martedì 2 ottobre 2018

IL PRIGIONIERO POLITICO MIMMO LUCANO


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Che l'arresto effettuato dalla guardia di finanza del sindaco di Riace Mimmo Lucano sia politico non vi è dubbio alcuno,in una delle zone d'Italia a maggior controllo della criminalità con troppi sindaci ammanettati perché rappresentanti diretti o meno della 'ndrangheta.
Il suo arresto spiccato dal Gip di Locri su ordine della Procura della Repubblica,quindi direttamente da quel coglione di Salvini,è dovuto per il favoreggiamento all'immigrazione clandestina e per illeciti nella gara per la gestione del servizio di raccolta dei rifiuti.
L'articolo preso da Contropiano(arrestato-mimmo-lucano-sindaco-di-riace )parla di questo clamoroso atto di sfida dello Stato contro chi ha fatto della propria cittadina un simbolo che ha fatto il giro del mondo per quello che è riuscito a fare con i migranti,un'integrazione e una cooperazione tra abitanti e diverse persone di svariate culture e paesi che vivono fianco a fianco senza le esasperazioni di altri luoghi.
E' questo che evidentemente non è andato già al ministro dell'interno che grazie alla sua posizione ha svolto un suo privato interesse,non come quello del sindaco che se ha saltato passaggi burocratici o organizzato matrimoni di convenienza a lui non è entrato in tasca nulla.
C'è chi dice che questa sia la fine del mito del sindaco dei migranti e del"modello Riace",ma se riuscisse a venircene fuori potrebbe diventare un personaggio ancora più scomodo per questo governo razzista e reazionario.

Arrestato Mimmo Lucano, sindaco di Riace.

di  Redazione Contropiano 
Ci sono arresti che non possono proprio sembrare “normali”.

La Guardia di finanza stamattina ha arrestato e posto ai domiciliari il sindaco di Riace, Domenico Lucano, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. L’arresto é stato fatto in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Locri su richiesta della Procura della Repubblica. Disposto anche il divieto di dimora per la sua compagna, Tesfahun Lemlem.

Domenico Lucano è diventato più conosciuto di quanto non lo è qualsiasi sindaco di un paese del Mezzogiorno per una ragione semplice: ha proposto, con le modeste risorse di cui dispone quel comune e quel territorio, un autentico laboratorio dell’integrazione. Un modello che funziona, toglie l’humus ai conflitti su base etnica o “di colore”, fa non solo “convivere” ma cooperare persone con culture ed esperienze molto, ma molto diverse.

Il reato di “immigrazione clandestina” è un’invenzione di Bossi e Fini, ed è il classico reato che produce “crimine” là dove non c’è. Fuggire da un paese in guerra o alla fame per i mutamenti climatici (o per le ruberie di “classi dirigenti”, complici servizievoli delle imprese occidentali) non è infatti un “reato”, ma una eventualità esplicitamente ammessa dalla legislazione internazionale.

Come fa una legge a creare criminali? Rendendo le persone “colpevoli” per il solo fatto di esistere e vivere, a prescindere dai comportamenti che terranno una volta entrati in un paese. Creando dei “colpevoli” quella legge impedisce che le persone possano trovare lavoro, ospitalità, attività regolari. Le costringe a stare in mezzo a una strada, creando così problemi di convivenza che altrimenti non esisterebbero o avrebbero dimensioni quasi irrilevanti.

Il “modello Riace” ha rotto questo schema, suggerendo così possibilità di integrazione – oltretutto a costo quasi zero! – e suscitando l’odio implacabile dei fasciorazzisti ora al governo. Lucano è così entrato spesso in polemica anche con il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che è arrivato a definirlo “uno zero”.

Attacchi e indagini  non sono nati oggi. Una fiction Rai sul “modello Riace” (con Beppe Fiorello nei panni del sindaco) non è mai stata mandata in onda, nonostante Mimmo fosse stato inserito nella lista delle personalità “più influenti al mondo”. Un anno fa la stessa procura aveva iscritto Lucano nel registro degli indagati con le ipotesi di concussione e truffa: in quel caso gli veniva contestato il sistema dei bonus e delle borse lavoro assegnati “al di fuori delle regolari procedure”.

Lo sappiamo, molti di voi penseranno: “ma una procura come quella di Locri, in un territorio dove da decine di anni i sindaci finiscono in galera perché espressione diretta della ‘ndrangheta, dove latitanti e faide non mancano, non ha proprio nulla di più importante da indagare?” Evidentemente le “pressioni dall’alto” vanno in altra direzione…


E’ naturalmente sempre possibile che un amministratore locale costretto a fare i salti mortali alle prese con un bilancio asfittico – il “patto di stabilità” europeo scende a catena da Bruxelles fino all’ultimo municipio di montagna – possa sbagliare in qualche passaggio burocratico; ma non sfugge che in questo caso non si sta parlando di “arricchimento personale”. Proprio l’accensione dei riflettori sull’esperienza di Riace, del resto, ha reso quell’amministrazione una “casa di vetro” (cosa che invece non si può certo dire per la Lega, partito del ministro).

Questa “operazione Xenia” – anche i nomi scelti a volte sono rivelazioni – somiglia insomma più a un attacco politico che non a una vera inchiesta “al di sopra di ogni sospetto”.

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