giovedì 31 agosto 2017
IL FRANCO CFA EMBLEMA DI UN COLONIALISMO MAI TERMINATO
Non avendo mai viaggiato in Africa centro occidentale non sapevo nemmeno dell'esistenza di una moneta comune,il Franco Cfa,e della sua nascita come valuta capestro per centinaia di milioni di africani che hanno subito il colonialismo francese e che con questa moneta lo stanno subendo ancora.
L'articolo di Contropiano(due-cose-sul-franco-cfa-sulleuro-lafrica )prende spunto dall'arresto del militante francese Kemi Seba avvenuto in Senegal per aver bruciato delle banconote di franchi Cfa durante una manifestazione e parla di questa moneta nata nel 1945 e di tutti i tranelli e gli obblighi che quattordici paesi africani devono sottostare e dipendere direttamente dalla Francia e dal suo ministero del tesoro(vedi anche:https://it.wikipedia.org/wiki/Franco_CFA ).
Il franco Cfa ha un cambio fisso con l'Euro,la sua convertibilità è garantita dal suddetto ministero previo deposito del 65% delle riserve di ogni singolo Stato africano(palese segno di dominio coloniale)che comportano vantaggi solamente alla Francia e ai paesi che razziano il territorio e le sue risorse oltre che rendere per sempre schiavi gli abitanti di quelle nazioni.
Due cose sul Franco CFA (e sull’euro e l’Africa).
di Giuseppe Masala
L'arresto in Senegal del militante panafricano Kemi Seba (nella foto), di nazionalità francese, reo di aver bruciato, durante una manifestazione, alcune banconote di franchi CFA, ha riaperto il dibattito su questa moneta considerata da molti lo strumento principale con il quale la Francia (ma ora tutti i paesi della zona euro) esercitano il neo colonialismo nell’Africa francofona.
Il Franco CFA nasce nel 1945 con gli accordi di Bretton Wood; infatti all’epoca si chiamava Franco delle Colonie Francesi Africane. Successivamente nel 1958 cambia nome e diventa Franco della Comunità Francese dell’Africa.
Fino a qui tutto normale se non per due piccoli particolari. 1) il Franco CFA è una moneta ancorata ad un cambio fisso, prima con il Franco Francese e ora con l’Euro. 2) La piena convertibilità del Franco CFA è garantita dal Ministero del Tesoro francese, che però chiede il deposito, preso un conto del ministero, del 65% delle riserve estere dei paesi aderenti all’unione monetaria.
Dietro queste due tecnicità si nasconde il diavolo del colonialismo. Infatti il cambio fisso azzera il rischio di cambio per gli investimenti delle multinazionali occidentali nel paesi dell’Unione monetaria. Non basta, il cambio fisso (per giunta garantito dal Ministero del Tesoro francese) favorisce l’accumulo nei forzieri delle banche occidentali di immensi tesori frutto della corruzione dei governanti locali (spesso dittatorelli amici dei nostri governi).
Come se non bastasse, tutto questo avviene a scapito dell’economia reale locale, soffocata dalla rigidità del cambio con una moneta fortissima come l’Euro.
Il secondo punto probabilmente è anche peggio del primo. Quale nazione sovrana depositerebbe, a garanzia della convertibilità della propria moneta, ben il 65% delle proprie riserve estere presso il ministero del Tesoro di uno stato estero per giunta quello del paese ex coloniale? Nessun paese sovrano farebbe mai una cosa del genere, che consegna le chiavi dello sviluppo (o del sottosviluppo) ad una nazione straniera.
Pensiamo basti questo per chiarire come il colonialismo sia ancora un fenomeno reale e pervasivo che tarpa le ali di una qualsiasi opportunità di sviluppo dei paesi africani. Con buona pace di tanti soloni che parlano senza sapere di cambi e monete, e che credono che agli africani sia data una grande opportunità nel venire in Europa (spesso a vendere asciugamani e accendini nelle nostre piazze) grazie alla possibilità di inviare nei loro paesi, a tasso di cambio fisso, rimesse che consentono alle loro famiglie in Africa di campare con pochi euro.
Grazie a questo sistema le nostre multinazionali hanno invece l’opportunità, a rischio di cambio pari a zero, di depredare le immense riserve di materie prime dell’Africa Occidentale: uranio, metalli rari, oro, petrolio, gas ma anche legname pregiato e derrate alimentari.
Bell’affare per noi, non certamente per gli africani che ci vendono il “coccobello” sulle nostre spiagge.
Non basta di certo la carità di alcune ONG per sanare questa forma di neocolonialismo monetario, che azzera le possibilità di sviluppo dei paesi dell’Africa francofona.
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