioco delle tre carte, tra appalti e subappalti, lo stesso che imperversa lungo il ciclo di produzione di ormai tutti i settori economici.
Fuori fuoco appaiono anche le contro-critiche secondo cui nessuno costringe queste persone ad accettare, anzi spesso lo fanno proprio con entusiasmo perché possono godersi un concerto a cui non avrebbero potuto partecipare. Per mancanza di soldi, molto probabilmente.
Un argomento che fa acqua da tutte le parti. Primo perché quelle attività sono necessarie al buon funzionamento dell’evento, parti indispensabili della produzione ed è surreale poter pensare di non essere disposti neppure a retribuirle dal momento che senza questo lavoro non ci sarebbe alcun concerto. Un ragionamento che va esteso a qualsiasi attività economica che non può definirsi tale senza la minima capacità di retribuire i propri fattori di produzione. Vale nell’industria culturale come in tutte le altre.
Tornando al punto delle contro-critiche, bisogna dire che per ogni volontario arruolato c’è un lavoratore disoccupato che rimane a casa, uno dei tanti, troppi a cui quotidianamente si vuol fare credere che la propria condizione è il risultato delle proprie scelte, scarse attitudini, responsabilità individuale. E non c’entra nulla l’avere a cuore il proprio territorio o la sagra tradizionale del proprio comune per cui fare i volontari è quasi un orgoglio, come lo è stato per decenni per i militanti dei partiti che gestivano le proprie feste – che nel momento in cui sono venuti meno i militanti hanno iniziato ad usare anche gli studenti in alternanza scuola-lavoro.
Non esiste “militanza” quando questa attività accresce i profitti di uno o di pochi, quando quel che produci non è anche tuo, non puoi dividerlo con la tua comunità.
Inoltre, qualcuno dovrà prima o poi chiedersi come mai un giovane non può permettersi di andare a un concerto e preferisce lavorare più di dodici ore sotto il sole, con uno sforzo fisico non indifferente – non sta mica su una poltrona massaggiatrice – pur di goderselo. Sarà che i prezzi sono troppo alti e allo stesso tempo i salari troppo bassi, addirittura nulli in molti troppi casi, come in questo.
Poiché come società forse non abbiamo ancora la forza di pretendere la cultura gratuita o accessibile per tutti, potremmo almeno avere la dignità di chiedere salari più alti, salari decenti. Il problema è tutto nostro perché dall’altro lato, quelli che propongono e sostengono tali pratiche, sanno bene che impiegare volontari ha anche l’effetto di dissuadere chi invece nel gruppo ha ancora un piccolo salario, un rimborso spese. Il ricatto è presto sul tavolo: o così o prendiamo un altro volontario.
Qui si apre una partita per nulla semplice che investe non soltanto questo settore e in cui non è possibile giocare da soli. Rivendicare i diritti di uno o di tutti rimane uno sport collettivo, che prende forma se e solo se ci si oppone a una deriva anche quando privatamente ci può fare comodo. La questione salariale ombelico del mondo!
* Marta Fana, PhD in Economics, si occupa di mercato del lavoro. Autrice di Non è lavoro è sfruttamento (Laterza). Pubblicato su Jacobin Italia.
venerdì 12 luglio 2019
FINANZIAMENTI ILLECITI RUSSIA-LEGA
La credibilità dei leghisti è pari a zero,ricordandoci sempre dei 49 milioni di Euro e non di Rubli ecco che lo scandalo portato alla luce da un sito statunitense sta entrando prepotentemente nei palinsesti tv dopo la scorpacciata degli sbarchi,e con Salvini che difende l'indifendibile.
Ci sono le registrazioni del leghista Savoini che è il tramite tra i razzisti lombardi e la Russia,ed i suoi tentativi andati si pensa a buon fine di finanziamenti illeciti(il reato è corruzione internazionale)con i quali si è fatta campagna elettorale antieuropeista(foraggiata anche la Le Pen in Francia ad esempio)passano come enormi balle dai capoccia di Roma,nuova capitale dell'impero del Nord.
L'articolo di Left(settimo-non-rublare )parla anche del ruolo dell'opposizione,che è quello principalmente di rompere le scatole,e che viene zittita dalla Presidente Casellati che non vuole che si parli di gossip in Parlamento,salvo esserci già un'indagine ufficiale in corso.
Settimo: non rublare.
di Giulio Cavalli
Forti le reazioni sul caso Lega-Russia: il ministro dell’interno aveva tentato di chiudere tutto come semplice blablabla e invece, ovviamente, la cosa ieri è montata e, ovviamente, l’opposizione ha fatto l’opposizione. Così accade che nel Parlamento (che sembra diventato il paese di Bengodi) qualcuno pretenda di avere risposte e spiegazioni un po’ più convincenti dei versetti da bulletto che ha grugnito Salvini e la presidente del Senato Casellati decide che no, che in Parlamento non si deve parlare (nonostante il nome Parlamento) di pettegolezzi giornalistici.
Poiché la realtà supera la fantasia, non passano molti minuti che i pettegolezzi giornalistici diventano un’indagine. E chissà come ci sarà rimasta male, la Casellati, di questi giudici che si mettono in testa di indagare sui pettegolezzi, eh?
Ma c’è un’altra cosa curiosa nell’affare Lega-Russi che andrebbe sottolineato: Gianluca Savoini (l’uomo registrato mentre tentava di convincere i russi a finanziare la Lega) aveva smentito quell’incontro che invece oggi è costretto a confermare. Non ci credete? È tutto qui. Quindi si potrebbe serenamente dire che siano bugiardi, almeno questo.
Poi c’è la reazione di Di Maio, potentissima e decisa come al solito: “meglio Putin che i petrolieri” ha detto il ministro. Perché lui funziona così, con un ragionamento singolo: se spunta merda basta trovarne una nel passato che puzzi di più, così sarà sempre colpa di quelli prima. E fa niente se intanto ci affoghiamo dentro. E così accade che i rivoluzionari da tastiera siano passati da “e allora il Pd?” a “e allora il Pci?”. Secondo me se qualcuno osserva questo Paese da fuori si scompiscia dal ridere.
Ultimo ma non ultimo il buon Giorgetti che ci vuole convincere che quel Savoini sia solo un millantatore. E sarà per questo che il ministro dell’interno se lo porta nelle riunioni di Stato. Eh già.
Buon venerdì.
giovedì 11 luglio 2019
MORTE BIS ALL'EX ILVA
Ieri nonostante l'allerta meteo che aveva evidenziato elevate criticità nelle zone del centro sud soprattutto nella parte orientale c'è chi ha perso la vita costretto al lavoro malgrado un allarme arancione diramato due giorni prima.
E' ancora disperso in mare un operaio dell'ex Ilva di Taranto dopo che sette anni prima si era verificato lo stesso incidente mortale dovuto al crollo di una gru posta sul mare durante una tempesta proprio come avvenuto ieri.
L'articolo di Contropiano(omicidio-fotocopia-allex-ilva )parla di una continuità di tragedie anche se i proprietari siano cambiati e ci si auspica una nazionalizzazione dell'intero impianto che divide da decenni la città pugliese,conscia pure del fatto rilevante dell'inquinamento che lo stabilimento produce(vedi:madn salute-o-lavoro ).
Omicidio fotocopia all’ex Ilva. Fermare tutto e nazionalizzare.
di Giorgio Cremaschi (Potere al Popolo)
Ho incontrato più volte Amedeo Zaccaria a Taranto. Suo figlio Francesco, di 29 anni, nel 2012 era su una gru nel porto dell’Ilva. Venne una tempesta, la gru fu travolta e Francesco cadde e morì in mare. Fu inizialmente dato per disperso e ci vollero giorni per ritrovarne il corpo. Da allora Amedeo lotta come un leone per avere giustizia per suo figlio, ucciso da incuria e mancanza di sicurezza in uno stabilimento dove la vita delle persone da sempre viene dopo la necessità di produrre.
Immaginiamo come possa essersi sentito oggi Amedeo, quando ha appreso che lo stesso incidente criminale che gli ha strappato il figlio, sette anni dopo si è riprodotto uccidendo un altro operaio. Anch’egli dato per disperso in mare per una gru che crolla sotto la tempesta.
Cambiano le gestioni, i Riva, i commissari, ArcelorMittal, ma le gru sono sempre esposte alle peggiori intemperie e gli operai vi salgono nonostante le tempeste. Adesso comprendiamo perché Renzi nel 2015 concesse l’immunità penale a chi gestiva l’Ilva e perché ancora oggi Arcelor Mittal rivendichi quell’infame privilegio. Perché l’Ilva NON può funzionare senza commettere crimini contro la salute e la vita delle persone, di quelle che ci lavorano e di chi ci abita intorno. Proprio ieri la procura di Taranto ha fermato l’Altoforno2, perché la direzione aziendale non ha ancora rispettato le prescrizioni di sicurezza che la stessa magistratura aveva imposto.
Basta, bisogna prendere atto che l’Ilva oggi non può produrre senza ferire, avvelenare, uccidere. Per questo invece che fornire immunità sui reati, bisogna fermare la fonte dei reati: BISOGNA FERMARE SUBITO TUTTA LA PRODUZIONE IN ILVA.
Per questo bisogna liquidare ARCELOR e ogni ipotesi di cessioni ai privati dell’azienda. I privati continueranno a fare ciò che si è sempre fatto e che non si deve più fare.
Occorre invece un intervento straordinario dello stato che requisisca e NAZIONALIZZI lo stabilimento. A tutti i lavoratori dovrà essere garantito dallo stato il posto di lavoro con stipendio pieno a stabilimento fermo. Poi dovrà essere definito e realizzato un progetto di risanamento e messa in sicurezza. Se la produzione di acciaio dell’Ilva serve al paese, allora dovranno essere spesi tutti i miliardi necessari a far sì che quella produzione si svolga senza far danni. Le tecnologie ci sono, basta spendere.
Se invece si riterrà impraticabile quella scelta, allora dovrà essere definito e realizzato un progetto di riconversione. Entrambe le scelte impegneranno i lavoratori, che comunque non perderanno lavoro e salario.
È una decisione troppo costosa? E quanto costano i morti? Quanto conta il dolore di Amedeo Zaccaria, dei parenti dei tanti uccisi, dei genitori dei bambini colpiti da tumore?
All’Ilva di Taranto la strage è più grande e vasta di quella del Ponte Morandi e soprattutto la strage continua.
Fermare la strage subito e poi ricostruire in sicurezza assoluta, come per il ponte di Genova, questo può e deve fare ORA lo stato. Il resto sono chiacchiere complici con la strage.
mercoledì 10 luglio 2019
IL MINISTRO DELL'ODIO
Sempre onnipresente in televisione o nei comizi di chiaro stampo discriminatorio e razzista,mai al Viminale dove dovrebbe lavorare,sempre con in bocca qualcosa da mangiare,aizzatore delle folle all'odio e semplicemente,in poche parole,uomo di merda.
Salvini è il frutto marcio della frustrazione degli italiani che danno la colpa sempre agli altri,quelli del noi contro di voi,esseri insignificanti che rosicano e si guastano il sangue(il cervello è ormai andato da tempo),maschilista convinto vede il nemico ovunque,mentre il vero nemico di questa Italia è lui.
Il contributo che gira in Facebook è un riassunto fedele alla linea politica ed ideologica di Salvini,passato dalla Lega Nord che odiava Roma e i meridionali alla Lega opportunista e fascista che vuole l'Italia intera(ve la ricordate la menata della secessione?),contro i migranti ma direi contro tutti gli stranieri e chi li aiuta(ve lo ricordate Hitler col suo"chi aiuta gli ebrei odia i tedeschi?),ebbene questo maiale starnazzante che urla i suoi beceri e stupidi proclami ha cagato abbondantemente fuori dalla tazza,la sua era finirà ben presto.
CONVINZIONI...
“Vi ha convinto a odiare prima l'Italia e il Sud. A odiare i meridionali, i calabresi, i siciliani, i pugliesi, i napoletani.
A odiare gli italiani. A odiare la bandiera, a odiare la Festa dell'Unità, della Liberazione, della Repubblica.
A odiare la Resistenza, i partigiani, la Costituzione.
Vi ha insegnato a odiare la nazionale di calcio e a odiare Roma.
Vi ha insegnato a odiare i rom.
Vi ha insegnato a odiare l'Europa Unita e i popoli europei.
Vi ha insegnato a odiare i francesi, i tedeschi, i maltesi.
Quindi vi ha insegnato a odiare la solidarietà, a odiare gli esseri umani. A milioni.
Vi ha insegnato a odiare gli africani, i mediorientali, i credenti in altre religioni. A odiare i poveri, a odiare i migranti: anche se gli italiani sono tra i popoli che migrano di più al mondo.
Vi ha insegnato a odiare le donne, indicandovene una nuova ogni giorno contro cui lanciarvi come cani senza più raziocinio.
Vi ha insegnato a odiare Gino Strada, colpevole d'aver dedicato la sua vita a costruire ospedali in stati dove lo Stato non c'è. Vi ha insegnato a odiare Camilleri colpevole di pensiero. A odiare qualunque artista, qualunque cantante, qualunque scrittore, qualunque attore colpevole di non essere suo fan.
Vi ha insegnato a odiare il successo degli altri. Vi ha insegnato a trasformare tutta la vostra invidia e frustrazione in suoi voti.
Vi ha insegnato a odiare chi è costretto a vivere sotto scorta perché ha avuto il coraggio di combattere la mafia, ma anche il coraggio di schierarsi contro di Lui.
Vi ha ha insegnato a odiare qualunque professionista, medico, infermiere, cuoco, mediatore, traduttore, psicologo colpevole di aver lavorato nel sistema dell'accoglienza e dell'asilo previsti dalla Costituzione italiana.
Vi ha insegnato a odiare la cultura, i professori, gli intellettuali.
Vi ha insegnato a odiare i numeri, i fatti, i documenti.
Vi ha insegnato a odiare i magistrati che non tradiscono la loro professione, che non tradiscono le leggi italiane, che non piegano le loro decisioni al Suo volere, seppur consapevoli del linciaggio cui Lui li sottoporrà sguinzagliando i suoi servi.
Vi ha insegnato a odiare le ONG, a odiare chi salva vite, a marchiarli come "complici dei trafficanti", o come trafficanti.
Vi ha insegnato a odiare. Anche chi non avreste mai pensato di potere odiare, perché da sempre, da tutti, riconosciuti come coloro che fanno la cosa giusta.
E invece è arrivato lui. A lavarvi la coscienza. A dirvi che no, loro non sono migliori degli altri, migliori di voi. Anzi, sono peggiori di voi. Lo fanno solo per farvi sentire peggio. Fanno i soldi i ricconi, sotto sotto c'è qualcosa. Sono figli di papà. Tranquilli. Fidatevi. Altro che solidarietà. Criminali, sono criminali.
Voi state davanti al televisore a sbavare davanti al Grande Fratello, a negare l'altruismo, la solidarietà, la cultura. Che ci penso io a voi, a trasformare ciò che non riuscite o non vi va di fare in un vostro nemico. Da odiare.
E voi odiate. Perfino il Papa, perché colpevole di ricordarvi le parole del Cristo in cui credete. E che odiereste, come buonista e amico dei trafficanti, se fosse oggi qui.
E lui vi dice "Odiate". Perché l'odio porta voti facili al potere. L'odio trasforma i popoli in bestie senza più ragione. L'odio distrae i popoli dai soldi che intanto spariscono, dalle promesse non mantenute, dalle bugie svelate, dai fallimenti che si inseguono.
E alla fine solo uno ci guadagna. Col guinzaglio in mano. Pronto ad aizzare il popolo contro il prossimo nemico.”
Emilio Mola
martedì 9 luglio 2019
RITORNA LA MILANO DA BERE?
La notizia di qualche giorno fa che ha visto il sindaco di Milano Sala condannato per le note vicende dell'Expo 2015 sulla retrodatazione di alcuni documenti in modo di facilitare e oliare bene gli ingranaggi giusti,è stato solo l'intermezzo tra notizie di rifugiati e migranti,che monopolizzano tristemente e stancamente il corollario dell'informazione come esistesse solo quello(vedi per Expo:madn i-veri-numeri-di-expo-2015 ).
Il redazionale di Contropiano(milano-un-sindaco-al-di-sopra-di-ogni-sospetto )parla dei sei mesi trasformati in pena pecuniaria per uno dei molti appalti diciamo concessi allegramente,che a pari del buco enorme in termine di denaro e il lavoro gratis sono state le maggiori magagne dell'Expo,e di come Milano adesso sede olimpica(madn ipocrisia-olimpica )vuole tornare come nei ruspanti anni ottanta.
Ma gli sforzi di rendere Milano capitale europea della bella vita cozzano con altri interessi,con ipocrisie come l'aumento dei biglietti dei mezzi urbani a fronte delle strillate campagne ambientali,in un'orgia di eventi e di proposte proprie da città-Stato con le pericolose infiltrazioni mafiose e con un progetto che prevede le periferie abbandonate a se stesse.
Milano. Un sindaco “al di sopra di ogni sospetto”.
di redazione di Milano
“I sentimenti che ho sono negativi, qui è stato processato il lavoro e io ne ho fatto tanto”. È scandalizzato il Sindaco di Milano Giuseppe Sala nell’apprendere della sua condanna a sei mesi di reclusione (convertiti in 45000 euro di pena pecuniaria) per il maxi-appalto della Piastra dei servizi di Expo 2015.
Tuttavia, riuscendo stoicamente a contenere la tanta amarezza, rassicura i milanesi sulla durata del suo mandato.
Ma i sentimenti negativi colpiscono, scavando, nel profondo e Beppe proprio non cela fa a garantire una eventuale ricandidatura. “Di guardare avanti ora non me la sento” afferma e solo gli oltremodo maliziosi possono pensare ad un tono minaccioso nelle sue parole.
Ha tutte le ragioni di essere risentito un uomo che, di “lavoro”, ne ha fatto davvero tanto. Prima ancora di essere eletto sindaco, infatti, aveva messo a disposizione della grandeur milanese la sua efficienza e le sue competenze di manager fino ad arrivare alla nomina di commissario ed infine a.d. di Expo 2015.
I suoi sforzi sono stati fondamentali per costruire il lascito dell’esposizione universale: un buco di quasi 1.5 miliardi, una legittimazione del lavoro volontario (in accordo con CGIL,CISL,UIL), un mercato immobiliare deregolamentato e sempre più a vocazione speculativa. L’apoteosi della gestione emergenziale delle “grandi opere”.
Quando si hanno di queste medaglie non può essere di certo una sentenza a portarle via. Al di la della fedina penale dell’uomo vale l’impronta che questi riesce ad imprimere sulla città. Non a caso si sono rincorsi gli attestati di solidarietà bipartisan(da Zingaretti al presidente della camera di commercio passando per Forza Italia) e nemmeno uno come Salvini se la è sentita di affondare il colpo arrivando, anzi, a dire di sentirsi orgoglioso della Milano dell’expo. Quando si lavora bene proprio tutti sono costretti a riconoscertelo. Ma la stima di amici e nemici non è qualcosa di casuale, la si costruisce con intuito e senso del marketing arrivando fino alla disinvoltura. Beppe nostro piace proprio per questo, perché è capace di farsi fotografare con le calze color pride ed il giorno dopo promuovere il Daspo per i rom.
Spingere sulla retorica ambientalista ed aumentare il biglietto dei mezzi pubblici. Capace di incarnare, insomma, il modello Milano che sempre più rappresenta un laboratorio da espandere quanto più possibile.
La città vetrina, la città smart, il luna park dei ceti alti moderni capaci di fare i soldi(nel modo di sempre) ma conservare una spiccata sensibilità umanitaria.
L’elezione a sindaco di Milano e della città metropolitana, una consacrazione. “Una nuova speranza” per un liberismo la cui egemonia culturale era stata scalfita da un decennio di crisi e che cercava insistentemente un upgrade. E quale luogo migliore se non la città delle start up? La sfida è difficile ma Sala è l’uomo giusto nel posto giusto pronto a raccoglierla.
Continuare la dismissione del bene pubblico in favore delle privatizzazioni, mettere a valore ogni centimetro di suolo ma in modo moderno ed accattivante con parole come project financing o social hausing. Come ogni uomo che ha una visione, però, i suoi confini non possono essere limitati ad una, seppur vitale, metropoli. Sempre più evidenti i segnali che svelano come si marci verso la “città-stato”, quella specie di mini-lander tedesco che in autonomia (e qui l’autonomia differenziata ci sta a pennello) gestisce i suoi rapporti internazionali e con l’UE.
Ritagliarsi un ruolo, anche se periferico, all’interno del polo produttivo a trazione franco-tedesca. E per una capitale del farmaco che svanisce c’è un olimpiade invernale che arriva. Sono ormai storia del costume le immagini dei salti e dell’esultanza abbracciato al governatore Fontana per l’assegnazione della sede olimpica. Meno risalto, invece,hanno ricevuto le sue affermazioni a margine della cerimonia in cui dichiarava come già migliaia di lavoratori volontari fossero pronti per il grande evento.
Parole che fanno trasparire come la “città che funziona” si regga in realtà su qualcosa di moderno nella forma ma più che classico nella sostanza: lo sfruttamento. E cosi si manda in soffitta la vetusta contrapposizione ricchi e poveri sostituendola con la più aggiornata high skilled contro low skilled. Locuzioni anglosassoni rilanciano, così, l’”uguaglianza” povertà/ colpa in una città ed una regione dove persistono ancora livelli anche alti di benessere .Concetto fondamentale da far passare per evitare di metter mano al tema delle diseguaglianze e della redistribuzione della ricchezza.
Si capisce bene come, in questo contesto, sia facile indicare il sindaco quale vittima sfruttando la retorica dell’ ”uomo del fare” che si scontra con la viscosità della burocrazia. Del manager comunque liberale e meno peggio di quegli altri.
Una retorica così forte da azzittire le già solo sussurrate richieste di dimissioni da parte delle opposizioni. Anestetizzare la reattività anche della “sinistra radicale”. Sala quindi va avanti magari riuscendo pure a rimediare l’aura del martire da questa faccenda.
lunedì 1 luglio 2019
IL MITICO MORDILLO
Mi è spiaciuto molto aver letto la notizia della morte di Mordillo avvenuta a Minorca e riportata da tutte le agenzie mondiali,un fumettista capace di aver fatto innamorare dei suoi disegni e delle sue storie milioni di persone in tutto il mondo.
Mi ricordo un suo poster appeso in camera parecchi anni fa,e dei cartoni animati,delle riviste e dei libri,un tratto splendido ed unico,messaggi di amore e di amicizia racchiusi su di un foglio,qui sotto il dispaccio Ansa per questo grande disegnatore(addio-al-fumettista-mordillo )
Addio al fumettista Mordillo.
El Pais, malore mentre era cena con la famiglia a Minorca
(ANSA) - ROMA, 30 GIU - E' morto a 86 anni Guillermo Mordillo Menéndez, fumettista argentino che con il suo umorismo e i suoi animali stravaganti ed espressivi - come le giraffe dal collo lunghissimo - negli anni '70 ha conquistato il mondo. El Pais riferisce che la notte tra venerdì e sabato il noto cartoonist ha accusato un malore mentre cenava con i suoi familiari in un ristorante a Minorca, in Spagna. Nato da una famiglia di emigrati spagnoli in Argentina, Mordillo ha iniziato a disegnare a soli dodici anni. Dopo aver conseguito una laurea in illustrazione si trasferì poco più che ventenne in Perù per poi approdare a New York dove ha lavorato per gli studi della Paramount dedicandosi all'animazione dell'amatissimo Popeye. La la fama internazionale la raggiunse una volta trasferitosi a Parigi. Tanti i premi ricevuti: il Phoenix Prize of Humor nel 1973, il Yellow Kid Award nel 1974, il Nakanoki Prize nel 1977, il Cartoonist of the Year del Salone Internazionale dell'Humor di Montréal nel 1977.
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